Negli ultimi anni, molti cittadini italiani hanno preso in considerazione l’opzione di cercare lavoro in altri paesi per una serie di ragioni, tra cui opportunità professionali migliori, una maggiore remunerazione e l’acquisizione di nuove competenze.

Uno dei fattori che spingono molti italiani a cercare lavoro all’estero è la situazione economica in Italia. Il paese ha affrontato una crisi economica duratura che ha portato a una scarsità di posti di lavoro e a una bassa crescita salariale. Inoltre, alcuni settori specifici potrebbero essere meno sviluppati o meno redditizi in Italia rispetto ad altri paesi, il che può spingere i lavoratori a cercare opportunità all’estero.

Molte di queste persone spesso cercano opportunità in paesi come il Regno Unito, la Germania, la Svizzera, gli Stati Uniti e l’Australia, che offrono buone prospettive lavorative e stipendi più alti.

Tuttavia, non sono solo i professionisti qualificati a cercare lavoro all’estero. Anche lavoratori meno qualificati, come ad esempio addetti ai servizi o nell’industria dell’ospitalità, possono trovare opportunità all’estero, specialmente in paesi che dipendono dal turismo.

Ci sono anche lavoratori italiani che decidono di lavorare all’estero per brevi periodi, come ad esempio per acquisire esperienza internazionale o migliorare le loro competenze linguistiche. 

A livello fiscale molto spesso ci troviamo di fronte a problematiche che non riguardano solo la tassazione del soggetto, ma anche quello che il soggetto potrebbe perdere portando la sua residenza all’estero, come ad esempio le agevolazioni in termini fiscali, le deduzioni e le detrazioni pluriennali. Pensiamo ad esempio a chi sostiene lavori di ristrutturazione e decide di portare in detrazione il 50% della spese ottenute secondo l’art. 16 del TUIR, in tema di ristrutturazione edilizia.

Le rate restanti di cui potrebbe beneficiare il contribuente, sono perse nel caso di trasferimento all’estero? Vediamo nel seguente articolo, cosa succede alle detrazioni pluriennali e quali sono i casi in cui il contribuente può continuare a beneficiare delle detrazioni fiscali in Italia. 

Prima di entrare nel merito, vorrei fornire alcune nozioni base circa il trasferimento all’estero di un lavoratore, cosa comporta e quali sono i principi che lo definiscono. 

Trasferimento della residenza all’estero

Sono molti i lavoratori che decidono di trasferire la propria residenza all’estero, molti di questi hanno la prospettiva futura di continuare per un lungo periodo la propria permanenza in un Paese, altri invece potrebbero portare la residenza solo per un periodo limitato durante l’arco di uno o più anni. 

Vediamo nel dettaglio come viene stabilito il criterio della residenza fiscale in Italia. 

 E’ tenuto al pagamento delle imposte sui redditi in Italia
 1) Chi è iscritto all’Anagrafe delle persone residenti in Italia
2) Domicilio o dimore abituale in Italia 
  Residente per almeno 183 giorni 

L. 917/86 (TUIR)

Il principio della territorialità fiscale è un principio fondamentale nel diritto fiscale italiano. Secondo questo principio, l’imposta sul reddito è applicata solo sui redditi prodotti sul territorio nazionale italiano. Ciò significa che i residenti italiani sono tenuti a pagare le imposte sul reddito guadagnato in Italia e all’estero, mentre i non residenti sono tassati solo sui redditi prodotti in Italia.

La residenza fiscale è un concetto che determina la giurisdizione fiscale di un individuo. In Italia, una persona è considerata residente fiscale se ha la propria residenza abituale o il domicilio fiscale nel paese.

La residenza abituale si basa sulla dimora principale dell’individuo, mentre il domicilio fiscale si riferisce alla sede degli interessi personali, economici e sociali.

Criteri di tassazione
Residenza        Territorialità del reddito prodotto

I residenti fiscali italiani sono soggetti all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)  per tutti i loro redditi, sia quelli prodotti in Italia che all’estero. Tuttavia, un importante diritto è tutelato in queste particolari situazioni, ovvero quello di evitare la doppia imposizione fiscale.

L’Italia ha firmato accordi di convenzione fiscale con molti paesi, che prevedono regole per evitare che lo stesso reddito sia tassato sia in Italia che nel paese estero.

È importante notare che le norme fiscali possono essere complesse e soggette a cambiamenti. Pertanto, è consigliabile consultare un consulente fiscale o un professionista competente per avere informazioni aggiornate e personalizzate in base alla tua situazione specifica

Due importanti convenzioni bilaterali firmate dal nostro Paese sono: 

  • con la Svizzera (articolo 4, Convenzione tra Italia e Confederazione svizzera, firmata a Roma il 9 marzo 1976, e ratificata con la Legge n. 943/1978) 
  • con la Germania (punto 3 del Protocollo alla Convenzione tra Italia e Repubblica federale di Germania, firmata a Bonn il 18 ottobre 1989, e ratificata con la Legge n. 459/1992)

Le convenzioni sono dei trattati, stipulati per definire le modalità impositive del trattamento fiscale sui contribuenti che in quel momento si trovano in una situazione di stallo tra due Stati. 

Tornando ai nostri esempi, un lavoratore X che decide di andare a lavorare all’estero nel corso di un anno d’imposta, dovrà preoccuparsi di capire in che modo andrà a dichiarare i redditi percepiti, presupponendo che per una parte dell’anno abbia guadagnato redditi prodotti in Italia e per l’altra parte dell’anno in un Paese UE. 

Ed è proprio secondo il criterio della residenza che un contribuente è soggetto all’imposta di uno Stato piuttosto che all’altro. 

Nel caso in cui un lavoratore abbia la possibilità di poter detrarre nella sua dichiarazione dei redditi delle spese pluriennali in Italia, come quelle relative alla ristrutturazione edilizia, potrà continuare a farlo spostando la sua residenza all’estero? 

La regola generale prevede che le detrazioni pluriennali possono essere portate in detrazione all’interno della dichiarazione 730 o Modello Redditi PF, qualora il contribuente abbia versato IRPEF e possa beneficiare della detrazione spettante. 

Se il lavoratore ha trasferito la sua residenza a gennaio 2023 in Germania pare chiaro che per l’anno d’imposta 2023 non si troverà a versare IRPEF nelle casse dello Stato Italiano, per cui le detrazioni per l’anno 2023 non verranno recuperate, così come per gli anni avvenire qualora abbia solo redditi prodotti all’estero. 

Caso di trasferimento all’estero per un periodo inferiore a 183 giorni

Il lavoratore che decide di portare la sua residenza all’estero per 90 giorni e poi decide di  tornare in Italia a prestare la sua attività lavorativa si troverà nella situazione di avere due tipi di redditi: 

  • reddito di fonte estera tassato secondo le normative fiscali vigenti nel Paese;
  • reddito di fonte Italiana soggetto al versamento dell’imposta sui redditi delle PF.

Applicabilità del requisito della residenza: in questo caso il soggetto ha la residenza in Italia per un periodo superiore a 183 giorni, per tanto secondo la nostra normativa il contribuente sarà obbligato a dichiarare il suo reddito in Italia, dichiarando anche il reddito prodotto all’estero. 

Nella CU rilasciata dal datore di lavoro in Italia, saranno indicati i redditi percepiti e le imposte versate, il contribuente ha capienza IRPEF tale da potergli permettere di recuperare le detrazioni nel modello 730 o Modello Redditi PF anche qualora per un periodo di anno d’imposta, ha portato la sua residenza all’estero. 

Nucleo familiare

Il lavoratore che trasferisce il centro dei suoi interessi in un Paese estero, esercitando lì la sua attività lavorativa, potrebbe far parte di un nucleo familiare, che cosa succede in questi casi? Se le detrazioni sono ripartite da entrambi i coniugi sono perse? 

La risposta in parte viene concessa da un intervento da parte dell’Agenzia delle entrate con la risposta all’interpello n. 25 del 2018, ovvero l’Agenzia si è espressa su un caso specifico, non valutando comunque in maniera analitica l’intera vita del contribuente, ma guardando ai solo presupposti oggettivi. 

Il contribuente prestava attività lavorativa all’estero, dove aveva preso la residenza e trasferito lì il centro dei suoi interessi, sua moglie e i suoi figli continuavano a vivere in Italia. 

Può in questo caso il contribuente che ha ancora la famiglia in Italia, soggetta a tassazione italiana, chiedere di poter detrarre le spese pluriennali nel Paese dove attualmente versa le imposte? 

La risposta è negativa, il contribuente perde la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute, tuttavia tale diritto non decada alla moglie, qualora le spese fossero suddivise al 50% tra i coniugi, in tal caso la detrazione permane ancora in capo alla contribuente che continua a lavorare in Italia ed a versare qui le sue imposte. 

Il caso particolare dei pensionati pubblici

Principio generale della normativa fiscale italiana è quello per cui le pensioni sono tassabili in Italia, se pagate dallo Stato italiano, da soggetti residenti nel territorio italiano o da stabili organizzazioni qui localizzate di società estere, in favore sia di soggetti fiscalmente residenti in Italia sia di contribuenti fiscalmente residenti all’estero (art. 23 del D.P.R. 917/1986).

Tuttavia, sempre secondo il divieto della doppia imposizione, il pensionato potrebbe essere tassato solo nel paese dove attualmente vive. 

L’eccezione riguarda i pensionati pubblici poiché l’art. 19, paragrafo 2) Modello OCSE stabilisce che:

  • “Le pensioni corrisposte da uno Stato contraente o da una sua suddivisione politica o da un suo ente locale, sia direttamente sia mediante prelevamento da fondi da essi costituiti,a una persona fisica in corrispettivo di servizi resi a detto Stato o a detta suddivisione od ente, sono imponibili soltanto in questo Stato.”
  • “Tuttavia tali pensioni sono imponibili soltanto nell’altro Stato contraente qualora la persona fisica sia un residente di questo Stato o ne abbia la nazionalità”.

E’ facile comprendere come per i pensionati pubblici che percepiscono, una pensione Italiana, nonostante abbiano la residenza in un altro Paese siano tassati in Italia e per la parte di IRPEF versata, possono continuare a portare in detrazioni anche quelle spese pluriennali. 

Diritto non spettante a tutti gli altri tipi di pensionati per i quali non vige l’obbligo di versare le tasse nel Paese erogatore della pensione. 

Vendita dell’immobile con cessione del diritto alla detrazione 

In alcuni casi, potrebbe essere possibile, per il contribuente che decide di trasferire la sua residenza all’estero perdendo così le detrazioni pluriennali residue per gli anni avvenire, valutare di poter vendere il proprio immobile ad esempio ad un figlio, a seguito della compravendita il dante causa, non concede solo il diritto reale dell’immobile, ma può trasferire anche il diritto alle detrazioni d’imposta in capo al soggetto acquirente. 

Ciò lo stabilisce la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7/E/2018, di come la detrazione fiscale si trasferisce all’acquirente nella quota che non è ancora stata utilizzata, salvo altri accordi tra le parti. 

Al riguardo l’articolo 16-bis, comma 8 del TUIR, stabilisce quanto di seguito riportato:

“In caso di vendita dell’unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di cui al comma 1 la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare.”

La circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che queste modalità valgono anche nei casi di donazione o cessione a titolo gratuito. 

Sono casi sporadici nel verificarsi, ma sicuramente idee utili, per chi ha la possibilità di poter pensare ad una buona alternativa, prima di poter perdere le detrazioni spettanti.

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