Gli immobili patrimonio rappresentano una delle categorie più complesse nella gestione fiscale d’impresa. Si tratta di beni immobili che non sono né strumentali all’attività aziendale né destinati alla vendita come “immobili-merce“, ma costituiscono investimenti patrimoniali della società. La loro peculiarità risiede nel fatto che concorrono alla formazione del reddito d’impresa seguendo le regole dei redditi fondiari, con importanti limitazioni sulla deducibilità dei costi e specifiche modalità di tassazione che ogni imprenditore deve conoscere per ottimizzare la gestione fiscale. Si tratta ad esempio, degli immobili ad uso abitativo di proprietà delle imprese. Per questo motivo il legislatore ha previsto una disciplina peculiare per determinarne il reddito.
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Classificazione degli immobili delle imprese
Ai fini delle imposte dirette, il DPR n. 917/1986 (TUIR) definisce tre distinte tipologie di immobili relativi alle imprese:
- Gli immobili strumentali;
- Gli immobili merce;
- Gli immobili patrimonio.
Gli immobili strumentali
Gli immobili strumentali possono essere suddivisi tra quelli strumentali “per natura” e quelli strumentali “per destinazione“. In pratica, gli immobili strumentali per natura sono quelli appartenenti alle categorie catastali B, C, D, E e A/10. Gli immobili strumentali per destinazione, invece, sono quelli utilizzati in via esclusiva e diretta dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa commerciale. Indipendentemente dalla natura o dalle risultanze catastali. Ai sensi del comma 1, dell’articolo 43, del DPR n. 917/86, gli immobili strumentali così intesi non sono produttivi di reddito fondiario. Nel senso che non concorrono alla formazione del reddito con la rendita catastale, ma secondo il criterio costi/ricavi proprio del regime d’impresa (ad es. ammortamenti, fitti attivi e passivi, ecc.).
Gli immobili merce
Gli immobili merce, ai sensi dell’articolo 92 del TUIR sono quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa. Si tratta di immobili non detenuti a scopo di investimento. Sono, quindi, considerati immobili merce gli immobili che se venduti generano ricavi e non plusvalenze. In quanto, ad esempio, realizzati dalle immobiliari di costruzione e destinati alla vendita.
Definizione e classificazione degli immobili patrimonio
Gli immobili patrimonio (ex art. 90 del TUIR) si distinguono chiaramente dalle altre tipologie di beni immobili aziendali. Non sono strumentali per destinazione o per natura all’esercizio dell’impresa, quindi non vengono utilizzati direttamente nell’attività produttiva. Allo stesso tempo, non costituiscono “immobili-merce” poiché l’attività dell’impresa non è diretta al loro scambio o produzione.
Questa categoria comprende tipicamente immobili civili (cat. A/1 ad A/11 tranne A/10) detenuti come forma di investimento, fabbricati dati in locazione a terzi non collegati all’attività d’impresa, o immobili acquisiti per finalità speculative a lungo termine. La classificazione è fondamentale perché determina il regime fiscale applicabile e le modalità di concorso alla formazione del reddito imponibile.
Formazione del reddito e regime fiscale IRES
Con il termine immobili patrimonio s’intende una categoria residuale rispetto a quelle degli immobili strumentali e degli immobili merce. Quindi ricadono sotto la disciplina dell’articolo 90 del TUIR solo gli immobili che non risultano diversamente regolamentati secondo gli articoli 43 e 92 del TUIR. In pratica, si tratta di tutti quei fabbricati destinati ad abitazione di tipo civile classificati nella categoria catastale A, con esclusione degli immobili A/10.
L’articolo 90 del TUIR, nel prevedere che gli immobili patrimonio, proprio perché estranei al normale svolgimento dell’attività di impresa, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa sulla base dei costi e ricavi effettivi, li distingue, per la determinazione dei relativi proventi, in relazione al luogo in cui sono situati:
- Gli immobili situati nel territorio dello Stato seguono la disciplina dei redditi fondiari. Di cui all’articolo 37 del TUIR;
- Gli immobili situati all’estero seguono le disposizioni dell’articolo 70 del TUIR.
In questa analisi ci concentreremo nella trattazione dei fabbricati (immobili patrimonio) situati all’interno del territorio dello Stato. A questo scopo è necessario distinguere, al fine di determinare correttamente il reddito da assoggettare a tassazione, tra immobili locati e non locati.
Immobili non locati
Per gli immobili patrimonio non locati il reddito è determinato in base alla rendita catastale rivalutata, sulla base di una percentuale di rivalutazione che dipende dalla tipologia di immobile. Ai sensi dell’art. 3, commi da 48 a 52, Legge n. 662/96:
- Per i terreni, alle rendite iscritte in catasto va applicato un coefficiente di rivalutazione pari rispettivamente a:
- 80% per il reddito dominicale;
- 70% per il reddito agrario.
- Per i fabbricati, le rendite catastali devono essere rivalutate del 5%.
Inoltre, nel caso di unità immobiliari tenute a disposizione, si applica la maggiorazione di 1/3 ai sensi dell’articolo 41 del TUIR. Questo secondo le disposizioni del Capo II, Titolo I, del DPR n. 917/1986 ovvero secondo le norme che disciplinano la dichiarazione dei redditi di natura fondiaria.
Immobili locati
Ai sensi del comma 1, dell’articolo 90 del TUIR, i proventi che derivano da immobili patrimonio concessi in locazione concorrono invece a formare il reddito di impresa per una somma pari al maggiore tra i seguenti importi:
- Rendita catastale rivalutata del 5%;
- Canone di locazione pattuito nel contratto, ridotto, fino ad un massimo del 15% del canone medesimo, dell’importo delle spese documentate di manutenzione ordinaria di cui all’articolo 3, comma 1 lett. a), DPR n. 380/2001.
Rispetto a quanto previsto per gli immobili strumentali, i quali concorrono alla formazione dell’imponibile tutti i componenti positivi e negativi di reddito ad essi attribuibili (fatta eccezione per limitazione degli ammortamenti di cui all’articolo 36, comma 7, del D.L. n. 223/06), la modalità di tassazione degli immobili patrimonio fa un discrimine tra componenti positivi e negativi di reddito.
Per i primi, essenzialmente i canoni risultanti da contratto, vi è un concorso integrale alla formazione del reddito imponibile. Per i secondi, il comma 2, dell’articolo 90, del DPR n. 917/86 prevede un generale criterio di indeducibilità.
L’unica eccezione prevista dall’articolo 90 è costituita dalle spese di manutenzione ordinaria, riconosciute nei limiti del 15% dei canoni risultanti dal contratto di locazione.
È bene sottolineare che il tetto del 15% non è paragonabile alla riduzione forfetaria prevista dall’articolo 37, del DPR n. 917/86 per la dichiarazione dei redditi delle persone fisiche. Infatti, mentre per le persone fisiche vi è un abbattimento del canone assoluto, senza bisogno di dover dimostrare il sostenimento di alcuna spesa, per quanto riguarda la dichiarazione del reddito d’impresa, il canone relativo alla locazione di un immobile patrimonio concorre integralmente alla formazione del reddito imponibile, a meno che non si dimostri il sostenimento di spese di manutenzione ordinaria rientranti nei limiti del 15% del canone di locazione così come risultante dal contratto.
Immobili di interesse storico artistico
Per gli immobili di interesse storico o artistico l’articolo 90, comma 1 del DPR n. 917/86, stabilisce che i proventi di questi immobili patrimonio, nel caso in cui siano non locati, concorrono alla formazione del reddito di impresa sulla base della rendita catastale rivalutata del 5% e poi ridotta del 50%. Se invece sono locati a terzi, concorrono a formare il reddito di impresa in misura pari al 65% del canone contrattuale, se questo è superiore al reddito minimo ordinario (rendita catastale rivalutata del 5% e poi ridotta del 50%).
Manutenzioni escluse
La deduzione dal canone di locazione è riconosciuta esclusivamente per le sole spese di manutenzione ordinaria. Mentre non possono essere portati in riduzione del canone di locazione gli interventi di:
- Di manutenzione straordinaria;
- Di restauro e risanamento conservativo o
- Infine anche di ristrutturazione edilizia.
Inoltre tali spese possono essere portate in riduzione del canone di locazione fino ad un massimo del 15% del canone medesimo. Tuttavia, solo se “documentate” attraverso contratti, attestazioni di pagamento, fatture e ricevute fiscali.
Esempio tassazione
Supponiamo vi sia un immobile abitativo locato con rendita pari ad €. 2.000, canone di locazione annuo pari ad €. 10.000, spese di manutenzione ordinaria pari ad €. 200.
Per determinare il reddito imponibile di tale immobile occorre innanzitutto confrontare la deduzione forfettaria (€. 1.500) con le spese di manutenzione ordinaria effettivamente sostenute (€. 200): poiché le spese contabilizzate sono inferiori al 15% del canone, sarà deducibile l’importo delle spese effettivamente sostenute.
A questo punto occorre confrontare la rendita catastale (€ 2.000) ed il canone di locazione decurtato (in questo caso il canone sarà quindi pari ad €. 9.800): poiché il secondo valore è maggiore, l’imponibile sarà determinato in €. 9.800.
Cessione degli immobili e plusvalenza
All’atto dell’eventuale cessione dell’immobile patrimoniale, la differenza tra prezzo di vendita e valore netto contabile può generare una plusvalenza o una minusvalenza, secondo che, rispettivamente, il prezzo sia superiore o inferiore al valore netto contabile.
Compilazione della dichiarazione dei redditi
Come abbiamo visto, l’articolo 90 del DPR n. 917/86 dispone gli immobili patrimoniali concorrono a formare il reddito di impresa secondo le modalità proprie dei redditi fondiari. In pratica, da un lato, fatte salve alcune eccezioni, sono indeducibili i costi e le spese ed essi afferenti (ivi incluse le quote di ammortamento). Dall’altro, concorre alla formazione del reddito d’impresa una somma pari al maggiore tra i seguenti due importi:
- Rendita catastale (rivalutata del 5%);
- Canone di locazione, ridotto nel limite del 15% delle spese di manutenzione ordinaria sostenute e documentate.
Nel modello Redditi la determinazione del reddito degli immobili patrimonio trova dimora a seconda del regime fiscale cui l’impresa appartiene.
Con riguardo alle imprese individuali e alle società di persone in contabilità semplificata, il valore come sopra determinato deve essere riportato nel quadro RG (rigo RG10, colonna 6, del Modello Redditi P.F. e S.P.). Mentre per le società di persone in regime di contabilità ordinaria e per le società di capitali il reddito complessivo andrà indicato nel quadro RF.
In questo caso, nei righi RF 11 (Spese ed altri componenti negativi di cui agli immobili del rigo RF 10) e RF 39 (Proventi degli immobili di cui al rigo RF 10) del modello Redditi S.C. devono essere indicati, rispettivamente, i costi e i proventi contabilizzati. Inoltre, nel rigo RF 10 deve essere indicato il reddito determinato in base alle risultanze catastali o alle norme sopra menzionate. Tenendo conto dell’eventuale maggiorazione prevista per le unità immobiliari a disposizione.
Esempio pratico in dichiarazione
Si ipotizzi una SRL che nel corso dell’anno di imposta “n” presenti la seguente situazione:
- Rendita catastale dell’immobile €. 4.000;
- Canoni di locazione contabilizzati per competenza riferiti all’immobile patrimoniale €. 10.000;
- Spese di manutenzione ordinaria documentate sostenute sull’immobile locato e non addebitate all’inquilino €. 3.000.
I righi RF10, RF 11 e RF39 sono compilati come segue:
- RF 10 Redditi di immobili non costituenti beni strumentali ne beni alla cui produzione o scambio è destinata l’attività – €. 8.500;
- RF 11 Spese ed altri componenti negativi di cui agli immobili del rigo RF 10 – €. 3.000;
- RF 39 Proventi degli immobili di cui al rigo RF 10 – €. 10.000.
Disciplina IVA e imposte indirette
Ai fini delle imposte indirette, invece, il diverso trattamento fiscale da riservare agli immobili detenuti in regime di impresa dipende dalla loro classificazione ai fini catastali. Ovverosia, dal fatto che l’immobile sia o meno classificabile tra quelli strumentali “per natura“. Ciò a prescindere dall’effettivo utilizzo che si fa dello stesso (Circolare Ministeriale n. 27/E/2006).
Aspetti IVA della cessione a terzi
Secondo quanto previsto dall’art. 10, co. 1 n. 8-bis del DPR n. 633/72, le cessioni di fabbricati abitativi costituiscono operazioni esenti IVA, ad eccezione delle cessioni:
- effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici dei fabbricati stessi, entro 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento (imponibilità “per obbligo“);
- effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici dei fabbricati stessi, oltre 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento (in questo caso l’operazione è imponibile mediante espressa opzione del cedente nell’atto di compravendita);
- per le quali il cedente ha espresso nell’atto di compravendita l’opzione per il regime di imponibilità, purché aventi ad oggetto fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali, ai sensi del DM 22.4.2008.
Per le cessioni di fabbricati imponibili ai fini IVA per opzione del cedente, l’imposta si applica con il meccanismo del reverse charge ex art. 17 co. 6 lett. a-bis) del DPR n. 633/72.
Locazione
Secondo quanto previsto dall’art. 10 co. 1 n. 8) del DPR n. 633/72, la locazione di fabbricati abitativi costituisce operazione esente da IVA, ad eccezione delle locazioni:
- da parte dell’impresa costruttrice o ristrutturatrice del fabbricato, mediante esercizio dell’opzione nel contratto di locazione;
- da parte di chiunque effettuate, se la locazione ha ad oggetto alloggi sociali.
Problematiche connesse all’indetraibilità dell’IVA
Non è ammessa in detrazione l’IVA relativa a fabbricati abitativi, nonché quella relativa alla locazione, manutenzione, recupero e gestione degli stessi, salvo che per le imprese costruttrici di fabbricati (art. 19-bis1 co. 1 lett. i) del DPR n. 633/72). Pertanto, occorre prestare attenzione alle problematiche connesse al meccanismo del pro-rata IVA.
Quando conviene investire in immobili patrimonio
Investire in immobili patrimonio può sembrare penalizzante dal punto di vista fiscale, ma esistono scenari specifici in cui questa scelta risulta strategicamente vantaggiosa per le imprese. La valutazione deve considerare non solo l’aspetto tributario, ma anche quello finanziario, strategico e di gestione del rischio.
- Imprese con elevata marginalità: Le società con alti livelli di reddito imponibile possono trovare conveniente questo tipo di investimento come forma di diversificazione del rischio, accettando la limitata deducibilità dei costi in cambio di stabilità patrimoniale.
- Leverage finanziario favorevole: La deducibilità degli interessi passivi sui finanziamenti rappresenta uno dei pochi benefici fiscali mantenuti. Con tassi di interesse contenuti e rendimenti immobiliari stabili, l’effetto leva può generare rendimenti netti interessanti, soprattutto in contesti inflazionistici.
- Protezione dall’inflazione: Gli immobili rappresentano una copertura naturale contro l’inflazione, con canoni di locazione che tendono ad adeguarsi ai prezzi e valori immobiliari che mantengono il potere d’acquisto nel lungo periodo. Per imprese con orizzonti temporali lunghi, questo aspetto può compensare gli svantaggi fiscali immediati.
- Holding operative: Le holding che gestiscono partecipazioni possono trovare negli immobili un’opportunità di diversificazione con gestione operativa limitata. La possibilità di beneficiare del regime PEX (Participation Exemption) sulle plusvalenze da partecipazioni può rendere complementare l’investimento immobiliare tassato ordinariamente.
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