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Migliorie su beni di terzi: disciplina fiscale

I costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni di terzi sono capitalizzabili ed iscrivibili nella voce “Altre immobilizzazioni immateriali” dello Stato Patrimoniale, qualora le migliorie e le spese incrementative non siano separabili dai beni stessi.

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Un soggetto o una società che detiene beni di proprietà di terzi in forza di un contratto di locazione, comodato o leasing ha la possibilità di dedursi dal reddito gli oneri sostenuti per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria. Tuttavia, è opportuno prestare attenzione ad alcuni aspetti particolari, sia sotto il profilo civilistico che fiscale, per attenuare i rischi legati a possibili contestazioni in caso di controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria. Inoltre, andremo ad analizzare anche gli aspetti che riguardano la disciplina civilistica e contabile di questi oneri.

Disciplina civilistica

Il punto di partenza quando si parla di migliorie su beni di terzi è il contratto che vincola le parti. Tale contratto, a seconda dei casi, può essere un:

  • Contratto di locazione;
  • Contratto di comodato;
  • Contratto di leasing.

Nel contratto deve essere individuato l’utilizzatore come il soggetto che sostiene le spese migliorative, che devono essere a lui intestate ed a lui rimaste a carico. Si tratta, in particolare, di andare a derogare l’ordinaria disciplina prevista dagli art. 1575 e 1576 del Codice civile, ed anche l’art. 1621 c.c. il quale prevede che sia il locatore ad eseguire a sue spese le riparazioni straordinarie. Tali disposizioni possono essere derogate contrattualmente con l’accordo delle parti contraenti. Pertanto, diventa fondamentale prevede un contratto che disciplini in modo chiaro il sostenimento delle spese straordinarie e di miglioria sui beni a carico dell’utilizzatore.

Disciplina fiscale

Imposte dirette

Manutenzione ordinaria

Per la determinazione del reddito di impresa, le spese sostenute per la manutenzione ordinaria (non incrementative) sostenute su beni di terzi sono deducibili secondo i criteri ordinari. La spesa, quindi, è spesabile a Conto economico da parte del soggetto che la sostiene (l’utilizzatore). Tuttavia, deve essere evidenziato che il limite del 5% previsto dall’art. 102, co. 6 del TUIR non trova applicazione sulle migliore su beni di proprietà di terzi.

Manutenzione straordinaria

Sempre ai fini della determinazione del reddito di impresa le spese incrementative su beni di terzi, le spese incrementative su beni di terzi, capitalizzate ed iscritte nella voce B.I.7 dello Stato patrimoniale, sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio (ex art. 108 co. 1 del TUIR). In particolare, secondo quanto previsto dalla C.M. 27.5.94 n. 73/E, (§ 3.36) sono i criteri civilistici di ripartizione delle spese in esame rappresentano il presupposto per la determinazione della quota di dette spese imputabile al reddito dell’esercizio.

Per quanto riguarda, invece, le spese che riguardano i beni dotati di autonoma funzionalità, queste sono fiscalmente ammortizzabili secondo le regole proprie della categoria di appartenenza del bene, sulla base dei coefficienti fissati dal D.M. 31.12.88 in relazione al settore di attività dell’impresa (vedasi la Risoluzione n. 179/E/2005 dell’Agenzia Entrate).

In entrambi i casi gli oneri sostenuti dall’utilizzatore del bene devono essere:

  • Previsti contrattualmente, quindi, deve essere chiaro il fatto che il soggetto che deve sostenere le spese è l’utilizzatore. Questi deve essere l’intestatario delle suddette spese;
  • Inerenti, intendendosi tale requisito in senso qualitativo, come nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l’attività svolta dal contribuente (vedasi sul punto la pronuncia della Cassazione 14.4.2022 n. 12128). Tale principio, espresso con riferimento all’Iva dalle Sezioni Unite (sentenze 11.5.2018 nn. 11533 e 11534), è stato trasfuso nell’ambito delle imposte dirette per la prima volta dall’ordinanza 27.9.2018 n. 23278.

Tabella di riepilogo: migliorie su beni di terzi

Vedasi i chiarimenti forniti dalla Circolare n. 179/E/2005 l’Agenzia delle Entrate.

CONTABILIZZAZIONEREQUISITI
IMMOBILIZZAZIONI MATERIALISe si estrinsecano in beni materiali che hanno una loro individualità e autonoma funzionalità e che, al termine del periodo di uso o comodato, possono essere rimossi dall’utilizzatore, risultando possibile l’utilizzo, a prescindere dal bene cui accedono. Tali beni possono essere ammortizzati facendo riferimento alle aliquote previste dal D.M. 31 dicembre 1988, che disciplina i coefficienti di ammortamento applicabili ai beni materiali strumentali.
IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALIQualora le opere realizzate non siano separabili dai beni di terzi cui accedono, ossia non possono avere una loro autonoma funzionalità. Dello stesso tenore anche la Circolare n. 27/E/2005, secondo la quale, tali spese sono disciplinate, ai fini della deducibilità fiscale, dal comma 1 dell’art. 108 del TUIR.

La giurisprudenza sul tema

L’inerenza dei costi incrementativi su beni di terzi

Affinché i costi relativi alle spese in oggetto siano deducibili dal reddito del soggetto conduttore, deve essere rispettato anche il requisito dell’inerenza all’attività d’impresa. Il caso affrontato riguarda lavori di manutenzione o ristrutturazione su immobili utilizzati da impresa che li deteneva sulla base di un contratto di locazione. In particolare, nel caso, il requisito dell’inerenza era stato considerato presente, in quanto era stato rilevato, con accertamento in fatto, che “la ditta era effettivamente ubicata nei locali” in questione e che il bene è stato ritenuto “strumentale alla predisposizione dell’offerta produttiva“, sicché le relative “spese di miglioramento dei locali destinati all’attività rientrano tra le spese generali“.

Su questo aspetto molto delicato in senso conforme si è espressa la Corte di cassazione con l’ordinanza 14 aprile 2022, n. 12128, secondo la quale: “Va data continuità alla giurisprudenza della Corte secondo cui l’esercente attività d’impresa o professionale può dedurre dai redditi d’impresa i costi occorsi per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di un immobile condotto in locazione, anche se si tratta di un bene di proprietà di terzi, purché sussista il requisito dell’inerenza, avente valenza qualitativa, e quindi da intendersi come nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l’attività svolta né osta a questo il fatto che il proprietario dell’immobile dato in comodato fosse il padre del contribuente”.

Dello stesso tenero anche l’ordinanza 9 marzo 2022, n. 7691, secondo al quale la deducibilità dei costi di ristrutturazione di un locale non può essere subordinata al diritto di proprietà dell’immobile, essendo sufficiente che gli stessi siano sostenuti nell’esercizio dell’impresa, al fine della realizzazione del migliore esercizio dell’attività imprenditoriale e dell’aumento della redditività della stessa, e che, ovviamente, risultino dalla documentazione contabile.

Ripartizione dei costi in relazione alla durata del contratto e presenza del rinnovo

Abbiamo detto che per determinare la quota annuale di ripartizione dei costi sostenuti su beni di terzi, ed art. 108, co. 1, del TUIR è necessario guardare alla durata del contratto. In particolare nella R.M. 27 dicembre 1983, n. 400, il Ministero delle finanze ha indicato che per i costi sostenuti da una società per la ristrutturazione degli impianti di un fabbricato condotto in locazione, le modalità di ripartizione dei suddetti costi divergono a seconda che il contratto di locazione preveda o meno la rinnovabilità alla scadenza. In caso di assenza di clausola di rinnovo automatico le spese di miglioria su beni di terzi sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun periodo d’imposta, non oltre, comunque, il periodo di durata del contratto. Nel caso in cui, invece, vi sia la clausola di rinnovo automatico, a condizione che i costi stessi svolgano la loro utilità anche nelle ulteriori annualità per le quali è prevista la rinnovabilità del contratto, le predette modalità di riparto dovranno tenere conto anche di tali ulteriori periodi. Il tutto tenendo presente che, in caso di mancato rinnovo, le quote residue si renderanno interamente deducibili nell’esercizio in cui si verificherà tale circostanza.

La Corte di cassazione, con l’ord. 21 giugno 2022, n. 19920, ha affrontato il caso di un locatario aveva sostenuto costi per l’apertura dei punti vendita in numerosi immobili detenuti in locazione e aveva commisurato la durata dell’utilità del bene, quindi la quota di ammortamento, al solo periodo di durata del contratto, e non anche considerando il rinnovo contrattuale alla scadenza. In sede di accertamento, l’Amministrazione finanziaria aveva ripreso a tassazione le maggiori quote di ammortamento, affermando che il periodo di ammortamento doveva considerare anche il rinnovo contrattuale (quindi, a parere dell’Amministrazione finanziaria, l’ammortamento doveva essere ripartito in dodici anni e non in sei come aveva deciso la società). Ne è conseguito che, in sede di accertamento, l’Agenzia delle entrate aveva riconosciuto una quota annua di ammortamento minore rispetto a quella contabilizzata dalla società. La Corte di cassazione, ricordando il contenuto dell’OIC 24, ha affermato che le spese in esame, applicando un principio di prudenza, devono essere distribuite, al massimo, per tutta la durata della locazione, senza tenere conto del rinnovo, dato che, secondo i principi contabili, il valore residuo di un onere pluriennale deve essere sempre pari a zero. Nella citata sentenza, la Corte ha affermato che, dal punto di vista fiscale, tali spese non possono essere considerate deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono state sostenute, ma assumono rilevanza come i costi a utilizzazione pluriennale, ai sensi dell’art. 108, comma 1, del TUIR, nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio.

La Suprema Corte appare, quindi, in disaccordo con l’Amministrazione finanziaria, ha affermato che, in presenza di un piano di ammortamento redatto in relazione alla durata contrattuale della locazione, deve tenersi conto solo della prima scadenza, e non anche del periodo di rinnovo. Non è stata, pertanto, considerata legittima la ripresa a tassazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, in ragione dell’assunto che la contribuente avrebbe dovuto considerare la rinnovazione automatica del contratto e, dunque, la durata comprensiva del primo periodo di rinnovo. In particolare, la Suprema Corte ha affermato che è corretta la distribuzione dei costi per migliorie su beni di terzi per un periodo pari al contratto di locazione secondo la sua durata ordinaria, restando irrilevante il suo eventuale, prolungamento.

Disciplina Iva

Sotto il profilo Iva la situazione appare variegata. Di seguito riportiamo alcuni elementi utili in relazione ai chiarimenti esistenti sul tema:

CASISTICADETRAZIONE IVA
Manutenzione o ristrutturazione di immobili di proprietà di terziÈ riconosciuto il diritto alla detrazione Iva condizione che sussista un nesso di strumentalità con l’attività di impresa o professionale (anche potenziale o di prospettiva) esercitata dal soggetto passivo. È ininfluente la circostanza che la predetta attività non abbia poi potuto concretamente essere esercitata, per cause estranee alla sfera d’azione del soggetto passivo (Cass. SS.UU. 11.5.2018 nn. 11533 e 11534).
Spese sostenute per lavori realizzati su beni di proprietà di terzi non utilizzati nell’esercizio dell’attivitàIl diritto alla detrazione è stato riconosciuto nella Risposta ad interpello n. 219/E/2021.
Spese di trasformazione, miglioramento e ampliamento di beni di terzi, concessi in uso o in comodatoLa detraibilità spetta per le spese di manutenzione straordinaria a condizione che il bene sia inerente all’attività di impresa esercitata dal soggetto passivo che ha effettuato i lavori, seppur non sia proprietario dell’immobile (Risoluzione n. 179/E/2005).
Spese sostenute su immobili abitativiÈ indetraibile l’imposta assolta relativa agli interventi di manutenzione e/o recupero su fabbricati a destinazione abitativa, ad eccezione delle imprese costruttrici (art. 19-bis1 lett. i) del DPR n. 633/72). Secondo altra giurisprudenza, tuttavia, non rileverebbe la classificazione catastale, ma il concreto utilizzo dell’immobile (Cass. 29.4.2015 n. 8628).
Il cambio di classificazione catastale da abitativa (categoria catastale A eccetto A/10) a strumentale (A/10 e altre categorie), per effettuare operazioni soggette ad IVA, determina il venir meno del menzionato regime di indetraibilità (Risoluzione n. 196/E/2007).

Disciplina contabile

Sotto il profilo contabile deve essere tenuto in considerazione quanto previsto dal principio contabile OIC 24, il quale disciplina i beni immateriali, in relazione alle spese per migliorie su beni di terzi. Le disposizioni che ne possiamo ricavare possono essere così schematizzate:

AmmortamentoL’ammortamento dei costi per migliorie dei beni di terzi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo, se dipendente dal conduttore. Ne deriva che, qualora, ai fini civilistici, si sia tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo del contratto di locazione commerciale, anche ai fini fiscali l’ammortamento risulterà deducibile in tale maggiore arco temporale, fermo restando che, in caso di mancato rinnovo, le quote residue si renderanno interamente deducibili nell’esercizio in cui si verificherà la cessazione del rapporto. Gli ammortamenti sono iscritti nel conto economico, tra i costi della produzione, nella voce B10a) ”Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali”.
CapitalizzazioneI costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni presi in locazione dall’impresa (anche in leasing) sono capitalizzabili e iscrivibili tra le ”altre” immobilizzazioni immateriali, se le migliorie e le spese incrementative non sono separabili dai beni stessi (ossia non possono avere una loro autonoma funzionalità), altrimenti sono iscrivibili tra le “Immobilizzazioni materiali” nella specifica voce di appartenenza.
CancellazioneI costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi sono cancellati dal bilancio nel caso in cui il contratto di locazione (o leasing) cui si riferiscono cessi prima della scadenza originariamente pattuita. Il relativo importo è rilevato direttamente a conto economico nella voce B10c) ”altre svalutazioni delle immobilizzazioni”, salvo il caso in cui la cessazione del contratto dipenda dall’acquisto del bene da parte della società. In questa ipotesi, l’importo iscritto tra le “Immobilizzazioni immateriali” viene riclassificato tra le “Immobilizzazioni materiali” ad aumento del costo del bene acquisito, nel limite del valore recuperabile del bene.

Scritture contabili

Vediamo, di seguito, le scritture contabili che riguardano le manutenzioni ordinarie e straordinarie su beni di terzi.

Manutenzioni ordinarie

Nel caso di manutenzioni ordinarie, i costi sostenuti sia per i beni propri, sia per i beni di terzi devono essere rilevati come costi dell’esercizio, iscrivibili in Conto economico, utilizzando la seguente scrittura contabile:

CONTODAREAVERE
SPESE DI MANUTENZIONE200,00
IVA ACQUISTI44,00
FORNITORE “ALFA”244,00

Manutenzioni straordinarie

Come abbiamo visto, gli oneri sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni di terzi possono essere capitalizzati nell’attivo dello Stato patrimoniale mediante la loro iscrizione (OIC 24, § A.22) nella voce B.I.7, se le migliorie e le spese incrementative non risultano separabili dai beni stessi (in quanto non suscettibili di rivestire una loro autonoma funzionalità) o nella specifica voce delle immobilizzazioni materiali relativa alla categoria di appartenenza dei beni (da B.II.1 a B.II.5), nei restanti casi. Di seguito le scritture contabili interessate:

Il primo aspetto riguarda l’iscrizione del sostenimento del costo.

CONTODAREAVERE
SPESE DI MANUTENZIONE200,00
IVA ACQUISTI44,00
FORNITORE “ALFA”244,00

Al termine dell’esercizio viene effettuata la capitalizzazione del costo.

CONTODAREAVERE
SPESE INCREMENTATIVE SU BENI DI TERZI O IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI200,00
INCREMENTI DI IMMOBILIZZAZIONI PER LAVORI INTERNI (voce A.4 CE)200,00

L’ammortamento dei costi per migliorie dei beni deve essere effettuato tenendo conto di quanto indicato precedentemente.

Conclusioni

La deduzione dei costi legati alle migliorie su beni di terzi da parte dell’utilizzatore deve essere legata alla specifica previsione contrattuale e la spesa deve essere inerente all’attività concretamente svolta dall’impresa utilizzatrice. Solo a queste condizioni è possibile la capitalizzazione di questi oneri (che devono comunque essere intestati all’utilizzatore). Per la deduzione deve essere prestata particolare attenzione alla durata del contratto che lega le parti (comodato, locazione o leasing) tenendo presente che l’Amministrazione finanziaria e la giurisprudenza di legittimità non sono concordi nell’individuare il periodo su cui basare l’ammortamento. Per questo motivo è importante effettuare una valutazione dei rischi legati alla capitalizzazione di questi oneri in relazione ad un ipotetico futuro accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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