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Remunerazione dei soci di SRL: modalità

Prelevare utili da una SRL (Società a Responsabilità Limitata) può essere fatto in diversi modi, ognuno con le proprie implicazioni fiscali e regolamentari.

Individuare la migliore forma di remunerazione dei soci di SRL è importante per tutti gli imprenditori in quanto è vi sono varie possibilità tra cui individuare la migliore o le migliori da applicare. Non si deve dimenticare, infatti, che operare con una SRL significa gestire un ente totalmente slegato dai propri soci, ente con regole ed obblighi propri, predisposti sia per tutelare l’imprenditore che i suoi stakeholder. Questa autonomia patrimoniale non rende possibile per il socio prelevare utili dal conto corrente della società o direttamente dalla casa, senza preoccuparsi degli effetti (rilevanti) che ne derivano.

Per questo motivo è importante individuare le forme di remunerazione dei soci di una SRL per capire quelle che maggiormente possono essere utili, sempre nel rispetto dei requisiti di legge previsti, per effettuare un’attività pianificazione fiscale. Detto questo andiamo a vedere quali sono le principali modalità di remunerazione dei soci di SRL e come funzionano.

Le modalità di remunerazione di soci di SRL

La remunerazione dei soci di SRL, nel rispetto delle disposizioni di legge, può essere effettuata seguendo uno (o più) metodi, che devono essere valutati in relazione alle specifiche esigenze aziendali. Di seguito andiamo, schematicamente, a riportare i principali metodi di remunerazione dei soci, andando poi ad approfondirli sotto gli aspetti tributari. I principali metodi sono i seguenti:

  1. Distribuzione di utili e/o riserve di bilancio;
  2. Compenso amministratore con rimborsi spese e buoni pasto;
  3. Corresponsione di royalties legate allo sfruttamento di un marchio;
  4. Prestazioni accessorie dei soci;
  5. Finanziamento soci fruttifero.

Ognuno dei metodi indicati è soggetto a diversi trattamenti fiscali e contributivi che di seguito andiamo ad analizzare con maggiore dettaglio.

1) Distribuzione utili e/o riserve di bilancio

La principale forma di remunerazione dei soci di SRL passa attraverso la distribuzione degli utili generati dalla gestione aziendale e/o dalla distribuzione di riserve. Questa forma di remunerazione è legata all’approvazione del bilancio d’esercizio dove viene evidenziato l’utile d’esercizio e dove viene destinata la sua allocazione (autofinanziamento o distribuzione). Tuttavia, l’assemblea dei soci può decidere anche di distribuire riserve iscritte in bilancio.

Si tratta del metodo storicamente più utilizzato per remunerare il socio. Tuttavia, non sempre è possibile ricorrere a tale metodo, in quanto richiede la presenza di una serie di condizioni inderogabili. Con maggiore dettaglio, la distribuzione di utili ai soci è possibile esclusivamente quando:

  • Gli utili risultino dal bilancio o vi siano riserve disponibili;
  • Il bilancio è stato approvato, quindi, è necessario attendere l’anno successivo alla maturazione degli utili.

Tassazione dei dividendi sui soci di SRL

Per quanto riguarda i dividendi distribuiti dalla SRL ai soci persone fisiche, si applica una ritenuta a titolo di imposta, con aliquota del 26%. In pratica, i dividendi devono essere erogati ai soci al netto della ritenuta del 26%. Quindi, operativamente il bonifico di distribuzione del dividendo è, quindi, di importo corrispondente al 74% degli utili o delle riserve di cui viene deliberata la distribuzione. Di fatto, quindi, la ritenuta a titolo di imposta deve essere versata dalla società per conto del socio. Il socio non è chiamato ad assolvere alcun obbligo dichiarativo in relazione al compenso percepito (reddito di capitale).

Sotto il profilo previdenziale, le distribuzioni di utili o di riserve in quanto redditi di capitale per il socio percettore, non soggette ad alcuna forma di contribuzione INPS. In conclusione, possiamo affermare che nonostante l’assenza di oneri previdenziali, la distribuzione di utili o di riserve al socio non rappresenti la migliore soluzione possibile. In linea generale, questa forma di remunerazione del socio viene accompagnata da una delle altre descritte di seguito.

Se desideri approfondire: “Dividendi: normativa e regime di tassazione“.

2) Compenso amministratore con rimborsi spese

I soci che rivestono la carica di amministratore della società hanno la possibilità di essere remunerati per lo svolgimento di questa carica. In pratica, l’assemblea dei soci ha la possibilità di deliberare l’approvazione di un compenso per l’attività svolta dall’amministratore. Anche questa, quindi, può essere una forma di remunerazione dei soci di SRL, valida, tuttavia, solo per i soci che rivestono una carica gestoria.

Il vantaggio di questo strumento di remunerazione sta nel fatto che l’importo del compenso è completamente variabile ed è stabilito dai soci. Si possono quindi, nella pratica, deliberare compensi agli amministratori anche parametrandoli all’andamento della gestione aziendale, senza rischiare di accumulare perdite d’esercizio in relazione alla rigidità del costo del lavoro.

Sotto il profilo tributario compenso amministratore è un reddito assimilato a quello da lavoro dipendente, soggetto ad IRPEF ed all’applicazione delle addizionali. In relazione al profilo previdenziale, sull’importo lordo del compenso, si devono corrispondere i contributi INPS della gestione separata, con aliquota che è attorno al 35%.

Differenza fiscale tra distribuzione di utili/riserve e compenso amministratore

Il compenso amministratore rappresenta la forma di remunerazione del socio che svolge attività gestoria della società. Questa modalità di erogazione del compenso determina l’applicazione dei contributi legati alla gestione separata con aliquota attorno al 35%, e fiscalmente con l’applicazione delle aliquote progressive IRPEF (dal 23% al 43%), oltre all’addizionale regionale e comunale. Tali oneri rappresentano un costo deducibile ai fini IRES della società (non ai fini IRAP).

Con la distribuzione degli utili, invece, in prima battuta è la società a pagare le imposte (IRES al 24% + IRAP al 3,9%). Sull’utile netto (già tassato) oggetto di distribuzione, trova applicazione la ritenuta a titolo di imposta del 26% (la società opera come sostituto di imposta nei confronti del socio percettore).

Questa diversa modalità di determinazione della tassazione aziendale deve essere tenuta in considerazione per valutare le scelte da prendere.

Rimborso spese per gli amministratori

Gli amministratori, oltre all’ordinario compenso stabilito dall’assemblea dei soci, possono pattuire con la società l’applicazione di un rimborso delle spese. Si tratta di tutte quelle spese sostenute direttamente dall’amministratore per l’espletamento del suo incarico nei confronti della società. I rimborsi spese, legati ad oneri sostenuti dall’amministratore, possono essere riassunti in casistiche diverse.

Rimborso analitico

Con questo sistema la società rimborsa tutte le spese che l’amministratore sostiene per effettuare una trasferta a nome della società, senza alcun effettivo vantaggio monetario. Il rimborso riguarda tutte i documenti (fatture) prodotti dall’amministratore, che vengono rimborsati dalla società.

Rimborso chilometrico

Questo rimborso può essere previsto per ristornare l’amministratore delle spese di trasferta sostenute con l’utilizzo di un proprio autoveicolo: ogniqualvolta l’amministratore effettua una trasferta per conto della società con il proprio autoveicolo ha la possibilità di chiedere il rimborso spese dei chilometri percorsi. T

ale rimborso avviene in base alla valorizzazione effettuata in base alle tabelle chilometriche dell’ACI (Automobile Club d’Italia). L’importo che l’amministratore riceve è, sostanzialmente, maggiormente elevato rispetto a quello speso per il carburante. Questo, in quanto, i rimborsi spese ACI comprendono anche i seguenti costi: quota ammortamento annuale della macchina, assicurazione RCA; tassa automobilistica; carburante; pneumatici; riparazioni e manutenzioni ordinarie e straordinarie. Il rimborso prevede quindi il ristorno non solo del carburante, ma anche di parte di tutti questi costi che l’amministratore sostiene, a livello personale, per l’utilizzo dell’automezzo.

Rimborso forfettario

Quando l’amministratore fa una trasferta al di fuori del comune in qui è fissata la sede della società, ha diritto a ricevere nel cedolino busta paga un rimborso fisso, giornaliero, di euro 46,48 (per trasferte in Italia) senza aver il diritto di ricevere ulteriori rimborsi di spese. Questo per l’amministratore significa che se fa una trasferta corta e spende meno di euro 46,48 l’amministratore sta guadagnano dei soldi. Le indennità forfetarie, nei limiti previsti, non sono soggette ad imposte e contributi.

Le indennità forfetarie e i rimborsi chilometrici sono cumulabili. Inoltre, il rimborso forfettario si può utilizzare solo se viene predisposto un cedolino paga, mentre il rimborso chilometrico si può attivare anche senza cedolino paga. Il rimborso chilometrico e il rimborso forfettario, se utilizzati in modo corretto rispettando la legge, possono consentire di incassare somme aggiuntive rispetto alle spese effettivamente sostenute.

Per approfondire: “Rimborsi Spese in busta paga: le regole“.

Buoni pasto per l’amministratore

La maggior parte delle aziende non ha la mensa e fornisce quindi al lavoratore un buono. In base al D.M. n. 122/2017, i buoni pasto, possono essere riconosciuti non solo ai lavoratori dipendenti, ma anche a soggetti non titolari di un rapporto di lavoro subordinato. I beneficiari dei buoni pasto possono essere anche coloro i quali hanno istaurato un rapporto di collaborazione, non necessariamente subordinato, con il soggetto che corrisponde i titoli di legittimazione. Può essere questo il caso del socio amministratore che percepisce un compenso, il quale rientra tra quelli assimilati al lavoro dipendente.

Pertanto, anche il regime fiscale dei buoni pasto riconosciuti dalla società all’amministratore consente l’esenzione fiscale fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, nel caso di buoni pasto in forma cartacea, o di 8 euro nel caso di buoni pasto in forma elettronica (ex art. 51, comma 2, lett. c), del TUIR).

Niente welfare aziendale per l’amministratore

In relazione a questo aspetto è da segnalare la posizione dell’Agenzia delle Entrate in relazione alla risposta ad interpello n. 10/E/2019. Questo documento di prassi ha affermato che l’amministratore di una società non potrebbe fruire del regime fiscale di favore previsto dalla disciplina sui redditi di lavoro dipendente (estendibile, come anticipato, al reddito dell’amministratore) per i beni e servizi welfare (art. 51, comma 2, del TUIR). Questo poiché mancherebbe, a tal fine, il requisito della subordinazione dipendenza e l’amministratore non sarebbe in alcun modo assimilabile al lavoratore subordinato alle dipendenze della società. I beni welfare, inclusi i buoni pasto, erogati in favore dell’amministratore dovrebbero, secondo l’Agenzia, essere valorizzati in base al valore normale.

Sotto il profilo tributario i buoni pasto rientrano, tra le voci di bilancio, all’interno dei costi del personale, essi sono deducibili al 100% per le aziende ai fini IRES. La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate spiega che la totale deducibilità dipende dalla considerazione che il costo sostenuto dall’azienda riguarda un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande.

3) Royalties su Marchio aziendale

Una ulteriore forma di remunerazione del socio può essere legata alla corresponsione da parte della società di royalties legate allo sfruttamento del marchio aziendale. Si tratta della fattispecie in cui il socio crea il marchio personalmente (sostenendone i costi) e successivamente lo registra per poi concederne l’utilizzo (e quindi lo sfruttamento) alla società che, in cambio, gli riconosce dei canoni sotto forma di royalties.

Il marchio aziendale rappresenta il segno distintivo che consente di individuare i prodotti/servizi dell’azienda e garantirne l’affidabilità e la qualità. Il titolare di un marchio registrato ha la possibilità di concederne l’utilizzo a terzi percependo una remunerazione a tale titolo (c.d. “royalties“). Per il socio persona fisica non imprenditore le royalties sono tassate con una riduzione forfetaria della base imponibile pari al 25%. Inoltre, il reddito percepito non rileva ai fini previdenziali. Infatti, il titolare non si obbliga a compiere alcuna prestazione d’opera o di servizio, tantomeno alcuna “attività” e quindi egli non potrebbe essere qualificato, da parte dell’INPS, come lavoratore autonomo occasionale.

Detassazione parziale delle royalties percepite

Da quanto appena analizzato emerge chiaramente che il principale vantaggio dello sfruttamento del marchio aziendale deriva dalla parziale detassazione (del 25%) in capo alla persona fisica proprietaria del marchio e alla totale deducibilità delle royalties in capo all’utilizzatore del marchio. Tuttavia, questa forma di remunerazione può rivelarsi molto rischiosa tutte le volte in cui viene utilizzata senza criterio ed la solo scopo di raggiungere un altrimenti indebito vantaggio fiscale, magari legato alla corresponsione di royalties su marchi privi di concreto valore economico.

Di fatto, quindi, il marchio aziendale rappresenta uno strumento utile alla pianificazione fiscale quando effettivamente ci sono tutti i presupposti per la registrazione del marchio e il relativo sfruttamento economico. Purtroppo, però, gli errori in questa materia possono costare cari e occorre prestare molta attenzione ed essere affiancati da professionisti preparati. Abbiamo affrontato questa tematica in dettaglio in questo articolo al quale ti rimando per tutti gli approfondimenti del caso e per capire i principali errori che possono compromettere questa forma di remunerazione del socio: “Marchi e royalty per la pianificazione fiscale“. Nell’articolo vengono indicati anche le principali problematiche operative legate a questa modalità di remunerazione del socio.

4) Prestazioni accessorie

Una modalità poco utilizzata per regolare la prestazione lavorativa del socio per conto della sua società è legata alle prestazioni accessorie. L’art. 2345 del codice civile prevede che:

Oltre l’obbligo dei conferimenti, l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento“.

Questo significa che, di fatto, quindi, l’atto costitutivo della società (o anche una specifica delibera assembleare) può specificatamente prevedere che il socio possa svolgere delle prestazioni accessorie di tipo lavorativo, andando a determinare durata, compenso e sanzioni in caso di inadempimento. L’istituto in commento permette il riconoscimento di un compenso periodico al socio che presta la propria attività a favore della società. Questa soluzione permette di regolare statutariamente gli obblighi dei singoli soci, vincolandoli allo svolgimento di specifiche prestazioni a favore della società con in cambio una remunerazione correlata alle attività effettivamente svolte.

Prestazioni accessorie tassate IRPEF

Il compenso per l’attività lavorativa del socio attraverso le prestazioni accessorie è soggetto all’ordinaria tassazione IRPEF legata al percepimento di redditi da lavoro dipendente. In particolare, si tratta di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, ex art. 50, co. 1, lett. c-bis) del TUIR (vedasi la risoluzione n. 81/E/2002 dell’Agenzia delle Entrate). La particolarità del rapporto sottostante la prestazione fa sì che questa non possa qualificarsi come prestazione derivante da contratto di lavoro subordinato ma piuttosto come un’obbligazione sociale prevista dallo statuto il cui compenso viene pattuito nel rispetto del criterio civilistico.

La norma, però, precisa che non deve trattasi di attività rientranti nell’oggetto dell’arte o professione eventualmente esercitata dallo stesso prestatore perché, in tal caso, il relativo reddito assumerebbe, per attrazione, la natura di reddito di lavoro autonomo professionale e sarebbe disciplinato secondo le relative regole. Per approfondire questo argomento: “Prestazioni accessorie dei soci: come funzionano?“.

5) Finanziamento soci fruttifero

La modalità dei prestiti dei soci alla propria società (SRL) è un meccanismo finanziario che può essere utilizzato per iniettare liquidità nell’impresa, mantenendo nel contempo un certo grado di flessibilità sia per la società che per i soci.

In questo scenario, un socio fa un prestito di denaro alla SRL. Questo prestito può essere formalizzato attraverso un contratto che stabilisce le condizioni chiave, come l’importo del prestito, il tasso di interesse applicato, e il piano di rimborso. Il tasso di interesse deve essere in linea con i tassi di mercato per evitare che l’operazione sia considerata elusiva ai fini fiscali. Per approfondire: “Finanziamento soci: guida alla procedura“.

Da un punto di vista fiscale, gli interessi che la società paga al socio per il prestito sono deducibili come spese d’esercizio per la società, a condizione che rispettino le condizioni di “congruità“, ossia che non siano eccessivamente alti rispetto ai tassi di mercato e alle condizioni economiche. Questa deducibilità rappresenta un vantaggio per la società, in quanto riduce l’importo dell’utile imponibile e quindi l’onere fiscale complessivo.

Per il socio, gli interessi percepiti rappresentano un reddito da capitale e come tali sono soggetti a tassazione. La tassazione degli interessi percepiti avviene con applicazione di imposta sostitutiva al 26%.

Questo metodo ha diversi vantaggi. Innanzitutto, fornisce alla società una fonte di finanziamento alternativa rispetto ai prestiti bancari, che possono essere più costosi o difficili da ottenere, specialmente per le piccole e medie imprese. Inoltre, consente una certa flessibilità in termini di gestione del rimborso, in quanto i termini del prestito possono essere adattati alle necessità della società e del socio.

Conclusioni e consulenza fiscale online

In questo articolo ho cercato di riassumere i principali metodi legati alla remunerazione del socio di SRL. Questo sia nel caso in cui non presti alcuna attività per la società, o almeno il compenso non ne è collegato, come nel caso dei dividendi, oppure legati a qualche tipo di attività prestata, come nel caso del compenso amministratore, dei buoni pasto e delle prestazioni accessorie.

Poi c’è il caso dello sfruttamento dei marchi aziendali, in questo caso legati ad attività legata alla creazione ed allo sfruttamento di attività intangibili. Ognuno di questi metodi è legato a precise disposizioni da rispettare che vincolano il compenso a requisiti prestabiliti da rispettare. In conclusione ed in relazione a quanto indicato nell’articolo, emerge che non vi sua un metodo migliore degli altri ma che, piuttosto, qualsiasi valutazione deve necessariamente essere ponderata alla specifica situazione aziendale. Per questo motivo, diventa importante valutare con il proprio dottore Commercialista di fiducia ogni specifica situazione al fine di individuare la soluzione o la combinazione di soluzioni migliori da adottare.

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Se vuoi conoscere altri sistemi per prelevare dalla SRL con risparmio fiscale allora leggi subito questo articolo.


Domande frequenti

Come può essere remunerato un socio di una SRL?

Un socio di una SRL può essere remunerato principalmente in tre modi: mediante il pagamento di dividendi sugli utili della società, attraverso una retribuzione se è impiegato nella società o svolge un ruolo amministrativo, o tramite interessi se ha concesso prestiti alla società.

I dividendi sono sempre garantiti ai soci di una SRL?

No, i dividendi sono distribuiti solo se la società realizza utili e l’assemblea dei soci decide di distribuirli. Inoltre, la distribuzione dei dividendi è subordinata al rispetto di determinate condizioni legali e statutarie, come la copertura delle perdite o la costituzione di riserve obbligatorie.

Un socio lavoratore in una SRL deve essere remunerato?

Sì, se un socio svolge un’attività lavorativa per la società, deve essere remunerato per il suo lavoro. Questa remunerazione è considerata reddito da lavoro dipendente o assimilato e quindi soggetto a tassazione e contributi previdenziali come per qualsiasi altro lavoratore.

È possibile per un socio ricevere una remunerazione come amministratore della SRL?

Sì, se un socio ricopre il ruolo di amministratore della SRL, può ricevere una remunerazione specifica per questo incarico. Questa remunerazione è soggetta a tassazione come reddito da lavoro autonomo o dipendente, a seconda della natura del rapporto.

Come influisce la partecipazione percentuale nella SRL sulla remunerazione del socio?

La partecipazione percentuale di un socio influisce sulla distribuzione dei dividendi, in quanto di solito sono distribuiti proporzionalmente alla quota di partecipazione nella società. Tuttavia, per la remunerazione come lavoratore o amministratore, la partecipazione non ha un impatto diretto.

Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.

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