HomeFisco InternazionaleAgevolazioni fiscali per impatrio in ItaliaReshoring in Italia di imprese: tasse al 50% per 6 anni

Reshoring in Italia di imprese: tasse al 50% per 6 anni

Riduzione per 6 anni del 50% delle imposte sui redditi ed Irap per le società che decideranno di riportare l'attività economica in Italia. L'agevolazione riguarda imprese che decidono di spostare l'attività da territori extra-UE (o SEE) all'Italia.

Il D.Lgs. n. 209/23 (decreto internazionalizzazione) all’art. 6 (rubricato Trasferimento in Italia di attività economiche“, c.d. “reshoring“) ha introdotto un regime volto ad agevolare lo spostamento in Italia di attività economiche precedentemente svolte in territori extra-UE.

L’agevolazione non riguarda soltanto attività di impresa ma anche l’esercizio di arti o professioni. L’agevolazione consiste nel fatto che i relativi redditi non andranno a formare la base imponibile Ires (o Irpef) e Irap per il 50% nel periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento, e nei cinque periodi di imposta successivi (dieci anni per le grandi imprese). Non sono incluse le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento, evidentemente per evitare fenomeni di entrata/uscita meramente strumentali.

Vediamo quindi, le informazioni disponibili al momento su questa agevolazione dedicata al reshoring in Italia di imprese estere. Si tratta di un fenomeno che riguarda la tendenza di imprese che hanno deciso di delocalizzarsi all’estero, di tornare a svolgere l’attività nello Stato di origine.

L’agevolazione per il reshoring di imprese delocalizzate in paesi extra-UE

al fine di promuovere lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche, i redditi derivanti da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, trasferite nel territorio dello Stato, non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive per il 50 per cento del relativo ammontare nel periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento e nei cinque periodi di imposta successivi”.

L’articolo 6 del decreto legislativo internazionalizzazione prevede la riduzione al 50 per cento le imposte sui redditi e l’Irap gravanti sul reddito di impresa e su quello derivante dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese extra-europeo, trasferite nel territorio dello Stato per sei periodi di imposta ovvero dieci se trattasi di grandi imprese. Sono escluse dall’agevolazione fiscale le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento. L’agevolazione viene meno nel caso di ritrasferimento extra-europeo dell’attività nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione.

Detassazione del reddito

In particolare l’articolo 6, al comma 1, esenta da Irpef e da Irap il 50% del reddito derivante da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, trasferite nel territorio dello Stato (più precisamente: tale quota non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta) nel periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento e nei cinque periodi di imposta successivi. Il comma 2 esclude dall’agevolazione fiscale le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento. Il fine di tale preclusione è quello di disincentivare i trasferimenti di impresa all’estero effettuati strumentalmente, con il solo fine di beneficiare dell’incentivo, attraverso un successivo ri-trasferimento di sede in Italia.

Ai sensi del comma 3, ai fini della determinazione dei redditi agevolabili, il contribuente è tenuto a mantenere separate evidenze contabili idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile. Su questo punto dovranno necessariamente essere pubblicati approfondimenti applicativi.

Ipotesi di decadenza dal regime agevolato

Il comma 4 dell’art. 6 del decreto disciplina le ipotesi di decadenza dall’agevolazione (c.d. “recapture“), che viene meno nel caso di ri-trasferimento estero dell’attività. In particolare, l’agevolazione viene meno se nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione, ovvero dieci se trattasi di grandi imprese (individuate ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2023), successivi alla scadenza del regime di agevolazione, il beneficiario trasferisce fuori dal territorio dello Stato, anche parzialmente, le attività oggetto di precedente trasferimento.

In caso di decadenza dal regime l’Amministrazione finanziaria recupera nei suoi confronti, con gli interessi, le imposte non pagate durante il regime agevolativo dal quale è decaduto. Non è prevista l’applicazione di sanzioni.

Tabella: decadenza dall’agevolazione

Si decade dall’agevolazione se il beneficiario trasferisce al di fuori del territorio dello Stato, anche parzialmente, le attività precedentemente impatriate:
– Nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime;
– Nei dieci periodi successivi se si tratta di Grandi Imprese (Raccomandazioni 2003/361/CE).

Le “grandi imprese” per la normativa

Si ricorda che la raccomandazione 2003/361/CE individua i requisiti e le soglie, riferite al numero dei dipendenti e al fatturato, necessarie per individuare le categorie delle microimprese, nonché delle piccole e medie imprese. Stante la lettera della norma in esame, sembra doversi evincere che le “grandi imprese” menzionate dal comma 4 sono quelle diverse da quelle individuate dalla predetta raccomandazione.

Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003, n. 2003/361/CE
La Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003, n. 2003/361/CE è relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese C(2003) e dispone, in primo luogo, che è impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. Definisce poi come PMI, le imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. In questo ambito:  definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni;  definisce micro-impresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni.

Autorizzazione UE necessaria

Il comma 5, con una disposizione di chiusura, subordina l’efficacia delle disposizioni in esame, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea. Pertanto, occorre che venga chiarito l’effettivo ambito di applicazione che, al momento potrebbe trovare applicazione per le sole attività rientrate dopo l’approvazione della Commissione.

Conclusioni

L’introduzione nel nostro ordinamento tributario di una normativa che incentivi il rientro di società precedentemente delocalizzate all’estero si pone in continuità con misure simili adottate da altri paesi. Al momento, la norma è ancora molto generica e per la sua concreta applicazione si dovranno necessariamente attendere degli approfondimenti. Prima di tutto, infatti, occorrerà individuare il perimetro soggettivo di applicazione. Al momento pare che siano interessate imprese che decideranno di trasferire la sede legale in Italia, ma anche attività professionali. Inoltre, non è chiaro se possa rientrare nel perimetro di applicazione anche un’impresa o uno studio professionale che trasferisce in Italia la propria sede la lascia la produzione anche all’estero (ad esempio con una branch). Altro aspetto al momento non chiaro sempre sotto il profilo soggettivo riguarda l’inclusione o meno delle holding in questa agevolazione.

Al momento si tratta sicuramente di un’agevolazione da accogliere positivamente che potrebbe incentivare imprese estere ad investire nel territorio italiano. Tuttavia, il rischio è che questo tipo di disposizione possa rivelarsi nel concreto particolarmente complessa nella sua applicazione, portando rischi per le imprese o i professionisti che tenteranno di applicarla. Per questo occorrerà, comunque, attendere i relativi chiarimenti necessari.


Fonti
  • D.Lgs. n. 209/23
  • Circolare n. 4/2024 Assonime
Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.

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