In linea generale si parla di unità collabente in riferimento a tutti quegli immobili che si trovano a non produrre reddito, in quanto non si trovano in una condizione adeguata. Si tratta quindi di immobili che difficilmente possono produrre denaro da una rendita, perché sono fatiscenti o in condizioni di crollo parziale. Le unità collabenti, sono fabbricati della categoria catastale F/2, sono edifici che versano in condizione di rovina e degrado,

Quando si parla di unità collabenti, è importante evidenziare che per poter ricevere una rendita di qualsiasi tipo, questi edifici devono essere ristrutturati, non con una semplice ristrutturazione, ma con un intervento complessivo di più ampia portata, altrimenti si continua a parlare di unità collabenti.

Anche se questi edifici, strutture, o parti di strutture, non sono utilizzate e non producono una rendita di alcun tipo, vanno comunque censite, ovvero le informazioni su di esse devono essere presenti nei dati relativi alle strutture presenti sul territorio. Vediamo quali norme ci sono in Italia intorno alle unità collabenti, e cosa c’è da sapere su di esse.

Quando un immobile può essere definito collabente

Stabilire quando un immobile può rientrare nella definizione di collabente può non essere semplice, tuttavia è possibile seguire alcune indicazioni. Prima di tutto è possibile individuare la categoria catastale di riferimento, perché, come visto prima, anche queste strutture vanno accatastate. Si tratta della seguente categoria:

  • F/2 “Unità collabenti – fabbricati fatiscenti, ruderi, unità con tetto crollato e inutilizzabili”.

La categoria racchiude per definizione gli immobili in rovina o in condizioni di degrado, strutture in parte non integre, oppure fabbricati che risultano non agibili. Un immobile di questo tipo è definito come collabente, e non può produrre alcuna forma di rendita.

Un immobile è collabente quindi quando non può essere utilizzato per scopi abitativi, e neanche per ricavare rendita. Spesso in questa categoria rientrano vecchie strutture diroccate e non più utilizzate, che sono quindi esposte a intemperie, e su cui non viene svolta alcuna manutenzione.

La normativa prevede che tali strutture vengano registrate al catasto con le informazioni che le riguardano, anche in assenza di dati quali la rendita catastale. Altre informazioni, come l’eventuale destinazione d’uso, possono rientrare tra quelle presenti al catasto.

Come registrare al catasto un immobile di categoria F/2

Per poter registrare al catasto un immobile della categoria F/2, va seguito un iter burocratico. Prima di tutto è necessario munirsi di un documento che attesta con precisione lo stato in cui si trova la struttura. Questo è piuttosto importante anche nel caso in cui l’abitazione precedentemente fosse accatastata in modo differente, e solo in seguito è stata oggetto di deterioramento.

Un documento di attesta la condizione di fatiscenza può essere redatto da un professionista, e deve riportare l’indicazione precisa del tipo di struttura, e delle sue condizioni. Per farlo, è necessario anche aggiungere alcune fotografie che dimostrino la condizione della struttura.

Inoltre, un edificio collabente non è allacciato ad alcuna utenza, per cui è necessario che il proprietario di tale struttura dimostri che questa struttura non sta ricevendo né elettricità, né gas o acqua. Per farlo è necessario redigere un’autodichiarazione scritta, una volta confermata la mancanza di queste utenze.

Tutte queste informazioni vanno poi presentate all’ufficio di competenza del catasto, oppure dell’Agenzia delle Entrate, per aggiornare correttamente i dati e le informazioni sulla situazione e destinare questo immobile alla categoria F/2.

Come ristrutturare un edificio di categoria F/2

Essere proprietari di un edificio nella categoria F/2 significa spesso dover scegliere se svolgere dei lavori di ristrutturazione per migliorarne la condizione, e rimettere a nuovo la struttura in modo da poter essere utilizzata, o destinata a diventare una fonte di rendita.

Per farlo, è necessario però svolgere lavori di tipo straordinario, non bastano lavori di manutenzione o ristrutturazione ordinaria. In questo senso, oltre a poter investire nella ristrutturazione, il proprietario deve presentare una Segnalazione Certificata di Inizio Attività, in quanto intende svolgere lavori di ristrutturazione edilizia.

Tuttavia bisogna ricordarsi che per procedere in questo modo, è necessario che questa struttura sia già stata accatastata, e sia quindi presente precedentemente all’inizio dei lavori, altrimenti non è possibile comunicare la ristrutturazione, ma bisognerà chiedere il permesso di costruire.

Una volta che si è stabilito che la struttura è di tipo collabente, è registrata e si decide di svolgere alcuni lavori di ristrutturazione, è possibile chiedere l’accesso ad alcune agevolazioni fiscali per la ristrutturazione messe a disposizione dallo stato, proprio per questo tipo di interventi.

A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che è possibile chiedere le agevolazioni per la ristrutturazione di edifici collabenti, perché questi sono considerati già esistenti, e rientrano nella categoria catastale F/2.

Fabbricati e unità collabenti in Italia

In Italia il numero di fabbricati che rientrano nella categoria catastale F/2 è piuttosto elevato. Negli ultimi anni si è registrato un aumento del numero di strutture registrate come collabenti. Una delle cause di questo aumento sarebbe l’introduzione di nuove imposte sulla casa, come l’IMU, per cui molte strutture un tempo utilizzate vengono dismesse.

Va ricordato che va fatto un discorso a parte per quanto riguarda le tasse che vengono applicate in Italia su queste particolari strutture. In linea generale questo tipo di immobile non genera reddito, per cui non si applicano le normali imposte come l’IMU, applicate sulle case di proprietà che possono generare reddito.

In Italia le unità collabenti e i fabbricati diroccati costituiscono lo 0,8% del patrimonio immobiliare complessivo, e al 2018 erano 548.148 le unità immobiliari così accatastate, secondo i dati di Infobuildenergia.it.

Una maggiore presenza di queste strutture è collocata al centro e sud Italia, specialmente in quelle aree dove è più difficoltoso sostenere i costi per ristrutturare questi edifici. Ricordiamo che per procedere alla riqualificazione di queste strutture, una ristrutturazione ordinaria non basta, per cui, anche se sono presenti determinate agevolazioni, si può facilmente intuire che sia necessario un investimento piuttosto grande per rimettere a nuovo queste strutture.

Quali tasse si pagano su un immobile di questo tipo?

Un’attenzione particolare va fatta verso le imposte che si pagano su queste strutture. Generalmente su una casa di proprietà in Italia vanno pagate l’IMU, l’Imposta Municipale Unica, e la TARI, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti. Tenendo in considerazione che l’IMU non si paga sulla prima casa, comunque va pagata per le restanti proprietà.

Tuttavia un fabbricato di categoria F/2 non può produrre alcun reddito, quindi non vengono applicate le tasse normalmente utilizzate per altri tipi di immobili. IMU e TASI quindi non si pagano. Ma neanche la TARI, la tassa sui rifiuti, che viene pagata unicamente da chi vive all’interno di un edificio.

Tuttavia specifici Comuni possono decidere di chiedere il pagamento di una tassa non tanto sulla struttura stessa, ma sulla zona specifica in cui è collocata, quindi per conoscere il pagamento o meno delle imposte è buona norma informarsi al Comune in cui è collocato l’immobile.

Va tenuto presente anche che gli immobili collabenti sono soggetti a esonero dalla presentazione di documenti specifici al momento della compravendita: è sufficiente avere l’identificazione catastale, le planimetrie e la loro conformità.

Quali agevolazioni si possono chiedere per la ristrutturazione

Decidendo di avviare una ristrutturazione straordinaria per ripristinare le condizioni dell’immobile, è necessario sicuramente investire ingenti somme di denaro per lo svolgimento dei lavori. Tuttavia, come conferma l’Agenzia delle Entrate, è possibile chiedere l’accesso a specifiche agevolazioni per la ristrutturazione, in base ai lavori svolti.

Si possono quindi chiedere le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica, la ristrutturazione edilizia e interventi antisismici. Si tratta di agevolazioni per cui tuttavia è sempre necessario rispettare i requisiti previsti dalle normative. In breve, è possibile accedere al superbonus, o alle agevolazioni previste nei seguenti casi:

  • Riduzione del rischio sismico;
  • Riqualificazione energetica;
  • Realizzazione di impianti elettrici, idraulici, per l’acqua;
  • Demolizione e costruzione con ampiamento volumetrico

Va tenuto in considerazione che quando si decide di aumentare il volume della struttura o applicare modifiche strutturali, è necessario rispettare le norme presenti nel Comune in cui si trova l’immobile, per non incorrere in situazioni di abuso edilizio.

Parlando di agevolazioni, tuttavia non è possibile chiedere l’accesso al sostegno per l’acquisto dell’immobile come bonus prima casa, se l’immobile è definito come collabente. Questo perché il bonus è disponibile solo per edifici volti all’abitazione, ovvero già pronti per essere abitati.

Se si acquista un immobile collabente quindi non è possibile chiedere l’accesso all’agevolazione per la prima casa, in quanto non si parla né di un immobile oggetto di costruzione, né di uno abitabile.

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Valeria Oggero
Classe 1992, laureata in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Torino, da sempre sono appassionata di scrittura. Dopo alcune esperienze all'estero, ho deciso di approfondire tematiche inerenti la fiscalità nazionale relativa alle persone fisiche ed alle partite Iva. Collaboro con Fiscomania.com per la pubblicazione di articoli di news a carattere fiscale. Un settore complesso quello fiscale ma dove non si finisce mai di imparare.

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