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Cosa sono le plusvalenze nel calcio e come si calcolano?

Nel calcio la plusvalenza è il guadagno che una società trae dalla cessione di un calciatore ed è una delle principali voci di ricavo un club professionistico. Da quì il forte interesse verso questo istituto negli ultimi anni.

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Una plusvalenza è un incremento di valore che un asset subisce nel tempo, valutato in due momenti diversi. Nel mondo del calcio la plusvalenza (minusvalenza) è data dalla differenza tra il valore di cessione del cartellino di un calciatore, rispetto al valore residuo (al netto dell’ammortamento) del valore del cartellino iscritto in bilancio da parte del club cedente.

Nel campionato italiano di calcio le plusvalenze rappresentano una delle principali fonti di entrate per i club, perché nella maggior parte dei casi, in assenza di grandi strutture di proprietà, i calciatori rappresentano il loro asset principale. Devi sapere, infatti, che le società di calcio professionistico devono determinare annualmente il risultato economico della propria gestione (in termini di costi e ricavi). Il risultato della gestione è sicuramente influenzato da una serie di elementi, come i risultati sportivi, i contratti pubblicitari e di sponsorizzazione, i diritti TV, la vendita di abbonamenti e biglietti, ma soprattutto dalle plusvalenze derivanti dalla compravendita di calciatori. Il risultato economico è importante in quanto determina la patrimonializzazione delle società e quindi, indirettamente, la loro sostenibilità nel tempo (ricavabile dai bilanci d’esercizio che sono chiamate annualmente ad approvare).

Negli ultimi anni il termine plusvalenza è divenuto ricorrente e conosciuto anche tra i non addetti ai lavori. In tutte le sessioni di calciomercato, infatti, si parla sempre di plusvalenza che la società cedente è in grado di generare dalla vendita di un calciatore. Analizzando i bilanci delle società calcistiche, ci si rende conto che insieme ai diritti televisivi e ai ricavi commerciali e da stadio, i proventi per la gestione dei diritti dei calciatori rappresentano una delle voci più importanti del conto economico per un club. Non sono rari gli accertamenti della Guardia di Finanza legati all’analisi di possibili operazioni fraudolente legate all’utilizzo di plusvalenze per “gonfiare” i risultati economici del club. Per questo motivo, ho deciso di realizzare questo articolo, per approfondire questo tema ed individuare gli aspetti maggiormente rilevanti connessi alla determinazione ed al calcolo delle plusvalenze nel mondo del calcio. L’obiettivo è quello di individuare l’impatto delle plusvalenze sui bilanci delle società di calcio.

Che cosa sono le plusvalenze nel mondo del calcio?

Una plusvalenza è un incremento di valore che un asset subisce nel tempo, valutato in due momenti diversi. Nel mondo del calcio la plusvalenza (minusvalenza) è data dalla differenza tra il valore di cessione del cartellino di un calciatore, rispetto al valore residuo (al netto dell’ammortamento) del valore del cartellino iscritto in bilancio da parte del club cedente.

Per arrivare a definire che cos’è una plusvalenza nel mondo del calcio, occorre partire da un presupposto, ovvero il bene di maggiore valore detenuto dalle società di calcio: i calciatori. Per ogni cartellino di un calciatore è iscritto a bilancio un valore contabile. Quel valore indica sostanzialmente la quota rimanente dell’investimento iniziale (definito costo storico) per l’acquisto del calciatore stesso che deve ancora essere ammortizzata dal club.

Una società di calcio, almeno nel panorama italiano, ha come asset principale il valore dei propri calciatori in rosa, assieme ad altri assets materiali come lo stadio ed i contratti tv. Per una società di calcio i calciatori detenuti in rosa rappresentano (contabilmente) delle “immobilizzazioni immateriali“. In buona sostanza, il calciatore, ovvero il contratto che lega il calciatore alla squadra di calcio rappresenta un valore importante, in quanto il proprio valore può cresce intrinsecamente nel tempo. Proviamo a fare un esempio. Immaginiamo che una società di calcio tesseri un ragazzo proveniente dalle proprie scuole giovanili. Il valore di questo cartellino nel bilancio della società è pari a zero (non c’è stato un costo legato all’acquisto dal altre società). Ipotizziamo che, con il passare del tempo, il valore del calciatore cresca (per la sua bravura, per l’esperienza, le presenze in nazionale, etc) e che vi sia un’altra squadra di calcio pronta ad acquistarlo versando un importo pari a 10 milioni. Ebbene, la differenza tra il valore di cessione del calciatore (ipotizziamo 10 milioni) ed il valore di iscrizione del cartellino per la squadra cedente (nel nostro caso pari a zero) rappresenta il valore della “plusvalenza” realizzata.

Possiamo dire, quindi, schematicamente che una plusvalenza è un incremento di valore (intrinseco) che il calciatore ha realizzato nel corso del tempo, dal momento in cui è entrato a far parte della squadra, al momento in cui viene ceduto. Quindi, come avrai capito, minore è il costo di acquisto del calciatore, maggiore può essere la potenziale plusvalenza che la società di calcio ne può trarre dalla cessione. Da questo esempio puoi capire come sia importante, oggi, per le società di calcio sviluppare il proprio settore giovanile, in quanto, teoricamente in grado di generare importanti plusvalenze in caso di cessione di un giocatore (il cui valore di carico/acquisto è pari a zero). Qualora, invece, il calciatore sia stato precedentemente acquistato il valore di cessione è sicuramente più complicato da calcolare, in quanto risente del calcolo degli ammortamenti.

Come si calcola la plusvalenza derivante dalla vendita di un calciatore precedentemente acquistato?

Nel paragrafo precedente abbiamo capito come la plusvalenza derivi dall’incremento intrinseco di valore che un calciatore è in grado di generare nel corso della sua carriera. La plusvalenza si determina al momento della sua cessione ed è data dalla differenza tra il valore di cessione ed il valore del suo cartellino iscritto nel bilancio della società cedente. Nell’esempio che abbiamo fatto, siamo partiti da una situazione molto semplice, ovvero, il calciatore che arriva dal settore giovanile, il cui valore iscritto in bilancio (valore del cartellino) è pari a zero. Tuttavia, questa è soltanto una delle casistiche che si possono presentare. Molto più frequente, invece, è l’ipotesi in cui la società di calcio cede un giocatore che aveva precedentemente acquistato. In questo caso il calcolo della plusvalenza, risente di una particolare variabile dettata dall’ammortamento annuo del calciatore in bilancio.

In caso di calciatori il cui cartellino è stato precedentemente acquistato il valore della plusvalenza di cessione è dato dalla differenza tra:

  • Il valore del cartellino stabilito al momento della cessione (nella contrattazione tra cedente e cessionario);
  • Il valore della quota restante del costo storico del cartellino iscritta in bilancio, al netto dell’ammortamento maturato fino a quel momento.

Più basso è il valore contabile del cartellino del calciatore e più elevata è la plusvalenza che si ottiene da una determinata cessione. 

Il processo di ammortamento nel mondo del calcio

Ogni calciatore è iscritto a bilancio della società in base ad un valore contabile. Quel valore indica sostanzialmente la quota rimanente dell’investimento iniziale (definito costo storico) per l’acquisto del calciatore stesso che deve ancora essere ammortizzata dal club. Per calcolare questa cifra è necessario partire dall’investimento iniziale (la cifra pagata per il cartellino), che viene diviso per il numero di anni di contratto in parti uguali, e la cui quota viene sottratta di stagione in stagione fino a che il valore non è pari a zero. Quando viene pagato il cartellino, infatti, il suo costo non viene iscritto tutto a bilancio nell’anno dell’acquisto, ma viene ammortizzato secondo gli anni di contratto concordati con il giocatore.

Quindi, per capire come si determina la plusvalenza derivante dalla cessione di un calciatore occorre capire cosa si intende e come si determina l’ammortamento nel mondo del calcio. Intanto, possiamo dire che l’ammortamento è una procedura tecnico/contabile con la quale il valore di un bene che rilascia la sua produttività nel tempo, viene ripartita tra i vari esercizi. Nel mondo del calcio, di fatto, l’ammortamento è quella procedura con cui si “spalma” (in parti uguali o in quote decrescenti) in più esercizi il costo di acquisizione di un calciatore, in relazione alla durata del suo contratto. Proviamo a fare un esempio pratico. Immaginiamo l’acquisto di un calciatore che avviene per un valore di 100 milioni (costo del suo cartellino) e che tale calciatore abbia sottoscritto un contratto di cinque anni. Al termine del primo anno il valore del suo cartellino non sarà più 100 milioni, in quanto la società ha “ammortizzato” 1/5 del suo contratto (nell’esempio pari a 20 milioni), ma piuttosto 80 milioni (100 – 20). Dopo due anni il suo valore iscritto in bilancio sarà di 60 milioni (100 – 40), e così via. Ipotizziamo adesso che il calciatore venga venduto a 70 milioni dopo due anni (il suo valore in bilancio è pari a 60 milioni). In questo caso, la plusvalenza che deriva dalla cessione è pari a 10 milioni (70 – 60).

Quello che voglio farti capire è che quando si parla dei valori di trasferimento dei giocatori di calcio e de guadagni di un’operazione per una società di calcio non si deve mai guardare al costo di acquisto di quel calciatore, ma piuttosto, dal valore al netto dell’ammortamento.

Quando un giocatore viene acquistato a “parametro zero“, oppure quando arriva dal vivaio, il valore contabile del cartellino sarà sempre pari a zero nel corso degli anni: in quel caso la plusvalenza, in qualunque momento avvenga, sarà sempre “piena, ossia corrispondente al costo della cessione (non rilevano in caso gli ammortamenti). 

Perché le plusvalenze sono così importanti nei bilanci delle società calcistiche?

Arrivati a questo punto della lettura avrai già intuito il motivo per cui le plusvalenze hanno così tanta importanza per le società calcistiche. Le società di calcio, come tutte le altre società, devono redigere il bilancio d’esercizio annuale, che deve essere approvato. L’obiettivo delle società è sempre quello di chiudere l’esercizio annuale in attivoin breve, i ricavi devono essere maggiori dei costi. All’interno del bilancio di una società di calcio, le plusvalenze rappresentano una delle principali (o a volte la principale) voci di ricavo. Tuttavia, il motivo principale dell’attenzione nei confronti delle plusvalenze è che queste sono in grado di generare un incremento dei ricavi senza che vi sia un esborso monetario immediato. Che cosa voglio dire? In una contrattazione può essere ceduto un giocatore determinando (ipotizziamo) una plusvalenza di 10 milioni. Tale plusvalenza finisce nel bilancio della società cedente nell’esercizio in cui è avvenuta. Tuttavia, il pagamento del cartellino del giocatore può avvenire anche attraverso forme di dilazione nel tempo, quindi, l’aspetto finanziario dell’operazione (pagamento del cartellino del giocatore) è totalmente slegato rispetto all’aspetto economico (indicazione della plusvalenza in bilancio). Tuttavia, è possibile iscrivere una plusvalenza anche senza un effettivo esborso monetario dall’operazione (ed è questo il nocciolo della questione). Per capire bene la questione proviamo ad effettuare un altro esempio.

La UEFA ed il fair play finanziario:
La UEFA, nel 2009 ha introdotto il “Fair Play Finanziario” proprio allo scopo di favorire una più oculata gestione dei bilanci delle società di calcio, evitando forti indebitamenti o pratiche scorrette. L’idea di fair play finanziario nasce dal fatto che le disparità tra le società, nel calcio moderno, sono sempre più spesso dovute ad un fattore economico piuttosto che ad uno sportivo. Tuttavia, questa normativa, non ha regolamentato in maniera completa le casistiche possibili, lasciando aperta la possibilità alle società di trovare meccanismi per superare i vincoli importi dalla normativa.

Le plusvalenze in caso di scambio di giocatori e le operazioni “a specchio

Le operazioni di calciomercato che prevedono scambi tra giocatori, sono in grado di determinare, ad alcune condizioni, l’emersione di plusvalenze per entrambi i club coinvolti, senza che dall’operazione vi sia un esborso monetario effettivo. Si tratta delle c.d. “operazioni a specchio“.

Come detto facciamo un nuovo esempio, dove sono coinvolti due calciatori (A e B). Questi sono ciascuno di proprietà di un diverso club. Le due società decidono di fare uno scambio tra questi due calciatori. Ipotizziamo che le due società si accordino per valutare i due calciatori 20 milioni di euro. Per determinare l’emersione di una plusvalenza o di una minusvalenza dall’operazione occorre ragionare nel seguente modo:

  • Calciatore A: costo storico di acquisto del cartellino pari a 30 milioni, ammortizzato (in quote costanti) per tre esercizi (sui cinque anni di contratto). Valore residuo del calciatore pari a 12 milioni ((30 – (6*3))
  • Calciatore B: costo storico di acquisto del cartellino pari a 20 milioni, ammortizzato (in quote costanti) per due esercizi (sui cinque anni di contratto). Valore residuo del calciatore pari a 12 milioni ((20 – (4*2))

Considerato che, contabilmente i due calciatori sono iscritti in bilancio a 12 milioni e vengono venduti a 20 milioni (sotto forma di scambio), entrambe le società beneficeranno di una plusvalenza (da iscrivere in conto economico) pari a 8 milioni (dato che la valutazione data ai calciatori è identica). Tuttavia, in questa operazione manca completamente l’aspetto economico (l’effettiva movimentazione di denaro). Con questo tipo di operazione, quindi, le due società di calcio hanno potuto migliorare l’andamento economico della propria gestione, iscrivendo plusvalenze in conto economico, senza avere un esborso finanziario dall’operazione.

Per quanti si chiedano se, effettuare questo tipo di operazioni sia lecito, la risposta è che sicuramente è difficile andare a sindacare la valutazione data ai giocatori oggetto di scambio. Come in tutte le contrattazioni economiche il prezzo è dettato dalla presenza di fattori e condizioni di mercato presenti in quel dato momento.

Cosa sono le plusvalenze fittizie nel mondo del calcio?

Nell’esempio precedente ho cercato di farti capire come, potenzialmente, due club potrebbero determinare un valore di scambio tra due giocatori, determinando un vantaggio economico per entrambe le società. Un’operazione come questa è in grado di migliorare il risultato economico delle due società, senza causare effettivi esborsi economici. Di fatto, quindi, questo tipo di operazione si può prestare anche per finalità del tutto slegate rispetto a quelle calcistiche. Pensa al caso di un club che si trova in una situazione economica non ottimale, magari dettata da una potenziale perdita di bilancio, che potrebbe mettere a repentaglio la successiva iscrizione al campionato di calcio, o ancora peggio il suo equilibrio economico/finanziario (la c.d. “continuità aziendale“). In una situazione come questa, l’iscrizione di una plusvalenza (tramite scambio di calciatori) potrebbe migliorare la situazione economica della società e non comporterebbe alcun esborso, ma a patto di trovare un altro club nelle stesse condizioni e disposto ad effettuare un’operazione di questo tipo. Naturalmente, è molto difficile, nella pratica, distinguere tra un’operazione reale rispetto ad un operazione fittizia.

Questo tipo di operazioni sono considerate fittizie quando il vero obiettivo non è lo scambio di giocatori, o comunque l’elemento economico dell’operazione, ma piuttosto esigenze di bilancio. In passato questo tipo di operazioni sono state indicate con l’acronimo di “doping amministrativo“. Si tratta di operazioni finalizzate a far apparire un patrimonio netto contabile superiore a quello in realtà esistente, scambiandosi giocatori gonfiando i prezzi per mettere nei bilanci societari valori patrimoniali più elevati di quelli che erano iscritti precedentemente, portando benefici meramente contabili per sistemare artificiosamente i bilanci (e mascherare situazioni di default). Spesso, come puoi immaginare, in queste operazioni al limite del consentito sono coinvolti giocatori delle giovanili o riserve il cui valore non è ancora del tutto riconosciuto ufficialmente, assumendone uno più alto di quello reale (considerato che ottenere una valutazione oggettiva è difficoltoso). Tieni presente che effettuare questo tipo di operazioni non rende un club migliore sotto il profilo finanziario, ma può aiutare a mascherare perdite di bilancio giocando sulle plusvalenze. In passato ci sono stati club che sono stati accertati dalla Guardia di Finanza per l’esercizio di pratiche scorrette volte a mascherare i risultati effettivi dei propri bilanci. Oltre al rischio sportivo legato a penalizzazioni questi club rischiano anche sotto il profilo penale, qualora venga riscontrata una fattispecie di reato perseguibile.

Le ipotesi di reato legate al falso in bilancio

Il bilancio di esercizio è un documento molto importante nella vita delle imprese e, quindi, anche per le società di calcio professionistico. Tale documento ha l’obiettivo di permettere ai soci di acquisire tutte le informazioni aziendali necessarie per prendere decisioni sulla vita stessa dell’impresa. Il falso in bilancio è una “tecnica” contabile che consiste nella compilazione non corretta del fascicolo di bilancio (stato patrimoniale, conto economico, nota integrativa, relazione sulla gestione), manipolando le informazioni inserite al suo interno allo scopo di pagare meno tasse oppure di ottenere un vantaggio economico per chi amministra l’azienda. Secondo il nostro ordinamento, compilare un bilancio con dati falsi costituisce una frode e di conseguenza un reato. Nella fattispecie che stiamo analizzando il falso in bilancio è legato a valutazioni soggettive, che si verifica quando i dati di natura valutativa (i valori di compravendita dei cartellini dei calciatori) avviene su dati non reali. In questo modo, si arriva a redigere un bilancio i cui valori di patrimonializzazione (legati al migliore risultato d’esercizio ottenuto dalle plusvalenze iscritte) sono più elevati rispetto a quelli reali, magari per mascherare una possibile situazione di default dell’impresa.

Tieni presente che non è sempre semplice individuare una fattispecie di falso in bilancio, ma qualora venga individuata dalla Guardia di Finanza, il rischio è la contestazione, per gli amministratori della società, di una pena legata all’art. 2622 c.c., che può andare da 3 ad 8 anni di reclusione in caso di reato di false comunicazioni sociali per le società quotate in borsa. Accanto a questa tipologia di reato, comunque, possono essere contestate anche fattispecie collaterali, come ad esempio, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Domande frequenti

Come si ammortizzano i calciatori?

I cartellini dei giocatori di proprietà sono una delle voci che ha il maggiore impatto sul bilancio delle società di calcio. Secondo l’articolo 2426 del Codice Civile è possibile ammortizzare il costo sostenuto in ogni esercizio, a partire da quello di tesseramento, in quote costanti per l’intera durata del contratto. Alcune società, invece, adottano il principio di ammortamento secondo quote decrescenti.

Come funziona l’acquisto di un calciatore?

I calciatori, o meglio i loro cartellini sportivi, sono di proprietà di società di calcio professionistico. Nelle sessioni di calciomercato i club vendono ed acquistano cartellini di giocatori. Quando il cartellino viene ceduto ad un valore più elevato rispetto al valore contabile presente nel bilancio della società cedente si determina l’emersione di una plusvalenza. Quando, invece, il valore di cessione è inferiore al valore contabile del giocatore si determina una minusvalenza. Il valore contabile del calciatore è influenzato dal suo costo di acquisto e dalla durata del suo contratto di lavoro con il club (attraverso l’ammortamento).

Come funziona l’ammortamento di un calciatore?

Contabilmente, quando un giocatore viene acquistato da un società di calcio, iscrive il valore del suo cartellino tra le attività immateriali. Tali assets sono produttivi di reddito in base al numero di anni in cui il calciatore ha sottoscritto il contratto di lavoro con la società. Per far concorrere al risultato d’esercizio della società solo quota parte del valore, si applica il meccanismo economico/contabile dell’ammortamento. Il valore di acquisto del calciatore viene suddiviso in quote (costanti o decrescenti) che concorrono al risultato d’esercizio, andando a diminuire il valore contabile del calciatore. Più basso è il valore contabile del calciatore maggiore è la possibilità che da una sua cessione possa emergere una plusvalenza.

Chi acquista i calciatori in un club?

Il direttore sportivo o l’amministratore delegato di una società interessata all’acquisto si affidano ad un agente FIFA che tratti a loro nome e gli forniscono un modulo federale per l’acquisto del calciatore.

Come funziona la plusvalenza?

La plusvalenza non è altro che il guadagno effettivo sul cartellino di un giocatore. Minore è il valore contabile del calciatore iscritto in bilancio (zero per i calciatori delle giovanili e per i parametri zero) maggiore sarà la plusvalenza al momento della cessione.

Quando si può verificare il falso in bilancio per una società di calcio?

Nel caso in cui vengano effettuate operazioni di compravendita di calciatori con valori sproporzionati rispetto a quelli reali, in caso di accertamento della Guardia di Finanza potrebbe essere contestata la fattispecie di reato legata alle “false comunicazioni sociali” ed all’emissione di “fatture per operazioni inesistenti”. Queste fattispecie riguardano l’organo amministrativo della società che ha ratificato tali decisioni.

Cos’è l’emissione di fatture per operazioni inesistenti?

Ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. a) del D.Lgs. n. 74/2000, infatti, per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’IVA in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

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