Oltre alla Flat tax per partite IVA, che dovrebbe allargare la platea dei forfettari, il governo sta studiando anche la possibilità di introdurre nel nostro ordinamento una flat tax incrementale per i dipendenti: una tassa del 15% sull’aumento del reddito rispetto ai 3 anni precedenti che, nelle logiche dell’esecutivo, dovrebbe incentivare la crescita della remunerazione e rendere più leggere le posizioni fiscali.

La flat tax si sdoppia: dalle partite IVA ai dipendenti

Se quanto sopra dovesse tradursi in realtà, la flat tax sarà destinata a sdoppiarsi. Da una parte avremo infatti la tassa piatta per partite IVA, di cui abbiamo già detto più volte sul nostro sito: una tassa piatta che si concretizza in sostanza nell’ampliamento del bacino di partite IVA che potranno beneficiare dell’aliquota agevolata del 15%. Il tetto dei ricavi sotto cui ci si può avvantaggiare del forfettario dovrebbe salire da 65.000 a 85.000 euro.

A questa si aggiungerebbe anche una seconda tassa piatta, incrementale, che potrebbe valere anche per i lavoratori dipendenti: un’aliquota unica che si applicherebbe non a tutto il reddito maturato, ma solamente alla parte aggiuntiva del reddito prodotto nel 2022, rispetto al maggiore dei redditi dichiarati nei 3 anni precedenti.

Le proposte del governo

Anche se niente di ufficiale è stato definito su questo tema, tutto sembra essere pronto per la definizione del provvedimento.

A parlarne in maniera esplicita è stato d’altronde lo stesso ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che, illustrando la Nadef, ha parlato della flat tax incrementale come di “un regime sostitutivo opzionale per i titolari di redditi da lavoro o di impresa non aderenti al regime forfetario che potranno assoggettare ad aliquota del 15% una quota dell’incremento di reddito registrato nel 2022 rispetto al maggiore tra i medesimi redditi dichiarati e assoggettati all’Irpef nei tre anni d’imposta precedenti”. Una definizione già sufficientemente chiara, che lascia quindi intendere che il provvedimento sia già nero su bianco, e che necessiti solo di qualche limatura.

A ben vedere, l’introduzione della flat tax incrementale sembra essere anche una sorta di compensazione politica interna al centrodestra. Se infatti l’ampliamento della platea dei forfettari era uno dei cavalli di battaglia della Lega di Matteo Salvini, è proprio Fratelli d’Italia della premier Giorgia Meloni ad aver più spesso insistito sulla tassa incrementale durante la campagna elettorale.

È pur vero che una simile iniziativa troverà facile appoggio proprio dalla stessa Lega che, nella scorsa legislatura, aveva presentato un disegno di legge (a firma Massimiliano Romeo) finalizzata proprio a facilitare l’introduzione di una flat tax incrementale. All’epoca la tassa piatta si sarebbe dovuta chiamare Irpef Ires Plus: nome diverso, ma identico meccanismo, considerato che stimava l’applicazione di un’imposta del 15% sul maggiore reddito prodotti rispetto all’anno precedente, rivalutato su indice Istat.

Non solo. Considerato che uno degli obiettivi di una simile iniziativa era quello di far emergere il sommerso, la proposta della Lega fissava nel 10% il tetto di conformità sotto il quale non si sarebbero fatti accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate (fa naturalmente eccezione la presenza di potenziali frodi fiscali e altre situazioni che potrebbero far emergere reati).

Ricostruita la storia recente, rimane ora da capire se l’iniziativa riguarderà ora solo i dipendenti (dunque, il rischio evasione sarebbe quasi superfluo) o anche le partite IVA escluse dal forfettario.

Quanto si risparmia: i test

Per capire quanto si possa risparmiare con l’arrivo della flat tax incrementale può essere utile citare uno studio condotto da Leonzio Rizzo e Riccardo Secomandi su lavoce.info e richiamato poco fa anche da Il Sole 24 Ore, che ha avuto il merito di calcolare i possibili benefici di questa misura.

In particolare, la simulazione considera che il reddito medio di un dirigente pubblico nel 2021 è stato pari a 69mila euro, e quello di un impiegato di 28mila euro. Si è dunque ipotizzato per il 2022 un incremento di reddito pari alla media storica degli ultimi tre anni, che corrisponde a 1.250 euro per il dirigente e a 100 euro per l’impiegato.

A questo punto, i due ricercatori hanno condotto una stima sul nuovo peso fiscale, scoprendo che l’Irpef netta calcolata con l’attuale sistema nel 2022 sui redditi incrementati risulta per il dirigente di 21.358 euro e per l’impiegato di 4.754 euro.

Applicando tuttavia il 15% all’incremento di reddito annuale, come previsto dalla flat taxincrementale che probabilmente entrerà in vigore il prossimo anno grazie alla Legge di Bilancio, il dirigente pagherebbe 21.008 euro e l’impiegato 4.734 euro. Si tratterebbe pertanto di uno sconto di imposta di 350 euro per il dirigente pubblico e di 20 euro per l’impiegato. per l’impiegato di 20 euro.

È poco o è molto? In estrema sintesi, è evidente come l’innovazione della flat tax incrementale possa cambiare ben poco per le tasche dei dipendenti, tenendo anche in considerazione che è molto probabile che questo provvedimento non si applichi a tutto il reddito incrementale, ma solamente a una sua parte.

Tuttavia, come ha già voluto precisare il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, si tratta di un primo segnale. Che si tratti o meno di un segno convincente, bisognerà toccarlo con mano il prossimo anno…

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