In che modo possono avere un ruolo positivo i Paradisi Fiscali per le economie globali?
Da sempre i paesi con regimi fiscali a fiscalità più elevata hanno sollevato (e continuano a sollevare) preoccupazioni sul fatto che i profitti delle multinazionali vengano spostati verso giurisdizioni a bassa o nulla tassazione.
Dal 2013, l’OCSE in ragione delle crescenti preoccupazioni di molti paesi in merito al trasferimento degli utili ha coordinato uno sforzo multilaterale di anti elusione fiscale. Mi riferisco, in particolare:
- Al Piano “Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting“, (BEPS), ovvero il piano contro l’erosione delle basi impionibili;
- Alle misure anti-evasione fiscale come la disciplina sulle società estere controllate (CFC), le regole sugli intangibles, le regole capitalizzazione sottile (“thin capitalization“), regolamenti prezzi di trasferimento (“transfer pricing“), ed il Contry by Country reports. Disposizioni che sono poi state implementate e rafforzati da Paesi di tutto il mondo.
Il fatto che vi sia, a livello internazionale una forte azione di contrasto a pratiche di elusione fiscale che coinvolgono Paesi a basa o nulla tassazione (cd. “Paradisi Fiscali“), mi pone una riflessione: è davvero possibile che gli effetti sull’economia globale dei paradisi fiscali siano solo negativi?
Sicuramente non sono l’unico ad essermi fatto questa domanda. Per questo voglio riportarti di seguito qual’è il pensiero di alcuni economisti sul tema del ruolo positivo dei Paradisi Fiscali.
Il problema del profit shifting in ambito internazionale
Il trasferimento dei redditi di impresa tra paesi ad elevata fiscalità a quelli a bassa o nulla tassazione è da sempre un problema di molte economie moderne.
Secondo le stime pubblicate dall’economista Nadine Riedel (“Quantifying International Tax Avoidance: A Review of the Academic Literature” Bochum), la stima relativo allo spostamento di redditi da parte delle imprese multinazionali in Paradisi Fiscali va da meno del 5 ad oltre il 30%. Va detto, che nonostante il range sia molto elevato, rimane indubbio il fatto che questo trasferimento di redditi avvenga, nella maggior parte dei casi, almeno in una certa misura.
E’ proprio in questi termini che devono essere valute le azioni messe in atto all’OCSE.
Ma che cosa si intende per “paradiso fiscale”?
I Paradisi Fiscali (cd. “Offshore Financial Centres“) possono essere definiti come giurisdizioni fiscali, solitamente di piccole dimensioni, ben governate, che non dispongono di una sostanziale attività economica nazionale.
Per questo motivo, tali stati impongono alle imprese aliquote fiscali meno elevate o nulle agli investitori stranieri (ring-fencing). Attraverso questo sistema riescono ad attrarre su di loro una notevole quantità di afflusso di capitali, in particolare dai Paesi a più elevata tassazione.
Sostanzialmente, i Paradisi Fiscali, riscuotono tasse, con aliquote fiscali poco elevate (se non nulle) sui capitali di provenienza estera, soprattutto se tali capitali vengono investiti sul loro territorio. Il tutto, aggiungendo, mancanza:
- Di un effettivo scambio di informazioni;
- Di trasparenza e di requisiti che attestino lo svolgimento di attività economiche effettive.
Paradisi fiscali e Paesi con regimi fiscali competitivi
Tuttavia, voglio precisare che non tutti i Paradisi Fiscali sono uguali. Esiste, infatti, una differenza tra i Paradisi Fiscali (veri e propri) ed i paesi che scelgono di fornire un ambiente fiscale competitivo per attrarre investimenti esteri reali e stimolare gli investimenti interni.
Ad esempio, un paese che stabilisce un tasso aziendale competitivo del 15 percento per le imprese con una sostanziale attività economica è una scelta politica per diventare un luogo attraente per investimenti reali e differisce dai paradisi fiscali che mirano ad attirare entrate da altre giurisdizioni fiscali.
Per farti un esempio concreto, non possiamo considerare l’Irlanda un Paradiso Fiscale per il solo fatto di prevedere un’aliquota fiscale per le imprese del 12,5% sui redditi societari. L’obiettivo è quello di essere un Paese attraente per investimenti reali, e non un Paese che mira ad attrarre redditi provenienti da Paesi esteri.
Ebbene, per questi ultimi paesi, ovvero quello che vogliono avere un ambiente fiscale competitivo, il ruolo positivo per le economie globali appare innegabile. Quello che ci si chiede è se lo stesso ruolo positivo possa essere attribuito anche ai Paradisi Fiscali.
Il ruolo positivo dei Paradisi Fiscali per i Paesi a più elevata tassazione
Quello che avviene nell’economia mondiale è che ogni giorni le multinazionali spostano i loro profitti da Paesi a più elevata tassazione vero Paesi a fiscalità privilegiata. I primi paesi perdono il loro gettito fiscale, a vantaggio delle giurisdizioni offshore. Tuttavia, alcuni economisti credito che le giurisdizioni ad alta fiscalità possano avere da guadagnare dal comportamento tenuto dai Paradisi Fiscali.
Insomma, un ruolo positivo nelle economie globali per i Paradisi Fiscali potrebbe esserci. Vediamo i motivi.
La posizione di Juan Carlos Suárez Serrato sul ruolo positivo dei Paradisi Fiscali
Nel suo articolo “Unintended Consequences of Eliminating Tax Havens” (Duke University. Novembre 2019), l’economista Juan Carlos Suárez Serrato mostra come l’eliminazione dei Paradisi Fiscali dall’economia globale può avere un’impatto negativo.
Nel suo contributo (che ti invito a leggere) l’autore mostra i suoi studi legati all’abrogazione, avvenuta nel 1996, della Sezione 936 dell’US Internal Revenue Code. Si tratta di una disposizione, presente nel sistema tributario USA, che permettere alle imprese statunitensi di creare un credito di imposta pari all’importo delle imposte USA dovute sul reddito di territori incorportati agli USA, come il caso di Puerto Rico.
Questa norma, che a prima vista potrebbe sembrare secondaria, esentava da tassazione statunitense i redditi che arrivavano da Puerto Rico. Tale disposizione, come confermato dai suoi studi, ha fornito un incentivo per le multinazionali statunitensi a trasferire i profitti a Puerto Rico per trarre vantaggio dal credito. L’autore ha scoperto che le imprese interessate dall’abrogazione della Sezione 936 hanno ridotto gli investimenti globali e spostato gli investimenti all’estero, riducendo gli investimenti statunitensi del 38% e l’occupazione di un milione di posti di lavoro.
La posizione degli economisti Mihir Desai, C. Fritz Foley e James Hines sul ruolo positivo dei Paradisi Fiscali
Un articolo del 2004 degli economisti Mihir Desai, C. Fritz Foley e James Hines (“Economic Effects of Regional Tax Havens“) trova anche in questo caso un ruolo positivo dei Paradisi Fiscali nelle economie globali
Gli economisti hanno scoperto che i Paradisi Fiscali stimolano indirettamente la crescita delle imprese situate in paesi a più elevata tassazione. I loro studi rivelano che le multinazionali statunitensi che utilizzano schemi di profit shifting con società poste in Paradisi Fiscali, aiutano la crescita delle multinazionali negli USA. Infatti, le multinazionali utilizzano il reddito, tassato (o meno) nei Paradisi Fiscali, per finanziare investimenti da effettuare sul suolo americano.
I loro risultati suggeriscono che, sebbene i paesi ad alta fiscalità possano perdere le entrate fiscali a causa del trasferimento degli utili, i paradisi fiscali possono facilitare indirettamente la crescita economica nei paesi ad alta tassazione riducendo il costo del finanziamento degli investimenti in tali paesi.
Ruolo positivo dei Paradisi Fiscali e posizione dell’OCSE
Quello che possiamo dire è che i risultati delle analisi svolte da questi economisti, benché basate su argomentazioni scientifiche documentate, sono decisamente in controtendenza rispetto alle tradizionali posizioni assunte dall’OCSE sull’argomento.
Come noto infatti l’Ocse nel Rapporto “Harmful tax competition: an emerging global issue” del 1998 ha individuato dei Paesi classificabili come “tax havens” e come “preferential tax regimes” sulla base di alcuni criteri.
Poiché i comportamenti posti in essere da tali Stati comportano una evidente erosione della base imponibile a detrimento degli Stati a fiscalità ordinaria attraverso lo spostamento di utili in “low tax jurisdictions” e l’impossibilità di garantire una “fair competition” tra Stati, l’OCSE ha sottolineato la necessità di contrastare il ricorso da parte dei contribuenti a operazioni con Paradisi Fiscali. Le raccomandazioni contenute nell’ultima parte del Report contengono, tra l’altro, un invito agli Stati membri ad adottare opportune normative di contrasto.
Secondo un recente rapporto dell’OCSE , questi sforzi, in particolare lo scambio automatico di informazioni, hanno ridotto i depositi bancari nei paradisi fiscali del 20-25% nell’ultimo decennio, un primo indicatore che i Paradisi Fiscali potrebbero essere diventati meno attraenti di fronte all’elusione fiscale. Tuttavia, poiché alcune misure BEPS sono ancora in fase di attuazione, non si è ancora visto in che misura ostacoleranno l’evasione fiscale.
Come accennato, l’eliminazione dell’accesso ai Paradisi Fiscali può portare a minori investimenti nei paesi ad alta tassazione. Ciò può costituire un compromesso per l’OCSE nell’affrontare il trasferimento degli utili verso i paradisi fiscali e dovrebbe essere preso in considerazione nei loro sforzi.
Qual’è la tua opinione?
E tu, che cosa ne pensi? Credi che il ruolo dei Paradisi Fiscali nell’economia globale sia totalmente negativo, o che in qualche modo l’intento sia quello di calmierare ma non abolire del tutto i regimi fiscali dei paesi a fiscalità privilegiata?
Fammi sapere che cosa ne pensi nei commenti.