Tra le previsioni inserite nella legge di bilancio spunta anche l’allargamento dei fringe benefit ai mutui e agli affitti dei dipendenti. La misura, se dovesse passare, sarebbe però sperimentale. Oltre quindi alla difficoltà di metterla in atto a tutti gli effetti si aggiunge anche l’incertezza di una sua previsione a regime.


Entro il 31 dicembre 2023 dovrà essere approvata la legge di bilancio. Si tratta di una manovra piuttosto risicata, tanto che dal governo era stato detto che sarebbe stata inemendabile viste le poche risorse a disposizione. Eppure sono tanti gli emendamenti presentati perchè ci sono ancora importanti interventi che necessiterebbero di avere attuazione. Nell’incontro tenutosi il 28 novembre tra i sindacati e la premier Meloni è comunque emerso che, sebbene i margini siano ristretti, alcune proposte di modifica potrebbero essere prese in considerazione. Nel frattempo spunta un’ipotesi a cui starebbe pensando l’Esecutivo: introdurre mutui e affitti nei fringe benefit.

L’intenzione sarebbe dunque quella di allargare il ventaglio dei ‘benefit accessori’ che il datore di lavoro può corrispondere ai dipendenti. La proposta è ora al vaglio della Commissione Bilancio del Senato. Nelle prossime settimane si saprà se questa misura diventerà definitiva per il 2024. Vediamo quindi nel dettaglio in cosa potrebbe consistere.

Fringe benefit: cosa sono?

I fringe benefit sono ‘premi’ che rientrano nel welfare aziendale. Possono essere previsti previsti da contratto o volontariamente dal datore di lavoro, e possono essere previsti in favore di un singolo dipendente e non in favore della generalità o di categorie di questi. Vengono corrisposti al dipendente tramite beni o servizi. Non essendo quindi erogati sotto forma di denaro rappresentano, dunque, una forma di “retribuzione in natura”, così come stabilisce l’art. 2099, comma 3, c.c., nel cui disposto si legge: “il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte [con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o] con prestazioni in natura”.

I fringe benefit, costituendo parte della retribuzione, concorrono, dunque, alla formazione del reddito da lavoro dipendente. Va precisato che esiste, tuttavia, una deroga al principio di onnicomprensività che governa il reddito di lavoro dipendente (art. 51, comma 1, TUIR). L’art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR prevede infatti che i fringe benefit non concorrano a formare il reddito da lavoro dipendente se il loro valore non è complessivamente superiore, nel periodo d’imposta, a 258,23 euro. Entro la stessa soglia, in applicazione del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscali e previdenziali (art. 6, D.Lgs. n. 314/1997), i fringe benefit quindi non concorrono alla formazione della base imponibile previdenziale.

Più in particolare, invece, l’art. 51, comma 4, TUIR individua alcuni dei beni e servizi che più frequentemente vengono concessi ai dipendenti, e cioè gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori concessi in uso promiscuo, i prestiti, gli immobili e i servizi di trasporto ferroviario concessi gratuitamente ai dipendenti del settore ferroviario; per questi fringe benefit, sono stabiliti speciali criteri di determinazione forfetaria dei valori da assoggettare a tassazione.

Esempi di fringe benefit

Sono sempre più i datori di lavoro che scelgono di inserire nel piano di welfare aziendale i fringe benefit per andare incontro ai lavoratori e permettere loro di affrontare meglio rincari e inflazione.

Tra i più comuni benefit concessi ai dipendenti troviamo:

  • Auto aziendale;
  • Polizze assicurative;
  • Concessione di prestiti;
  • Acquisti di azioni societarie (le cosiddette Stock option);
  • Alloggi in locazione che vengono messi a disposizione del dipendente;
  • Telefono cellulare, computer e tablet aziendali;
  • Corsi di aggiornamento professionale;
  • Servizio di mensa aziendale;
  • Buoni pasto e buoni regalo;
  • Rimborsi per spese sostenute dal dipendente;
  • Sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.;
  • Borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti;
  • Stock options.

Ricordiamo che lo scorso anno la soglia dei cosiddetti fringe benefit era stata alzata a 3mila euro nel Dl Aiuti quater, dopo essere già elevata a 600 euro, per poi tornare agli ordinari 258,23 euro. Nel 2024 la quota massima dei fringe benefit sarà alzata fino a 2 mila euro per chi ha figli fiscalmente a carico, con reddito fino a 2.840,51 euro nel caso degli under 24, e a 4 mila euro per chi ha compiuto 24 anni, mentre per tutti gli altri dipendenti il limite arriverà a mille euro.

Anche mutui e affitti?

Tra le ultime possibili novità anche il mutuo e l’affito di casa potrebbero essere compresi tra i fringe benefit. Questa ipotesi è prevista nella Legge di Bilancio, all’esame della Commissione bilancio del Senato, in cui il Governo sta allargando sempre di più i beni e i servizi che il datore di lavoro può integrare al reddito dei dipendenti. Tra questi, oltre alla conferma dei bonus per le bollette di luce, acqua e gas introdotta lo scorso anno, si starebbe studiando anche l’inserimento di del canone di locazione o la rata del mutuo. L’allargamento dei fringe benefit dovrebbe dunque andare a modificare l’articolo 6 della manovra.

Stando alle prime indiscrezioni, il fringe benefit concesso dal datore di lavoro dovrebbe coprire l’intero importo del canone d’affitto, mentre per il mutuo dovrebbe essere previsto un rimborso relativo soltanto alla quota di interessi.

Dato che l’inserimento del canone di affitto nel welfare aziendale sarebbe una novità assoluta, saranno necessarie direttive mirate da studi e confronti tra esperti e ministeri. La sua applicazione quindi, sebbene abbia ricevuto l’apprezzamento da parte del mondo aziendale, sembrerebbe di complicata applicazione. A regolare le coperture dei mutui, saranno invece, come indica Il Sole 24 Ore, due norme già esistenti: la risoluzione 46/E del 2010 dell’Agenzia delle Entrate e l’articolo 51, comma 4, lettera b, secondo cui in caso di concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, “si applica un criterio di determinazione forfettaria del valore imponibile del 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine dell’anno e quello applicato al lavoratore, al netto del contributo aziendale.”

Tra le critiche che vengono rivolte viene obiettato che ancora una volta si tratterebbe di una misura sperimentale che aggiunge incertezza e non stabilità alla normativa sul lavoro. Gli operatori del settore chiedono quindi  che l’aumento possa costituire sia un aggiornamento stabile dell’articolo 51 del Tuir e non una disposizione a tempo, che possa garantire stabilità sia ai dipendenti che alle aziende nella pianificazione delle politiche retributive.

Conclusioni

Un’importante novità che sembrerebbe essere prevista nella legge di bilancio 2024 riguarderebbe la possibile introduzione dei mutui e degli affitti tra i beni e servizi offerti all’interno dei fringe benefit corrisposti dai datori di lavoro ai dipendenti.

La misura richiederà un apposito studio per capire in che modo potrà essere a tutti gli effetti applicata. Va comunque precisato che mentre il canone d’affitto sarebbe corrisposto per intero, per quanto riguarda i mutui il sostegno riguarderà solo gli interessi. Inoltre questa previsione, se dovesse passare, sarà solo sperimentale, mentre alcuni esperti di settore spingono per una sua introduzione definitiva.

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