La rottura di un matrimonio, è un evento che si ripercuote inevitabilmente sul patrimonio dei coniugi. Da quel momento ciò che prima era della famiglia, dovrà essere ridistribuito. L’attenzione principale, in questi casi deve essere data ai figli. Oltre all’assegno di mantenimento, necessario a conservare lo status economico, occorre porre la necessaria attenzione anche sulla conservazione del patrimonio e della casa.

Le conseguenze possono essere diverse anche in conseguenza regime scelto al momento del matrimonio. La separazione dei beni è una delle principali forme di protezione del patrimonio familiare anche in caso di separazione e divorzio.

In caso di separazione viene data esecuzione di tutti i provvedimenti disposti dal giudice nell’interesse della prole, ossia l’assegnazione della casa coniugale, i tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore ecc..

Nel caso in cui aveste scelto il regime di comunione dei beni, potrebbe verificarsi qualche problema al momento del divorzio. In quanto, tutti i beni, eccetto alcuni casi, acquistati dopo il matrimonio cadranno in comunione.

Occorre fare molta attenzione alla conservazione del patrimonio e della casa al fine di riuscire a garantire una giusta tutela nei confronti dei figli. Secondo il nostro ordinamento i figli hanno diritto a essere mantenuti da entrambi i genitori fino al raggiungimento della loro indipendenza economica.

Divorzio e conseguenze sul patrimonio

La rottura di un matrimonio, è un evento che si ripercuote inevitabilmente sul patrimonio dei coniugi. Da quel momento ciò che prima era della famiglia, dovrà essere ridistribuito. L’attenzione principale, in questi casi deve essere data ai figli. Oltre all’assegno di mantenimento, necessario a conservare lo status economico, occorre porre la necessaria attenzione anche sulla conservazione del patrimonio e della casa.

Il nostro ordinamento prevede che i figli debbano essere mantenuti da entrambi genitori fino al raggiungimento dell’indipendenza economica, che può avvenire anche dopo il raggiungimento della maggiore età.

Scelta del Regime patrimoniale

La comunione dei beni è il regime patrimoniale legale dei beni, ovvero, se i coniugi non optano per un regime diverso si applica automaticamente la comunione dei beni. La scelta in merito al regime patrimoniale deve essere fatta durante la celebrazione del matrimonio. In mancanza di una dichiarazione in merito da parte dei coniuge, viene applicata sempre la comunione dei beni. Una delle caratteristiche principali di questo regime patrimoniale consiste nel fatto che i beni acquistati durante il matrimonio divengono comuni ad entrambi i coniugi, anche se è intervenuto solo uno dei coniugi all’atto di acquisto. Fanno parte della comunione tutti quei beni che sono stati acquistati congiuntamente o separatamente dai coniugi dopo il matrimonio. Sono previste alcune particolari regole particolari per la titolarità delle aziende e per i risparmi.

Nel caso in cui aveste scelto il regime di comunione dei beni, questo potrebbe comportare qualche problema durante il divorzio.

Alternativamente al regime di comunione legale dei beni, la legge permette l’applicazione del regime patrimoniale di separazione. In questo caso i coniugi mantengono separati i rispettivi patrimoni. Ciascun coniuge rimane proprietario dei beni che possedeva prima del matrimonio e di quelli che acquista successivamente. I coniugi possono scegliere il regime di separazione dei beni o al momento del matrimonio, mediante apposita dichiarazione, ovvero successivamente, con convenzione matrimoniale.

Se avete scelto la separazione dei beni, il problema non sussiste. In quanto, in caso di divorzio ciascuno resta titolare dei propri beni.

In caso di separazione o divorzio, le conseguenze sul patrimonio familiare sono legate al fatto che i coniugi si siano uniti in regime di comunione o di separazione dei beni. L’art.177 c.c. prevede che costituiscono oggetto della comunione:

  • i beni acquistati, insieme o separatamente, durante il matrimonio ad esclusione di quelli personali
  • i frutti dei beni propri di ciascun coniuge, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione
  • i proventi dell’ attività separata di ciascun coniuge, se non consumati al momento dello scioglimento della comunione 
  • le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.

Non rientrano nella comunione i beni ricevuti in donazione o in eredità e i beni ricevuti a titolo di risarcimento danni. 

Con la separazione dei coniugi decade il regime della comunione dei beni e pertanto tutti i beni devono essere divisi in parti uguali tra i coniugi, inclusi i debiti, come per esempio un mutuo. I beni indivisibili per natura, sono oggetto di vendita e il ricavato viene diviso equamente. Qualora i coniugi hanno scelto il regime della separazione dei beni, le controversie che potrebbero insorgere sono poche perché ognuno resta titolare dei propri beni

Assegno di mantenimento

Nel momento in cui i due coniugi decidono di lasciarsi, in mancanza di accordo tra di loro, è il giudice a regolare i loro rapporti, tenendo conto che:

  • il coniuge con il reddito più elevato paghi all’ex coniuge un assegno di mantenimento a meno che non sia giovane e formato da poter trovare un’occupazione;
  • la casa coniugale è affidata al genitore con cui vivranno i figli, anche se questi non ne è il proprietario ed i coniugi hanno scelto la separazione dei beni.

Tutela della casa

Qualora un coniuge sia il proprietario esclusivo dell’immobile e non ci sono figli a carico l’assegnazione della casa andrà quasi sicuramente a lui. Tuttavia, in casi di gravi condizioni di salute del coniuge non proprietario che non gli consentono di allontanarsi, le cose potrebbero andare in maniera diversa e potrebbe continuare a mantenere un diritto di abitazione. 

In presenza di figli, l’interesse prioritario è il loro. Al momento della separazione, il tribunale assegna la casa coniugale al genitore con cui andranno a convivere i figli, anche se non ne è il proprietario o se la rottura del matrimonio è avvenuta per sua colpa “addebito” ma anche se avete optato per la separazione dei beni. L’assegnazione della casa coniugale è una misura avente l’obiettivo di proteggere la prole. Tale ipotesi riguarda il caso in cui i figli sono minorenni o maggiorenni ma non autosufficienti.

L’’art. 155-quater c.c. dispone che:

Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.

Il diritto di abitazione nella casa coniugale viene meno se:

  • i figli non convivono più col genitore assegnatario;
  • i figli diventano economicamente indipendenti e nelle condizioni di andare a vivere da soli;
  • il coniuge assegnatario non abita più nella casa familiare o cessa di abitarvi stabilmente;
  • il coniuge assegnatario ha una convivenza stabile nella casa assegnata o contrae nuovo matrimonio o inizia una convivenza stabile anche non convivendo nella casa coniugale.

In questi casi è comunque necessario chiedere la revoca dell’assegnazione al Tribunale competente.

Mutuo sulla casa coniugale

Nel caso di separazione o divorzio in presenza di mutuo sulla casa coniugale, per la Banca non ha importanza chi avrà il diritto di abitazione, ma colui con cui ha stipulato il contratto di mutuo. Il mutuo è considerato un contratto autonomo rispetto a quello coniugale. La Banca continuerà ad essere creditore di chi ha stipulato il contratto di mutuo, quindi, o uno solo dei due ex-coniugi, oppure entrambi se il mutuo è cointestato.

Dunque, anche in caso di rottura del vincolo matrimoniale matrimoniale le condizioni contrattuali restano le medesime. Tuttavia, il Giudice potrebbe intervenire per garantire una maggior tutela di uno dei due coniugi o dei figli. Per cambiare le condizioni del mutuo è possibile effettuare:

  • la surroga del mutuo con il trasferimento ad altra banca passando da un mutuo cointestato ad un mutuo con un solo intestatario;
  • il trasferimento del mutuo;
  • l’accollo del mutuo cointestato;
  • la continuazione del pagamento da parte di entrambi.

In questi casi è opportuno tutelare gli eredi, specialmente se ci sono figli minorenni, con un’assicurazione che li tuteli in caso di gravi imprevisti al genitore che si incarica di assolvere al pagamento delle rate. In questi casi una polizza che assicuri un capitale ai propri figli in caso imprevisti, potrebbe essere una soluzione che mette al riparo il tuo patrimonio, in quanto:

  • non sono pignorabili né sequestrabili;
  • non sono soggette alle imposte di successione;
  • non sono soggette a Irpef.

Come proteggere la casa in caso di divorzio

La locazione dell’immobile

Un modo per proteggere la casa da divorzio è di darla in locazione. Il diritto di abitazione dell’ex coniuge con cui andranno a vivere i figli spetta solo sull’immobile che è stato la dimora abituale della famiglia. Non spetta tale diritto sulla seconda casa.

Il proprietario non è obbligato ad abitarla con la propria famiglia ma potrà darla in locazione e qualora ci fosse un divorzio, l’ex moglie non avrà alcun diritto di rivendicare l’assegnazione della casa coniugale. In questo modo, non potrà essere rivendicato dall’ex coniuge l’assegnazione della casa coniugale in quanto non è stata adibita a dimora abituale della famiglia.

Comodato d’uso

Non è possibile proteggere l’immobile dal divorzio tramite il comodato d’uso, ovvero semplicemente intestandola a un parente come un genitore o una sorella e andandovi a vivere a titolo di prestito. La giurisprudenza ritiene che, se l’immobile è la casa coniugale della famiglia, tale immobile potrà essere concesso, mediante diritto di abitazione, al coniuge con cui vanno a vivere i figli.

Tuttavia se il contratto di comodato prevede un termine di scadenza, l’immobile tornerà nella disponibilità del comodante che l’ha dato in prestito al momento della scadenza e il coniuge assegnatario dovrà lasciarlo.

Assegnazione parziale 

E’ possibile proteggere anche una porzione della casa coniugale, mediante accordo tra gli ex coniugi oppure mediante l’assegnazione da parte del giudice di una porzione dell’abitazione al coniuge non proprietario. In questo caso l’immobile deve avere dimensioni tali da poterlo suddividere in due unità abitative.

Patti prematrimoniali

In Italia non sono legali i contratti prematrimoniali. I patti prematrimoniali sono diffusi in gran parte dell’Europa e del mondo e sono degli accordi con cui i futuri coniugi stabiliscono preventivamente obblighi e doveri patrimoniali e personali a seguito di un eventuale separazione o divorzio. L’ordinanza n. 11012 del 26 aprile 2021 la Cassazione ha ribadito la nullità dei patti stipulati in vista del divorzio.

Attualmente, nel nostro ordinamento ai sensi dell’art.162 c.c., i coniugi possono soltanto scegliere tra il regime di comunione o di separazione dei beni, scelta che i coniugi possono effettuare sia anteriormente al matrimonio ed anche che durante la vita matrimoniale.

Come proteggere i beni dalla separazione o divorzio?

Oltre alla scelta sul regime di comunione o separazione dei beni che incidono sul passaggio patrimoniale è possibile anche percorre altre strade. Quando si sceglie di chiudere un matrimonio e si riesce a raggiunge un accordo tra i coniugi anche sulle questioni economiche, si può optare per il trasferimento di beni immobili o altri diritti reali, come l’abitazione, anziché al coniuge, direttamente ai figli.

Trasferire ai figli i beni in caso di divorzio

Quando si sceglie di chiudere un matrimonio raggiungendo anche un accordo, si può decidere anche di trasferire direttamente beni immobili e diritti direttamente ai figli, e non, quindi, al coniuge.

In caso di separazione o divorzio, a prescindere dalla scelta effettuata sul regime di comunione o separazione dei beni, è possibile trasferire i beni immobili o altri diritti reali ai figli, in quanto questi ultimi sono eredi legittimi. La richiesta di trasferimento deve essere iscritta durante l’udienza di separazione, nel verbale, ed è possibile anche scegliere il momento in cui rendere effettivo il trasferimento, soprattutto se si tratta di figli minorenni. In tale modo non sarà più necessario ricorrere al notaio, in quanto i figli risulterebbero già come eredi legittimi, beneficiano cosi di un notevole risparmio in quanto questi trasferimenti sono vantaggiosi a livello fiscale.

Se il trasferimento ha ad oggetto strumenti finanziari, come i titoli, una sentenza della Cassazione, ha chiarito che deve essere ratificato da un Notaio pena la nullità, a meno che non si tratti di donazioni di modico valore. 

Se il trasferimento ha ad oggetto un’impresa può essere utilizzato l’istituto della donazione, in quanto il donante è ancora in vita, oppure il patto di famiglia. Con la donazione il genitore trasferisce la proprietà al figlio, ma quando il donante muore, al momento della successione, il valore dell’impresa deve essere aggiunto all’intero capitale al fine di non ledere i diritti degli altri eredi legittimi. Un’alternativa alla donazione è il patto di famiglia. Il patto di famiglia è un contratto che deve essere sottoscritto da tutti i familiari eredi, tra cui l’ex coniuge, nipoti, fratelli e tutti i parenti prossimi. Con questo contratto, viene compensato con altri beni il valore dell’impresa. In questo caso l’impresa non farà più parte dell’eredità e nessun altro erede potrà rivalersi su questa.

Se il trasferimento ha ad oggetto denaro liquido occorre rispettare la normativa antiriciclaggio

Trust

Il Trust è un istituto giuridico con cui i beni facenti parte del patrimonio del disponente vengono separati e destinati, per perseguire specifici interessi, in favore di alcuni beneficiari oppure per raggiungere uno scopo determinato.

Mediante questo istituto entrambi i coniugi oppure uno solo, possono trasferire uno o più beni ad un altro soggetto, affinché li utilizzi a vantaggio di un terzo beneficiario (i figli oppure il coniuge o ex coniuge) o per il perseguimento di uno scopo determinato. Possono confluire nel trust, denaro, mobili semplici, mobili registrati, immobili, diritti reali immobiliari ecc… La separazione patrimoniale che consente l’istituto lo rende tra i più utilizzati per la protezione del patrimonio ed il passaggio generazionale, tuttavia può essere utilizzato anche per dirimere i rapporti economici tra conviventi, oppure in caso di separazione e divorzio, può essere utilizzato per regolare i beni comuni, al fine di garantire il mantenimento dei figli fino al raggiungimento della loro indipendenza economica. Può essere inserita nel verbale di separazione consensuale dei coniugi, soggetto poi all’omologazione, oppure nel ricorso congiunto di divorzio che dovrà essere  confermato nella sentenza del tribunale. Il nostro ordinamento tutela l’autonomia negoziale dei coniugi come mezzo di risoluzione delle controversie nelle crisi matrimoniali. 

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