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Addizionali più pesanti con la riforma Irpef 2024

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La riforma Irpef, con la redistribuzione delle aliquote, potrebbe portare, come rovescio della medaglia, ad addizionali regionali e comunali più care sugli stipendi.


La riforma Irpef comporterà una passaggio degli scaglioni delle aliquote da 4 a 3, puntando ad allargare la platea dei lavoratori con reddito medio-basso che possano usufruire di una minore tassazione in busta paga. Se questo però è vero occorre considerare anche l’altra faccia della medaglia. Regioni e comuni potrebbero infatti essere costretti ad aumentare le addizionali.

Ad evidenziare questa possibilità è stata la Conferenza Unificata Stato Regioni nel report del 9 novembre 2023. Quest’ultima era stata chiamata infatti a dare un proprio parere sulla riforma dell’IRPEF. Il ritocco delle aliquote sul fronte delle addizionali, come è stato fatto notare, costerebbe infatti più di quanto preventivato e comporta il rischio di un aumento della pressione fiscale sul fronte delle imposte dovute agli enti territoriali. In questo modo i benefici sugli stipendi sarebbero invisibili e i lavoratori nemmeno riuscirebbero ad accorgersi degli sgravi fiscali.

Vediamo quindi di capire meglio cosa potrebbe accadere sulle buste paga nel 2024.

Riforma Irpef e nuovi scaglioni

Per il solo anno 2024 le aliquote IRPEF si riducono da quattro a tre in attesa che venga messa in atto la sbandierata flat tax. Questa riduzione risulta favorevole, in particolare, per i contribuenti con un reddito compreso tra 15.001 e 28.000 euro, ai quali nel 2024 si applicherà l’aliquota del 23%,al posto di quella attualmente vigente del 25%. È quanto emerge dalla bozza del decreto legislativo, approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 16 ottobre 2023, che dà attuazione alla delega fiscale per la riforma della tassazione delle persone fisiche. Questa novità era comunque già nota.

La ridistribuzione delle aliquote Irpef per scaglioni di reddito sarà quindi la seguente:

  • 23% fino a 28.000 euro;
  • 35% oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
  • 43% oltre 50.000 euro.

Addizionali Irpef più alte: il parere della Conferenza Unificata Stato regioni

Quale impatto potrebbe avere la riforma delle aliquote Irpef? L’effetto dell’accorpamento dei primi due scaglioni comporterebbe “una perdita di entrate per le Regioni e le province autonome ben superiore a quella quantificata”, con il conseguente rischio di un aumento della pressione fiscale. Questo è quanto si legge nel report del 9 novembre 2023 della Conferenza Unificata Stato Regioni, contenente l’intesa sul decreto legislativo del Governo in materia di riforma IRPEF.

Si tratterebbe però di un’intesa condizionata alla revisione delle regole per le addizionali IRPEF locali che, stando a quanto dichiarato dal MEF, potrebbero restare escluse dalla revisione di aliquote e scaglioni.

Nel report, nello specifico, si legge che lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo “obbliga gli enti territoriali ad aumentare la pressione fiscale per salvaguardare gli equilibri di bilancio previsti dalla legge 243/2012 e dal D.lgs 118/2011 e i servizi relativi ai livelli essenziali delle prestazioni e al servizio del trasporto pubblico locale, nel rispetto dei principi indicati dalla giurisprudenza costituzionale e dalla legge 31 dicembre 2009 n. 196: lo spirito stesso della riforma verrebbe vanificato.”

Una constatazione, questa, da cui parte la richiesta di prevedere, alla luce dell’assenza di neutralità fiscale, di lasciare invariati gli scaglioni IRPEF del prossimo anno per Regioni e province autonome. Una riforma quindi ad impatto nullo sul fronte delle addizionali locali, per evitare il rischio di un aumento della pressione fiscale a carico dei contribuenti.

Perchè potrebbero aumentare le addizionali

Le legge stabilisce che le aliquote delle addizionali comunali e regionali e i relativi scaglioni vengano modellati su quelli nazionali, quindi il passaggio da 4 a 3 aliquote comporta che lo stesso schema sia adottato anche a livello locale.

La riforma fiscale così come prevista dal Governo per il 2024 determinerebbe dunque una perdita di entrate per le regioni e le province. Riducendosi gli introiti, gli enti sarebbero costretti ad aumentare i propri tributi per compensare il mancato gettito e far fronte agli impegni. Insomma, si potrebbe realizzare una sorta di effetto ‘boomerang’. Questo rischio è stato messo in evidenza anche da Il Messaggero.

In ogni caso su questa possibilità non si hanno ancora certezze. Si tratterebbe solo di una supposizione. Il testo del disegno della legge di Bilancio 2024 deve infatti superare il vaglio al Parlamento entro il 31 dicembre, e potrebbe essere effettuata qualche modifica proprio su sollecitazione degli enti territoriali. In ogni caso secondo quanto si apprende dal quotidiano romano, i sindaci hanno chiesto di mantenere invariati gli scaglioni e le aliquote IRPEF e il Ministero dell’Economia avrebbe accolto la richiesta: il relativo esame verrà discusso durante l’iter parlamentare, ma le addizionali locali dovrebbero restare basate su 4 aliquote e scaglioni.

Conclusioni

La riforma Irpef che entrerà in vigore a partire dal 2024 porterà ad un duplice effetto. Se infatti da un lato mirerebbe a far avvertire meno peso fiscale ai lavoratori con reddito medio-basso, col passaggio delle aliquote da 4 a 3, sull’altro fronte si potrebbe assistere ad un effetto ‘boomerang’.

Gli enti territoriali infatti, a seguito di una riduzione di entrate nelle proprie casse, potrebbero essere spinte ad aumentare la pressione fiscale sui contribuenti. In pratica i lavoratori potrebbero ritrovarsi addizionali regionali e comunali più elevate in busta paga, azzerando in questo modo i benefici della nuova redistribuzione degli scaglioni reddituali delle aliquote Irpef. Per ora è solo un’ipotesi, che però è stata avanzata anche dalla Conferenza Unificata Stato Regioni chiamata a pronunciarsi proprio sulla riforma Irpef. Occorrerà aspettare l’approvazione della legge di bilancio per capire in concreto a quale scenario si potrà andare incontro nel 2024.

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