Il trasferimento di sede legale all'estero è un aspetto che interessa molti imprenditori. Una società con sede legale in uno Stato UE può trasferire la sua sede “legale” in altro Stato UE, senza necessariamente trasferire la sua sede “effettiva”, ossia la sua direzione generale, i suoi uffici, i suoi stabilimenti produttivi, e senza che ciò configuri necessariamente un abuso del diritto (sentenza della Corte UE, causa C-106/16).
Devono ritenersi contrarie al diritto UE, infatti, le norme di un Paese membro che subordinano il trasferimento intracomunitario della sede di una società alla sua preventiva liquidazione nel Paese di origine.
Per quanto attiene al diritto interno italiano, dato che tutti i trasferimenti dovrebbero essere in continuità giuridica, l’attribuzione della residenza fiscale dovrebbe sempre avvenire in base all'articolo 73, comma 3, del DPR n. 917/86 (sede nel territorio per la maggioranza del periodo di imposta).
Il trasferimento di sede legale
Ormai sono frequenti i casi di trasferimento di sede all'estero. Oppure, viceversa di una holding, e talvolta anche di una società operativa. Questo di operazioni di trasferimento può avvenire per le motivazioni più varie, come ad esempio:
La semplificazione della struttura societaria del gruppo;
Il perseguimento di maggiori vantaggi finanziari e/o fiscali;
La delocalizzazione in Paesi ritenuti più attrattivi.
Proprio per queste ragioni, con riferimento ai trasferimenti in ambito comunitario, si sono susseguite una serie di sentenze della Corte di Giustizia dell’unione Europea, volte a tutelare il c.d. diritto di stabilimento, intimamente connesso ai principi di libera circolazione.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa C-106/16 (Polbud), riveste una particolare importanza. Infatti, essa ha sancito che sono contrari alla libertà di stabilimento gli ordinamenti degli Stati membri che subordinano il trasferimento della sede all'estero al preventivo scioglimento della società nello Stato di origine, e alla successiva ricostituzione della stessa nello Stato di destinazione.
Il trasferimento di sede legale: inquadramento civilistico
Il nostro ordinamento civilistico disciplina il caso del trasferimento della sede sociale all'estero. Tale disciplina viene trattata in via indiretta, nell'ambito della disciplina delle società per azioni, con i seguenti articoli:
L'art. 2369 c.c. (“Seconda convocazione e convocazioni successive”), al comma 5, prevede che, nel caso di trasferimento della sede sociale all'estero, è necessario in seconda convocazione il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale;
L'art. 2437 c.c. (“Diritto di recesso”) che riguarda la deliberazione riguardante il trasferimento della sede sociale all'estero tra quelle che legittimano l'esercizio del diritto di recesso da parte di coloro che non vi hanno concorso.
Deve poi farsi necessario riferimento alla Legge n. 218/95, che all'articolo 25,...
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