La questione esaminata dalle Sezioni Unite sulla vendita dell’immobile abusivo afferisce all’ipotesi in cui, mancando il titolo, il contratto sia nullo in base a quanto disposto dall’art. 46 TU. La giurisprudenza, invero, si è interrogata sull’effettiva portata della nullità. Un immobile si intende abusivo quando:

  • è realizzato in totale assenza dei permessi
  • è realizzato difformemente da quanto disposto dai permessi.

Ciò che la Cassazione si è chiesta è se la nullità opera in entrambi i casi, anche ove sia presente il titolo, ma l’immobile sia abusivo. In questo caso, ciò comporterebbe l’incircolabilità del bene. La vendita dell’immobile abusivo sarebbe quindi non realizzabile.

Tuttavia, l’interprete ha affermato che nel caso in cui il titolo che è indicato afferisce all’immobile, ma questo è abusivo, il contratto è valido, salvo i rimedi amministrativi e rimedi civilistici diversi dalla nullità.

La nullità sarebbe un rimedio sproporzionato. Vediamo la questione nel dettaglio.


Cosa si intende per vendita immobile abusivo?

Prima di chiederci se sia possibile la vendita dell’immobile abusivo, dobbiamo preliminarmente specificare quando l’immobile si intende abusivo. A tal proposito si fa in genere riferimento alla violazione delle norme in materia di edilizia e urbanistica, la cui ratio, invero, è assai complessa.

Sicuramente possiamo ben specificare che esse hanno come finalità quella di consentire la corretta gestione del territorio, in conformità ai principi dell’ordinamento che auspicano la tutela del paesaggio e dell’assetto urbanistico. Tale assunto, invero, è fatto discendere dalla giurisprudenza stessa dalla costituzione.

Proprio per la rilevanza peculiare che ha acquisito la materia, soprattutto nell’ultimo ventennio, abbiamo assistito al proliferazione legislativa. La direzione principale è stata quella di introdurre un ampio ventaglio di condizioni a cui è subordinante l’attività edificatoria, il cui rispetto è accertato mediante lo strumento autorizzatorio dei permessi.

Definizione di immobile abusivo

Possiamo, allora, affermare che l’immobile si intende abusivo quando non rispetta la predetta disciplina, il che può realizzarsi in due occasione.

Un immobile si intende abusivo quando è realizzato in totale assenza dei permessi (si parla, in tale ipotesi, di difformità totale). Ad esempio, secondo la Cassazione  si può parlare:

  • di difformità totale in caso di opere “spostate” in modo significativo (ad esempio tra 9 e 28 metri) rispetto al progetto approvato;
  • oppure in caso di aumento di cubatura data da un’altezza all’intradosso trave per plurimi lotti, pari rispettivamente circa ml 5,90 rispetto ai ml 4,85 di progetto; di ml 5,90 rispetto ai ml 5,65 di progetto;
  • di circa 5,60 rispetto ai ml 4,85 di progetto;

Inoltre, un immobile pur è considerato abusivo se realizzato in modo diverso dai permessi ricevuti (ossia in difformità rispetto ai progetti depositati in Comune). In questo secondo caso possiamo distinguere tra:

  • difformità essenziale (ad esempio la ricostruzione di un solaio di 32 mq, il cambio di destinazione della copertura di un edificio con incremento della cubatura e modifiche della sagoma;
  • difformità non essenziale

Quando i vizi sono essenziali?

I vizi dell’immobile possono definirsi essenziali quando sono:

  • mutamenti di destinazione d’uso che comportino variazione degli standard urbanistici;
  • aumenti consistenti della cubatura o della superficie da valutare in relazione al progetto approvato;
  • modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato o della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
  • mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito;
  • violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non riguardi aspetti procedurali.

La vendita dell’immobile abusivo è possibile?

Ora che abbiamo ben individuato quando è possibile parlare di vendita di immobile abusivo, possiamo porci il nostro principale interrogativo. E’, dunque, possibile la vendita di un immobile abusivo?

Sul punto sembrerebbe quasi scontata una risposta negativa. Tuttavia, è opportuno constatare come il legislatore, prima, e la giurisprudenza, poi, abbiano dato diversa risposta all’interrogativo in questione.

La nullità urbanistica

Il legislatore è, infatti, intervenuto introducendo la c.d. nullità urbanistica all’art. 46 del Testo unico edilizia, e precedentemente prevista dagli art. 17 e 40 della l. n. 47 del 1985.

La normativa, in questione, commina la nullità degli atti che trasferiscono e costituiscono inter vivos diritti reali immobiliari, fatta eccezione dei diritti reali di garanzia e servitù, su immobili abusivi. Laddove non contengano la cd. menzione urbanistica, cioè l’indicazione degli estremi del titolo edilizio sulla cui base quell’immobile è stato costruito, l’atto è invalido. Ivi, dunque, sembra essere espressamente disposta la nullità della vendita avente ad oggetto un immobile abusivo.

Il problema che si pone è che la norma stabilisce che gli atti tra vivi, non anche quelli mortis causa, che hanno ad oggetto la costituzione o trasferimento o scioglimento comunioni di diritti reali relativi a edifici o loro parti, sono nulli se non risulti per dichiarazione dell’alienante gli estremi del:

  • titolo edilizio;
  • permesso di costruire;
  • o permesso in sanatoria.

Tuttavia, predetta nullità può essere sanata successivamente, con menzione tardiva del titolo edilizio.

La disciplina in questione ha dunque fatto sorgere un interrogativo: si tratta di una nullità formale o sostanziale?

La differenza è determinante, in quanto nel primo caso è sanzionato il mancato adempimento all’onere informativo. Mentre nel secondo caso, la nullità dipende dalla violazione della disciplina in tema di edilizia, comportando la non circolabilità dell’immobile abusivo.

La giurisprudenza sulla nullità urbanistica

La soluzione al predetto quesito, dunque, comporta non poche implicazioni in tema di vendita dell’immobile abusivo. A tal proposito, come era immaginabili, la giurisprudenza e la dottrina hanno dato diverse interpretazioni, solo recentemente giungendo ad un definitivo inquadramento della questione.

Tesi della nullità sostanziale

Secondo un primo orientamento, il contratto con cui viene trasferito un edificio abusivo sarebbe affetto da nullità per illiceità dell’oggetto.Quindi accanto alla nullità formale, l’invalidità avrebbe anche natura sostanziale.

La nullità formale, cioè omessa menzione del titolo, è sanabile per espressa previsione, attraverso la menzione successione. Se la mancata menzione non dipende dalla circostanza che il titolo non esista, quindi questo è stato regolarmente concesso, ma l’alienante non l’ha menzionato per ragioni formali, , posso sanare questa nullità facendo una menzione successiva, in quanto l’immobile non è sostanzialmente abusivo.

Tuttavia, la tesi in questione afferma che accanto alla nullità testuale e formale, esista anche una nullità virtuale e sostanziale che si lega all’illiceità dell’immobile abusivo, ossia alla illiceità dell’oggetto del contratto o della causa che lo trasferisce. Secondo questa accezione, la nullità, essendo sostanziale, non sarebbe sanabile. Quindi si tratta di capire anche quel è la ratio che disciplina il sistema.

Il legislatore prevedendo questo obbligo, ove a carattere sostanziale, avrebbe perseguito un interesse pubblicistico, ossia l’interesse al corretto asseto del territorio, con lo scopo di reprimere l’abusivismo vietando la circolazione dell’immobile abusivo.

Nullità formale

Altro indirizzo, invece, qualifica la nullità della vendita dell’immobile abusivo come una nullità formale.

Dunque, si tratterebbe di un’invalidità che ha lo scopo di richiamare l’attenzione delle parti sulla regolarità urbanistica dell’immobile, in modo tale che attraverso la menzione del titolo la parte possa effettuare i controlli e decidere di non acquistare all’esito degli stesso. Quindi solo indirettamente si scoraggia la circolazione dell’immobile abusivo.

In questo caso la menzione avrebbe solo finalità informativa.

La circolazione dell’immobile abusivo non è vietata, ma l’alienante è tenuto ad indicare nel contratto il titolo in modo tale che il problema dell’eventuale irregolarità urbanistica sia resa nota e controllabile alla parte che intende acquistare.

L’acquirente potrebbe essere indotto a non acquistare se l’immobile è abusivo, ma se decide di acquistarlo e c’è la menzione ovviamente ne è consapevole.

Lo scopo è principalmente informativo, quindi richiamare l’attenzione delle parti. L’atto è nullo se non presenta la menzione, ma se indica il titolo è valido, anche se l’immobile si presenta non conforme alle prescrizioni normative.

La decisione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite accolgono la seconda tesi, dando atto in termini generali delle ragioni a sostegno di entrambe le tesi. La nullità è solo formale e testuale, non si genera un vizio derivante dall’illiceità dell’oggetto e di abuso edilizio, che non rileva nei rapporti tra privati.

La normativa in tema di abusivismo edilizio non è violata dal contratto, ma è violata dalla costruzione. L’immobile, quando è oggetto di alienazione già è abusivo, non lo di viene in forza del contratto o del rapporto che ne scaturisce.

Che non sia l’oggetto del contratto in sé illecito, sembra per altro trovare conferma nella circostanza che questa nullità testuale fa riferimento solo agli atti inter vivos, quindi può circolare mortis causa, escludendo anche gli atti con i quali si costituiscono diritti reali di garanzia e la servitù..

Infine, evidenzia la Corte, in base alla teoria del minimo mezzo, il contratto è nullo quando contrasta con norma imperativa salvo che sia diversamente previsto dalla legge. Nel caso di specie, l’abusivismo trova una sanzione extra civile che prevede la demolizione in ogni tempo nei confronti di quale che sia il proprietario attuale. Tale previsione sembra soddisfare lo scopo della norma. La nullità, dunque, appare all’interprete un rimedio sproporzionato.  

L’abuso edilizio sarà represso attraverso gli strumenti amministrativi che consentono di demolire anche se l’immobile circola.

La  nullità civilistica, che serve a introdurre un obbligo che ha natura informativa, che solo indirettamente scoraggia la circolazione dell’immobili abusivo,

Il contratto può considerarsi allora valido, salvo la responsabilità precontrattuale per la condotta scorretta. 

In sintesi

In sintesi affermano le Sezioni Unite che è possibile individuare tra ipotesi di nullità:

  • il titolo esiste, ma l’alienante non lo menziona per errore. In questo caso la nullità è sanabile con menzione successiva;
  • diverso è il caso in cui il titolo esiste, si riferisce effettivamente all’immobile, ma l’immobile è abusivo, perché non conforme in concreto allo stesso e alle norme in materia edilizia. In tal caso, giacché la funzione della nullità è informativa, la nullità comunque è sanabile;
  • il titolo non esiste o è falso, o non riconducibile all’immobile. In tutti questi casi, la nullità non è sanabile.

Dunque, nel caso in cui il titolo che indico afferisce all’immobile, ma questo è abusivo, il contratto è valido salvo i rimedi amministrativi e rimedi civilistici diversi dalla nullità.

La nullità sarebbe un rimedio sproporzionato.

1 COMMENTO

  1. Ottimo approfondimento.
    Ma se nell’atto pubblico è citato
    Il P.d.C. ma l’immobile è abusivo e non sanabile si può chiedere la nullità dell’atto e i danni?

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