Il TFR, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto, non fa parte del patrimonio ereditario lasciato dal lavoratore e, pertanto, la successione TFR non segue le stesse regole previste per gli altri crediti ereditari, anche in presenza di un testamento.


Il trattamento di fine rapporto è una somma di denaro corrisposta al lavoratore dipendente all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro. In pratica, il TFR viene assegnato prioritariamente al coniuge e ai figli del lavoratore deceduto. Se il lavoratore non ha né coniuge né figli, il TFR può essere corrisposto ai parenti entro il terzo grado (ad esempio, genitori, fratelli, nipoti) o agli affini entro il secondo grado (suoceri, generi, nuore, cognati), a condizione che siano conviventi e a carico del lavoratore defunto.

Quando il lavoratore defunto non lascia alcun beneficiario designato, compresi il coniuge e gli affini entro il 2° grado, la distribuzione del TFR seguirà una procedura specifica. Se il lavoratore ha redatto un testamento, questo sarà applicato per la ripartizione del TFR. Tuttavia, se non è presente alcun testamento, l’assegnazione del TFR sarà disciplinata dalle regole della successione legittima.

Le casistiche a cui possiamo trovarci di fronte sono diverse. Non ci resta che scoprire nel dettaglio a chi spetta il TFR in caso di morte del lavoratore e la procedura per richiederlo.

Morte del lavoratore, a chi spetta il TFR?

Il decesso di un lavoratore dipendente comporta lo svolgimento di una serie di adempimenti e obblighi da parte del datore di lavoro. Innanzitutto egli deve comunicare al Centro per l’impiego l’avvenuta risoluzione del rapporto e le somme maturate e spettanti al lavoratore deceduto vengono corrisposte agli eredi con modalità differenti.

La successione del TFR rappresenta un processo distinto e indipendente dall’eredità tradizionale, anche se il meccanismo di suddivisione potrebbe presentare delle somiglianze. Mentre gli altri crediti ereditari sono considerati complessivamente e suddivisi tra gli eredi secondo le quote spettanti, il TFR segue invece una propria modalità di successione, con limiti ben definiti da rispettare. Chi eredita il TFR non può essere scelto a completa discrezione del lavoratore, ma è soggetto a restrizioni imposte dalla legge o da accordi contrattuali.

È giunto il momento di determinare chi sono i beneficiari del Trattamento di Fine Rapporto, in caso di decesso del dipendente. Viene in nostro soccorso l’articolo 2122 del Codice Civile, che determina a chi spetta di TFR alla morte del lavoratore:

  • coniuge del lavoratore defunto;
  • figli del lavoratore defunto;
  • parenti entro il 3° grado, se conviventi e a carico del lavoratore defunto;
  • affini entro il 2° grado, se conviventi e a carico del lavoratore defunto (ovvero i parenti del coniuge).

I parenti entro il 3° grado sono: 

  • genitori e figli: parenti di 1° grado; 
  • nonni, nipoti (figli dei figli), fratelli e sorelle: parenti di 2° grado; 
  • bisnonni, pronipoti (figli dei nipoti), nipoti (figli di fratelli o sorelle), zii (fratelli o sorelle dei genitori): parenti di 3° grado.

Gli affini entro il 2° grado sono i soggetti che fanno parte della famiglia del coniuge. Si tratta quindi di:

  • suocero o suocera del titolare, figlio o figlia del coniuge: affini di 1° grado;
  • nonno o nonna del coniuge, nipote (figlio del figlio del coniuge), cognato o cognata: affini di 2° grado.

Gli aventi diritto devono richiedere il TFR con una lettera scritta da inviare al datore di lavoro a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC. I beneficiari devono presentare al datore di lavoro:

  • stato di famiglia;
  • certificato di morte del lavoratore;
  • atto notorio che attesti lo stato di convivenza di parenti ed affini;
  • copia del testamento e, in caso di successione legittima, atto notorio.

In presenza di figli minorenni rappresentati dal giudice tutelare deve essere presentata la copia della delibera del giudice.

I compensi maturati durante il rapporto come la retribuzione, ratei di mensilità aggiuntive, indennità per ferie non godute, ecc. possono essere assegnati per testamento oppure, in mancanza, sulla base della successione legittima.

TFR liquidato prima del decesso

Qualora il TFR sia stato erogato prima del decesso, la somma è entrata nel patrimonio ereditario del lavoratore, essa dovrà essere ripartita tra tutti gli eredi, legittimi o testamentari, pro quota.

Successione TFR in assenza dei beneficiari

Nel caso in cui manchino i soggetti previsti dall’articolo 2122 del Codice Civile come beneficiari del Trattamento di Fine Rapporto, esiste un’eccezione alla sua forma di indipendenza rispetto al resto della successione ereditaria. In questa situazione, l’indennità del TFR deve essere distribuita in base alle regole della successione legittima oppure del testamento del lavoratore defunto.

La successione legittima fa riferimento alle norme di legge che disciplinano la devoluzione dei beni e delle risorse in assenza di un testamento. Secondo queste norme, l’eredità sarà suddivisa tra i parenti del defunto in modo specifico, tenendo conto della parentela e delle quote spettanti a ciascun erede legittimo. Diversamente, se il lavoratore defunto ha redatto un testamento, l’indennità del TFR viene assegnata in base alle disposizioni testamentarie stabilite dal lavoratore stesso. In tal caso, il TFR sarà devoluto agli eredi designati nel testamento, che possono essere persone o entità diverse dai soggetti elencati all’articolo 2122 del Codice civile.

Successione TFR: chi eredita, con e senza testamento

La successione del TFR non è regolata dal testamento, a meno che tutti i beneficiari individuati dal Codice Civile siano assenti. Di conseguenza, il lavoratore può decidere a chi destinare il proprio TFR solo in assenza di figli, coniuge e altri parenti e affini indicati. Ecco le due casistiche in cui è possibile ritrovarsi:

  • se sono presenti parenti entro il 3° grado e affini entro il 2° grado, oltre al coniuge e ai figli, il lavoratore non può decidere autonomamente sulla distribuzione dell’eredità, neanche in presenza di un testamento. Ciò significa che il testamento non sarà preso in considerazione per la ripartizione del Trattamento di Fine Rapporto;
  • quando il lavoratore defunto non lascia nessun beneficiario, nemmeno coniuge o affini entro il 2° grado, verrà applicato il testamento, se presente. Altrimenti, in assenza di un testamento, l’assegnazione del TFR seguirà le regole della successione legittima, che coinvolge parenti fino al 6° grado.

Tuttavia, il testamento può essere utile per stabilire la suddivisione del TFR tra i beneficiari. Il lavoratore ha la facoltà di scegliere liberamente la quota per ciascuno, a condizione che non esclusa nessuno dei beneficiari indicati all’art. 2122 del CC e non ne includa di nuovi. Allo stesso modo, se il lavoratore non ha lasciato un testamento, ma almeno alcuni dei beneficiari sono presenti, la ripartizione avviene secondo le norme della successione legittima. Tuttavia, è importante ricordare che qualsiasi accordo riguardante l’assegnazione e la suddivisione del TFR stipulato prima della morte del lavoratore è nullo e privo di validità legale.

TFR: ci possono essere altri beneficiari?

I possibili beneficiari non sono solo quelli indicati dal Codice Civile. Esistono due casistiche che permettono ad altri soggetti di poter accedere.

Oltre alle persone precedentemente indicate all’art. 2122 del CC, il Trattamento di Fine Rapporto può essere richiesto anche dai creditori del defunto, a condizione che siano legittimati in tal senso. Sebbene questa possibilità non sia espressamente prevista dal Codice civile, si tratta ormai di un orientamento consolidato dalla Corte di Cassazione.

Inoltre, una percentuale del TFR spetta anche all’ex coniuge divorziato, a meno che questi non abbia perso tale diritto, ad esempio a seguito di un nuovo matrimonio. Nello specifico, l’ex coniuge divorziato ha diritto al 40% dell’indennità relativa agli anni di matrimonio con il lavoratore defunto.

Decesso del lavoratore, vale la rinuncia all’eredità?

Il Trattamento di Fine Rapporto non fa parte dell’asse ereditario e, di conseguenza, la sua distribuzione non segue le classiche norme della successione alla morte del lavoratore. Questo aspetto è evidente anche per quanto riguarda l’eventuale rinuncia. Difatti, la rinuncia all’eredità non pregiudica il diritto a ricevere la quota del TFR spettante al beneficiario. D’altra parte, l’accettazione del TFR non comporta automaticamente l’accettazione dell’eredità e delle sue eventuali passività e debiti.

Da un lato, un beneficiario può scegliere di rinunciare all’eredità e rifiutare di accettare formalmente tutti i beni e i debiti del defunto. Nonostante questa scelta, il diritto a ricevere la quota del TFR rimane intatto e non viene compromesso dalla decisione di rinunciare all’eredità. Dall’altro lato, accettare il TFR non implica in alcun modo l’accettazione dell’intera eredità, compresi i debiti eventualmente presenti. La decisione di ricevere l’indennità del Trattamento di Fine Rapporto è autonoma e separata dalla decisione di accettare o rinunciare all’eredità.

È possibile quindi contare sull’opportunità di prendere una scelta indipendente riguardo all’eredità stessa, valutando attentamente gli eventuali debiti e le conseguenze finanziarie che potrebbero derivarne. È importante agire con consapevolezza in queste situazioni, poiché la rinuncia o l’accettazione dell’eredità e del TFR possono avere implicazioni legali e finanziarie significative.

Successione TFR: come fare richiesta

La richiesta della quota di TFR, dopo la morte del lavoratore, deve essere fatta dai beneficiari o dagli eredi legittimi del defunto direttamente al datore di lavoro. Il beneficiario deve semplicemente inviarne la richiesta con una raccomandata a/r o una pec, allegando i seguenti documenti:

  • dati del lavoratore (compreso il codice fiscale e la sua ultima residenza);
  • data del decesso e certificato di morte;
  • rapporto di parentela;
  • dati per ricevere il pagamento;
  • documenti dei beneficiari;
  • stato di famiglia del lavoratore;
  • atto notorio (per la convivenza di parenti e affini);
  • copia del testamento (o in sua assenza atto notorio di successione);
  • autorizzazione del giudice cautelare per beneficiari minorenni;
  • busta paga o ultima certificazione unica del defunto (se in possesso dei beneficiari).

E in caso di divorzio?

In presenza di sentenza di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio se non passato a nuove nozze, e in quanto titolare di assegno di divorzio, il coniuge ha diritto a una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza.

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