La legge 104 è stata introdotta nel 1992 con il proposito di garantire “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate“.  Dunque, questo si sostanzia nel riferimento normativo principale per la disciplina dell’assistenza ai disabili.  Il principale obiettivo che si propone la legge è quello di garantire ai disabili una vita autosufficiente e dignitosa. Proprio per tale ragione sono state previste delle disposizioni, non solo a beneficio del disabile, ma anche dei c.d. caregiver, ossia di coloro che si occupano a tempo pieno del beneficiario diretto.

Per maggiori informazioni: “Legge 104: come funziona?”

Tra le disposizioni, in tal senso orientate, individuiamo anche quelle che contemplano la scelta della sede di lavoro, la richiesta di trasferimento, il rifiuto al trasferimento.

Il lavoratore dipendente, ove si occupi dell’assistenza al disabile, può beneficiare del diritto a chiedere l’avvicinamento al domicilio del disabile, per esser posto nelle condizioni di accudire il disabile.

Tale diritto opera per tutti coloro che già usufruiscono dei permessi di lavoro speciali. Dunque, il beneficio è subordinato al possesso dei medesimi requisiti.

Vediamo, insieme, la disciplina del trasferimento del lavoratore con Legge 104.


Cos’è la Legge 104?

La legge 104 è stata introdotta nel 1992 con il proposito di garantire “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate“.  Dunque, questo si sostanzia nel riferimento normativo principale per la disciplina dell’assistenza ai disabili. 

Il principale obiettivo che si propone la legge è quello di garantire ai disabili una vita autosufficiente e dignitosa. Proprio per tale ragione sono state previste delle disposizioni, non solo a beneficio del disabile, ma anche dei c.d. caregiver, ossia di coloro che si occupano a tempo pieno del beneficiario diretto.

Il testo stesso della normativa, all’art. 1, sostiene che il legislatore intende:” garanti[re] il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società”.

Destinatari della normativa sono i portatori di handicap, ossia coloro che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che causa difficoltà di apprendimento, relazione o integrazione lavorativa.

In cosa consiste il trasferimento del lavoratore con Legge 104?

Come sostenuto nel precedente paragrafo, la legge 104 non prevede benefici solo per il soggetto disabile. Anche i parenti e tutti coloro che provvedono continuativamente alla loro assistenza possono ottenere alcuni benefici.

In particolare, si cerca, infatti, di coniugare le esigenze lavorative dei c.d. caregiver, che in quanto parenti, potrebbero svolgere altro lavoro a tempo pieno, a quelle di assistenza al malato.

Tra le disposizioni, in tal senso orientate, individuiamo anche quelle che contemplano la scelta della sede di lavoro, la richiesta di trasferimento, il rifiuto al trasferimento.

Di tali aspetti si occupano gli articoli 21 e 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104. Purtroppo l’esigibilità di tali diritti non è sempre così semplice.

Chi ha diritto a questo beneficio?

Titolari dei permessi parentali

Il beneficio di scelta della sede lavorativa è concesso ai titolari dei permessi parentali.

A tal proposito ricordiamo che l’art. 33 della Legge 104 del 1992 ha disciplinato proprio questo beneficio, concesso ad alcune categorie di soggetti.

I permessi sono concessi ai lavoratori dipendenti che prestano assistenza a loro familiari.

Essi potranno, dunque, beneficiare di permessi retribuiti, non superiori ai tre giorni, e periodi di congedo straordinario.

In particolare, ricordiamo le categorie che hanno diritto al permesso retribuito:

  • alle persone disabili in situazione di gravità;
  • ai genitori, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità;
  • al coniuge della persona disabile in situazione di gravità;
  • ai parenti o affini entro il 2° grado della persona disabile in situazione di gravità.

Tale istituto è, tuttavia, subordinato al possesso di alcuni specifici requisiti:

  • essere lavoratori dipendenti, anche part-time, e assicurati per le prestazioni economiche di maternità presso l’INPS;
  • la persona che chiede o per la quale si chiedono i permessi sia in situazione di disabilità grave riconosciuta dalla Commissione Medica Integrata;
  • il disabile non deve essere sottoposto a ricovero presso strutture ospedaliere a tempo pieno.

Laddove sussistano i requisiti per i permessi parentali, allora sarà anche possibile beneficiare del diritto al trasferimento del lavoratore nella sede da lui prescelta.

La disciplina del trasferimento del lavoratore

Dunque, il beneficio della scelta della sede per il trasferimento del lavoratore è subordinato alle stesse condizioni previste per i permessi e congedi.

Laddove il lavoratore dipendente fruisca del predetto beneficio, potrà anche scegliere la sede di lavoro.

La ratio è evidente, si cerca di consentire al lavoratore l’avvicinamento al luogo di residenza del disabile. Egli ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. È quanto dispone la famosa legge 104/1992

Tale diritto sussiste sia all’inizio del rapporto, sia se successivamente si rende vacante una sede di lavoro, egli potrà beneficiare dell’avvicinamento.

Un eventuale trasferimento è, allora, subordinato a due condizioni:

  • accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore per essere trasferito;
  • il trasferimento è disposto anche in assenza dell’accordo, ove sussistano particolare esigenze di organizzazione e produzione.

Trasferimento in assenza di accordo

Come dicevamo nel precedente paragrafo, il trasferimento del lavoratore può avvenire anche in assenza di accordo, al ricorrere delle condizioni descritte.

In tal caso,  il dipendente non può comunque rifiutarsi di prendere servizio presso la nuova sede. Eventualmente, tuttavia, potrebbe decidere di proporre un’opposizione contestuale alla presa di servizio.

Se, però, egli non impugna l’atto di trasferimento del datore di lavoro, sarà tenuto ad accettare il trasferimento.

In caso di impugnazione, poi, il giudice provvederà a verificare la legittimità dell’atto di trasferimento.

La questione, invero, è stata anche affrontata dalla Corte di Cassazione.

L’interprete, in tal sede, ha affermato che il lavoratore è titolare di un diritto soggettivo, ove assista con continuità un familiare portatore di handicap, di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a non essere trasferito senza il proprio consenso.

Tuttavia, l’esercizio del predetto diritto è subordinato all’accertamento della opportunità e possibilità del trasferimento.

E’, dunque, necessario che sia operato un bilanciamento tra gli interessi del datore di lavoro e del lavoratore.

L’esercizio del diritto, infatti, non può causare un danno significativo alle esigenze economiche, organizzative e produttive del datore di lavoro.

La Corte, d’altro canto, però ha affermato che l’onere della prova grava sul datore di lavoro, privato o pubblico. Egli, quindi, è chiamato a fornire la prova delle circostanze ostative all’esercizio del diritto al trasferimento del lavoratore.

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