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CFD: aspetti dichiarativi e strategie fiscali

I derivati (CFDs), adempimenti ai fini della dichiarazione dei redditi e strategie per migliorare la tassazione.

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Con la diffusione delle criptovalute, i mercati finanziari e il trading sono diventati sempre più popolari ed alla portata di tutti, anche dei non professionisti del settore. I derivati ed in particolare i CFDs (Contracts For Difference, contratti per differenza) sono diventati gli strumenti eletti a quel tipo di mercato (Forex in generale), non tanto per la semplicità dello strumento (sono strumenti abbastanza complessi, intesi come struttura di base) ma quanto per la facilità nell’utilizzo (anche per il minimo capitale iniziale richiesto) e per la diffusione notevole degli stessi, in quanto molto adattabili al tipo di sottostante ed al mercato citati (diversamente occorrerebbe investire in futures o direttamente sul sottostante ma cadrebbero di conseguenza tutti o quasi i benefici citati).

Di fatto, l’obiettivo del presente articolo è proprio quello di definire sinteticamente le caratteristiche dei CFDs ma soprattutto quello di descrivere gli adempimenti fiscali e la tassazione alla quale sono soggetti ed in un secondo momento stilare delle linee guida per ottimizzare la tassazione.

CFD: definizioni e caratteristiche

CFD è l’acronimo inglese di contratto per differenza. E’ un tipo di contratto in strumenti derivati in base al quale viene scambiata la differenza di valore tra il momento di apertura e di chiusura di un certo titolo o sottostante. E’ uno strumento negoziato OTC (over the counter) tra banca/broker e cliente. Il notevole vantaggio è proprio quello di negoziare il sottostante (underlying), al posto di scambiarsi direttamente e fisicamente lo strumento finanziario: è una speculazione di valore dell’attività sottostante, poco interessa l’attività principale (che sia oro, indice di borsa, valuta od altro).

Oltre al vantaggio citato, ce ne sono ulteriori:

  • Grande esposizione sul mercato, grazie alla marginazione;
  • Minimo capitale iniziale (feed capital), grazie alla leva finanziaria;
  • Grande flessibilità di operatività ed orari di negoziazione, dovuta proprio al fatto di negoziare su mercati molto liquidi e flessibili (Forex);
  • Commissioni contenute od inesistenti, a differenza di altri strumenti gli unici costi sono sostanzialmente dovuti allo spread denaro/lettera che viene applicato dalla banca/broker.

Abbiamo parlato dei vantaggi, ci sono comunque anche degli svantaggi. In primis, sono strumenti molto tecnici e complessi ma per via del fatto che sono derivati comunque questo non deve spaventare è solo un limite a livello teorico perché poi sul lato pratico sono strumenti molto flessibili ed intuitivi e che reagiscono a logiche borsistiche molto più chiare e dirette rispetto ad esempio al mercato azionario.

Un altro vantaggio ma anche qui superabile, sono i costi diciamo nascosti perché se è pur vero che la piattaforma del broker generalmente è gratuita d’altro canto ci sono dei costi nel mantenimento delle posizioni aperte o nell’apertura di quelle nuove: margine iniziale richiesto per apertura della posizione, margine di mantenimento, tasso overnight e tasso creditore/debitore per mantenimento della posizione, rischio cambio per la negoziazione in valuta differente, costi di rollover per la negoziazione in strumenti derivati CFD collegati a contratti a termine (futures), per i quali occorre la rinegoziazione per mantenere aperta la posizione.

Però come detto, se visti nell’insieme, sono costi ininfluenti perché di contropartita permettono una flessibilità, operatività e liquidità tale che in confronto ai costi applicati sul mercato azionario od obbligazionario, è tutto a nostro vantaggio (confronto rischi-benefici).

Dichiarazione dei redditi ed adempimenti fiscali

Parlando invece dell’aspetto fiscale, molto più interessante e molto spesso controverso, occorre sottolineare che primo obbligo dichiarativo dalla negoziazione dei CFD è quello legato alla compilazione dei quadri RW, RT, RL e RM ed all’Unico Persone Fisiche.

Il secondo obbligo chiaramente derivante del primo è il calcolo delle imposte dovute ed al versamento delle stesse.

I CFD generano delle plusvalenze e minusvalenze finanziarie (redditi di capitale) e per tale scopo occorre dichiararle nel quadro RT. Inoltre, questo tipo di strumenti genera anche un’imposta patrimoniale dovuta alla detenzione di strumenti finanziari all’estero (IVAFE), nel rispettivo quadro RW.

Per quanto riguarda la tassazione della plusvalenza, si è soggetti all’imposta sostitutiva del 26%, dovuta sulla differenza tra il totale dei corrispettivi ed il totale dei costi e dei valori di acquisto, nel periodo di imposta. Per quanto riguarda l’IVAFE, si è soggetti ad un imposta dello 0,2% sul valore delle attività finanziarie, sempre per periodo di imposta.

Per quanto concerne le minusvalenze (ovvero nel caso in cui nel periodo di imposta avremo più costi rispetto al totale dei corrispettivi), si ha una neutralità fiscale, o meglio è chiaro che non debba essere versata alcuna imposta del 26% sulla plusvalenza generata ma avremo la possibilità di scomputare le minusvalenze sui futuri guadagni nell’arco di 4 anni, abbattendo di fatto la tassazione. Le minusvalenze vanno dichiarate e certificate sempre nel quadro RT.

Esempio pratico

Procediamo con un esempio pratico. Occorrerà prima di tutto scaricare il report della propria banca/broker con tutte le movimentazioni, per data, importo, valuta, totale costi e ricavi nel periodo di imposta con esposizione saldo conto trading ed indicazione degli strumenti negoziati, nel caso in cui chiaramente il regime adottato è quello dichiarativo, ovvero noi in prima persona ci occupiamo di tutto, dichiarazione e versamento delle imposte (sul punto si vedrà in seguito).

Fatto questo, occorrerà dal foglio di calcolo/report dettagliato compilare il quadro RW ai fini della tassazione ed ai fini dell’IVAFE. Ma Come si compila? Facciamo delle ipotesi, ecco le seguenti movimentazioni (le movimentazioni sono computate nell’anno 2021, quindi redditi 2022, periodo di imposta 2021):

  1. Apertura del conto presso un broker estero, con iniziale versamento di 200 euro (gli importi per semplicità sono già in valuta nazionale ma del resto alternativamente basterà convertirli in data valuta, ipotesi di solito remota perché i broker difficilmente adotta tale approccio e la valuta è già convertita in Euro anche per ogni operazione aperta e chiusa), in data 05/01/2021;
  2. Apertura di una posizione CFD long Gold in data 06/01/2021 e chiusura contestuale della stessa in data 08/01/2021 totale profitto per operazione euro 30;
  3. Apertura di una posizione CFD short su EUR/USD in data 10/03/2021 e chiusura contestuale della stessa in data 15/03/2021 totale profitto per operazione euro -15;
  4. Versamento sul conto trading di euro 50 in data 10/04/2021;
  5. Apertura di una posizione CFD long su Silver in data 01/06/2021 e chiusura contestuale in data 02/06/2021 totale profitto per operazione euro 70;
  6. Prelievo dal conto trading di euro 100 in data 01/07/2021;
  7. Prelievo dal conto trading del saldo residuo (ovvero euro 235) e chiusura dello stesso in data 31/07/2021.

Per prima cosa occorre sottolineare il fatto che come già detto bisogna avere le movimentazioni per data dettagliate di tutto e visto che si tratta di CFD occorre conoscere il saldo del conto trading e il P&L ovvero il profitto o perdita per data compreso di tutto: interessi overnight a debito/credito, aggiustamenti di margine, aggiustamenti per rollover, dividendi, altre commissioni e competenze (di solito il broker lo fornisce per data e quindi nel totale P&L netto c’è già tutto, in caso contrario bisogna sommare tutti i costi e ricavi per data).

Detto questo, è necessario in prima battuta costruirsi il quadro RT specifico per determinare se c’è stata una minusvalenza o plusvalenza, basterà semplicemente sommarsi tutti i P&L per periodo di imposta, nel nostro caso: +30, -15, +70 ovvero totale profitto netto per periodo di imposta +85 (chiaramente i versamenti ed i prelievi da conto trading non vengono considerati, quelli verranno valutati successivamente ai fini IVAFE).

Quindi RT 21 totale dei corrispettivi (euro 100) mentre RT 22 totale dei costi (euro -15), RT 23 plusvalenza euro 85 (differenza tra i due), da riportare in RT 26 e sul quale calcolare imposta RT 27, il 26% ovvero euro 22,1. Se ci fossero delle minusvalenze certificate da altri intermediari e/o di anni precedenti vanno indicati nel quadro ed in caso vanno in compensazione con la nostra plusvalenza di euro 85, abbattendo di fatto il carico fiscale. Chiaramente poi l’imposta dovuto va indicata in RT 29.

Nella sezione V vanno indicate sempre le eventuali minusvalenze ma diversamente da prima quelle non compensate nell’anno e che potranno poi essere utilizzate in futuro.

Un’ultima nota (prima di parlare del quadro RW), il quadro RT si compone diverse sezioni a seconda della tassazione e strumento trattato: nel caso di CFD faremo sempre riferimento alla sezione II perché assoggettati ad imposta sostitutiva del 26%.

Quanto al quadro RW, deve essere compilato ai fini dell’assolvimento dell’IVAFE: in questo caso si considerano i saldi progressivi del nostro conto trading per data ; il conto trading, a differenza di un normale conto corrente estero per il quale l’IVAFE è calcolato in misura fissa, è a tutti gli effetti uno strumento finanziario codice 20 (tipo individuazione del bene) e soggetto all’imposta proporzionale del 0,2%.

Oltre al codice 20, si indicherà anche il tipo di possesso, il codice dello stato estero, la quota di possesso in % e il criterio di determinazione del bene in questo caso 1, valore di mercato. Infine si indicherà il valore iniziale e finale, ovvero il saldo movimentato del conto trading che altro non è che un deposito titoli che si alimenta con le operazioni di trading su CFD, su Forex.

La normativa italiana, circolare Agenzia Entrate 12/E/2016, ci viene in aiuto non è necessario ai fini IVAFE compilare un rigo per ogni variazione del saldo ma solo un rigo di quadro RW solo dove c’è la variazione, ovvero investimento/disinvestimento intervallati da prelievo/versamento/chiusura conto, perchè questi ultimi vanno a modificare il monte del saldo nella sostanza, c’è un apporto o meno di denaro (le altre sono semplice operazioni a mercato che già alimentano e danno una fotografia del saldo, non è necessario per queste registrare operazione per operazione).

Nel nostro esempio quindi avremo :

  1. Un rigo RW con valore iniziale 200 e valore finale 215, giorni IVAFE n. 95 dal 05/01/2021 al 10/04/2021, giusto fino al nuovo apporto di denaro euro 50;
  2. Un secondo rigo RW con valore iniziale 265 e valore finale 335, giorni IVAFE n. 82 dal 10/04/2021 al 01/07/2021, giusto fino al prelievo di denaro euro 100;
  3. Un terzo rigo RW con valore iniziale 235 e valore finale 235, giorni IVAFE n. 30 dal 01/07/2021 al 31/07/2021, giusto fino all’estinzione del conto trading con prelievo del saldo residuo euro 235;
  4. Un quarto rigo RW con valore iniziale 235 e valore finale 0, giorni IVAFE n. 0 dal 31/07/2021 al 31/07/2021 (questo rigo potrebbe benissimo essere omesso in quanto ai fini IVAFE si considera giusto il momento prima dell’estinzione del conto in quanto non ha rilevanza fiscalmente).

Ricapitolando abbiamo un periodo di detenzione totale dal 05/01/2021 al 31/07/2021 per totale 207 giorni, riparametrando i giorni di cui prima: rigo RW 1 (45,89%) ; rigo RW 2 (39,61%), rigo RW 3 (14,49%), rigo RW 4 omesso (0%).

IVAFE dovuta, dove l’imponibile considerato è sempre il valore finale del sottoperiodo, quindi: rigo RW 1 (215*0,2%*45,89%=0,19 arrotondato a zero) ; rigo RW 2 (335*0,2%*39,61%=0,26 arrotondato a zero) ; rigo RW 3 (235*0,2%*14,49%=0,06 arrotondato a zero) ; rigo RW 4 (235*0,2%*0=0).

Chiaramente visti gli importi esigui e gli arrotondamenti, l’imposta dovuta è pari a zero però quello che è importante è aver capito il meccanismo di calcolo: l’importo dell’imposta va poi inserito nel rigo RW 6 mentre in colonna 18 va riportato il codice 3, perché è sugli importi del quadro RT sul quale si fa il monitoraggio e si calcola l’IVAFE.

Regime dichiarativo od amministrato

Prima si è parlato di opzione tra regime dichiarativo od amministrato. Questa è giusto una parentesi. Se il broker/banca è estero generalmente il regime naturale è quello dichiarativo. Questo regime scarica tutti gli adempimenti fiscali e versamento imposte sul contribuente. Sarà quindi sua cura elaborarare, presentare i quadri RW e RT con la dichiarazione dei redditi e versare di conseguenza le imposte.

C’è molto più responsabilità, impiego di tempo e risorse rispetto ad un regime amministrato dove la banca/broker invece funge da sostituto di imposta, si occupa direttamente nel trattenere subito le imposte e si occupa degli obblighi di legge. Nel regime amministrato il contribuente non deve sostanzialmente fare nulla.

Eppure mio consiglio è quello, nel limite del possibile, di adottare il regime dichiarativo in quanto se da un lato c’è un dispendio di risorse, tempo e competenze, dall’altro punto di vista c’è massima flessibilità e si possono adottare strategie che portano ad un ottimo fiscale, a differenza di un regime amministrato che è comodo ma d’altro canto è molto rigido e non lascia spazio di manovra.

Si espongono giusto alcuni esempi per capire: il regime amministrato liquida le imposte al momento del realizzo del guadagno o della perdita dove con il regime dichiarativo si programmano scadenze fiscali, minusvalenze e plusvalenze considerando il periodo di imposta complessivo e non considerando la singola operazione (momento impositivo per competenza considerando il periodo di imposta cumulato vs momento impositivo dell’amministrato per cassa per singola operazione, se così si può definire) ; detto questo vuol dire che con il regime dichiarativo, si fanno scelte in totale autonomia compensando o meno le minusvalenze e/o rimandandole sui futuri guadagni, sempre nei limiti di legge, dove nel regime amministrato si compensano di default, seguendo lo storico delle operazioni di trading; infine è una questione di tempo, il regime amministrato registra l’operazione a livello della data operazione trattenendo le imposte, dove nel regime dichiarativo, si vanno a liquidare in sostanza un anno dopo con la presentazione della dichiarazione dei redditi (più tempo a disposizione e più programmazione fiscale e finanziaria).

Ottimizzazione fiscale

Ora parleremo delle principali strategie che portano a sfruttare la tassazione dei CFD a nostro favore e per quanto detto prima, per forza di cose, vanno implementate con il regime dichiarativo.

Caso 1: situazione con plusvalenze realizzate e con perdite in corso (non realizzate)

Questo è il caso in cui siamo in presenza di guadagni realizzati e quindi soggetti a tassazione del 26% e nello stesso tempo abbiamo delle posizioni in CFD in perdita ma non ancora realizzate. Potrebbe risultare molto conveniente liquidare le posizioni in perdita per poter sfruttare le minusvalenze compensandole con le plusvalenze realizzate.

Tutto questo chiaramente va fatto entro l’anno fiscale, adottando un regime dichiarativo.

Caso 2: situazione con minusvalenze realizzate e con guadagni in corso (non realizzati)

Il secondo caso è praticamente il simmetrico del primo, dove a differenza della situazione precedente abbiamo delle posizioni in CFD già chiuse da tempo ed in perdita e nello stesso tempo abbiamo delle posizioni in CFD in guadagno ma non chiuse. Potrebbe risultare molto conveniente liquidare le posizioni in guadagno per poter sfruttare le minusvalenze già realizzate, abbattendo di fatto come per il caso 1) la tassazione.

Chiaramente si ribadisce il fatto che tutto ciò va eseguito entro l’anno fiscale di competenza e con un regime dichiarativo, altrimenti si andrebbero a vanificare tutti i benefici fiscali. E come per il primo caso, bisogna ragionare in un ottica temporale di programmazione delle scadenze, delle minusvalenze/plusvalenze, dell’anticipazione o della posticipazione delle stesse a seconda del caso/convenienza entro od oltre l’anno fiscale.

Caso 3: presenza di più conti trading in regime dichiarativo

Questo è il tipico caso in cui si è titolari di più conti trading ma a differenza della fattispecie in cui si adotta il regime amministrato dove ogni banca/broker ragiona per conto suo e liquida le imposte per singolo conto trading anche se il titolare è sempre lo stesso, potrebbe risultare conveniente adottare per ogni conto il dichiarativo ed ora si espone il vantaggio.

La differenza con il regime amministrato è molto chiara ed anche sconveniente : con il regime dichiarativo si ragiona il maniera cumulata andando a sfruttare tutte le posizioni presenti attive o passive, con minusvalenze o plusvalenze, incrociando di fatto tutto quello che è stato fatto a livello operativo su più conti trading ma con un unico titolare in un anno fiscale ; ciò vuol dire che si sfruttano e si programmano le operazioni a livello fiscale e finanziario, avendo una fotografia di insieme per tutti i conti trading.

Caso 4: minusvalenze pregresse e scadenza dei 4 anni

Sulla compensazione delle minusvalenze se ne è parlato a sufficienza. Vogliamo solo ribadire il fatto che è molto conveniente certificare e riportare in dichiarazione dei redditi le minusvalenze pregresse anche da altri anni e da altre banche/broker per poterle sfruttare, abattendo di fatto l’imponibile fiscale e di conseguenza la tassazione.

Questo deve essere fatto entro la scadenza naturale dei 4 anni, perché diversamente le minusvalenze andranno perse e si perderà di conseguenza il beneficio fiscale.

Caso 5: regime amministrato e come liquidare le posizioni

Si è sempre parlato di regime dichiarativo perché è il regime che più si adatta per sfruttare appieno le strategie fiscali. Tuttavia, se dovessimo adottare il regime amministrato tutto quanto detto prima viene stravolto nella sostanza e risulta conveniente sempre liquidare prima le operazioni in perdita e poi quelle in utile.

Questo perché il regime amministrato fotografa l’operazione a livello fiscale in un preciso istante e non si può fare altrimenti : diversamente, liquidando prima i guadagni e poi le perdite, andremo a tassare al 26% la plusvalenza e poi avremo in carico una minusvalenza ma da sfruttare dopo e non subito sull’operazione chiusa in guadagno e per la quale abbiamo subito una tassazione piena.

Conclusioni

Abbiamo concluso il nostro percorso, partendo dalla definizione ed espondendo in modo sintetico le caratteristiche e l’utilizzo, soprattutto un utilizzo speculativo.

In seguito, si è parlato degli aspetti dichiarativi e fiscali, molto spesso controversi, quando si trattano i CFD e più in generale gli strumenti finanziari meno classici.

In terzo luogo, si è descritto un caso concreto, evidenziando da un lato la tassazione della plusvalenza finanziaria e/o l’utilizzo della minusvalenza e dall’altro lato, l’adempimento ai fini del quadro RW con calcolo e versamento dell’IVAFE.

Poi, si è fatta una parentesi sul tipo dei regimi fiscali da adottare, amministrato o dichiarativo, evidenziano molto i pregi di quest’ultimo e i difetti del primo.

Da ultimo, molto interessanti ed utili sono state le strategie fiscali che portano ad ottimizzare la tassazione.

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Laureato nel 2014 in Economia e Legislazione d'Impresa presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel 2018 ho conseguito un Master in Diritto Tributario presso Euroconference ed un altro in Revisione Legale presso Eutekne. Da alcuni anni collaboro con studi legali e commercialisti, con specializzazione nel settore agricolo. Sempre attento alle tematiche finanziarie, sviluppo il controllo di gestione per le PMI, Controller legge 4/2013, associato AssoController ed IMA®, appassionato di trading e di mercati finanziari.
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