Home Fisco Nazionale Bilancio Bilancio di sostenibilità, obbligatorio o facoltativo?

Bilancio di sostenibilità, obbligatorio o facoltativo?

L'obbligatorietà del bilancio di sostenibilità

0

Con i nuovi provvedimenti europei dal 2024 ci sarà il progressivo inserimento dell’obbligatorietà del bilancio, soprattutto per tutte le imprese di grandi dimensioni e le PMI quotate.


Il bilancio di sostenibilità ha lo scopo di informare gli stakeholder sulle performance ambientali, sociali e di governance dell’azienda. Il report di sostenibilità abbraccia un’ampia gamma di temi tra cui, solo a titolo esemplificativo, la riduzione dell’impatto ambientale, il rispetto dei diritti umani, la promozione di condizioni di lavoro eque e sicure, nonché la gestione trasparente e responsabile dell’azienda. 

Questo tipo di report permette alle imprese che lo redigono di mostrare, sia ai soggetti esterni che interni, il loro impegno e il  percorso di sostenibilità intrapreso dall’azienda, oltre a permettere un monitoraggio dei risultati raggiunti, al fine di definire percorsi di miglioramento sul medio-lungo termine.

L’impatto delle attività aziendali sul tessuto sociale e ambientale è una tematica di grande attualità e sul quale vi sono delle crescenti aspettative degli stakeholder; tanto che, la stessa Unione Europea, ha emanato una serie di direttive che rendono il bilancio sostenibile obbligatorio per alcune tipologie di imprese.

La prima Direttiva: la n. 2014/95/UE “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità” (NFRD)

Per fare chiarezza sull’argomento è opportuno partire dalla Direttiva 2014/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, relativa alla “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità” (NFRD). 

La quale impone alle imprese che costituiscono enti di interesse pubblico (ovvero grandi società quotate, banche e assicurazioni), l’obbligo di redigere una dichiarazione di carattere non finanziario solo al superamento di determinati requisiti. 

Infatti, se alla data di chiusura del bilancio, gli enti di interesse pubblico presentano:

  • Un numero di dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari a 500;
  • Un totale di bilancio superiore a 20 milioni di euro o un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro.

Sono obbligati alla redazione della dichiarazione di carattere non finanziario inserendo informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva.

La direttiva recepita in Italia con il D.Lgs n. 254 del 30.12.2016, entra vigore il 1° gennaio 2017.

La seconda direttiva: Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD –

Successivamente, e più precisamente, il  21 aprile 2021, la Commissione Europea pubblica la “Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)” (che va a sostituire la sopra menzionata NFRD), adottata in via definitiva dal Parlamento europeo il 10 novembre 2022, dal Consiglio Europeo il 28 novembre 2022, e pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 16 dicembre dello stesso anno.

Lo scopo è duplice: da un lato, introdurre nuove regole per il reporting di sostenibilità, dall’altro, estendere ad una platea di imprese molto più ampia l’obbligo di divulgare informazioni in merito alle tematiche di sostenibilità.

Infatti, alla luce della CSRD, i soggetti che diventano obbligati alla redazione del bilancio di sostenibilità sono: 

  1. Tutte le società di grandi dimensioni (comprese le società madri di gruppi di grandi dimensioni),  anche non quotate, che superano due dei seguenti tre criteri:  Stato Patrimoniale superiore a 20 milioni di euro, fatturato netto superiore 40 milioni di  euro, dipendenti medi nell’anno superiori a 250. 
  2. Piccole e medie imprese quotate (escluse le micro-imprese), tra cui rientrano gli istituti di credito di piccole dimensioni e le imprese di assicurazioni dipendenti da un Gruppo.
  3. Imprese e succursali con capogruppo extra-UE, sono obbligate a redigere il bilancio di sostenibilità se presentano un doppio requisito. Il primo riguarda la capogruppo, che  deve aver generato in Unione Europea ricavi netti superiori a € 150 milioni per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi. Il secondo è rivolto alla succursali, infatti, almeno un’impresa figlia deve soddisfare i requisiti dimensionali della CSRD (indicati al punto 1) e una succursale deve aver generato ricavi netti superiori a € 40 milioni nell’esercizio precedente.

Timeline: da quando scatta l’obbligo

Pertanto, se vogliamo creare una timeline relativa alle tempistiche con le quali il bilancio sostenibilità diventerà obbligatorio, avremo che:

  • Dal primo gennaio 2024 i soggetti obbligati saranno le imprese già soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria, con pubblicazione dei dati nel 2025;
  • Dal primo gennaio 2025 ai soggetti obbligati si aggiungeranno le grandi imprese che non erano ancora soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria, ma rientrano nella CSRD (ovvero aziende i cui requisiti sono indicati al sopra menzionato punto 1), con pubblicazione nel 2026;
  • Dal primo gennaio 2026 saranno obbligate le PMI e le altre imprese quotate, con pubblicazione nel 2027 (attualmente le PMI possono scegliere di posticipare al 2028), le Istituzioni creditizie piccole e imprese assicurative «captive», con pubblicazione nel 2027;
  • Dal primo gennaio 2028 per società extra UE che generano oltre 150 milioni di euro all’anno di ricavi nell’UE e che hanno nell’UE una succursale con un fatturato superiore a 40 milioni, con pubblicazione nel 2029.

Le principali novità della CSRD

L’impatto della CSRD sulla redazione dei bilanci di sostenibilità è notevole, non solo per l’ampliamento della platea dei soggetti coinvolti, ma anche per la creazione di standard condivisi di rendicontazione.

Innanzi tutto viene previsto l’obbligo di rendere “digitali”  le informazioni presenti nei report di sostenibilità attraverso l’utilizzo del linguaggio XHTML e XBRL, al fine di aumentare la diffusione e condivisione delle informazioni.

Inoltre, per garantire una maggiore comparabilità dei dati, le imprese saranno tenute ad adottare un unico standard di redazione, ESRS, acronimo di European Sustainability Reporting Standard.

Il ruolo dell’EFRAG

Gli ESRS sono stati emanati dall’ EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). A Questa organizzazione, con sede a Bruxelles, istituita nel 2001, è stato assegnato il compito di creare degli standards per il bilancio di sostenibilità condivisi dall’Unione Europea. Il 22 novembre 2022, dopo un periodo di pubblica consultazione, l’EFRAG ha quindi proposto alla Commissione Europea un primo pacchetto di dodici punti, successivamente approvato a fine luglio 2023.

I dodici ESRS (sector-agnostic standards)

Il 31 luglio 2023, per consentire alle imprese di adempiere agli obblighi di reporting previsti dalla CSRD,  è stato adottato dalla Commissione Europea il primo set di ESRS, composto da 12 standards totali.

Nel dettaglio gli ESRS sono composti da quattro grandi macro aree: cross-cutting, environment, social e governance; ognuno dei quali è composto al suo interno da uno a più standards.

  • l’area “Cross-cutting”  comprende due standards, che non riguardano uno specifico tema di sostenibilità, ma riportano le informazioni aziendali generali ed i loro obiettivi, infatti i due standards sono: requisiti generali e informative generali;
  • Environment” comprende cinque standards (dal numero E1 al E5): cambiamento climatico, inquinamento, risorse idriche e marine, biodiversità ed ecosistemi, risorse ed economia circolare;
  • Social” comprende quattro standards (dal numero S1 al S4): forza lavoro propria, lavoratori della catena del valore, comunità interessate, clienti e utenti finali;
  • Governance” accoglie al suo interno solo uno standard (G1) ovvero la condotta aziendale.

Le imprese dovranno quindi includere necessariamente anche le informazioni materiali relative ai partner (e competitor se disponibili) per consentire agli stakeholder di comprendere gli impatti, i rischi e le opportunità dell’impresa.

Questa informativa, già prevista nelle prassi attuali e negli Standard GRI, è attualmente facoltativa perché è possibile ometterla qualora i dati siano incompleti o non disponibili. Gli ESRS invece, richiedono, in caso di impossibilità per l’organizzazione di raccogliere i dati utili, di stimare le informazioni utilizzando dati di settore e dati proxy.

La direttiva CSRD prevede inoltre che l’EFRAG prosegua il suo lavoro predisponendo ulteriori standards specifici per singolo settore.

Creare una nuova cultura aziendale di sostenibilità

Gli standard predisposti dall’EFRAG per il bilancio di sostenibilità sono solo un primo passo in avanti dell’Unione Europea verso una rendicontazione trasparente degli impatti ambientali, sociali e di governance.

Diventa quindi importante sapere che tipo di informazioni riportare e come misurarle. Ecco che le imprese dovranno impegnarsi a creare una vera e propria “cultura di sostenibilità” per permettere agli organi amministrativi di comprendere quali sono le iniziative sostenibili che influiscono sull’andamento aziendale, sui risultati oltre che sulla struttura del modello economico di business. Definire le proprie strategie di sostenibilità sarà un passo fondamentale per redigere correttamente il report. 

Innanzitutto, ogni azienda, deve analizzare il contesto in cui opera (sia interno che esterno) e valutare il proprio posizionamento rispetto agli altri competitors, in relazione ai nuovi standards ESRS. 

Una volta conosciuto il contesto  è opportuno svolgere un’indagine di doppia materialità, ovvero prevedere un’analisi di tutte le informazioni “materiali” riguardanti gli impatti delle proprie attività, sulle persone e sull’ambiente, i rischi e le opportunità individuati per elaborare una strategia di sostenibilità; individuando gli obiettivi e un piano di azione per raggiungerli.  Successivamente è opportuno riprogettare i modelli organizzativi aziendali e di governance per poter raggiungere gli obiettivi prefissati. Solo in ultima battuta vengono stabilite le policy di rendicontazione ed i flussi di controllo.

Ripensare le imprese in termini di sostenibilità è la sfida che l’Unione Europea stà lanciando alle aziende con l’obiettivo di ampliare sempre di più la platea dei soggetti coinvolti nell’applicazione di questi nuovi standards.

Nonostante il trend delle grandi imprese, è prevedibile che l’introduzione degli ESRS richiederà alle imprese di piccole e medie dimensioni un rilevante impegno. Le aziende infatti, saranno chiamate ad ampliare la propria struttura organizzativa in termini di: nuove competenze in materia di sostenibilità e strumenti, al fine di raccogliere, analizzare, rendicontare e monitorare i dati richiesti dai penetranti requisiti degli ESRS.

Risulterà determinante, quindi, un approccio proattivo per adeguarsi ai nuovi requisiti normativi, iniziando a costruire la necessaria architettura organizzativa e di dati ben prima della data di applicazione della Direttiva.

Articolo precedenteFestività di dicembre in busta paga: cosa attendersi?
Prossimo ArticoloPartita Iva in regime forfettario, le novità del 2024
Laurea in Economia e Commercio conseguita presso l’Università degli Studi di Firenze con votazione di 110 Lode. Mi occupo principalmente di fiscalità nazionale e di ristrutturazione dei debiti sia di società che di ditte individuali. Le mie principali esperienze sono in ambito fallimentare e di gestione della crisi di impresa, nello specifico mi occupo dell’analisi dei debiti presso le Amministrazioni Fiscali (come Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione).
Exit mobile version