Settembre sarà un mese caldo in vista dei decreti e delle riforme che il governo Meloni vuole mettere in atto. Tra i più importanti troviamo la riforma fiscale, l’intervento sul cuneo fiscale, la riforma della giustizia e il salario minimo.


Dopo la pausa estiva il governo Meloni è già al lavoro per dare una nuova veste ad ambiti che da tempo richiedevano riforme e massicci interventi. Le misure sul tavolo saranno l’occasione con cui settori fondamentali del Paese come il fisco, la giustizia e il lavoro, potrebbero essere semplificati ma anche perfezionati, in un’ottica di miglioramento e incentivazione. Le tempistiche sono piuttosto stringenti rispetto agli ambiziosi obiettivi da raggiungere ma l’Esecutivo dovrà saper dimostrare di portare a casa, passo dopo passo, i risultati sperati entro le scadenze prefissate.

Il tutto in un clima non proprio mite se pensiamo che il mercato del lavoro sta frenando, il Pil cala e le risorse a disposizione sono troppo risicate per soddisfare le richieste dei partiti di maggioranza.

I punti del Governo Meloni

I decreti e le riforme previsti in agenda dal governo Meloni, e i cui primi interventi sono previsti già nel mese di settembre, possono essere riassunti in alcuni punti:

  • Salario minimo;
  • Pensioni;
  • Riforma della giustizia;
  • Riforma fiscale.

E poi non va dimenticata la Legge di Bilancio per la cui discussione si inizierà nelle prossime settimane e che, come preannunciato, si fonderà su misure a sostegno dei lavoratori, delle famiglie e delle imprese.

Il salario minimo

Un tema molto dibattuto è quello del salario minimo, il cui dossier dovrebbe essere ripreso in mano dal governo entro la fine di settembre. Le opposizioni stanno facendo pressing affinchè venga finalmente introdotta una soglia minima legale per le retribuzioni. Una priorità che potrebbe garantire ai lavoratori un maggiore potere d’acquisto. Di salario minimo, tra l’altro, si parla pure nel report del Forum Ambrosetti sull’attrattività del sistema Italia, a dimostrazione di come la questione salariale sia cara anche al mondo imprenditoriale.

La proposta avanzata dalle forze di minoranza, che sarà vagliata dal Cnel, mira a impostare la soglia a 9 euro all’ora. E l’idea piace anche ai datori di lavoro, nella consapevolezza che un tale intervento possa assicurare una crescita economica e sociale dell’Italia e venire incontro sia alle esigenze dei lavoratori che a quelle di imprenditori e industriali. Di contro l’Europa rilancia e propone 7,5 euro l’ora. Entrambe le iniziative in ogni caso si intendono lorde, a cui poi in ogni caso vanno aggiunti tfr, tredicesima e gli altri benefici previsti dall’azienda o dal contratto collettivo di riferimento.

D’altronde, rimanendo sempre in ambito europeo, su 27 paesi sono solo 5 a non avere fissato un salario minimo, e tra questi c’è proprio l’Italia. Un intervento in questo senso potrebbe migliorare la qualità di lavoro e di vita degli italiani.

Pensioni

Già da mesi si discute anche sulla riforma delle pensioni, tra conferme e ripensamenti di alcune forme di uscita dal mondo del lavoro. Le posizioni di maggioranza e opposizione sono diverse ma nel breve periodo dovranno riuscire a trovare una quadra.

Il prossimo appuntamento in agenda è previsto per il 18 settembre, in cui le parti sociali dovranno confrontarsi.

L’esecutivo lavora sulla flessibilità in uscita con l’obiettivo di prolungare quota 103 anche per il 2024 e, insieme, estendere le categorie dell’Ape sociale. Bisogna però fare i conti con la necessità di risorse: ne servirebbero circa 14 miliardi per adeguare tutte le pensioni. Il ministero dell’Economia ha però già fatto capire che i fondi a disposizione per il capitolo previdenza non saranno troppo robusti: probabilmente non più di 1-1,5 miliardi, al netto delle risorse da destinare all’indicizzazione degli assegni pensionistici, che saranno comunque cospicue vista l’andatura ancora sostenuta dell’inflazione.

Non soddisfatti, finora, sono poi i sindacati, che tra le varie richieste spingono per il ripristino di Opzione Donna con i requisiti originari.

Le riforme: fisco e giustizia

Tra le riforme spiccano quella fiscale e della giustizia. Quanto alla riforma fiscale dovrà essere portata a termine entro il 2024, ma il primo decreto attuativo deve riuscire ad approdare già entro la fine di settembre. Al lavoro ci sono ben 13 commissioni che dovranno occuparsi di riordinare tutta la corposa materia, favorendo anche un migliore incontro tra erario e contribuenti.

Gli interventi in materia toccheranno vari aspetti: dalla riforma dell’Irpef, alla riduzione dell’Ires, al graduale superamento dell’Irap e alla razionalizzazione dell’Iva. E poi c’è il progetto ambizioso di un codice unico di diritto tributario entro 5 anni.

Per quanto riguarda invece la riforma della giustizia l’attenzione è rivolta al Ddl Nordio, incardinato in commissione al Senato, dove verrà esaminato in sede referente e dovrà ricevere i pareri di Affari costituzionali, Difesa e Bilancio. Il percorso però non appare semplice per un disegno di legge che continua ancora a far discutere la politica. Tra gli aspetti che destano maggiore malcontento troviamo soprattutto l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio.

Le altre principali novità su cui poi si focalizza la riforma sono la sparizione dell’appello da parte del Pm (tranne per reati particolarmente gravi) e l’ampliamento dei divieti per i giornalisti in materia di intercettazioni, mentre sulla richiesta di custodia cautelare in carcere si dovrà pronunciare un giudice collegiale e prima della decisione l’indagato dovrà essere interrogato dal giudice, pena la nullità della misura.

Tra le riforme anche quella sul taglio del cuneo fiscale in manovra

Un tema molto sbandierato è infine anche quello sul taglio del cuneo fiscale che, anche se annunciato come una sorta di riforma, in realtà approderà con tutta certezza nella Legge di Bilancio di fine anno.

Una priorità, questa, per l’Esecutivo, la cui sfida sarà quella di rendere strutturale la sforbiciata del 7% operata nel corso del 2023, per la quale servirà una decina di miliardi. Un primo confronto tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e i suoi omologhi c’è stato, ma è a settembre che Palazzo Chigi dovrà tirare concretamente le somme.

Conclusioni

Insomma, tanta carne al fuoco è in previsione entro la fine del 2023. Settembre sarà però già protagonista della posa dei primi ‘mattoni’. Importanti riforme e decreti infatti inizieranno a prendere forma nelle prossime settimane portando novità in settori di focale importanza per il nostro Paese.

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