La comunione dei beni stabilisce un accordo tra coniugi per cui vengono messe in comune le ricchezze del marito e della moglie, anche quelle cumulate separatamente. Questo regime si applica ogni qual volta non vengano stabiliti accordi differenti, come quelli di separazione dei beni. Scegliere il regime legale della comunione dei beni comporta che, marito e moglie, condividano sia crediti che debiti. Nel caso di mancato pagamento dei debiti ad essere oggetto di pignoramento è tutto il bene posseduto.
Questo accordo di comunione delle ricchezze può essere sciolto per alcuni casi particolari, come la separazione dei coniugi, il decesso di uno dei due, l’annullamento del matrimonio, il divorzio o per una nuova convenzione che stabilisce nuovi accordi tra i coniugi.
Tuttavia un dubbio può sorgere in caso di comunione dei beni: quali sono i rischi dei coniugi, in caso di debiti? Ovvero, cosa accade ad uno dei coniugi, se l’altro contrae dei debiti verso terzi o verso il fisco? Andiamo ad analizzare nell’articolo questa eventualità, con i rischi connessi e se ci sono possibilità di difendere il proprio patrimonio.
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Comunione dei beni: cosa significa
La comunione dei beni è un regime patrimoniale che regola le relazioni economiche tra i coniugi durante il matrimonio. In Italia, se non diversamente specificato nel contratto di matrimonio, la comunione dei beni è il regime patrimoniale predefinito.
In questo regime, tutti i beni acquisiti dai coniugi durante il matrimonio, ad eccezione di quelli personali (come i beni ereditati o ricevuti come donazione), sono considerati di proprietà comune e sono gestiti insieme. Questo include redditi da lavoro, profitti da attività commerciali, e beni acquistati con questi redditi.
In caso di divorzio o morte, i beni in comunione sono divisi equamente tra i coniugi o tra il coniuge superstite e gli eredi del coniuge deceduto. È importante notare che i coniugi possono scegliere di escludere o includere specifici beni dalla comunione attraverso un contratto di matrimonio. Inoltre, alcuni beni, come i beni personali, rimangono di proprietà individuale anche in regime di comunione dei beni.
La comunione dei beni può avere significative implicazioni legali e fiscali, quindi è sempre consigliabile consultare un avvocato o un consulente finanziario prima di prendere decisioni relative al regime patrimoniale del matrimonio.
Quali beni rientrano nella comunione?
Secondo quanto previsto dall’art. 177 c.c. fanno parte della comunione:
- I beni acquistati insieme o separatamente durante il matrimonio;
- I frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione (ad esempio le somme ricevute per l’affitto di un appartamento che era di proprietà di uno dei due coniugi prima del matrimonio)
- I proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati (ad esempio stipendi e compensi professionali);
- Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.
Secondo quanto disposto dall’art. 179 c.c. sono esclusi dalla comunione:
- Beni di proprietà di ciascun coniuge prima del matrimonio o sui cui il coniuge ha un diritto reale di godimento. Vi rientrano i beni acquistati prima del matrimonio;
- Beni ricevuti in donazione o successione anche dopo il matrimonio quando il donante o il de cuius nel testamento non specificano che il bene può confluire nella comunione;
- Beni strettamente personali come orologio da polso, collane, anelli ecc..;
- Beni funzionali all’esercizio della professione del coniuge;
- Beni e somme di denaro ottenuti a titolo di risarcimento dei danno;
- Pensione percepita per perdita totale o parziale della capacità lavorativa;
- Tutti i beni acquistati con i proventi della vendita dei beni sopra elencati (se dichiarato in modo espresso nell’atto di acquisto).
Scegliere la separazione dei beni comporta che:
- Ciascun coniuge resta proprietario esclusivo dei beni acquistati durante la vita matrimoniale e prima del matrimonio;
- Ogni coniuge risponde dei propri debiti personali senza coinvolgere l’altro coniuge.
Cosa accade in caso di debiti
Nel regime di comunione dei beni, se uno dei coniugi contrae dei debiti durante il matrimonio, questi possono essere considerati debiti della comunione e quindi entrambi i coniugi possono essere ritenuti responsabili per il loro pagamento. Questo significa che i creditori possono cercare di recuperare il debito dai beni comuni dei coniugi.
Tuttavia, ci sono alcune eccezioni a questa regola. Ad esempio, i debiti contratti da un coniuge per necessità personali o per attività che non beneficiano la famiglia potrebbero non essere considerati debiti della comunione. Inoltre, i debiti contratti prima del matrimonio o dopo la separazione legale non sono generalmente considerati debiti della comunione.
Occorre, comunque, dividere i diversi tipi di debiti:
- Debiti personali: si tratta di debiti contratti solamente da uno dei due coniugi, per cui non è presente il consenso dell’altro. In questo caso si parla ad esempio di un acquisto che uno dei coniugi ha fatto, contraendo dei debiti, per un bene che non ha nessuna utilità per l’intera famiglia, come può essere un bene collegato al lavoro del contraente il debito;
- Debiti di entrambi i coniugi: in questo caso il debito è stato contratto di comune accordo, dai due coniugi, per cui il bene acquistato può essere destinato all’utilizzo per tutta la famiglia: pensiamo ad esempio all’acquisto di una seconda casa.
- Casi intermedi: esistono poi delle situazioni intermedie in cui i coniugi possono aprire dei debiti, singolarmente, ma per beni utilizzati da tutta la famiglia.
L’ordinanza n. 20845 del 21 luglio della Corte di Cassazione afferma che, in mancanza di una precisa disciplina normativa, in caso di debiti contratti dal marito o dalla moglie, viene ritenuto legittimo privare del bene detenuto in comunione legale entrambi i coniugi. Quindi in caso di comunione dei beni, viene colpito tutto l’immobile (ad esempio), anche se l’altro coniuge non c’entra nulla con la vicenda.
Questo perché l’esecuzione sulla sola quota del coniuge imprenditore non è possibile, perché a differenza della normale comproprietà, la comunione legale fra coniugi non ha quote. Ciascuno dei coniugi ha diritti sull’intero bene e non su una quota. E quindi è tutto l’immobile ad essere colpito, e non solo una quota, che dovrà essere ceduta all’asta. Al coniuge non imprenditore andrà riconosciuta soltanto la metà del ricavato. Che non sempre, nelle vendite forzate, corrisponde al valore effettivo della quota dell’immobile.
Nella separazione dei beni, invece, ciascun coniuge è titolare della propria quota. Quindi in caso di situazioni debitorie da parte di uno solo dei coniugi, sarà soltanto la quota di questi ad essere sottoposta ad esecuzione, restando indenne la quota di spettanza dell’altro coniuge.
Cosa accade in caso di debiti condivisi
Diverso è il caso di debito condiviso, ovvero contratto da entrambi i coniugi, per cui vi è una comunione dei beni acquisiti che vengono effettivamente utilizzati da entrambi, e per cui i debiti sono contratti da entrambi.
In questo caso vi è il consenso di entrambi i coniugi nel contrarre il debito, e la responsabilità è di entrambi. In questo caso, dato che i beni sono di entrambi, come i debiti, i creditori possono colpire il patrimonio complessivo dei coniugi, per recuperare le somme spettanti.
Debiti personali su beni condivisi
Un ulteriore caso è quello della presenza di debiti contratti a livello personale, ma i cui beni oggetto del debito sono condivisi a livello familiare. In questo caso, se per esempio il marito ha contratto un debito per acquistare un bene condiviso con la moglie, a rispondere al debito sarà solamente il contraente.
Tuttavia può accadere che, come visto in caso di debiti personali, anche la moglie perda qualcosa, come effetto collaterale, specialmente se si tratta di un immobile: potrebbe infatti perdere la proprietà, anche se le verrà restituita la somma del 50% del bene che le spetta.
I creditori dei coniugi
I creditori insoddisfatti che vantano un credito, possono attivare la procedura esecutiva per avere ciò che gli spetta. La procedura esecutiva consiste nella vendita da parte del tribunale dei beni di proprietà del debitore su richiesta dei creditori, dopodiché si procede a ripartire il ricavato.
In primo luogo, saranno oggetto della vendita, i beni personali del coniuge che ha contratto il debito personale. Solo qualora i beni personali non dovessero bastare a coprire il debito, potranno essere aggrediti anche i beni facenti parte della comunione. Se anche aggredendo i beni della comunione i creditori non dovessero ottenere l’intera somma di denaro, in nessun caso potranno aggredire i beni personali dell’altro coniuge.
Qualora i creditori aggrediscano i beni della comunione, anche se il bene appartiene è di entrambi coniugi, il tribunale venderà l’intero bene e i creditori potranno essere soddisfatti soltanto per la metà del ricavo.