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Responsabilità degli amministratori: diligenza nell’incarico

Fisco NazionaleDiritto societarioResponsabilità degli amministratori: diligenza nell'incarico

Gli amministratori rispondono in solido verso la società e verso ciascun socio ed i terzi in relazione al danno causato a seguito del loro inadempimento. Il danno risarcibile comprende sia il lucro cessante sia il danno emergente. La responsabilità è di natura sia civile sia penale. Anche agli amministratori di fatto, che esercitano le stesse funzioni degli amministratori senza nomina regolare, sono applicabili le norme in materia di responsabilità.

Gli amministratori di società di capitali possono rispondere del loro operato verso la società, i creditori sociali e i singoli soci o terzi. Devono adempiere ai propri doveri legali e statutari con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Qualora non adempiano, si riscontrano ipotesi di responsabilità degli amministratori verso la società e sono tenuti al risarcimento dei danni dalla stessa subiti. Determinano responsabilità degli amministratori verso la società:

  • Condotta illecita dell’amministratore;
  • Danno arrecato al patrimonio sociale;
  • Nesso causale tra condotta e danno;
  • Esistenza di un fatto proprio colpevole.

Vediamo quali sono le principali fattispecie che possono determinare la responsabilità degli amministratori nei confronti della società, dei creditori sociali, dei singoli soci o dei terzi. In particolare, ci concentreremo sugli elementi costitutivi di responsabilità (condotta, danno, nesso, e condotta propria colpevole), necessari per individuare un profilo di responsabilità dell’amministratore, fino ad arrivare all’ipotesi esclusione di responsabilità per gli amministratori dissenzienti. Per quanto riguarda, invece, l’azione sociale di responsabilità, vi rimandiamo ad un nostro specifico contributo.


Quali sono i principali profili di responsabilità degli amministratori di società?

Gli amministratori di società di capitali rispondono civilmente del loro operato verso:

  • La società, a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento (articoli. 2392 – 2393-bis del codice civile);
  • I creditori sociali, per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (articolo 2394 del codice civile);
  • I singoli soci o terzi, a titolo di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito (art. 2395 del codice civile).

Gli amministratori devono adempiere ai propri doveri legali e statutari con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Qualora non adempiano a tali doveri incorrono in responsabilità verso la società e sono tenuti al risarcimento dei danni dalla stessa subiti (articolo 2392, comma 1, del codice civile).

La responsabilità verso la società

L’attribuzione della gestione sociale agli amministratori ha come contropartita la responsabilità per il danno conseguente ad un loro eventuale inadempimento. Si tratta di responsabilità di natura contrattuale, derivante dal rapporto che lega gli amministratori alla società. La responsabilità non si estende agli amministratori che provino di essere esenti da colpa, cioè di aver fatto quanto potevano per prevenire l’atto pregiudizievole ed eliminarne le conseguenze dannose o essendo a conoscenza che l’atto si stava per compiere abbiano fatto constatare il proprio dissenso. Sono legittimati a promuovere l’azione sociale di responsabilità:

  • Ciascun socio, indipendentemente dalla quota detenuta, che esercita l’azione in nome proprio, ma nell’interesse sociale di cui è fatto valere il diritto al risarcimento dei danni provati dagli amministratori;
  • La società stessa, la quale è titolare del diritto al risarcimento del danno.

Responsabilità verso soci o terzi

In aggiunta alla responsabilità verso la società, la legge prevede anche una responsabilità dei singoli soci e dei terzi. A differenza delle precedenti, causa di questa responsabilità di natura extracontrattuale è un atto illecito, doloso o colposo, che incide direttamente nei confronti del singolo socio o del terzo. La responsabilità sussiste anche se gli amministratori agiscono nell’ambito delle loro funzioni. I singolo soci o i terzi direttamente e personalmente danneggiati dalla condotto dolosa o colposa degli amministratori, anche se cessati dalla carica, possono agire individualmente per responsabilità, indipendentemente dalla rinunzia o transazione da parte della società.

Responsabilità verso i creditori sociali

Anche i creditori sociali hanno la possibilità di adire un’azione di responsabilità verso gli amministratori. Si tratta di azione effettuata per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. In particolare:

  • L’azione può essere proposta dai creditori qualora il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti;
  • La rinuncia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali;
  • La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrano gli estremi.

La diligenza richiesta dalla natura dell’incarico

Gli amministratori devono agire secondo diligenza, ovvero, si tratta di una “clausola generale“, atteso che alla diligenza devono conformarsi tutti i comportamenti degli amministratori, indipendentemente dal fatto che siano specificamente imposti dalla legge o dallo statuto o che si tratti, in generale, dei vari atti relativi alla gestione. La responsabilità degli amministratori gestoria è collegata ad un’obbligazione di mezzi parametrata alla diligenza dei singoli comportamenti degli amministratori. Non si tratta, invece, di un’obbligazione di risultati complessivi della gestione. Essa, dunque, non può fondarsi solo sulla circostanza dell’esito sfavorevole della gestione. A tal proposito il legislatore ha fissato criteri specifici per l’individuazione del grado di diligenza esigibile dagli amministratori nell’adempimento dei loro doveri, identificandoli:

  • Nella natura dell’incarico (criterio oggettivo);
  • Nelle specifiche competenze di cui ciascuno dispone (criterio soggettivo).

La natura dell’incarico

Il riferimento alla “natura dell’incarico” implica il richiamo alla diligenza professionale, di cui all’articolo 1176, comma 2, del codice civile. Il grado di diligenza richiesto all’amministratore non può essere semplicemente equiparato a quello, tipico del mandato, del “bonus pater familias“, ma debba essere valutato con riguardo alla specifica natura dell’attività esercitata. La diligenza esigibile dall’amministratore è la diligenza tipica del gestore professionale di impresa altrui, determinata non in astratto, ma facendo concreto riferimento:

  • Sia alle caratteristiche oggettive dell’impresa (dimensioni, articolazione organizzativa, settore di attività, struttura dell’azionariato, ecc.);
  • Sia alla funzione concretamente espletata da ciascun amministratore nell’ambito dell’organo collegiale (presidente, amministratore delegato, amministratore delegato membro del comitato esecutivo, amministratore non esecutivo).

Le specifiche competenze dell’amministratore

Accanto al criterio oggettivo della natura dell’incarico, c’è il criterio soggettivo consistente nella valutazione delle “specifiche competenze“. Ciò significa che i doveri imposti dalla legge o dallo statuto in capo all’amministratore debbano essere da questi adempiuti non soltanto con la diligenza propria del buon gestore professionale, ma anche con la diligenza esigibile in considerazione delle specifiche competenze di cui lo stesso disponga. Al fine di determinare la diligenza dovuta da ciascun amministratore, occorre tenere conto anche delle qualità, delle competenze e delle capacità personali dallo stesso possedute, che hanno costituito la base per la sua nomina.

Elementi costitutivi della responsabilità degli amministratori

La responsabilità degli amministratori verso la società ha, per opinione unanime, natura contrattuale. Trova, dunque, applicazione la regola della presunzione di colpa, con conseguente inversione dell’onere della prova. Pertanto:

  • L’attore ha l’onere di provare:
    • L’inadempimento, da parte dell’amministratore, di un obbligo generico o specifico previsto dalla legge o dallo statuto;
    • Il danno arrecato al patrimonio sociale;
    • Il nesso causale tra inadempimento e danno;
  • Spetta, al convenuto fornire la prova dei fatti che valgono ad escludere o ad attenuare la sua responsabilità.

Quanto agli elementi costitutivi della fattispecie, essi sono individuati:

  • Nella condotta illecita dell’amministratore;
  • Nel danno arrecato al patrimonio sociale;
  • Nel nesso causale tra condotta e danno;
  • Nell’esistenza di un fatto proprio colpevole.

Non rileva, ai fini di escludere la responsabilità degli amministratori, il fatto che essi abbiano agito in esecuzione di una delibera assembleare autorizzativa.

La condotta illecita dell’amministratore

Le condotte inadempienti degli amministratori, attive od omissive, che possono comportarne la responsabilità verso la società per i danni conseguenti, possono consistere:

  • Sia nella violazione del dovere generale di diligenza professionale, idoneo a ricomprendere tutte le misure necessarie ad assolvere l’incarico gestorio nel caso concreto;
  • Sia nell’inadempimento (ossia la mancata esecuzione o un’esecuzione non conforme al canone della diligenza, come sopra individuato) di obblighi aventi un contenuto specifico, determinati dalla legge o dallo statuto.

Il danno causato dall’amministratore

L’illecita condotta, attiva od omissiva, tenuta dagli amministratori deve aver causato un danno effettivo al patrimonio della società. Stante la natura risarcitoria della fattispecie di responsabilità in esame, la violazione, da parte degli amministratori, dei doveri ad essi imposti non può costituire presupposto sufficiente all’accertamento di una loro responsabilità se manca la prova che da tale violazione siano direttamente derivati pregiudizi al patrimonio sociale. Quanto al contenuto dell’obbligazione risarcitoria, è principio consolidato che l’amministratore sia tenuto a risarcire, sia le perdite subite (danno emergente) che i mancati guadagni (lucro cessante), da commisurare in concreto al pregiudizio patrimoniale che la società non avrebbe subito se un determinato comportamento illegittimo non vi fosse stato. Si ritiene sia risarcibile anche il danno non patrimoniale qualora l’illecito commesso dall’amministratore produca nei confronti dell’ente conseguenze pregiudizievoli in termini di reputazione, credibilità ed immagine che non si prestino ad una valutazione monetaria su basi di mercato, rendendo necessaria una riparazione in via equitativa sulla base di tutti gli elementi di fatto del caso concreto.

Il nesso causale tra inadempimento e danno

Il nesso causale tra l’inadempimento e il danno di cui si è detto deve essere verificato procedendo ad un giudizio ex ante ed in concreto, alla stregua del criterio della regolarità statistica e della normalità causale. In pratica, è necessario chiedersi se, eliminando mentalmente l’azione inadempiente, l’evento dannoso venga meno. Ovvero, per i fatti omissivi, se l’evento dannoso si sarebbe ugualmente verificato, pur in caso di compimento dell’azione dovuta da parte dell’amministratore (Trib. Milano sentenza del 20 aprile 2009).

Fatto proprio colpevole

La responsabilità degli amministratori verso la società è concepita come una responsabilità soggettiva per fatto proprio colpevole, con esclusione, quindi, della possibilità di ricorrere a criteri di imputazione quali la responsabilità per fatto altrui (per cui si risponde a prescindere dall’esistenza di un nesso causale diretto con la propria condotta) o la responsabilità oggettiva (per cui si risponde, a prescindere dalla colpa, per il solo fatto di rivestire, per quanto qui interessa, la carica di amministratore).

La responsabilità solidale degli amministratori

Se gli amministratori sono più di uno, la collegialità dell’organo amministrativo comporta, in via di principio, che essi rispondano solidalmente dei danni arrecati alla società dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti (articolo 2392, comma 1, del codice civile). Ciò significa che ciascuno degli amministratori potrà essere costretto a procedere al risarcimento integrale del danno. Questo comporta il fatto che la società ha la possibilità di agire nei confronti di uno solo degli amministratori. Il tutto, senza che si dia luogo a litisconsorzio necessario, salva l’applicazione delle norme sul regresso nelle obbligazioni solidali.

Gli amministratori, tuttavia, devono essere autonomamente individuati come corresponsabili dello specifico danno lamentato in concreto, sulla base di una puntuale ricostruzione del nesso causale tra la condotta ad essi personalmente attribuibile e l’evento pregiudizievole denunciato. Nei rapporti interni, invece, l’amministratore che non abbia concorso al compimento dell’atto dannoso – pur risultando responsabile verso la società per non aver fatto quanto poteva per impedirlo – può agire in rivalsa contro gli amministratori agenti al fine di essere indennizzato degli esborsi eventualmente eseguiti a favore della società. Ciò posto, occorre, peraltro, aggiungere che il carattere solidale della responsabilità degli amministratori verso la società:

  • Viene escluso, in considerazione del carattere personale della medesima responsabilità, quando si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori (articolo 2392, comma 1, del  codice civile);
  • Sussiste, indipendentemente dalla presenza o meno di deleghe dei poteri amministrativi e fermi gli obblighi di cui all’articolo 2381 del codice civile per quegli amministratori che essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (articolo 2392, comma 2 del codice civile).

Le responsabilità dell’amministratore di fatto

In ragione della necessità di una autonoma individuazione della responsabilità degli amministratori, la giurisprudenza ha introdotto la figura dell’amministratore di fatto, che presuppone che la persona abbia in concreto svolto attività di gestione (e non meramente esecutive) della società e che tale attività abbia carattere sistematico, non potendosi esaurire nel compimento di taluni atti di natura eterogenea e occasionale. A tal proposito, la figura dell’amministratore di fatto viene positivamente individuata nella compresenza dei seguenti elementi:

  • Assenza di una efficace investitura assembleare;
  • Attività esercitata (non occasionalmente ma) continuativamente;
  • Funzioni riservate alla competenza degli amministratori di diritto;
  • Autonomia decisionale (non necessariamente surrogatoria, ma almeno cooperativa non subordinata) rispetto agli amministratori “di diritto“.

La presenza di un comitato esecutivo o di uno o più consiglieri delegati potrebbe valere ad escludere la responsabilità solidale degli amministratori non esecutivi per gli atti, commissivi od omissivi, posti in essere nell’esercizio delle funzioni delegate (articolo 2392, comma 1, del codice civile).

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    Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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