La Cassazione 28178/2025 chiarisce che gli omessi versamenti possono integrare operazioni dolose idonee a causare il dissesto, con responsabilità penale anche anni dopo.
Gli omessi versamenti tributari, se sistematici e non gestiti con piani credibili di rientro, possono qualificare “operazioni dolose” idonee a causare o aggravare il dissesto e portare a responsabilità per bancarotta impropria dell’amministratore, anche a distanza di anni dal fatto e dopo una lunga liquidazione, come ribadito dalla Cassazione n. 28178/2025.
La Suprema Corte distingue il “fallimento” in senso formale dall’evento rilevante in art. 223, che è il dissesto in senso sostanziale, cioè la situazione economico-finanziaria di decozione determinata da condotte abusive o infedeli, anche omissive, che rendono prevedibili esborsi sanzionatori e risarcitori a carico della società. Per l’impresa e per chi la governa, questo orientamento richiede un approccio rigoroso al tax risk management, alla pianificazione dei flussi e alla tracciabilità delle scelte, per evitare che scelte di tesoreria spinte diventino fonte di responsabilità penale oltre che di insolvenza.
Cosa ha stabilito la Cassazione n. 28178/2025
La Cassazione ha confermato la condanna per concorso in bancarotta impropria da operazioni dolose dell’amministratore che aveva lasciato la società, poi fallita dopo oltre sei anni di liquidazione, con un debito erariale di circa 155.000 euro non coltivato nei ricorsi e destinato a consolidarsi con effetti depauperativi prevedibili. La Corte chiarisce che nel combinato disposto degli artt. 216 e 223 R.D. n. 267/1942 il termine “fallimento” del secondo deve essere letto in senso sostanziale: l’evento è il dissesto, non la sentenza dichiarativa, evitando duplicazioni e concentrando l’analisi sul nesso eziologico tra le operazioni dolose e la decozione. Il nesso causale non è escluso dalla preesistenza di altre cause del dissesto né dall’aggravamento di un dissesto già in atto, poiché la bancarotta impropria rileva anche quando le condotte aggravano una situazione economica già deteriorata in modo prevedibilmente idoneo a sfociare nel fallimento.
Dissesto vs. fallimento: la chiave sostanziale
Secondo la Cassazione, il dissesto è un fenomeno economico progressivo e reversibile fino a un certo punto, diverso dal fallimento come provvedimento giurisdizionale, e costituisce l’evento richiesto dall’art. 223, comma 2, n. 2, ai fini del reato di bancarotta impropria da operazioni dolose. Questa lettura evita di duplicare il richiamo alla dichiarazione d’insolvenza e orienta l’accertamento verso l’impatto concreto delle operazioni sugli equilibri economico-finanziari, compreso l’effetto di aggravamento del dissesto, non necessariamente associato a una diminuzione algebrica immediata dell’attivo. Per l’impresa questo significa che anche scelte apparentemente neutre nel breve, come rinviare sistematicamente il fisco per finanziare il circolante, possono integrare condotte intrinsecament...
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