In alcuni settori lavorativi può accadere che i clienti lascino delle mance più o meno cospicue ai lavoratori: accade spesso nella ristorazione, o nelle consegne a domicilio. Si tratta di piccoli importi il cui guadagno è del lavoratore, tuttavia vanno tassati dal fisco? Secondo la norma che riguarda le erogazioni liberali, no. Tuttavia una sentenza della Corte di Cassazione dice il contrario, a proposito di un caso di evasione fiscale di un lavoratore che ha cumulato importi molto elevati solamente con le mance. L’argomento è ancora fonte di dibattiti, tuttavia si stima che l’evasione fiscale prodotta dalle mance in Italia attualmente sia di almeno 9 miliardi di euro.

Le mance costituiscono reddito?

In alcuni settori lavorativi, più che in altri, può capitare che un lavoratore dipendente riceva delle mance: si parla ad esempio di questa possibilità specialmente nel settore della ristorazione, oppure in quello delle consegne da asporto. Anche se si tratta di importi molto piccoli, anche queste cifre rientrano in tutto e per tutto nello stipendio mensile di un lavoratore.

Tuttavia si può dire che devono essere tassate in qualche modo? C’è da dire che secondo la legge italiana a dover essere tassate sono tutte le somme considerate come redditi, ovvero che un soggetto può ricevere come entrata economica. Va da sé che non solamente lo stipendio da lavoro dipendente in Italia è soggetto ad una tassazione, ma anche altre forme di guadagno economico, come:

  • Reddito da lavoro autonomo;
  • Reddito da impresa;
  • Guadagni derivati dall’affitto di un immobile;
  • Rendite finanziarie (anche dalle criptovalute);
  • Reddito da lavoro dipendente;
  • Altri tipi di reddito.

Ogni forma di guadagno che rientra in queste categorie è tassabile, anche se le imposte possono variare in base al tipo di rendita. Per sapere se le mance costituiscono un reddito, bisogna capire a quale tipo di categoria rientrano. Trattandosi di un reddito derivato da un lavoro dipendente, si può pensare che anche questo sia tassabile. A confermarlo inoltre è una sentenza della Corte di Cassazione.

Tuttavia, Circolare n. 3/2008 dell’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che, nell’individuare l’ambito di applicazione dell’imposta sulle donazioni, ha stabilito che le “donazioni di modico valore” non sono soggette a tassazioni. Per donazioni di modico valore si intendono quelle che non arricchiscono il beneficiario e non impoveriscono il donante, ossia non smuovono patrimoni.

Tuttavia, la Corte di Cassazione si è espressa in senso opposto, ritenendo che anche le mance in contanti devono essere tassate, considerandole come reddito da lavoro dipendente. La sentenza richiama l’art. 51 del Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) circa la determinazione del reddito di lavoro dipendente. Al primo comma, è previsto che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. 

Il parere della Corte di Cassazione

Prima di questa sentenza della Corte di Cassazione, si pensava che le mance non potessero rientrare tra i redditi da lavoro, ovvero che si trattasse di donazioni di piccola entità, e di conseguenza non tassabili. Anche l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 dell’Agenzia delle Entrate, chiariva la possibilità di sussistenza di una donazione di questo tipo.

Tuttavia non è sempre così, perché la sentenza della Corte di Cassazione è intervenuta proprio sul tema della tassazione delle mance ricevute durante il lavoro. Va tenuto in considerazione che il caso analizzato è molto particolare, perché le mance hanno costituito una somma non indifferente per il soggetto percettore.

Di fatto l’Agenzia delle Entrate ha infatti inviato un avviso di accertamento al soggetto coinvolto percettore delle mance, nel 2007, per evasione fiscale. Questo perché il contribuente, lavorando nella ristorazione, aveva cumulato una somma cospicua di mance, non dichiarando appunto queste somme allo stato.

Nella fattispecie si tratta di una somma che è arrivata di 83.600 euro, per cui il fisco ha deciso di richiedere al contribuente il pagamento delle tasse, mentre la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto valido il punto di vista del lavoratore, che ha ricorso all’appello.

In questo contesto la Corte di Cassazione ha citato un articolo, il 51 del TUIR, che determina che anche le erogazioni liberali costituiscono reddito per il lavoratore dipendente, testo che riportiamo qui:

“Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.”

Di fatto la Corte di Cassazione ha dato ragione alle richieste dell’Agenzia delle Entrate, escludendo la possibilità che le mance rientrino in donazioni liberali prive di tassazione.

I rischi di evasione fiscale

Secondo questa vicenda, il rischio di chi non dichiara le mance ricevute in ambito lavorativo, è quello di evasione fiscale. Infatti le mance vanno dichiarate come parte del reddito da lavoro dipendente. La decisione della Corte di Cassazione è decisamente importante per tutta una serie di lavoratori che producono reddito in settori come la ristorazione, la logistica e le consegne.

Tuttavia nel caso particolare le somme delle mance erano piuttosto consistenti, solitamente si tratta di importi moderati che non costituiscono somme così elevate. Quali potrebbero essere quindi, i rischi reali di chi non dichiara queste somme?

In particolare se un lavoratore decide di accantonare queste mance e versarle tutte insieme nel proprio conto corrente, potrebbe essere soggetto a controlli fiscali, e sanzioni per evasione fiscale, perché di fatto queste somme non hanno una provenienza accertata.

Nell’ultimo periodo in particolare il fisco ha introdotto diversi sistemi di controllo informatico, che possono intervenire anche sui conti correnti per verificare eventuali casi a rischio evasione. Secondo le interpretazioni della vicenda vista sopra quindi, non è necessario dichiarare somme che non superano qualche euro al giorno, perché trattandosi di cifre molto piccole è improbabile che il fisco le consideri come evasione fiscale.

Le cose cambiano se queste somme raggiungono importi molto elevati, fino a costituire una parte importante e consistente dello stipendio del lavoratore.

Come dichiarare queste somme

Nel caso in cui le mance che si ricevono da un lavoro dipendente siano considerevoli, come è possibile dichiararle correttamente al fisco? Va tenuto in considerazione prima di tutto che solitamente questi importi vengono corrisposti dai clienti in contanti, ovvero non sono tracciati.

Nonostante questo ci sono alcuni casi in cui è il datore di lavoro a prendere tutte le mance e a suddividerle poi successivamente tra i lavoratori dipendenti. Questa è la soluzione migliore se si parla di cifre consistenti, poiché il datore può poi versare queste somme direttamente in busta paga ai lavoratori, indicandole nell’apposita sezioneerogazioni liberali”.

In questo modo il lavoratore tramite la propria dichiarazione dei redditi può procedere in modo semplice a dichiarare anche questi importi, poiché sono già stati presentati dal sostituto di imposta, ovvero il datore di lavoro. Un’altra possibilità interessante di dichiarazione fiscale delle mance riguarda i lavoratori dei casinò. Ovvero i croupier.

In questo caso le mance vengono erogate in fiches da gioco, per cui sono tracciabili, e il regolamento prevede che le imposte vengano applicate sul 75% delle mance per i camerieri e al 100% per gli altri lavoratori.

Al momento comunque c’è ancora parecchia incertezza su queste somme di denaro, poiché da un lato l’articolo 51 del TUIR specifica che sono parte dello stipendio, dall’altro lato è pur vero che le mance sono da sempre considerate come piccole erogazioni liberali. Tuttavia secondo una recente ricerca Nadef sull’argomento, il valore di queste somme non dichiarate arriverebbe a 9 miliardi di euro in Italia.

Le mance sono veramente tassate in Italia?

Nonostante la sopra citata sentenza della Cassazione si sia espressa in senso favorevole, nella maggior parte dei casi le mance sono di modica cifra e vengono consegnate direttamente al lavoratore in contanti, quindi con sistemi di pagamento non tracciabili. Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione l’ingente somma di denaro era stata versata sul proprio conto corrente, e pertanto aveva richiamato l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate su un reddito non sottoposto a tassazione. In realtà difficilmente accade che il lavoratore che ha ottenuto una mancia la versi sul proprio conto corrente. Possiamo quindi dire che, allo stato attuale, non è ipotizzabile un controllo fiscale sulle mance, pertanto, all’atto pratico esse non sono sottoposte a tassazione.

Come funziona negli altri stati?

In Germania le mance non sono regolamentate e vengono considerate un “dono remunerativo”. Non è richiesto da nessuna disposizione di legge richiedere ai clienti di offrire mance al personale, e allo stesso tempo i dipendenti non hanno il divieto richiederle. Non fanno parte del fatturato aziendale ai fini del calcolo delle imposte, né ai fini del calcolo della retribuzione dei lavoratori e non contano ai fini di contributi fiscali e previdenziali.

In Spagna non è obbligatorio rilasciare mance, tuttavia, variano tra il 5% e il 10% del prezzo totale a seconda del gradimento del cliente
e concorrono ad integrare il salario dei lavoratori, tuttavia non ne fanno parte, quindi non sono soggette ad imposta.

In Francia è quasi diventato consuetudine lasciarla a seconda del gradimento del cliente, e varia da 0,15 a 1,50-2,30 a seconda della
consumazione. Le mance possono essere raccolte dal datore di lavoro e poi distribuite equamente tra i dipendenti: in tal caso la base contributiva di sicurezza sociale è costituita dalle mance effettive. Se il datore di lavoro decide di trattare il costo del servizio o le mance come parte della retribuzione dei dipendenti, allora le mance sono soggette ad imposta. Tuttavia, di solito non possono
essere soggette ad imposta in quanto non sono trattate come parte dello stipendio, ma sono soggette a ritenuta fiscale.

Nel Regno Unito è diventata quasi una consuetudine anche se è poco comune se è previsto un costo del servizio nel conto finale. La legislazione non ne definisce l’ammontare e non esiste nessun obbligo di legge circa il suo rilascio. Tuttavia, la legge prevede che sia previsto nel prezzo finale il costo del servizio al tavolo, in questo caso il denaro rilasciato dal cliente va all’azienda e non al singolo cameriere. Il costo del servizio è quindi del datore di lavoro che non è tenuto a dare il ricavato ai dipendenti. In questo caso non è soggetta ad IVA e ai contributi di sicurezza sociale. Le mance non fanno parte del fatturato aziendale ai fini del calcolo delle imposte e non contano ai fini del calcolo della retribuzione dei lavoratori, né ai fini dei contributi fiscali e previdenziali.

Negli Stati Uniti è diventata una consuetudine ormai consolidata. Sono stabilite precise disposizioni in materia e il costo del servizio è
quasi sempre escluso dal conto finale. Gran parte dello stipendio dei camerieri dipende proprio dalla quantità di mance che riescono a ricevere. Solitamente il suo ammontare è di circa il 15-20%. Esse sono dei dipendenti che le hanno ricevute, il datore di lavoro non può utilizzarle se non per applicare detrazione di esse dal calcolo dello stipendio minimo. Secondo il codice tributario federale, le mance ricevute sono anche considerate una remunerazione del lavoro. La legge californiana non permette che le mance vengano destinate al raggiungimento del minimo salariale imposto dalla legge statale, mentre la legge federale ammette la possibilità di utilizzarle per la retribuzione minima.

In Giappone, rilasciare una mancia è da maleducati, contraria al costume sociale, tuttavia se viene consegnata è raccolta direttamente dal cameriere. Non fanno parte del fatturato aziendale ai fini del calcolo delle imposte, non contano ai fini del calcolo della retribuzione dei lavoratori, non fanno parte del salario e sono quindi esenti da tassazione.

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