In questi giorni, a seguito degli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto Russia e Ucraina, si parla spesso di “economia di guerra”, e anche Mario Draghi ha recentemente introdotto questo concetto.

Quando si parla di economia di guerra, si fa riferimento ad una gestione dell’economia di uno stato improntata alle esigenze di guerra, ad esempio attraverso l’aumento di produzione di beni e servizi che vanno a supportare l’impegno all’esercito durante un conflitto.

Quando viene introdotta in un paese una economia di guerra, lo stato impone alcune regole precise al mercato e all’economia in generale, che coinvolgono anche l’approvvigionamento dei cittadini. Anche se al momento l’Italia non è sotto economia di guerra, potrebbe non essere lontana da questa eventualità.

L’allarme che riguarda l’Italia e l’Europa ha a che fare proprio con l’economia: nell’ultimo periodo infatti, sia a causa dell’inflazione, sia a causa delle conseguenze delle sanzioni imposte alla Russia, anche Europa e Italia si trovano ad affrontare alcune problematiche di tipo economico. Ecco una panoramica generale sul concetto di economia di guerra, e su cosa sta accadendo.

Economia di guerra: di cosa si tratta

Recentemente Mario Draghi ha dichiarato che l’Italia non è ancora in economia di guerra, ma potrebbe presto trovarsi in questa situazione. Al momento infatti, nonostante i diversi allarmismi dell’ultimo periodo, l’Italia non è ancora entrata in questo scenario, tuttavia è necessario prepararsi.

Durante una fase in cui l’economia diventa “di guerra”, lo stato gestisce il mercato economico dando alcune priorità che riguardano la produzione di beni e servizi, a causa della situazione di guerra. In una economia di guerra, il mercato non è totalmente libero, ma viene influenzato dalle decisioni e dalle priorità dello stato.

In questa fase, le risorse vengono distribuite per sostenere la guerra: può trattarsi di risorse destinate alla produzione di beni collegati direttamente alla guerra, oppure indirettamente. Durante un’economia di guerra ha particolare rilevanza l’approvvigionamento dei cittadini di beni e prodotti essenziali, per cui la forza lavoro viene spostata su determinate produzioni.

In questo scenario, vengono anche razionalizzate le risorse, per cui beni come l’energia, le materie prime, prodotti alimentari, vengono destinate sia alla popolazione che allo sforzo bellico. In questo momento storico l’Italia non si trova fortunatamente in questa situazione, nonostante gli allarmismi degli ultimi giorni.

Tuttavia al momento l’economia italiana sta risentendo degli aumenti dei prezzi delle materie prime, come i carburanti, che hanno subito una impennata senza precedenti negli ultimi giorni. A fronte di questi aumenti, le conseguenze possono coinvolgere tutti i cittadini italiani, per cui si richiede un intervento tempestivo dello stato.

Economia di guerra e libero mercato

Attualmente il mercato italiano è per lo più libero, ovvero si regolamenta da solo attraverso la domanda e l’offerta di beni e servizi. Le imprese quindi possono lavorare per produrre e vendere beni ai cittadini, in base alla domanda effettiva di questi prodotti, o servizi.

Durante una economia di guerra, il mercato smette di essere del tutto libero, e viene posto sotto alla gestione dello stato, che stabilisce quali sono le priorità di produzione. Priorità che possono prevedere un maggiore sforzo per la produzione di mezzi di difesa durante la guerra, oppure che possono andare nella direzione di garantire una maggiore produzione di beni alimentari o di prima necessità per i cittadini.

Durante un’economia di guerra, le imprese possono infatti riconvertire le proprie produzioni per la guerra. Un esempio di riconversione, a cui tutti hanno assistito, è quella della produzione delle mascherine per contrastare la diffusione del Covid-19: dall’arrivo della pandemia infatti molte aziende hanno riconvertito la normale produzione per garantire la disponibilità di grandi quantità di mascherine per tutti i cittadini.

Durante una economia di guerra, possono avvenire molte riconversioni di questo tipo, per cui le aziende iniziano a produrre beni diversi da quelli prodotti durante una fase di mercato libero, in base alle esigenze di guerra. Inoltre una parte dei prodotti destinati normalmente ai cittadini viene riconvertita e destinata al sostenimento dello sforzo bellico.

Le scorte, di cui il paese coinvolto in una economia di guerra dispone, vengono gestite in modo differente rispetto a tempi di pace. Possono essere razionate e ridistribuite in base all’effettivo bisogno. Attualmente l’Italia non è in una economia di guerra, tuttavia sta affrontando il problema dell’approvvigionamento dell’energia elettrica e del gas.

Economia di guerra: le tasse

Quando si presenta una fase di economia di guerra, il paese coinvolto ha bisogno di riconvertire la produzione, gestire le risorse e distribuirle per sostenere lo sforzo di guerra. Questo significa anche avere risorse per finanziare lo sforzo in guerra.

Questo può comportare la trasformazione della destinazione delle imposte: le tasse infatti, strumenti con cui lo stato cumula scorte finanziarie, possono essere destinate al conflitto. Si tratta dell’adozione di misure straordinarie, per cui lo stato può introdurre nuove imposte, aumentare il debito pubblico, o intervenire direttamente sull’economia del paese.

I beni primari possono essere razionati per essere distribuiti alla popolazione, se necessario, oppure all’esercito, coinvolto in particolari interventi bellici. E per quanto riguarda il denaro, le imposte rappresentano uno degli strumenti a disposizione dello stato per finanziare attività belliche di diverso tipo.

La situazione attuale in Italia

Al momento non si può parlare di economia di guerra in Italia, in quanto il mercato è ancora libero e lo stesso Mario Draghi ha dichiarato che il paese non si trova in una situazione tale da adottare misure da economia di guerra. Tuttavia al momento le maggiori preoccupazioni riguardano la fornitura di materie prime, in particolare di energia e gas.

Anche se si tratta solo di ipotesi, nel caso in cui non arrivassero più approvvigionamenti di gas dall’estero, in particolare dalla Russia, l’Italia dovrebbe muoversi per cambiare la propria gestione delle risorse, di fronte ad una minore importazione di queste materie prime.

L’Italia importa il gas principalmente dalla Russia, e dato il recente conflitto tra Russia e Ucraina, la preoccupazione maggiore è quella di una conseguenza diretta della guerra sull’approvvigionamento di tali risorse anche per l’Italia.

Per il momento la priorità è quella di individuare nuove risorse energetiche e di gas, sia tramite l’aumento della produzione interna del paese, sia attraverso nuovi rapporti commerciali con l’estero. Attualmente l’Italia non si trova in una economia di guerra, e non è necessario diffondere allarmismi. Tuttavia il paese sta affrontando l’inflazione, con l’aumento dei prezzi di materie prime e carburanti, e con il pericolo reale di una diminuzione dell’approvvigionamento del gas e dell’energia elettrica.

I provvedimenti che saranno presi nei prossimi giorni andranno quindi secondo le prime ipotesi nella direzione di aumentare le scorte interne del paese di queste materie prime, ma non si può parlare ancora di una vera e propria economia di guerra.

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