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Piani di stock option nel regime impatriati

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L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 854 del 22 dicembre 2021, ha fornito ulteriori chiarimenti sul regime speciale dei lavoratori impatriati in Italia, di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 147/15. In particolare, con il documento in commento l’Amministrazione finanziaria ha chiarito i criteri di tassazione dei piani di incentivazione azionaria (“stock option“), normalmente offerti ai lavoratori dipendenti, per i contribuenti che applicano il regime dei lavoratori impatriati. Inoltre, l’Agenzia ribadisce il dies a quo, a partire dal quale è possibile presentare la domanda per l’estensione dell’agevolazione, per i contribuenti che applicavano già l’agevolazione al 31 dicembre 2019. I chiarimenti forniti appaiono sicuramente condivisibili ed in linea con quanto già chiarito in passato dalla stessa Agenzia delle Entrate. Di seguito, andiamo ad analizzare il quesito posto ed il dettaglio dei chiarimenti pubblicati dalle Entrate.

Tassazione dei piani di stock option per i lavoratori impatriati: quesito oggetto di interpello

Il quesito è stato presentato da una società residente in Italia e che agisce come sostituto di imposta nei confronti dei propri dipendenti (ex art. 23 del DPR n. 600/73). Questo significa che, la società, applica direttamente in busta paga l’agevolazione impatriati ai lavoratori richiedenti. In questo contesto la società ha previsto l’introduzione di piani di incentivazione azionaria (piani di stock option) e bonus, come forma di retribuzione ed incentivazione per dipendenti e manager.

All’interno di questo contesto il quesito posto dalla società riguarda il momento fiscalmente rilevante in cui dovrà andare ad effettuare le ritenute fiscali sui piani di incentivazione considerato il fatto che questi hanno una durata (vesting period) di almeno 5/7 anni e che, in quel momento, alcuni lavoratori avranno già terminato di beneficiare dell’agevolazione (anche considerato l’estensione quinquennale del regime ex art. 16, co. 3-bis, D.Lgs. n. 147/15). In questa situazione i quesiti posti all’Agenzia delle Entrate dalla società istante sono i seguenti:

  • Stock option e ai bonus a medio termine. Qualora la data di esercizio delle suddette incentivazioni avvenga nel corso del secondo quinquennio di fruizione del regime impatriati, la società chiede se deve considerare solo la detassazione prevista dall’art. 16, c. 3-bis, del D.Lgs. n. 147/15 (pari al 50% del reddito) per il predetto arco temporale;
  • Bonus a breve termine. La società chiede se, ai fini dell’applicazione delle ritenute ex art. 23 del DPR n. 600/73, il regime fiscale di vantaggio dei lavoratori impatriati debba essere applicato per l’anno di competenza del bonus, oppure nell’anno di erogazione, seguendo il principio di cassa;
  • Estensione dell’agevolazione per i lavoratori impatriati che già beneficiavano dell’agevolazione al 31 dicembre 2019. La società chiede se sia possibile accettare la richiesta di estensione per l’ulteriore quinquennio agevolabile di un lavoratore che abbia effettuato il pagamento dell’imposta sostitutiva prima del termine del primo quinquennio agevolato, calcolando tale imposta sostitutiva su una base imponibile rappresentata dai redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia relativi a un periodo d’imposta che non corrisponde all’ultimo anno di fruizione del beneficio ed, in caso positivo, se l’ulteriore quinquennio decorra dall’anno in cui il dipendente ha effettuato il versamento in questione, oppure sempre dopo il termine del primo quinquennio, come da scadenza originaria.

Tassazione dei piani di stock option per i lavoratori impatriati: la risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, prima di tutto, ricorda che le misure di incentivazione a favore dei dipendenti rientrano all’interno delle disposizioni di cui all’art. 49 del TUIR, come redditi che rientrano tra quelli da lavoro dipendente. Il successivo art. 51 del TUIR prevede che: “il reddito da lavoro dipendente è costituito da tutte le somme ed i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro“.

In questo contesto rientrano anche i piani di incentivazione azionaria, c.d. “piani di stock option“, rivolti a dipendenti ed amministratori. Si tratta di piani che consentono al lavoratore di acquistare, al termine di un periodo prefissato (vesting period), un numero di azioni della società ad un prezzo prefissato. Gli emolumenti legati all’assegnazione delle stock option rientrano tra i compensi in natura, tra i quali devono essere annoverate le assegnazioni di titoli e diritti, valutati in base al loro “valore normale” ex art. 9, c. 4, lett. a), del TUIR, afferma che in tali circostanze il reddito rilevante ai fini fiscali è determinato come differenza tra il suddetto valore normale delle azioni assegnate e l’importo corrisposto al dipendente.

Il periodo d’imposta rilevante per la produzione del reddito è quello in cui viene esercitata l’opzione e ciò vale anche in caso di applicazione del regime dei lavoratori impatriati. Il principio di cassa si applica, dunque, sia ai compensi relativi ai piani di stock option sia ai bonus pluriennali, con la conseguenza che se gli stessi sono pagati nel secondo quinquennio di fruizione dell’agevolazione si applicherà la detassazione spettante nell’anno di assegnazione.

Riepilogo del regime impatriati

L’Agenzia delle Entrate, successivamente, ripercorre il la normativa del regime degli impatriati. Si tratta, in buona sostanza, di un regime di tassazione agevolata, della durata di cinque anni, che prevede la parziale detassazione ai fini IRPEF di redditi da lavoro dipendente e/o autonomo prodotti dai lavoratori che trasferiscono in Italia la propria residenza fiscale e si impegnano a mantenerla per almeno due periodi d’imposta. La finalità di detto regime agevolativo è quella di attirare risorse umane in Italia al fine di favorire lo sviluppo economico del Paese. In particolare, l’orginaria disciplina di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 147/15 è stata modificata ad opera dell’art. 5 del D.L. n. 34/19. Le modifiche al regime hanno trovato applicazione per i soggetti che hanno trasferito la propria residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2020. Di fatto, quindi, creando una disparità di trattamento con i soggetti che avevano trasferito la residenza fiscale in Italia prima dell’entrata in vigore della norma. Per superare questa situazione, è stato successivamente introdotto l’art. 13-ter del D.L. n. 124/19, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 157/19. Questa norma ha previsto che le modifiche introdotte dall’art. 5 del D.L. n. 34/19 trovassero applicazione anche a coloro che hanno trasferito in Italia la propria residenza fiscale a partire dal 30 aprile 2019.

L’ultima modifica rilevante al regime impatriati è quella che riguarda l’art. 1, co. 50 della Legge n. 178/20, la quale ha inserito, all’interno dell’art. 5 del D.L. n. 34/19, i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, al fine di estendere la possibilità di prorogare il termine di durata del regime del lavoratori impatriati, introdotta dall’art. 5 del D.L. n. 34/19 anche ai soggetti rientrati in Italia prima del 30 aprile 2019. Tuttavia, per esercitare validamente tale opzione, è necessario che il lavoratore rispetti i seguenti requisiti:

  1. Durante la propria permanenza all’estero, sia stato iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, oppure sia un cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea;
  2. Abbia trasferito la residenza fiscale in Italia prima del 2020;
  3. Beneficiasse del regime dei lavoratori impatriati alla data del 31 dicembre 2019.

In questo caso, l’opzione per l’estensione quinquennale dell’agevolazione si perfeziona con, istanza da presentare al datore di lavoro, e con il pagamento di un’imposta sostitutiva pari:

  • Al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se al momento dell’esercizio della stessa il lavoratore ha almeno un figlio minorenne (anche in affido preadottivo) oppure è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione;
  • Al 5 per cento dei medesimi redditi agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni (anche in affido preadottivo) e diventa proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, negli stessi termini di cui sopra.

L’Agenzia delle Entrate, per quanto riguarda l’opzione per il prolungamento dell’agevolazione, per come sopra indicato, conferma che tale opzione non può essere esercitata prima del decorso dell’originario quinquennio di agevolazione. Infatti, come già chiarito con la precedente risposta a interpello n. 703/E/2021, viene precisato che, in presenza dei requisiti di legge, l’opzione può essere esercitata esclusivamente dal 1° gennaio al 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio agevolato. Quindi, il valore dell’imposta sostitutiva da versare, deve essere determinato in relazione all’ultimo anno del primo quinquennio agevolato.

Considerazioni in relazione ai chiarimenti forniti

L’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello in commento, non fornisce ulteriori chiarimenti rispetto a quanto aveva già comunicato in precedenza. Per i redditi da lavoro dipendente, per i fringe benefit e per i bonus erogati ai dipendenti si deve sempre seguire l’ordinario principio di cassa, anche in caso di applicazione dell’agevolazione impatriati. Inoltre, per quanto riguarda il pagamento dell’imposta sostitutiva per l’estensione dell’agevolazione per gli impatriati già rientrati al 31 dicembre 2019, anche in questo caso si ha la conferma che la domanda di estensione può essere presentata solo a partire dal 1° gennaio al 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio agevolato. Non si deve dimenticare che questa estensione, con pagamento di imposta sostitutiva, riguarda i contribuenti rientrati in Italia prima del 2020. Chi è rientrato successivamente, invece, può estendere l’agevolazione con modalità sicuramente più semplici.

L’aspetto che sicuramente deve essere evidenziato è che il susseguirsi di interventi normativi, ed il susseguirsi di documenti di prassi sull’argomento richiedono una particolare attenzione nell’applicazione di questo regime agevolato. Per questo motivo è opportuno valutare la propria situazione assieme ad un dottore Commercialista esperto, tenendo comunque presente che, per come è costruita la norma (e per come più volte evidenziato su questo portale) la richiesta di questa applicazione comporta una assunzione importante di responsabilità per il contribuente richiedente (fino al momento dell’accertamento dei requisiti da parte dell’Agenzia delle Entrate). Se desideri avere un quadro più chiaro della tua situazione contattami per ricevere una consulenza personalizzata.

Se leggendo questo articolo ti sei reso conto che potresti rientrare nella disciplina dei lavoratori impatriati allora non perdere questa occasione. Se lo desideri posso esserti di aiuto per approfondire i chiarimenti di prassi esistenti e la normativa in vigore. Tieni presente che la consulenza non può verificare la presenza dei requisiti richiesti per l’agevolazione. Quello che posso fare è esclusivamente aiutarti a comprendere rischi e problematiche insite in questa agevolazione in modo che tu possa prendere poi, in totale autonomia, le decisioni che riterrai maggiormente opportune.

Cosa NON comprende la consulenza?

La valutazione della situazione personale in ordine alla presenza o meno dei requisiti previsti. Su questo aspetto non possiamo intervenire, ogni scelta o valutazione è personale.

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