La confisca per equivalente nei reati tributari è una misura patrimoniale che consente di ablare beni di valore corrispondente al profitto, quando non sia possibile aggredire direttamente il bene correlato al reato, con natura prevalentemente sanzionatoria e funzione di neutralizzazione dell’arricchimento indebito derivante dall’evasione o da altre violazioni fiscali penalmente rilevanti.
Imprenditori e professionisti temono di vedersi bloccare conti e beni per importi rilevanti a causa della confisca per equivalente, anche quando il bene collegato al reato non esiste più o è irrintracciabile, con impatto immediato su liquidità e continuità aziendale. La domanda che tiene svegli è semplice: quando scatta, quanto può costare e come si limita il danno, specie se si valuta di saldare il debito tributario per chiudere rapidamente il fronte penale e patrimoniale. In questa guida si chiariscono natura, presupposti, calcolo del profitto, effetti del pagamento, ruolo dei terzi e regole sulle persone giuridiche, con esempi realistici e indicazioni operative per impostare una strategia difensiva efficace.
Indice degli argomenti
- Cos’è la confisca per equivalente
- La natura giuridica: sanzione penale o misura di sicurezza?
- Confisca diretta vs per equivalente vs sequestro
- Cosa è confiscabile
- L’applicazione nei reati tributari
- Che cos’è il “profitto” tributario
- Pagamento del debito e impatto sulla confisca
- Persone giuridiche: diretta sì, equivalente no
- Quantificazione, pertinenza e limiti
- Beni intestati a terzi: trust e società
- Procedura, difesa e prevenzione
- Consulenza fiscale online
Cos’è la confisca per equivalente
La confisca per equivalente, detta anche confisca di valore, è un provvedimento ablatorio che colpisce beni diversi da quelli che costituiscono prezzo o profitto del reato, limitandosi a pretenderne il valore economico corrispondente, quando la confisca diretta (ex art. 240 c.p.) non sia possibile. L’assenza di rapporto pertinenziale con la res del reato ne delinea la natura sanzionatoria e afflittiva, sottoposta ai principi di legalità e irretroattività, poiché incide sul patrimonio a compensazione del vantaggio illecito conseguito. La ratio è impedire che l’impossibilità di rintracciare il bene frutti al colpevole un guadagno netto, preservando la finalità di neutralizzazione dei proventi dell’illecito economico-fiscale.
Quando si applica
La confisca per equivalente si applica quando il prezzo o il profitto del reato non sono aggredibili direttamente, consentendo l’ablazione di beni di valore corrispondente nella disponibilità dell’imputato, quale misura di carattere essenzialmente sanzionatorio e ripristinatorio dell’ordine economico violato. Nei reati tributari, il profitto coincide di regola con il risparmio d’imposta o con somme indebitamente conseguite, fermo restando che occorre un nesso immediato e diretto con la condotta tipica per evitare derive verso una confisca generale del patrimonio.
Il pagamento integrale del debito tributario può incidere sulla misura, poiché elimina l’indebito arricchimento e può rendere incompatibile o superflua l’ablazione di valore, secondo la normativa e la prassi consolidate, che richiedono una verifica caso per caso. Sui beni di terzi estranei non si può confiscare, ma l’“estraneità” e la “disponibilità effettiva” devono essere provate, essendo irrilevanti intestazioni meramente formali rispetto a beni che, in fatto, restano nella disponibilità del reo. Per le persone giuridiche, è ammissibile la confisca diretta del profitto rimasto all’ente, mentre la confisca per equivalente sul patrimonio sociale è esclusa salvo che la società sia uno schermo fittizio e i beni risultino nella disponibilità sostanziale dell’autore, con specifiche eccezioni previste da discipline speciali per contesti transnazionali.
La natura giuridica: sanzione penale o misura di sicurezza?
Per anni la giurisprudenza si è interrogata sulla vera natura di questa misura, e la risposta a questa domanda non è accademica: determina regole di applicazione completamente diverse. Se fosse una misura di sicurezza, potrebbe applicarsi retroattivamente secondo la legge vigente al momento dell’esecuzione. Se invece è una sanzione penale, valgono i principi costituzionali di legalità e irretroattività.
La questione ha generato un intenso dibattito giurisprudenziale che si è concluso con un orientamento ormai consolidato: la confisca per equivalente è una vera e propria sanzione penale. L’argomentazione decisiva riguarda la funzione dell’istituto. Le misure di sicurezza tradizionali si fondano sulla pericolosità oggettiva della cosa, sul rischio che possa essere utilizzata per commettere ulteriori reati. La confisca per equivalente invece prescinde totalmente da ogni rapporto di pertinenzialità con il reato: può colpire il conto corrente, l’automobile, l’appartamento del contribuente, beni che non hanno alcuna intrinseca pericolosità.
La sua funzione è prettamente afflittiva e ripristinatoria: mira a imporre al reo un sacrificio patrimoniale equivalente al vantaggio ottenuto illegalmente. Non previene futuri illeciti eliminando strumenti pericolosi, ma punisce il responsabile privandolo di ricchezza per un valore corrispondente al profitto del reato. Questa natura sanzionatoria ha conseguenze pratiche immediate e rilevanti per il contribuente.
Effetti tributari
La Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale hanno confermato che la confisca per equivalente non può essere applicata retroattivamente a fatti commessi prima dell’entrata in vigore della norma che la prevede. Per i reati tributari questo significa che la confisca di valore può operare solo per illeciti commessi dal primo gennaio 2008 in poi, data di entrata in vigore della Legge Finanziaria che l’ha introdotta. Qualsiasi applicazione retroattiva violerebbe l’articolo 25 della Costituzione e l’articolo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che vietano di infliggere una pena più grave di quella applicabile al momento della commissione del fatto.
Questa qualificazione come sanzione penale comporta anche l’applicazione del divieto di analogia in malam partem e del principio di stretta legalità. La misura può essere disposta solo nei casi espressamente previsti dalla legge e secondo modalità tassativamente indicate. Un vincolo che dovrebbe limitare interpretazioni estensive da parte della giurisprudenza, anche se nella pratica il confine resta spesso sfumato.
Confisca diretta vs per equivalente vs sequestro
Prima di approfondire l’ambito tributario è utile distinguere tra confisca diretta, confisca per equivalente e sequestro preventivo finalizzato alla confisca, poiché i presupposti e gli effetti difensivi cambiano sensibilmente. La confisca diretta aggredisce il bene che è prezzo o profitto del reato, mentre la confisca per equivalente colpisce altri beni nella disponibilità del reo per valore corrispondente, e il sequestro preventivo è la misura cautelare reale che anticipa l’effetto ablatorio per evitare dispersioni. Nei reati tributari, l’uso appropriato di ciascuno strumento dipende dalla concreta individuazione del profitto e dalla sua permanenza nel patrimonio del soggetto o dell’ente, con accertamenti sostanziali sulla disponibilità.
Istituto | Oggetto | Quando si applica | Nota difensiva |
---|---|---|---|
Confisca diretta | Bene che è prezzo/profitto del reato | Quando il bene è individuabile e nella disponibilità del soggetto o dell’ente | Verificare esatta qualificazione come “profitto” e tracciabilità nel patrimonio |
Confisca per equivalente | Beni diversi, di valore pari al profitto/prezzo | Quando la confisca diretta non è possibile per irreperibilità o trasformazione | Contestare la quantificazione del profitto e la disponibilità effettiva |
Sequestro preventivo | Vincolo cautelare sui beni | Per prevenire dispersione e assicurare la futura confisca | Dimostrare terzietà, buona fede o insussistenza del profitto |
Cosa è confiscabile
Possono essere confiscati tutti quei beni che sono stati utilizzati per commettere il reato o che ne rappresentano il provento. Come evidenziato dalla legislatore stesso, possono essere oggetto di confisca il prezzo prodotto e profitto gli strumenti attraverso i quali il reato è stato commesso:
- Istrumenta sceleris sono le cose che sono servite a commettere il reato ossia le cose effettivamente utilizzate dal reo nell’esplicazione dell’attività punibile, nonché le cose che furono destinate a commettere il reato da intendersi come quelle predisposte per la commissione del reato ma concretamente non impiegate dal reo. Deve sussistere un collegamento eziologico tra il reato e il bene;
- Prodotto, il risultato empirico del reato;
- Profitto è il vantaggio economico derivante dalla commissione del reato, è dubbio se serva anche qui un nesso eziologico tra il profitto e il reato, o sia sufficiente che questo costituisca un vantaggio anche indiretto. Le Sezioni Unite hanno detto che può essere anche un vantaggio indiretto purché vi sia un rapporto di causalità con il reato.
Confisca allargata e di prevenzione
La c.d. confisca allargata, inserita all’art. 240 bis del cp., è un caso particolare. In essa rientrano le varie ipotesi di confisca allargata, sparse nella legislazione speciale, a seguito riunite nell’art. 240 bis c.p. in attuazione del principio di riserva di codice. Questa è anche definita confisca per sproporzione e può essere o legata alla condanna per certi reati o essere misura di prevenzione, ossia emessa prescindendo dal reato.
La misura può essere emessa laddove sussistano sospetti che il soggetto sia dedito a determinate attività delittuose oppure abbia commesso determinati reati specifici che giustificano l’applicazione della confisca allargata. In questa ipotesi, sia nella confisca allargata sia nella confisca di prevenzione, il legislatore presume che quella ricchezza rinvenuta sia stata accumulata svolgendo attività criminale analoga a quella per la quale è stato condannato e per la quale emergono elementi di sospetto.
Diversità del bene e equivalenza di valore
Nel caso della confisca per equivalente, allora, l’autorità giudiziaria procederà alla confisca di un bene diverso che ha provenienza lecita. Ciò denota la natura prevalentemente punitiva della misura in esame. Siccome il bene che l’autorità sottrae non è pertinente al reato e lo confisca per un importo equivalente, questo bene non è intrinsecamente pericoloso.
La confisca opera al fine di sanzionare il destinatario per il reato commesso. È proprio la mancanza di un nesso di pertinenzialità e la natura lecita della provenienza del bene confiscato che induce a ritenere che questa confisca sia pena a tutti gli effetti. Come tale soggiace alla garanzia della pena prima tra tutte il principio di irretroattività. Questa è una pena che ha il fine precipuo di remunerare il fatto. Essa soggiace al principio di irretroattività, non si può applicare se al momento del fatto non era prevista, quindi vale nessun pena in base ad una legge successiva al compimento del fatto. Inoltre essendo una pena presuppone la condanna, non può essere applicata se il reato si estingue segue interamente lo statuto della pena.
L’applicazione nei reati tributari
La confisca per equivalente ha trovato applicazione con riferimento ai reati tributari. Per la prima volta, tale misura è stata prevista dalla Legge n. 244/2007, (c.d. “Finanziaria 2008“), che al comma 143 del suo primo articolo dispone l’applicazione del summenzionato articolo 322-ter per i delitti agli articoli 2 ad 11 del D.Lgs. n. 74/2000. Successivamente, il legislatore ha deciso di introdurre una disposizione ad hoc in tema di confisca nei reati tributari, operata per mezzo dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 158/2015, che ha introdotto l’articolo 12-bis all’interno del D.Lgs. n. 74/2000.
Dunque, essa opera con riferimento ai reati di:
- Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
- Nonché dichiarazione infedele;
- Omessa dichiarazione;
- Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- Omesso versamento di ritenute certificate;
- Omesso versamento di IVA;
- Indebita compensazione;
- Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
La possibilità di poter applicare la confisca in caso di condanna per un reato tributario che abbia prodotto un’evasione fiscale, in fase di dichiarazione così come in quella di riscossione, tende a colpire il vantaggio conseguente all’evasione fiscale. Pertanto, questo istituto va a svolgere una funzione di motivazione nei confronti dei contribuenti, potenziali autori dei reati tributari.
La confisca del risparmio di spesa
Per quanto le ragioni storiche cha abbiamo evidenziato inducono a far credere che la confisca a seguito di reati tributari sia per equivalente, invero è sorto un ampio dibattito sul punto. La questione sulla confisca del denaro è rimasta aperta, nonostante la sentenza della Cassazione c.d. Lucci del 2015. Difatti l’interrogativo è stato nuovo oggetto di vaglio da parte delle Sezioni Unite.
Il denaro è un bene fungibile, che per natura non è trattabile una volta. Quando il denaro entra nel patrimonio del soggetto si confonde immediatamente con il denaro già esistenze. Si genera, allora, una confusione tra il denaro lecito e illecito. Se dal reato deriva denaro, il principale dubbio, è che non è possibile discorrere di confisca di un bene diverso, ma uno stesso bene per valore equivalente. La questione è fondamentale, in quanto la confisca diretta, che abbiamo esaminato all’introduzione, presuppone l’apprensione di beni che provengono dal reato, dunque richiede la prova del nesso di pertinenzialità.
Che cos’è il “profitto” tributario
Nel penale tributario, il profitto coincide di regola con il risparmio di spesa generato dal mancato versamento del tributo o con somme indebitamente incassate, dovendo trattarsi di vantaggio economico immediato e diretto, non meramente mediato o ipotetico. Ampliare il profitto a effetti competitivi indiretti o a maggiori ricavi non direttamente ricollegabili alla condotta tipica rischia di trasformare l’istituto in una confisca generalizzata, in contrasto con i principi di stretta legalità e colpevolezza. In concreto, la quantificazione tende a riferirsi alla maggiore imposta evasa o al rimborso indebito, potendo tenere conto di elementi accessori coerenti con la ricostruzione del vantaggio immediato secondo i principi generali, con oneri probatori in capo all’accusa.
Esempio pratico di calcolo
Se una società ha omesso il versamento di imposte per 120.000 euro a seguito di condotte penalmente rilevanti, il profitto diretto coincide con il risparmio di 120.000 euro ai fini della misura ablativa di valore, salva la verifica su eventuali versamenti successivi che elidano l’indebito. Se il denaro non è rintracciabile perché speso o mescolato, la confisca per equivalente potrà colpire altri beni nella disponibilità dell’imputato per un importo corrispondente, previo sequestro preventivo a garanzia dell’esecuzione. La difesa può incidere sulla base imponibile del profitto dimostrando rettifiche, insussistenze o compensazioni legittime che riducano il vantaggio illecito direttamente riconducibile alla condotta.
Pagamento del debito e impatto sulla confisca
Il pagamento integrale del debito tributario, anche tardivo, non elimina di per sé la rilevanza penale secondo le disposizioni generali, ma incide sul presupposto economico della misura patrimoniale, poiché fa venir meno l’indebito arricchimento che la confisca mira a neutralizzare. La disciplina applicabile prevede margini per considerare incompatibile o recessiva la confisca quando il versamento soddisfi per intero il credito erariale correlato al profitto del reato, evitando duplicazioni afflittive e arricchimenti ingiustificati. In pratica, la linea difensiva deve documentare puntualmente pagamento, riferibilità alle annualità e fatti contestati, nonché l’integrale elisione del vantaggio per ottenere il dissequestro o l’archiviazione della misura ablativa di valore.
Terzi estranei, intestazioni e “disponibilità”
La confisca per equivalente non può colpire beni appartenenti per intero a terzi estranei al reato, ma “estraneità” e “disponibilità” si accertano in chiave sostanziale, considerando la reale signoria di fatto sui beni al di là di intestazioni formali o schermi fiduciari. Intestazioni fittizie o di comodo non proteggono i beni se l’autore mantiene disponibilità effettiva, mentre i diritti reali dei terzi possono sopravvivere all’ablazione nei limiti previsti, imponendo una valutazione caso per caso sul conflitto tra tutela penale e diritti civili. Per i terzi in buona fede grava un onere probatorio concreto a dimostrare titolo e legittimo diritto sul bene, con tendenziale inversione dell’onere della prova nella prassi e necessità di raccogliere elementi oggettivi di tracciabilità e autonomia da condotte illecite.
Persone giuridiche: diretta sì, equivalente no
Nei reati tributari commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente, è ammissibile la confisca diretta del profitto rimasto nella sfera della persona giuridica, poiché il bene è direttamente riconducibile alla condotta illecita che ha arricchito l’ente. Diversamente, la confisca per equivalente di beni dell’ente per reati del legale rappresentante è esclusa nell’impianto generale, salvo che la società sia mero schermo fittizio e i beni siano nella disponibilità sostanziale dell’autore, con rilievo di discipline speciali in contesti transnazionali. Questo assetto genera asimmetrie operative quando il profitto non sia più rintracciabile in capo all’ente, rendendo decisive le indagini sulla tracciabilità e sulla realtà economica delle strutture societarie per reggere o respingere una misura ablativa.
Focus transnazionale
In presenza di organizzazioni criminali transnazionali e reati-fine fiscali, normative speciali consentono l’applicazione della confisca di valore in via estesa, anche sul patrimonio dell’ente, secondo presupposti più ampi legati al programma criminoso e alla dimensione oltreconfine. Tale finestra evita arbitraggi dovuti all’assenza di responsabilità penale generale degli enti per reati tributari, ma va valutata con rigore per evitare extrapolazioni non sorrette dal quadro fattuale. La difesa deve quindi presidiare sia la qualificazione transnazionale sia l’effettivo inserimento dei reati tributari nel programma dell’organizzazione per delimitare l’ambito della misura.
Quantificazione, pertinenza e limiti
La quantificazione del profitto confiscabile richiede prova della sua esistenza e misura, non potendo presumere utilità indirette o margini competitivi mediati che non siano conseguenza immediata e diretta della condotta tipica. Il confine serve a evitare che la confisca di valore degeneri in un prelievo patrimoniale generale, in contrasto con i principi di legalità e proporzionalità che governano l’ablazione sanzionatoria. Restano sempre salvi i diritti dei terzi di buona fede e il rispetto della verifica sulla disponibilità effettiva, elementi che condizionano sia il sequestro preventivo sia l’esecuzione della confisca.
Un aspetto delicato riguarda il momento rilevante per la quantificazione del profitto. Secondo l’orientamento prevalente, bisogna considerare il vantaggio patrimoniale al momento della commissione del reato, non eventuali sviluppi successivi. Se hai evaso centomila euro di IVA nel 2025, il profitto confiscabile rimane di centomila euro anche se nel frattempo quelle somme sono state investite e hanno generato ulteriori guadagni. La confisca non può trasformarsi in un meccanismo per aggredire la crescita patrimoniale successiva, salvo che questa non sia a sua volta frutto di ulteriori illeciti.
Beni intestati a terzi: trust e società
La disponibilità del bene rappresenta il requisito cardine per l’applicazione della procedura. Non basta che esistano beni di valore sufficiente nel mondo: devono essere nella disponibilità effettiva del responsabile del reato tributario. Questo principio genera questioni interpretative complesse quando il formale proprietario è un soggetto diverso dall’autore dell’illecito, situazione frequentissima nella prassi degli affari.
Beni intestati a trust
Il primo caso significativo riguarda il trust, strumento sempre più utilizzato per finalità di protezione patrimoniale. Nel trust il disponente trasferisce determinati beni sotto il controllo di un trustee, che li amministra secondo le regole stabilite nell’atto istitutivo. Formalmente quei beni escono dal patrimonio del disponente e formano un patrimonio separato. Ma questa schermatura giuridica resiste all’aggressione della confisca?
La risposta dipende dalle concrete finalità perseguite con l’istituzione del trust. Se lo strumento viene utilizzato per legittime esigenze di pianificazione successoria, protezione patrimoniale in funzione di specifici obiettivi familiari o imprenditoriali, il vincolo deve essere rispettato e i beni in trust non possono essere confiscati. Il trust in sé non è uno strumento illecito e gode di pieno riconoscimento nell’ordinamento italiano. Diverso è il caso in cui il trust venga istituito con finalità elusive, ovvero con il precipuo scopo di sottrarre beni all’azione della giustizia penale e alle pretese creditorie dell’Erario.
La giurisprudenza ha elaborato alcuni criteri per distinguere i trust genuini da quelli meramente fittizi. Rileva in particolare la sequenza temporale: se il trust viene costituito immediatamente prima o dopo l’accertamento fiscale o l’avvio delle indagini penali, emerge un forte indizio di finalità elusiva. Contano anche le effettive modalità di gestione: se il disponente continua di fatto a disporre liberamente dei beni come se fossero ancora suoi, nonostante il formale passaggio al trustee, la schermatura giuridica può essere superata. In questi casi di trust fittizio, i beni in esso conferiti rimangono nella disponibilità sostanziale del reo e possono quindi essere legittimamente confiscati.
Beni in società
Analoga problematica si pone per le persone giuridiche. Quando un imprenditore commette un reato tributario nell’interesse della propria società, i beni societari possono essere confiscati? La questione è particolarmente delicata perché investe il principio fondamentale dell’autonomia patrimoniale della persona giuridica: la società è un soggetto di diritto distinto dai suoi soci e amministratori, con un proprio patrimonio separato.
La confisca diretta può colpire anche beni della società quando il profitto del reato tributario sia effettivamente affluito nelle casse sociali e vi permanga. Se l’evasione fiscale ha generato liquidità o altri vantaggi patrimoniali rimasti nella disponibilità dell’ente, questi possono essere oggetto di confisca diretta in quanto costituiscono il profitto materiale dell’illecito.
Diverso il discorso per la confisca per equivalente. Qui la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente escluso che si possano confiscare beni della società per reati fiscali commessi dal suo amministratore, salvo che la persona giuridica costituisca un mero schermo fittizio dietro cui si cela l’effettivo dominus. Il ragionamento si fonda sulla estraneità della società al reato: l’autore dell’illecito tributario è la persona fisica che ha materialmente posto in essere la condotta, la società è solo il beneficiario del profitto ma non può essere considerata corresponsabile penale.
Procedura, difesa e prevenzione
Di fronte a un procedimento penale per reati tributari con richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, il contribuente non è inerme. Esistono diverse linee difensive che possono essere utilmente percorse, alcune di natura strettamente giuridica, altre legate alla dimostrazione fattuale di circostanze ostative.
Sul piano della quantificazione del profitto, è essenziale contestare accuratamente le pretese dell’accusa quando appaiono sovradimensionate. Non tutto il risparmio fiscale ipotizzato dall’amministrazione finanziaria costituisce necessariamente profitto confiscabile. Occorre depurare l’importo da eventuali poste che non integrano effettivo arricchimento: costi legittimamente deducibili che l’accertamento ha disconosciuto, imposte già versate spontaneamente, importi successivamente pagati a seguito di definizione agevolata o ravvedimento operoso.
Particolare attenzione merita la dimostrazione dell’avvenuto pagamento delle imposte evase. Come abbiamo visto, il versamento integrale del debito tributario può costituire un’efficace argomentazione per escludere l’applicazione della confisca, venendo meno la funzione ripristinatoria che la giustifica. È quindi strategico, quando possibile, procedere tempestivamente al pagamento, documentando con precisione l’avvenuto versamento e sottolineando come lo Stato abbia già recuperato integralmente quanto gli era dovuto.
Preparare un fascicolo probatorio con estratti, contabili, riconciliazioni e perizie per sostenere la tesi sul quantum del profitto e sulla disponibilità effettiva, curando la tracciabilità delle somme e la separazione tra beni dell’ente, dell’indagato e dei terzi.
Consulenza fiscale online
Ogni situazione ha sfumature sostanziali su profitto, tracciabilità e disponibilità dei beni: un’analisi preventiva e una linea difensiva su misura fanno la differenza tra un sequestro paralizzante e una pronta rimozione del vincolo. Per definire calcolo del profitto, piano di pagamento e dossier probatorio, è consigliabile una consulenza dedicata con simulazioni ed esame documentale approfondito, così da risolvere insieme il caso specifico con rapidità e rigore.