Le pensioni degli under 35, secondo uno studio, avranno importi poco dignitosi. L’alternativa è uscire dal mondo dal lavoro oltre i 70 anni. Ecco perché si stanno studiando ipotesi che ‘accelerino’ il pagamento dei contributi.


Ad ogni governo che si alterna l’attenzione è posta sulla riforma delle pensioni, intesa specialmente come ricerca della migliore soluzione per poter uscire dal mondo del lavoro anticipatamente senza perderci troppo in termini di importo pensionistico. E poi c’è l’attenzione rivolta agli assegni pensionistici e ad interventi che riescano ad incrementarli. Anche l’attuale Esecutivo si sta confrontando su questi aspetti.

Un problema da non sottovalutare è però anche quello dei pensionati del futuro. I giovani under 35 infatti, stando alle prospettive attuali, godranno di pensioni ‘misere’ oppure saranno costretti a lavorare fino oltre i 70 anni. La situazione è quindi decisamente allarmante. Per evitare ciò occorre giocare d’anticipo. E a tal proposito si stanno studiando misure che permettano di aumentare i periodi di versamento contributivi.

Cosa penalizza gli under 35

Se le pensioni degli under 35 saranno un problema esistono ragioni ben precise. E in particolare è stato il Consiglio nazionale dei giovani che di recente, tramite uno studio realizzato con Eures (la rete di cooperazione europea dei servizi dell’impiego) ha analizzato i dati Inps arrivando alla conclusione che chi oggi ha meno di 35 anni rischia di dover lavorare fino a 74 anni prima di poter ricevere un assegno di almeno mille euro.

Lo studio dal titolo ‘Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani’ si è poi focalizzato sui principali ostacoli all’entrata nel mercato del lavoro oltre che nel raggiungere una stabilità contrattuale e dei livelli retributivi accettabili, riassumibili in questi fattori:

  • Discontinuità lavorativa;
  • Basse retribuzioni;
  • Mancanza di garanzie sociali;
  • Questione demografica;
  • Passaggio al sistema ‘contributivo puro’.

Pensioni: proiezione importi assegni per gli under 35

Alla luce della situazione attuale è possibile anche effettuare proiezioni su quelle che saranno le pensioni per le giovani generazioni.

La legge attuale prevede un’uscita non prima dei 69,8 anni di età per maturare una pensione superiore 2,8 volte al minimo, per un importo di 1.249 euro lordi, cioè 951 euro al mese al netto dell’Irpef. Per ricevere in media un assegno di almeno mille euro netti, gli under 35 dovrebbero smettere di lavorare a 73,6 anni, fino al 2057, raggiungendo i 1.561 euro lordi mensili (1.093 al netto dell’Irpef, 1.134 euro per gli uomini e 1.041 per le donne), pari a 3,1 volte l’importo dell’assegno sociale.

Ritirandosi a quasi 74 anni, secondo le proiezioni del Cng, i lavoratori con partita Iva riceverebbero 1.650 euro lordi mensili (1.128 al netto dell’Irpef), equivalenti a 3,3 volte l’importo dell’assegno sociale.

Tra lavoratori dipendenti e autonomi quindi il quadro non cambia di molto.

Pensioni, le soluzioni al vaglio per le giovani generazioni

Se quella descritta è la situazione in cui verseranno gli under 35 occorre agire fin da subito aprendo un dibattito più approfondito sulle questioni previdenziali che tenga conto anche delle esigenze dei giovani. E così tra le principali ipotesi a cui si starebbe pensando spuntano:

  • Previsione di Bonus contributivi;
  • Riscatto della laurea agevolato.

Nel primo caso si starebbe pensando a misure che vadano a coprire i ‘buchi’ contributivi, a seguito soprattutto delle discontinuità lavorative a cui il precariato giovanile è sottoposto. In questo senso lo Stato potrebbe intervenire per sopperire a questi ‘buchi’ sobbarcandosi la contribuzione in alcuni periodi di vuoto. Un progetto di questo tipo era già stato pensato durante il governo Draghi e prevedeva per ogni anno di lavoro 1,5 anni di contribuzione con un riconoscimento quindi di 6 mesi in più.

Per quanto riguarda invece il secondo punto si parte dal presupposto che una fetta consistente di lavoratori under 35 è in possesso di una laurea. Un’ipotesi allo studio è quindi la diminuzione degli oneri previsti per il riscatto del titolo di studio, oggi a 5.776 euro per ogni anno accademico frequentato. Le sigle sindacali chiedono che si arrivi a 600-650 euro all’anno.

Altre ipotesi

In lista ci sono anche altre ipotesi. Un’altra strada che si sta prendendo in considerazione, ad esempio, è quella della ‘pensione di garanzia’, vale a dire una sorta di adeguamento al minimo per chi è nel sistema contributivo. Serviranno però risorse che al momento non possono ancora essere quantificate, dipendendo da quanti fondi il Ministero dell’Economia vorrà mettere a disposizione. Oltre al fatto che finora gli sgravi allo studio farebbero salire solo leggermente le pensioni dei giovani. L’ipotesi non è quindi tra le più quotate.

C’è poi sul tavolo anche la possibilità di andare a coprire con i contributi corsi di formazione che oggi sganciati dall’assicurazione obbligatoria.

Conclusioni

In definitiva si stanno valutando diverse modalità attraverso cui andare incontro agli under 35, la cui situazione pensionistica futura non sembra essere rosea. Se si vuole infatti attuare una riforma delle pensioni lo si deve fare ‘tout court’, quindi anche nell’ottica delle giovani generazioni.

Tra le più papabili troviamo l’idea del riscatto di laurea agevolato e della previsione di ‘bonus’ contributivi a carico dello Stato. Ma sul tavolo sono state proposte anche altri tipologie di intervento, sebbene meno attuabili.

Il Governo Meloni, di concerto col Ministero dell’Economia, dovranno quindi essere in grado di capire come distribuire le risorse a disposizione senza escludere nessuna ‘categoria’.

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