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Residenza fiscale persone fisiche: cosa cambia dal 2024

Residenza fiscale delle persone fisiche legata al concetto di domicilio (con una definizione totalmente legata all’ambito fiscale) e di residenza, mentre l’iscrizione anagrafica diventa una mera presunzione relativa (non più assoluta). Attenzione all’importanza dei giorni in quanto dal 2024 la presenza diventa un criterio autonomo legato anche alle frazioni di giorni trascorse in Italia.


Il Decreto Legislativo sulla fiscalità internazionale, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 19 dicembre 2023, è stata modificata la disciplina sulla residenza fiscale delle persone fisiche. Si tratta della disciplina contenuta nell’art. 2, co. 2 del TUIR. In particolare, vi sono novità importanti che devono essere tenute in considerazione ed assimilate in quanto destinate ad entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2024.

Detto questo, andiamo con ordine, vediamo il testo di modifica ed i principali commenti sulle nuove disposizioni.

Le modifiche alla residenza fiscale delle persone fisiche

Per quanto riguarda la disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche il testo del decreto, con effetto a partire dal 1° gennaio 2024, prevede quanto segue.

Il comma 2 dell’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 è sostituito dal seguente: “2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.”.

In particolare, la residenza fiscale delle persone fisiche deve essere collegata alla presenza, per la maggior parte del periodo di imposta di:

  • Residenza ai sensi del Codice civile;
  • Domicilio inteso come luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;
  • Presenza fisica (considerando anche le frazioni di giorno) nel territorio dello Stato.

Le modifiche apportate alla disciplina sulla residenza fiscale delle persone fisiche, riguardano, il comma 2 dell’art. 2 del TUIR, il quale così come riformulato porta ad una serie di riflessioni importanti, che di seguito vengono schematizzate.

Nuova definizione di domicilio

Per la prima volta non si fa più riferimento al concetto di domicilio inteso in senso civilistico (ex art. 43 c.c. come sede principale di affari ed interessi), ma si arriva ad una nuova definizione di domicilio legata all’ambito fiscale. Per domicilio, infatti, si deve intendere il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Su questo punto devono necessariamente attendersi chiarimenti, in quanto non è chiaro cosa si debba far rientrare nelle relazioni personali e familiari e come si possano accertare. Oltretutto, questo aspetto, che nella precedente formulazione metteva in contrapposizione gli interessi economico patrimoniali con le relazioni personali, viene del tutto stravolto. Infatti, viene a mancare qualsiasi aperto riferimento agli affari ed agli interessi della persona. Possibile che l’aspetto patrimoniale ed economico del soggetto venga messo in secondo piano rispetto alle relazioni personali?!

Inoltre, non viene tenuta in considerazione nemmeno la più recente posizione della giurisprudenza sul tema. Sebbene, possa comunque essere fatta valere la normativa convenzionale superando la problematica, comunque dei chiarimenti sono auspicabili.

Presenza fisica come criterio di residenza del soggetto

Una delle novità del testo riguarda la presenza fisica del soggetto. Infatti, “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti”.

Rispetto al passato, dove la presenza fisica era legata all’individuazione dei concetti di domicilio o residenza, adesso la stessa viene ad assumere un ruolo specifico che appare come criterio di individuazione della residenza. Deve considerarsi residente, infatti, la persona che per la maggior parte del periodo di imposta, considerando anche le frazioni di giorno, è presente in Italia. Particolarmente importante è l’indicazione del fatto che una frazione di giorno in Italia rappresenta un giorno di presenza.

Sul punto potrebbero essere richiamati i riferimenti del Commentario all’art. 15 del modello OCSE in tema di lavoro dipendente, tuttavia, occorre capire se tali concetti possano essere presi a riferimento anche per la residenza fiscale.

Anche su questo punto sarebbero opportuni dei chiarimenti. Infatti, sulla base di questo elemento potrebbe essere considerato residente un soggetto domiciliato all’estero stabilmente che si trova a trascorrere oltre 6 mesi in Italia, per le più svariate ragioni (di salute propria o dei familiari, studio, etc). Al fine di arrivare a possibili effetti distorsivi della norma anche questo aspetto dovrebbe essere chiarito.

Iscrizione anagrafica come presunzione relativa di residenza in Italia

Rispetto alla precedente norma, si assiste ad un passaggio da presunzione assoluta a relativa legata al mantenimento dell’iscrizione anagrafica in Italia. Infatti, “salvo prova contraria (quindi presunzione relativa) si presumono residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente“.

Di fatto, quindi, una persona che vive stabilmente all’estero, ma ha lasciato l’iscrizione anagrafica in Italia ha la possibilità di dimostrare (con prova a suo carico) l’effettiva residenza fiscale estera (magari facendo anche riferimento alla normativa Convenzionale, ove esistente, in merito ai conflitti di residenza fiscale, art. 4, par. 2 del modello di Convenzione OCSE). In attesa di chiarimenti ufficiali si tratta sicuramente di un’apertura da non sottovalutare. Dal 2024, quindi, una situazione di ritardata iscrizione AIRE potrebbe comunque portare il contribuente a poter dimostrare la bontà della propria situazione con prova a suo carico.

Nessuna modifica riguardante il frazionamento del periodo di imposta

Come auspicato dai più la riforma della disciplina della residenza fiscale avrebbe dovuto andare nella direzione di uniformare la disciplina nazionale verso quella convenzionale, magari anche attraverso l’introduzione nel nostro ordinamento del c.d. “frazionamento del periodo di imposta” (o clausola di “split year” nel modello convenzionale).

Secondo questo principio il periodo di imposta viene suddiviso in due diverse sezioni, in relazione al periodo di tempo trascorso dal soggetto in ciascuno Stato, suddividendone la potestà impositiva ed evitando problematiche situazioni di doppia imposizione del reddito.

A quanto pare, tale principio non è stato preso in considerazione in questa riforma. Pertanto, potrà continuare a trovare applicazione soltanto nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia che lo prevedono. Si tratta della Convenzione siglata con la Svizzera e con la Germania. Per approfondire: “Frazionamento del periodo di imposta: clausole di split year“.

Conclusioni

Dalla lettura del testo possiamo dire che vi sono stati sicuramente dei passi avanti nel voler andare ad individuare in modo migliore la residenza fiscale delle persone fisiche, cercando di superare il precedente e datato testo. Tuttavia, probabilmente, non ci si è voluti discostare troppo dalla disciplina precedente, senza superare le problematiche del passato. Quello che emerge ad una prima lettura è una chiara mancanza di riferimenti agli interessi economico patrimoniali di un soggetto (i quali non è chiaro se rientrino nel nuovo concetto di domicilio a livello fiscale, nelle c.d. “relazioni personali“). Inoltre, pare che vi sia una ulteriore mancanza di rilievo dell’aspetto volitivo di un di un soggetto nel voler permanere e radicarsi in un territorio.

La presenza fisica, quindi, appare superare la volontà del soggetto di volersi radicare in uno Stato. Se così fosse realmente, si potrebbe quindi ipotizzare, per assurdo, il caso estremo del turista che, suo malgrado, si trova a trascorrere oltre 183 giorni in Italia, che potrebbe per questo essere considerato ivi fiscalmente residente. Per questo motivo è importante che vi possano essere chiarimenti in grado di sciogliere questi aspetti e capire quali elementi realmente incideranno sulla residenza fiscale delle persone fisiche. Naturalmente, vi terremo aggiornati sugli aggiornamenti che vi saranno su questo tema.

Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.

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