I conferimenti costituiscono i contributi effettuati dai soci alla formazione del patrimonio iniziale della società per lo svolgimento dell’attività di impresa. Sono una garanzia per i creditori, e allo stesso tempo consente all’azienda di partire. Tuttavia, la società potrebbe avere esigenza di un aumento di capitale imponendo nuovi conferimenti. Il mancato versamento dei conferimenti può causare alcune conseguenze: i soci possono decidere di agire in diversi modi. Possono scegliere quindi di agire per via giudiziaria, per condurre il socio moroso al pagamento, oppure alla vendita della quota tra soci oppure con asta ad incanto. In ogni caso il socio moroso viene escluso dalle assemblee tramite una diffida. L’art. 2466 c.c. prevede le linee guida relative alle conseguenze di una mancata esecuzione dei conferimenti.

Cosa sono i conferimenti?

Nel momento in cui si costituisce una società, i soci fondatori devono obbligatoriamente eseguire dei conferimenti in base al contratto sociale. I conferimenti sono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società per lo svolgimento dell’attività di impresa.

Il capitale sociale iniziale quindi consente all’impresa di procedere economicamente senza creare debiti, garantendo un fondo iniziale da cui attingere per sviluppare passo a passo l’attività. L’obbligo dei soci di versare questi conferimenti è espresso dall’art. 2253 c.c.:


Art. 2253 c.c.
“IL SOCIO E’ OBBLIGATO A ESEGUIRE I CONFERIMENTI DETERMINATI NEL CONTRATTO SOCIALE. SE I CONFERIMENTI NON SONO DETERMINATI, SI PRESUME CHE I SOCI SIANO OBBLIGATI A CONFERIRE, IN PARTI EGUALI TRA LORO, QUANTO È NECESSARIO PER IL CONSEGUIMENTO DELL’OGGETTO SOCIALE.”

Come si può intuire facilmente, ogni socio deve effettuare dei conferimenti alla società, generalmente in denaro oppure in beni utili all’azienda. Questi conferimenti consentono anche di costituire il capitale sociale, ovvero sono una garanzia per i creditori dell’impresa.

Versare i conferimenti è un atto che avviene inizialmente al momento della costituzione della società, almeno per il 25% del capitale sociale, anche nel caso di socio unico. Queste quote possono essere versate non solamente in denaro, ma anche in beni immobiliari o mobiliari utili all’azienda.

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Mancato versamento dei conferimenti: cosa si intende

Si parla di mancato versamento dei conferimenti quando uno o più soci sono inadempienti verso questo obbligo. Il codice civile prevede le conseguenze in caso di inadempimento del socio. La norma di riferimento è l’art. 2466 c.c.

In questo caso gli altri soci possono condurre una diffida verso i soci morosi, in cui viene richiesto il versamento dei conferimenti dovuti entro 30 giorni. In particolare a regolamentare questa diffida è l’art. 2466 del Codice Civile, per cui la procedura deve essere condotta per via degli amministratori.

Il socio inadempiente può avere, in base alle decisioni degli altri soci, dai 30 giorni in su per rispondere e versare i conferimenti dovuti, ma se ancora dopo questo periodo non viene versata la somma dovuta, i soci possono escludere chi ha mancato di versare i conferimenti dalle decisioni dell’assemblea.

A questo punto il socio che non ha versato i conferimenti viene escluso dal voto in assemblea, e gli altri possono decidere di procedere alla vendita della quota del socio moroso agli altri, oppure condurre un’azione giudiziaria per arrivare al versamento delle somme dovute.

Va ricordato che le azioni viste qui possono essere applicate anche quando scadono la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria che uno dei soci ha condotto come garanzia per i suoi conferimenti. Le conseguenze quindi di un mancato versamento dei conferimenti possono essere le seguenti:

  • I soci conducono un’azione giudiziaria per l’esecuzione dei conferimenti;
  • I soci vendono coattivamente la quota del socio moroso agli altri.

Azione giudiziaria

Nel caso di azione giudiziaria, come primo effetto giuridico il socio moroso non può più partecipare alle decisioni dei soci, e gli viene precluso di poter votare. A questo punto i soci possono proseguire con un’azione volta al versamento dei conferimenti, rivolgendosi ad un giudice.

Il divieto di partecipare alle decisioni esiste anche nei casi in cui il voto spetta ad un soggetto terzo, come può essere il caso di pegno, usufrutto, sequestro, pignoramento o fallimento. Il socio inoltre viene escluso da tutti i diritti patrimoniali, come quello di prelazione, e si arriva infine all’esclusione del socio, se quest’ultimo non procede al versamento dei conferimenti.

Vendita della quota

Un’altra possibilità di azione verso il socio moroso è la vendita della sua quota di partecipazione agli altri soci, come riporta l’articolo 2466 c.c.:

“gli amministratori, qualora non ritengano utile promuovere azione per l’esecuzione dei conferimenti dovuti, possono vendere agli altri soci in proporzione della loro partecipazione la quota del socio moroso. La vendita è effettuata a rischio e pericolo del medesimo per il valore risultante dall’ultimo bilancio approvato. In mancanza di offerte per l’acquisto, se l’atto costitutivo lo consente, la quota è venduta all’incanto.”

Gli amministratori possono decidere di vendere la quota del socio moroso agli altri in proporzione alla loro partecipazione. L’invito ad offrire è rivolto esclusivamente agli altri soci. L’operazione si conclude con l’accettazione delle offerte da parte della società.

L’operazione di vendita viene conclusa quando vengono accettate le offerte degli altri soci di assorbire la quota del moroso, in base ad un valore della quota risultante dall’ultimo bilancio della società. Questo valore non può essere modificato né al rialzo né al ribasso, ma deve essere mantenuto in linea con il bilancio.

Va tenuto in considerazione che uno o più soci devono proporre un’offerta per l’acquisizione della quota, e che se questo non avviene, si procede successivamente ad una vendita ad incanto, se l’atto costitutivo della società lo prevede.

Come funziona la vendita ad incanto

Qualora nessuno dei soci presenti un’offerta sulla quota, gli amministratori dovranno procedere alla vendita all’incanto, soltanto se l’atto costitutivo lo prevede. Si procede all’asta anche ove siano pervenute offerte da parte dei soci, ma queste non sono tali da coprire l’intera quota. In questo caso, la vendita è effettuata nelle forme dell’offerta al pubblico, in deroga al divieto di cui all’art. 2468 c.c., che prevede l’esclusione di questa procedura per le partecipazioni societarie.

Viene quindi comunicata la data e l’ora, oltre al luogo, in cui avverrà l’incanto, e viene stabilito un prezzo di base da cui partire. In base alle regole dell’asta ad incanto, si aggiudica il bene, in questo caso la quota societaria, il soggetto maggiore offerente, e l’incanto viene replicato se il primo non porta ad un risultato.

In questo caso la vendita viene effettuata con l’uso dei contanti, con il deposito di un apposito verbale. Va tenuto in considerazione che se il ricavato dell’asta è minore rispetto al debito contratto dal socio moroso, quest’ultimo dovrà necessariamente coprire la differenza.

Conseguenze

Se non vengono effettuate offerte d’acquisto da parte dei soci e tramite asta, l’art. 2466 c.c.  prevede che gli amministratori procedano all’esclusione del socio moroso, con ritenzione delle somme riscosse. L’esclusione deve essere comunicata al socio moroso, e solo da questo momento acquista efficacia.

La conseguenza dell’esclusione del socio è la riduzione del capitale sociale in misura corrispondente alla quota del socio escluso. La riduzione è effettuata secondo il valore nominale delle quote. 

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Valeria Oggero
Classe 1992, laureata in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Torino, da sempre sono appassionata di scrittura. Dopo alcune esperienze all'estero, ho deciso di approfondire tematiche inerenti la fiscalità nazionale relativa alle persone fisiche ed alle partite Iva. Collaboro con Fiscomania.com per la pubblicazione di articoli di news a carattere fiscale. Un settore complesso quello fiscale ma dove non si finisce mai di imparare.

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