Il contratto di affitto di un fondo rustico è un contratto con cui una parte, il locatore, concede all’altra, l’affittuario, il godimento di un fondo dietro pagamento di un corrispettivo. L’affittuario deve curare la gestione del bene in conformità alla destinazione data dal concedente, e avendo il diritto di fare propri i frutti. E’ un contratto originariamente disciplinato dagli articoli 1628 e seguenti del Codice civile. Tali norme, pur non essendo state espressamente abrogate, sono ritenute sostituite, almeno nella gran parte, dalle disposizioni contenute nella Legge n. 203/1982.

Il contratto di affitto in questo caso prevede che l’affittuario paghi mensilmente un canone apposito, come accade per gli immobili, ma il pagamento può anche avvenire tramite quote del ricavato dalla produzione. Dall’altro lato, l’affittuario deve impegnarsi a mantenere intatte le qualità del terreno, e portare avanti la produzione nel migliore modo possibile. Questo contratto ha una durata minima di 15 anni, e vi è il divieto di subaffitto. Inoltre, alcuni vantaggi sono riservati ai coltivatori diretti in affitto.

Affitto di fondo rustico: di cosa si tratta

L’affitto di un fondo rustico prevede un accordo tra due parti: un soggetto, ovvero il locatore, concede il godimento di un fondo ad un altro soggetto, ovvero l’affittuario. Si tratta di un’operazione molto simile all’affitto di un immobile, tuttavia coinvolge da vicino un terreno, ovvero un fondo rustico.

La normativa disciplinante l’affitto di un fondo rustico è quasi interamente contenuta nella Legge n. 203 del 1982. E’ fondamentale che sussista il consenso di entrambe le parti per avviare un accordo di questo tipo. In base a questo contratto, il soggetto locatore mette a disposizione dell’affittuario un fondo, ovvero un terreno di sua proprietà, di cui potrà godere per un certo periodo di tempo, stabilito in fase contrattuale.

Generalmente i contratti di questo tipo hanno una durata molto lunga, poiché i terreni possono essere utilizzati in diversi modi dai soggetti affittuari, e la normativa italiana prevede che solitamente abbiano una durata di 15 anni. Questo è il periodo minimo per cui è possibile porre in affitto un terreno, tuttavia la durata può ulteriormente prolungarsi sulla base di un rinnovo tacito del contratto. Gli anni sono ridotti a 6 nel caso di affitto di terreni montani con finalità di alpeggio e nell’ipotesi di affitto di terreno agricolo ubicato nell’ambito delle comunità montane.

Per rinnovare questo tipo di contratto non è necessario presentare alcuna richiesta, ovvero il rinnovo sussiste solamente nel caso in cui non viene presentata una esplicita disdetta. Tramite affitto di un fondo rustico, il proprietario delega ad un altro soggetto l’utilizzo stesso del terreno, ovvero per un certo periodo di tempo l’affittuario deve condurre una attività agricola su di esso.

Scadenza del contratto

La disciplina prevede un tacito rinnovo del contratto se nessuna delle due parti comunica la propria disdetta con lettera raccomandata almeno un anno prima della scadenza del contratto. Il locatore può cedere in affitto il fondo a terzi comunicando però all’affittuario le offerte ricevute almeno 90 giorni prima della scadenza. L’affittuario ha infatti un diritto di prelazione e, dunque, deve essere preferito se entro 45 giorni dal ricevimento della comunicazione offre condizioni uguali a quelle che sono state comunicate.

Divieto di subaffitto

Anche se generalmente l’uso dell’affittuario del terreno è a sua discrezione, con un contratto di affitto di un fondo rustico non è possibile procedere con il subaffitto. Ovvero il nuovo affittuario non può a sua volta porre lo stesso terreno in affitto ad un altro soggetto, senza l’autorizzazione esplicita del proprietario effettivo del terreno.

Il divieto di subaffitto comporta anche l’applicazione di modifiche del contratto, da parte del proprietario, nel caso in cui questo non sia rispettato dall’affittuario, per cui si può arrivare anche all’invalidità del contratto iniziale e alla perdita del terreno, che viene ripreso nella sua gestione dall’effettivo proprietario.

Tuttavia la legge italiana prevede che il proprietario abbia 4 mesi di tempo, dal momento in cui viene a conoscenza dell’esistenza del subaffittuario, per agire con l’annullamento del contratto, altrimenti il subaffittuario può diventare l’effettivo affittuario del terreno.

Il divieto di subaffitto comunque è molto simile a quello che già è presente per quanto riguarda gli immobili posti in affitto a terzi, e generalmente è indicato chiaramente nel contratto di accordo che è presente questo divieto, anche nel caso di affitto di terreni.

Caratteristiche del contratto

Un contratto di affitto di un fondo rustico ha determinate caratteristiche, che si differenziano particolarmente da un qualsiasi contratto per un immobile. Nel caso di accordo di affitto di un terreno, non è necessaria la stipula cartacea del contratto, poiché può essere stipulato sia in forma scritta che in forma verbale, e ha comunque validità.

Questo vuol dire anche che il contratto non deve essere riportato tra i registri immobiliari, ma è comunque valido. Va da sé che risulta più complesso per gli affitti di terreni, che soggetti terzi possano venire a conoscenza delle informazioni che riguardano proprietario e affittuario.

Come anticipato, la durata di un contratto di questo tipo è di almeno 15 anni, anche se esiste una eccezione alla regola che riguarda i terreni di montagna o con scopi di alpeggio, per cui la durata minima è ridotta a 6 anni. In tutti gli altri casi, il periodo di riferimento è di 15 anni sia che si tratti di un contratto scritto sia in caso di contratto verbale.

Tuttavia la durata può anche essere superiore a questi periodi, e l’affittuario è generalmente libero di decidere di terminare il contratto in essere in qualunque momento, mentre il proprietario è maggiormente vincolato dalla durata. In caso di disdetta, la comunicazione deve avvenire comunque un anno prima.

Come qualsiasi contratto di affitto, anche nel caso di fondo rustico esiste un canone mensile di affitto, che determina il pagamento che l’affittuario deve corrispondere periodicamente al proprietario del terreno. Una particolarità di questo contratto è che l’affittuario possa presentare il pagamento, tramite accordo, anche tramite una quota derivata dalla produzione agricola portata avanti sul terreno.

Una norma che contraddistingue questo contratto rileva in particolare lo scopo per cui il terreno deve essere utilizzato, ovvero l’affittuario deve disporne con l’obiettivo di coltivarlo rispettandone le caratteristiche, e applicando un lavoro agricolo specifico e organizzato.

Canone

La legge dispone che, oltre al pagamento in denaro del canone, può essere pagato anche con una quota dei frutti che sono prodotti dallo stesso terreno o per mezzo di prestazioni in natura.

L’art. 9 della l. 203/1982 sul canone di affitto stabiliva un criterio che faceva riferimento al reddito dominicale, da moltiplicarsi per determinati coefficienti stabiliti dalle commissioni tecniche istituite presso l’ispettorato agrario provinciale. La Corte Costituzionale ha però dichiarato tale norma come incostituzionale.

Costi da sostenere

Per quanto riguarda i costi da sostenere, inerenti alla produzione presso il terreno, va evidenziato che l’affittuario si deve occupare della gestione del terreno dal punto di vista della produzione e della lavorazione, mentre alcune spese sono in carico al proprietario.

In particolare quest’ultimo deve provvedere a coprire le eventuali spese straordinarie, tuttavia queste non devono essere ricollegate ad una mancanza avvenuta da parte dell’affittuario. Il proprietario può in qualsiasi momento controllare e verificare la buona condotta dell’affittuario, e intervenire anche contrattualmente in caso di non rispetto degli obblighi.

Coltivatore diretto e diritto di prelazione

Una parentesi va fatta per ciò che riguarda i coltivatori diretti, ovvero coloro che si occupano della gestione organizzata e autonoma del terreno. Se l’affittuario è un coltivatore diretto infatti, sussiste il diritto di prelazione, ovvero ha un diritto prioritario di acquisire il terreno nel caso in cui il proprietario proceda con la sua vendita.

Questo diritto sussiste anche nel caso di compravendita di un terreno contiguo a quello in cui opera un coltivatore diretto, mentre ne sono esclusi altri soggetti, ovvero i soggetti che non risultano coltivatori diretti.

Va tenuto presente che il contratto di affitto di un terreno offre maggiori garanzie all’affittuario, rispetto al proprietario, proprio a causa dello specifico utilizzo a fini produttivi. Tuttavia queste garanzie possono venire meno se l’affittuario non è un coltivatore diretto, e sussistono per i soggetti che risultano almeno iscritti alla previdenza agricola.

 Il recesso dell’affittuario

Entrambe le parti del contratto possono esercitare entro la fine del quattordicesimo anno del contratto, la facoltà di disdetta. Inoltre, la legge, riconosce all’affittuario coltivatore diretto il diritto di recesso senza alcuna particolare motivazione, solo dandone comunicazione al locatore, con raccomandata con ricevuta di ritorno, con un preavviso di almeno un anno dalla scadenza dell’annata agraria.

Il locatore non può invece, recedere dal contratto, quando vuole, potrà solo impedirne il rinnovo alla scadenza oppure chiederne la risoluzione per grave inadempimento dell’affittuario.

 La risoluzione del contratto di affitto

Il locatore, proprietario del fondo affittato, potrà chiedere la risoluzione del contratto di affitto agrario, solo nei casi di grave inadempimento contrattuale dell’affittuario/coltivatore diretto del fondo. I casi di grave inadempimento dell’affittuario che giustificano la risoluzione del contratto da parte del locatore, sono:

  • il mancato pagamento di almeno un anno di canone;
  • la cattiva conduzione del fondo(violazione degli obblighi di normale e razionale coltivazione del fondo, e di conservazione e manutenzione di esso e delle attrezzature ad esso relative);
  • nel subaffitto o subconcessione del fondo.

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