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Global minimum tax: come funziona?

La Global Minimum Tax è un'imposta del 15% decisa a livello Ocse. A pagarla i gruppi multinazionali o nazionali con ricavi consolidati non inferiori 750 milioni di euro.

Sulla base dei principi e delle regole elaborate in sede OCSE, recepiti mediante la Direttiva del Consiglio UE 2022/2523, l’Italia ha implementato le regole sulla global minimum tax.

Si tratta della c.d. “imposta minima globale” che a partire dal 1° gennaio 2024 si applica a tutte quelle multinazionali con un fatturato complessivo di almeno 750 milioni di euro. L’aliquota della global minimum tax è pari al 15% dell’utile netto e si applica alla holding, se ha sede in un Paese che applica questo tipo di imposta, o in alternativa alle sussidiarie.

L’imposta vuole ridurre il fenomeno della concorrenza fiscale tra Paesi. In particolare, l’obiettivo è quello di andare a ridimensionare il fenomeno dell’arbitraggio fiscale, ovvero l’individuazione del Paese più conveniente dove andare a collocare la sede di una holding.

Detto questo andiamo a vedere le principali informazioni utili sulla global minimum tax.

Le motivazioni della global minimum tax

La global minimum tax dà attuazione a una direttiva europea del 14 dicembre 2022 basata su accordi tra i Paesi Ocse, contenenti regole condivise tra questi ultimi e il G20.

La necessità di una tassa a livello globale arriva con la globalizzazione e la digitalizzazione dell’economia, vista la capacità delle imprese multinazionali di modificare rapidamente il proprio modello di business.

Dopo un confronto durato anni, 140 paesi, membri dell’OCSE e del G20, hanno concordato sulla necessità di approvare una riforma fiscale globale basata su due pilastri:

  • Un nuovo sistema dei diritti di imposizione delle maggiori imprese multinazionali alle giurisdizioni in cui sono realizzati gli utili: è stato previsto per le grandi aziende con un fatturato sopra i 20 miliardi di euro e una redditività superiore al 10 per cento, prima dell’applicazione delle tassazione, il pagamento delle imposte anche nei Paesi in cui operano e non solo dove hanno la sede legale. La convenzione multilaterale di attuazione è stata approvata dall’OCSE l’11 ottobre;
  • Una tassazione minima effettiva pari ad almeno il 15 per cento per i grandi gruppi multinazionali con fatturato globale superiore a 750 milioni di euro per “ridurre le possibilità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili”.

L’UE, per poter mettere in atto questa imposta, ha anche tracciato alcune linee guida che il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha sintetizzato in due punti fondamentali:

  • L’estensione della disciplina ai gruppi nazionali di imprese con fatturato globale almeno pari a 750 milioni di euro;
  • L’imposizione integrativa per tutte le imprese localizzate in uno Stato membro a bassa imposizione, incluse le controllanti capogruppo che applicano l’imposta minima integrativa.

Contrasto al dumping fiscale

L’esistenza di una tassazione condivisa a livello europeo dovrebbe contrastare il cosiddetto “dumping fiscale, ossia la pratica di ridurre le aliquote fiscali di un Paese per attirare imprese e investitori dall’estero a discapito dei Paesi vicini. 

Al momento, quattro Stati membri dell’Ue hanno aliquote per le imposte sulle società inferiori al 15 per cento: Ungheria (9%), Bulgaria (10%), Irlanda (12,5%) e Cipro (12,5%). In alcune nazioni come l’Irlanda, il Lussemburgo, l’Olanda, le imposte sulle multinazionali sono state finora molto basse e hanno incentivato – soprattutto Irlanda e Lussemburgo – l’apertura di holding. L’intento della norma è quello di evitare questo tipo di trasferimento di basi imponibili fiscali. Questo, anche se per l’effettivo raggiungimento ci sarà bisogno di tempo e di altre disposizioni per evitare che i singoli stati mantengano comunque regimi di vantaggio legati all’applicazione di crediti di imposta.

Che cos’è la global minimum tax?

Con la pubblicazione in G.U. n. 301 del 28/12/2023, è stato pubblicato il D.Lgs. n. 209 in materia di fiscalità internazionale. A partire dal 1° gennaio 2024 in Italia è entrata in vigore la global minimum tax, ovvero “una imposizione integrativa (la c.d. Top-Up Tax) che risponde all’esigenza avvertita, a livello internazionale, di individuare i grandi gruppi di imprese che non scontano un livello minimo di imposizione nei vari Paesi in cui operano e in cui producono reddito” (testo di accompagnamento del decreto).

La global minimum tax, entrata in vigore in Italia il 1° gennaio 2024, è una riforma fiscale significativa che mira a stabilire un livello minimo di tassazione per le aziende a livello globale. Questa riforma segue le linee guida stabilite dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD) nel quadro del BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) Pillar Two. Di seguito, è possibile trovare una panoramica dettagliata delle principali disposizioni della riforma, suddivise in diverse sezioni per una migliore comprensione.

La Top-up tax

Schematicamente, possiamo quindi così riassumere le tre imposte che compongono il prelievo integrativo (Top-up tax) delle multinazionali. Si tratta di un’imposizione dovuta quando le imprese appartenenti al gruppo non scontano un livello minimo di imposizione nei Paesi in cui operano. Si tratta delle seguenti:

  • L’imposta minima integrativa (IIR): sono tenute a pagarla le imprese controllanti localizzate in Italia di gruppi multinazionali o nazionali in relazione alle imprese soggette ad una bassa imposizione, ovvero inferiore al 15 per cento, che fanno parte del gruppo. Il meccanismo impositivo è imperniato su un approccio che può essere definito “dall’alto verso il basso” (c.d. top-down) in quanto assegna la priorità nell’applicazione dell’imposta minima integrativa all’impresa collocata in posizione più alta nella catena partecipativa;
  • L’imposta minima suppletiva (UTPR): è rivolta a una o più imprese di un gruppo multinazionale localizzate in Italia in relazione alle imprese che fanno parte del gruppo soggette ad una bassa imposizione quando non è stata applicata, in tutto o in parte, l’imposta minima integrativa equivalente in altri Paesi. L’imposta minima suppletiva svolge una delicata funzione di salvaguardia del sistema (regola di backstop), applicandosi solo in circostanze specifiche in cui l’imposizione integrativa non viene prelevata attraverso l’imposta minima integrativa;
  • L’imposta minima nazionale (QDMTT): è dovuta in relazione alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale che sono soggette a una bassa imposizione e si trovano in Italia.

L’imposta trova applicazione per i gruppi – multinazionali o nazionali – con ricavi consolidati di almeno 750 milioni di euro in almeno due dei quattro esercizi precedenti l’esercizio considerato. Inoltre, la norma prevede che le imprese del gruppo site in Italia siano solidalmente e congiuntamente responsabili per il pagamento dell’imposta minima nazionale e dell’imposta minima suppletiva.

Modalità di calcolo dell’imposta minima globale

Una volta individuato il perimetro di applicazione dell’imposta è importante analizzare come deve essere determinato il reddito da assoggettare a tassazione. In particolare, il reddito (o la perdita) rilevante di ciascuna impresa del gruppo è determinato partendo dall’utile o dalla perdita netta contabile dell’impresa. Si tratta dei dati determinati ai fini della predisposizione del bilancio consolidato della controllante capogruppo, senza considerare le rettifiche da consolidamento relative alle operazioni infragruppo.

Il dato del bilancio consolidato è poi rettificato in funzione di alcune specifiche variazioni per tenere conto delle differenze permanenti tra il risultato contabile e la base imponibile rilevante ai fini dell’imposizione integrativa.

L’approccio basato sul dato contabile “rettificato” riduce i costi di compliance perché le imprese possono attingere alle informazioni contabili che il gruppo già utilizza per altre finalità.

Sono poi previste specifiche disposizioni volte a garantire che le imposte prelevate in base a regimi di trasparenza, in primis il regime CFC, siano attribuite al Paese in cui il reddito è generato e disposizioni volte a gestire gli aggiustamenti fiscali che intervengono successivamente rispetto alla presentazione della comunicazione rilevante ai fini dell’imposizione integrativa.

Aliquota di imposizione effettiva (ETR)

Per quanto riguarda le modalità di calcolo dell’aliquota di imposizione effettiva (ETR), è previsto un approccio giurisdizionale (jurisdictional blending), ovvero l’aggregazione del reddito o della perdita, nonché delle imposte rilevanti rettificate di tutte le imprese del gruppo situate nel medesimo Paese per determinare l’aliquota d’imposizione effettiva e la percentuale d’imposizione integrativa riferite a ciascun Paese.

Se il Paese risulta essere a bassa imposizione, in quanto presenta un’aliquota d’imposizione effettiva inferiore al 15%, è richiesta l’applicazione della percentuale d’imposizione integrativa (ossia la differenza tra l’aliquota minima d’imposta del 15% e l’aliquota d’imposizione effettiva) ai “profitti eccedenti” prodotti in quel Paese.

Al fine di determinare i profitti eccedenti, che costituiscono la base imponibile dell’imposizione integrativa da calcolare in relazione a ciascun Paese, occorre diminuire il reddito totale rilevante del Paese di un importo pari al reddito che la norma permette di escludere in quanto derivante da un’attività economica sostanziale (SBIE).

Esclusione de minimis

La norma prevede un’esclusione de minimis (imposta integrativa pari a zero) per le imprese di gruppi multinazionali o nazionali situate nella stessa giurisdizione quando i loro ricavi e redditi non superano le seguenti soglie:

  • Ricavi rilevanti medi di tutte le imprese localizzate nello stesso Paese inferiori a 10 milioni di euro;
  • Reddito rilevante medio di tutte le imprese nello stesso Paese è una perdita o è un reddito inferiore a 1 milione di euro.

Al di sotto di tali limiti, pertanto, i gruppi non devono versare un’imposta integrativa anche in presenza di un’aliquota d’imposizione effettiva inferiore all’aliquota minima del 15%. La Relazione illustrativa chiarisce che tale disposizione mira a evitare le complessità che derivano dal calcolo dell’aliquota di imposizione effettiva in casi in cui l’ammontare di imposizione integrativa non sembra giustificare gli oneri amministrativi posti a carico dei contribuenti.

Adempimenti

L’applicazione della normativa richiede per le imprese interessate uno specifico obbligo informativo:

  • Un obbligo di “comunicazione rilevante (riconducibile alla c.d. Global Information Return o “GIR”);
  • Un obbligo di “dichiarazione annuale relativa all’imposizione integrativa (top-up tax) dovuta a titolo di imposta minima integrativa, di imposta minima suppletiva e di imposta minima nazionale, con versamento delle relative imposte dovute entro un termine al momento non stabilito.

Comunicazione rilevante

Viene introdotto l’obbligo per le imprese localizzate nel territorio dello Stato di presentare all’Amministrazione finanziaria un’apposita comunicazione (“comunicazione rilevante”) in cui sono indicati tutti i dati necessari per il computo dell’imposizione integrativa in relazione a tutte le imprese del gruppo.

La comunicazione potrà essere presentata da ciascuna impresa del gruppo oppure da un’impresa appositamente designata entro il quindicesimo mese successivo all’ultimo giorno dell’esercizio di riferimento. Tuttavia, in relazione al primo esercizio di applicazione (“esercizio transitorio”), viene stabilito che la comunicazione rilevante sia presentata entro il diciottesimo mese successivo al termine finale dell’esercizio stesso.

Dichiarazione annuale

Viene previsto l’obbligo di presentare all’Amministrazione fiscale italiana una “dichiarazione annuale” riguardante l’imposta minima integrativa, l’imposta minima suppletiva e l’imposta minima nazionale da esse dovuta, con il versamento dei relativi importi.

Per questi obblighi dichiarativi, lo Schema di Decreto demanda a successivi decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze la definizione di tutti i dettagli rilevanti.

Conclusioni

La global minimum tax rappresenta un cambiamento significativo nel panorama fiscale italiano, con l’obiettivo di assicurare una tassazione minima globale per le aziende e ridurre la migrazione di basi imponibili. Questa riforma, in linea con le direttive OECD, introduce regole complesse ma necessarie per garantire equità e trasparenza a livello internazionale. Le aziende operanti in Italia dovranno adeguarsi a queste nuove norme, che influenzeranno le loro strategie fiscali e di business.

Gli scenari futuri

Gli scenari futuri della global minimum tax sono oggetto di ampio dibattito. Questa riforma mira a stabilire un livello minimo di tassazione per le aziende a livello globale, con l’obiettivo di ridurre lo spostamento delle basi imponibili e il dumping fiscale. Tuttavia, il suo successo dipenderà da diversi fattori, tra cui l’adesione globale alla riforma, la sua efficace attuazione nei vari paesi e la capacità di adattamento delle aziende.

Se, da un lato, la global minimum tax potrebbe effettivamente ridurre alcune pratiche di elusione fiscale e promuovere una maggiore equità fiscale, dall’altro, ci sono preoccupazioni riguardo alla sua complessità e all’impatto che potrebbe avere su decisioni di investimento e localizzazione delle aziende. Inoltre, alcuni critici sostengono che le multinazionali potrebbero trovare nuovi modi per aggirare le regole.

In conclusione, pur rappresentando un passo significativo verso un sistema fiscale globale più equo, l’efficacia della global minimum tax nel lungo termine dipenderà dalla sua implementazione pratica e dall’evoluzione del contesto economico e normativo internazionale.

Domande frequenti

Cos’è la Global Minimum Tax?

La global minimum tax è una riforma fiscale internazionale che mira a stabilire un livello minimo di tassazione per le aziende, riducendo la migrazione di basi imponibili e assicurando una maggiore equità fiscale.

Quando è entrata in vigore in Italia?

La Global Minimum Tax è entrata in vigore in Italia il 1° gennaio 2024.

Quali sono i principali cambiamenti introdotti?

I cambiamenti includono l’introduzione delle regole del BEPS Pillar Two, la semplificazione delle regole per le CFC, esenzioni fiscali per l’onshoring dei redditi, revisione delle regole sulla residenza fiscale, e nuove disposizioni per la tassazione delle plusvalenze e per le nuove assunzioni.

Come influenzerà le aziende italiane?

Le aziende italiane dovranno adeguarsi a queste nuove regole, che potrebbero influenzare le loro operazioni, strategie fiscali e di business. Sarà fondamentale una comprensione approfondita delle nuove disposizioni per garantire la conformità e sfruttare eventuali vantaggi fiscali.

Qual è l’obiettivo di questa riforma?

L’obiettivo è di stabilire una tassazione più equa e trasparente a livello globale, prevenendo la migrazione delle basi imponibili e assicurando che le aziende contribuiscano in modo giusto alle finanze pubbliche dei paesi in cui operano.

Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.

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