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Posso lavorare in Italia per un’azienda Svizzera?

Quali sono le corrette modalità per la gestione degli aspetti fiscali e previdenziali legate al lavoro dipendente o autonomo di un soggetto residente in Italia per un datore di lavoro residente in Svizzera?

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Nell’ambito della mobilità transnazionale dei lavoratori può capitare che vi sia una discrasia tra il luogo in cui si trova il datore di lavoro ed il luogo di residenza fiscale del lavoratore. Il caso potrebbe essere quello di un soggetto che vive stabilmente in Italia e che opera per conto di un datore di lavoro residente in Svizzera. In questo caso, infatti, occorre tenere in considerazione gli effetti fiscali e previdenziali di questa casistica.

Sovente, infatti, soprattutto in questo periodo stiamo assistendo a situazioni in cui il lavoratore si trova a svolgere la prestazione lavorativa in luogo diverso da quello in cui si trova il datore di lavoro. In questo ambito, il crescente utilizzo del lavoro da remoto, telelavoro e dello smart working stanno portando all’emersione di situazioni da valutare con attenzione.

In particolare, voglio andare ad analizzare le due casistiche a disposizione con cui un soggetto residente può operare verso un datore (committente) estero. Mi riferisco alla possibilità di operare come lavoratore dipendente per un’azienda Svizzera, oppure lavorare come freelance dall’Italia per un committente svizzero. Per entrambe queste due casistiche vedremo gli effetti fiscali e previdenziali.

Lavorare in Italia come dipendente di un’azienda Svizzera

Se risiedi fiscalmente in Italia e sei assunto con un contratto da lavoro dipendente da parte di una società residente in Svizzera, la stessa è chiamata a doversi identificare in Italia. In particolare, le principali ipotesi a disposizione sono le seguenti:

  • Identificarsi in Italia ai fini previdenziali, attraverso l’apertura di un ufficio di rappresentanza;
  • Aprire una stabile organizzazione (branch) in Italia;
  • Aprire una subsidiary in Italia.

La scelta dipende essenzialmente dalle esigenze dell’azienda, dalla sua concreta attività operativa in Italia e dalle sue scelte strategiche. Si tratta, naturalmente, di una scelta molto importante che comporta delle conseguenze fiscali in Italia. Per questo motivo è consigliabile valutare bene l’opzione migliore a disposizione con un dottore Commercialista italiano.

L’ufficio di rappresentanza

In tutte le casistiche l’obiettivo finale dell’azienda deve essere quello di registrarsi in Italia come “datore di lavoro” all’INPS. In questo modo l’azienda Svizzera ha la possibilità di registrarsi da un punto di vista previdenziale in Italia ed erogare al lavoratore una busta paga italiana. Tuttavia, vi sono delle particolarità. Infatti, in caso di solo rappresentante previdenziale in Italia, l’azienda estera, verserà al lavoratore soltanto i contributi previdenziali italiani.

Tale scelta riguarda attività che in Italia svolgono, attraverso il dipendente, attività ausiliarie e preparatorie alla vendita. Come chiarito anche dalla Risposta ad interpello n. 312/E/2019, la presenza in Italia di un ufficio di rappresentanza non obbliga l’azienda estera a dover fungere da sostituto di imposta per il versamento delle ritenute fiscali italiane. Come precisato dalla Circolare MEF n. 326/1997 (§ 3.1), gli enti e le società non residenti assumono la qualifica di sostituto di imposta solo se hanno una stabile organizzazione o una base fissa in Italia.

Stabile organizzazione e subsidiary

Per quanto riguarda la stabile organizzazione o la subsidiary in Italia, va detto che, le stesse diventano soluzioni necessarie (e alternative tra loro), qualora il dipendente italiano disponga del potere di concludere contratti per conto della società estera per cui lavora (Risoluzione n. 312/E/2019). In questo caso la presenza di una stabile organizzazione o di una società controllata italiana comporta per il lavoratore il fatto di dover subire (come tutti i lavoratori dipendenti con datore di lavoro italiano), sia le ritenute fiscali che previdenziali.

Quest’ultima opzione è sicuramente la preferibile per il lavoratore dipendente, in quanto si troverebbe ad avere un contratto di lavoro italiano con ritenute fiscali e previdenziali applicate alla fonte dal datore di lavoro che assumerebbe pienamente la funzione di sostituto di imposta. Tuttavia, questa opzione è sicuramente la più onerosa per l’azienda estera in quanto comporta oneri amministrativi e fiscali da dover sostenere in Italia. Per questo tali opzioni sono, essenzialmente, legate a società multinazionali che presentano un numero rilevante di dipendenti in Italia.

Disciplina previdenziale

Per quanto riguarda i contributi previdenziali occorre affermare che la previdenza in Italia è dovuta in base al luogo in cui viene svolto il rapporto lavorativo. L’esenzione dalla contribuzione italiana per i contributi previdenziali può essere verificata attraverso le disposizioni dei trattati di sicurezza sociale siglati tra Italia e Svizzera. Questo tipo di trattati prevedono che sia possibile essere esentati da contribuzione italiana solo se il lavoratore scegliere di continuare a versare la contribuzione in Svizzera (qualora questo possa essere possibile). In questo caso è importante interfacciarsi con i consulenti previdenziali dell’azienda in Svizzera per poter conciliare quanto previsto dalla normativa interna in tema di previdenza per il lavoratore dipendente. In particolare, per il lavoratore italiano si pone la questione riguardante la possibilità di sfruttare riscatti oppure di valutare opportunità di totalizzazione contributiva. Per queste opzioni è opportuno anche effettuare valutazioni assieme all’INPS.

Per approfondire: “Contributi pensione versati all’estero: riscatto o totalizzazione?“.

Disciplina fiscale

Il lavoratore dipendente, da un punto di vista fiscale, è tenuto al pagamento delle imposte sui redditi in Italia, tramite dichiarazione dei redditi in Italia. In questo senso la territorialità del reddito da lavoro dipendente, ex art. 23 del TUIR è in Italia. Questo in quanto l’Italia ha il diritto di tassare il reddito se l’attività lavorativa è svolta in Italia. Quindi, il lavoratore dipendente residente in Italia che ivi lavora in smart working è tenuto al pagamento delle imposte sui redditi in Italia. In questo caso il datore di lavoro (identificato in Italia, come abbiamo visto con stabile organizzazione o subsidiary) può applicare la relativa tassazione del reddito attraverso le ritenute in busta paga.

Alle stesse conclusioni si arriva anche andando ad analizzare la disciplina convenzionale tra Italia e Svizzera contenuta nell’accordo contro le doppie imposizioni in essere tra i due Paesi. In particolare, l’art. 15, par. 1 prevede che il reddito da lavoro dipendente debba essere tassato nello Stato di residenza, a meno che l’attività non venga svolta nell’altro Stato. Quando attività e residenza fiscale coincidono la tassazione è esclusivamente in questo Stato.

Agevolazione impatriati per i soggetti che iniziano attività lavorativa in Italia

Nel caso in cui un lavoratore residente all’estero decida di trasferirsi in Italia per proseguire la propria attività lavorativa, ha la possibilità di valutare la disciplina legata ai c.d. lavoratori impatriati (ex art. 5 del D.Lgs. n. 209/23). Si tratta di una disciplina di favore che, al rispetto di alcuni requisiti, consente una detassazione parziale dei redditi da lavoro dipendente (o autonomo) svolti in Italia. Tralasciando i dettagli di questa agevolazione, trattati in altri articoli, per quello che interessa è importante evidenziare che la modalità diretta per l’applicazione di questo tipo di agevolazioni è legata all’identificazione di impresa estera in Italia, in modo che il lavoratore possa avere un contratto di lavoro italiano. In questo modo il lavoratore può verificare compiutamente il requisito richiesto, potendo applicare direttamente in busta paga l’agevolazione fiscale.

Per quanto riguarda i requisiti occorre analizzare se il lavoratore ha proseguito l’attività estera in Italia occorrono almeno 6 periodi di residenza fiscale estera. Mentre, se già prima del trasferimento il lavoratore operava in Italia per lo stesso gruppo imprenditoriale internazionale, i periodi di residenza estera richiesti salgono a 7.

Per approfondire: “Lavoratori impatriati in Italia: guida“.

Lavorare in Italia come freelance per un’azienda residente in Svizzera

Se hai ottenuto un contratto di mandato come freelance con un’azienda stabilita in Svizzera devi operare in regola con la disciplina fiscale italiana. Nel caso è necessario operare con una partita IVA italiana, ed iscriversi alla gestione separata dell’INPS. Oltre a questo devi verificare se vi sono obblighi legati ad eventuali comunicazioni da presentare nel Comune ove risiedi. La fatturazione verso il committente non residente deve tenere presenti le regole di applicazione dell’IVA per le prestazioni di servizi verso l’estero. Oltre a questo occorre tenere in considerazione che, qualora l’attività del professionista preveda la presenza di una base fissa in Svizzera, questa dovrà essere gestita con la contemporanea presenza di una gestione autonoma in Svizzera. Tali redditi dovranno poi essere dichiarati anche in Italia, con la possibilità di portarsi a credito le imposte versate a titolo definitivo in Svizzera (derivanti da dichiarazione dei redditi).

A questo punto devi valutare quale sia il regime fiscale migliore per la tua situazione. Particolarmente interessante è valutare tra i due principali regimi fiscali:

  • Il regime forfettario;
  • La contabilità semplificata.

In generale, la scelta del regime fiscale dipende dalla struttura del business. Per questo è fondamentale il confronto con il tuo Commercialista. Sbagliare regime fiscale o ancora peggio fare da soli, può rivelarsi una mossa pessima, soprattutto in caso di errori.

Per approfondire questo argomento ti rimando all’articolo riguardante il “Regime fiscale forfettario“.

Gli aspetti previdenziali collegati alla partita IVA

Accanto agli aspetti fiscali devono essere tenuti presenti anche quelli previdenziali legati alla partita IVA italiana. Sia per le imprese che per i professionisti è necessario procedere con la regolarizzazione della propria posizione nei confronti dell’ente previdenziale di riferimento. L’individuazione del corretto ente previdenziale dipende principalmente dalla categoria professionale di appartenenza. Se sei un lavoratore autonomo che non ha una cassa professionale di riferimento dovrai iscriverti alla Gestione Separata INPS. Al contrario se sei un professionista con un Albo professionale l’istanza di iscrizione dovrà essere effettuata presso la Cassa previdenziale dell’Ordine di appartenenza.

Valutazioni di convenienza tra lavoratore dipendente o autonomo

Il confronto tra l’operare come dipendente o con partita IVA a livello di tassazione è una questione molto dibattuta tra i lavoratori e coloro che decidono di intraprendere un’attività lavorativa. A parità di reddito corrisposto, il dipendente ha i contributi previdenziali e assistenziali versati dalla società, mentre l’autonomo deve versare autonomamente i suoi contributi. Questo aspetto contributivo rende l’operare come autonomo meno conveniente rispetto a quello come dipendente. Infatti, l’autonomo deve farsi corrispondere una somma maggiore per compensare la mancanza di contributi previdenziali e assistenziali pagati dalla società.

Tuttavia, l’operare come autonomo offre la possibilità di dedurre molte spese professionali e di avere maggiore flessibilità nella gestione del lavoro. In definitiva, la scelta tra operare come dipendente o con partita IVA a livello di tassazione dipende dalle preferenze personali e dalle specifiche esigenze lavorative. In ogni caso, a livello economico è importante effettuare delle simulazioni numeriche degli scenari che si possono venire a creare.

Lavorare in Italia per un’azienda Svizzera: consulenza fiscale online

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