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Dimissioni durante il congedo parentale: gli effetti

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È possibile effettuare le dimissioni durante il congedo parentale, ma questo comporta la perdita del diritto all’indennità per il genitore beneficiario. Tuttavia, esistono delle tutele economiche, che variano in base al momento in cui vengono presentate le dimissioni, accompagnate da una procedura specifica di convalida. Lo scopo è quello di evitare che siano forzate dal datore di lavoro. Ma non è tutto. Le dimissioni durante il congedo parentale comportano implicazioni importanti anche sul preavviso e sull’eventuale accesso alla Naspi.


La lavoratrice o lavoratore interessato possono presentare le dimissioni durante il congedo parentale, ma è essenziale essere consapevoli delle conseguenze che ne derivano per il genitore beneficiario. In prima battuta, il genitore che si dimette perde il diritto all’indennità. Tuttavia, esistono alcune tutele economiche che variano a seconda del momento in cui avvengono le dimissioni.

Per garantire che le dimissioni non sia in nessun modo forzate dal datore di lavoro, è importante seguire una procedura specifica di convalida, al fine di preservare i diritti del genitore coinvolto. La legislazione sul lavoro italiana è infatti attenta alla tutela del lavoratore neogenitore, che si trova in una condizione di particolare fragilità.

Per avere una panoramica completa degli impatti in caso di dimissioni durante il congedo parentale, è importante valutare anche il tema del preavviso e la possibilità di un accedere o meno alla Naspi. Ti consiglio di consultare un esperto per comprendere appieno come le dimissioni influiranno sulla tua situazione finanziaria e lavorativa.

Congedo parentale: come funziona

Dopo il congedo obbligatorio, la madre e il padre del neonato hanno diritto al congedo parentale, ovvero all’astensione facoltativa dal lavoro che può essere fruita entro i primi 12 anni di vita del bambino.

Sulla base del Decreto legislativo numero 151/2001, noto come “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità“, il congedo parentale prevede una durata complessiva tra entrambi i genitori che non può superare i dieci mesi, ma può essere estesa a undici mesi se il padre prende un periodo di astensione continuativa o frazionata.

Durante il periodo di astensione facoltativa, è prevista inoltre a favore dei genitori un’indennità pari al 30% della loro retribuzione media giornaliera, calcolata sul mese precedente l’inizio del congedo. Da pochi mesi, è stata introdotta anche l’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera, per un mese complessivo, per entrambi i genitori, da fruire, in modalità ripartita o da uno solo dei genitori, entro il sesto anno di vita.

Dimissioni durante il congedo parentale: ci sono tutele economiche?

Secondo le precise disposizioni dell’Inps, quando il rapporto di lavoro termina all’inizio o durante il periodo di congedo parentale, a seguito di dimissioni volontarie, il diritto al congedo stesso e la relativa indennità terminano alla data di interruzione del lavoro.

Tuttavia, scattano delle tutele economiche a favore dei genitori lavoratori che hanno presentato le dimissioni durante il periodo in cui è vietato il licenziamento, ovvero il primo anno di vita del bambino. Queste disposizioni includono:

  • Indennità sostitutiva del preavviso, calcolata nella misura prevista per il licenziamento;
  • Altre indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento, compresa l’indennità di disoccupazione Naspi.

Come abbiamo menzionato precedentemente, è cruciale seguire una procedura specifica di convalida delle dimissioni, se queste vengono presentate durante il periodo di congedo parentale. In particolare, la convalida delle dimissioni comporta la perdita del diritto alla retribuzione a partire dalla data in cui vengono comunicate. Tuttavia, se si dovesse verificare che le dimissioni siano state presentate in modo fittizio, il dipendente ha diritto a ricevere gli stipendi persi fino alla data di riassunzione.

È giunto il momento di esaminare in dettaglio le procedure e le conseguenze delle dimissioni durante il congedo parentale.

Dimissioni: attenzione al preavviso in caso di congedo parentale

Nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento, i lavoratori possono dimettersi senza osservare il periodo di preavviso, stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro applicato, senza dover pagare per il mancato preavviso. Inoltre, alla lavoratrice spetterà l’indennità sostitutiva del preavviso da parte del datore di lavoro, che dovrà essere calcolata sulla base delle norme del CCNL per il preavviso di licenziamento.

La situazione cambia in caso di presentazione delle dimissioni durante il congedo parentale, al superamento dell’anno del bambino. In questo caso, il lavoratore si trova di fronte a due opzioni. La prima consiste nell’interrompere il congedo parentale e tornare al lavoro per completare i giorni di preavviso, durante i quali il lavoratore sarà remunerato al 100%.

In alternativa, il genitore coinvolto rimane in congedo parentale fino all’ultimo giorno lavorativo, facendo iniziare le dimissioni dal giorno successivo. In questo caso percepirà un’indennità pari al 30% fino all’ultimo giorno di congedo, e dalla sua retribuzione verrà trattenuta l’indennità sostitutiva del preavviso, che rappresenta una compensazione per il preavviso non rispettato.

Dimissioni entro l’anno del bambino: accesso alla Naspi?

L’accesso alla Naspi è garantito solo se la lavoratrice presenta le dimissioni durante il periodo protetto di maternità, in cui vige il divieto di licenziamento, ovvero entro l’anno di vita del neonato. In questo caso, la lavoratrice non è tenuta a rispettare il preavviso di dimissioni.

Naturalmente, è importante notare che il genitore può accedere alla Naspi solo se soddisfa gli altri requisiti previsti dalla legge per beneficiare di questo sostegno, che includono:

  • Requisito contributivo: la lavoratrice deve aver versato contributi per almeno 13 settimane nel quadriennio precedente alla cessazione del rapporto di lavoro, in caso di disoccupazione involontaria;
  • Requisito lavorativo: deve aver lavorato almeno 30 giorni effettivi nei 12 mesi antecedenti all’inizio della disoccupazione.

Tuttavia, nel caso di presentazione delle dimissioni, dopo il primo anno di età del bambino, non è previsto l’accesso alla Naspi, anche se si soddisfano gli altri requisiti.

Congedo parentale: obbligo di convalida delle dimissioni

Le dimissioni di una lavoratrice neomamma potrebbero essere influenzate o sollecitate dal datore di lavoro. Pertanto, la legge prevede che durante i primi tre anni di vita del bambino, o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o affidato, il lavoratore debba convalidare le dimissioni attraverso l’apposito servizio presente nelle sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Nello specifico, scatta l’obbligo di convalida delle dimissioni nei seguenti casi:

  • Lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
  • Lavoratrice o lavoratore nei seguenti periodi: nei primi tre anni di vita del bambino; nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o affidato oppure nei primi tre anni a partire dalla comunicazione della proposta di incontro con il minore o dall’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento.

La convalida delle dimissioni ha l’obiettivo di verificare e accertare che il lavoratore si stia dimettendosi in modo volontario, senza subire pressioni o condizionamenti da parte del datore di lavoro. In assenza di convalida, le dimissioni non saranno considerate valide.

Congedo parentale: iter di convalida delle dimissioni

Per quanto riguarda la procedura di convalida delle dimissioni, il lavoratore deve seguire i seguenti passaggi:

  • Presentare le dimissioni consegnando la lettera al datore di lavoro;
  • Inoltrare una richiesta di convalida delle dimissioni all’Ispettorato territoriale del lavoro (ITL), allegando una copia della lettera di dimissioni consegnata all’azienda;
  • Convocazione dell’interessato dal servizio competente, allo scopo di valutare la sua effettiva e consapevole volontà di presentare le dimissioni.

Una volta completata questa procedura, l’ITL emette un provvedimento di convalida, entro 45 giorni dalla richiesta, il quale viene notificato sia al datore di lavoro che al dipendente dimissionario.  Dopo la convalida, il datore di lavoro potrà procedere all’invio della comunicazione telematica UniLav per segnalare al Centro per l’impiego la cessazione del rapporto di lavoro.

Inoltre, in seguito alla risoluzione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto a ricevere le competenze di fine rapporto, che includono:

  • Ferie maturate e non godute;
  • Permessi previsti dal CCNL, maturati e non goduti;
  • Mensilità aggiuntive maturate e non ancora liquidate, come la tredicesima e, se prevista, la quattordicesima mensilità;

Si aggiunge, infine, il Trattamento di Fine Rapporto, che di solito viene liquidato per garantire una corretta rivalutazione degli importi accumulati fino al 31 dicembre dell’anno precedente. Il TFR viene generalmente pagato con la busta paga del mese successivo a quello in cui è avvenuta la cessazione del rapporto di lavoro.

Conclusioni

È possibile presentare le dimissioni durante il congedo parentale, ma ciò comporta la perdita dell’indennità per il genitore beneficiario. Tuttavia, esistono tutele economiche legate al momento delle dimissioni e una procedura di convalida per evitare pressioni da parte del datore di lavoro. Inoltre, ci sono implicazioni relative al preavviso e all’accesso alla Naspi.

Per quanto il preavviso, i lavoratori possono dimettersi senza rispettare il preavviso previsto dal CCNL, senza doverlo pagare, solo se le dimissioni avvengono entro l’anno del bambino. Anche l’accesso alla Naspi è collegato al momento di presentazione delle dimissioni. Possono quindi avere accesso solo coloro che si sono dimessi nel periodo protetto di maternità.

Infine, scatta l’obbligo di convalida delle dimissioni presso l’Ispettorato territoriale del lavoro, durante i primi tre anni del bambino, per garantire che il lavoratore intenda dimettersi volontariamente.

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