HomeFisco InternazionalePianificazione fiscale internazionaleFusione estera neutrale per la partecipata residente

Fusione estera neutrale per la partecipata residente

Non è realizzativa la fusione tra società estere (extra-UE) per quanto riguarda la valorizzazione di una partecipazione in una società italiana detenuta dalla società risultante dalla fusione. Applicazione dell'art. 172 del TUIR.

La fusione tra due società di diritto estero può avere conseguenze che impattano anche sulla fiscalità nazionale. Il caso può essere quello di una fusione societaria tra due società di diritto estero, dove una delle quali (società incorporata) detiene una partecipazione in una società fiscalmente residente in Italia. In merito a questa fattispecie l'Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 294/E/2023, ha chiarito che è plausibile l'applicazione del regime di neutralità fiscale, ex art. 172 del TUIR.

Il caso affrontato nella risposta ad interpello riguarda una fusione tra società residenti in Israele in cui avviene il trasferimento dal patrimonio del dante causa all'avente causa di una partecipazione in una società di diritto italiano. L'operazione di fusione comporta il trasferimento nel patrimonio di un soggetto residente in Israele in relazione alla partecipazione detenuta nella società italiana di proprietà della società incorporata. Il quesito posto riguarda l'applicazione del regime di neutralità fiscale

Criteri di collegamento per la plusvalenza

Per capire il presupposto della domanda è necessario prendere a riferimento quanto previsto dalla normativa fiscale convenzionale e nazionale in merito alla tassazione delle plusvalenze. Vediamo, di seguito le disposizioni interessate.

Art 13, par. 5 Convenzione Italia / Israele - Tassazione plusvalenzeGli utili che un residente di uno Stato Contraente deriva dall'alienazione di azioni o diritti, diversi dai casi previsti al paragrafo 4, in una società o altra persona giuridica dell'altro Stato Contraente, sono imponibili in detto altro Stato, solo a condizione che il residente del primo Stato Contraente abbia posseduto direttamente o indirettamente nel periodo di 24 mesi precedente tale alienazione di azioni o diritti con il 10% o più del potere di voto della società o altra persona giuridica. La percentuale di imposta di cui alla frase precedente applicata dall'altro Stato non può superare il 20% dell'ammontare dell'utile.

L’imponibilità in Italia della cessione delle Partecipazioni italiane è tuttavia subordinata all’esistenza, in concreto, di una normativa interna che ne preveda la tassazione. In relazione a quanto indicato, è necessario stabilire se l’operazione di fusione tra le due società extra-UE possa essere considerata fiscalmente rilevante secondo l'ordinamento italiano. Come rilevato dall’Agenzia delle Entrate, infatti, la neutralità fiscale delle operazioni di fusione comporterebbe l’applicazione del c.d. tax deferral o differimento dell’imposizione, per cui la tassazione del plusvalore sulle partecipazioni nelle società italiane è rinviata a una eventuale cessione futura delle quote da parte della società incorporante. Vi...

Questo articolo è riservato agli abbonati:
Scopri come abbonarti a Fiscomania.com.


Sei già abbonato?
Accedi tranquillamente con le tue credenziali: Login
Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.

Lascia una Risposta