L’attività degli sportivi professionisti può rientrare tra le fattispecie di lavoro dipendente o di lavoro autonomo. Questo a seconda delle caratteristiche che la prestazione assume. Di seguito anche le modalità di tassazione dei premi legati ai risultati, del fringe benefit e ai diritti di sfruttamento dell’immagine dell’atleta professionista.


Chi è uno sportivo professionista? ma soprattutto come viene tassato il reddito di tennisti, calciatori, ed in generale di tutti gli sportivi professionisti? È quello che voglio andare a spiegarti in questa guida. Inutile girarci intorno, la pianificazione fiscale non risparmia nemmeno gli sportivi professionisti.

Le modalità di tassazione dei redditi originati da sportivi professionisti, presuppone, preliminarmente l’analisi della natura del rapporto di lavoro che si instaura con la società sportiva. Il lavoro sportivo professionistico è disciplinato dalla Legge n. 91/1981, ed è caratterizzato, oltre che dalla sua obbligatoria rispondenza a determinati modelli formali. Modelli individuati dal CONI e dalle rispettive Federazioni sportive nazionali, dall’onerosità e dalla continuità della prestazione sportiva. Inoltre, il rapporto di lavoro sportivo professionistico deve essere stipulato per iscritto tra lo sportivo (sia esso un atleta o un allenatore allenatore) e la società destinataria delle sue prestazioni. Società che, peraltro, deve essere obbligatoriamente costituita nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. Vediamo, di seguito, le particolarità legate al regime tributario dei compensi derivanti dalle prestazioni rese da parte di sportivi professionisti.


Chi sono gli sportivi professionisti?

L’articolo 2 della Legge n. 91/1981 prevede che possono essere considerati sportivi professionisti quelli in possesso di specifici requisiti dettati dalla norma.

Art. 2 Legge n. 91/81 – Sportivi professionisti
“gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali.
Questo secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI, per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”

Sulla base di questa definizione possiamo considerare l’atleta professionista come colui che esercita un’attività sportiva disciplinata dal CONI a titolo oneroso, e continuativo nel tempo. Viene quindi lasciato il compito alle varie federazioni sportive, ognuna per la propria competenza, di qualificare gli atleti professionisti da quelli dilettanti. In pratica, le singole federazioni sportive a loro libero arbitrio, possono stabilire i requisiti per disciplinare gli atleti professionisti, dagli sportivi dilettanti. La normativa prevede che solo alcune discipline, tra cui calcio, basket e golf, siano dichiarate professionistiche, ciò significa che tutti gli altri sport (anche se svolti a livelli molto alti) sono definiti dilettantistici.


Sportivi professionisti: lavoro autonomo o dipendente?

Una volta chiariti i requisiti per essere considerati sportivi professionisti è opportuno andare ad analizzare sotto quale forma o tipologia contrattuale può essere utilizzata. In questo contesto, l’articolo 3 della Legge n. 91/1981 presume che il contratto stipulato tra l’atleta e la società sportiva sia riconducibile nell’alveo del lavoro subordinato. Tuttavia, è possibile anche che l’attività sportiva professionistica possa essere effettuata mediante attività di lavoro autonomo. Questo secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, della Legge n. 91/1981.

Questa fattispecie è inquadrabile ogni qualvolta l’attività sportiva professionistica preveda l’assenza di vincolo alla frequenza di sedute di preparazione od allenamento, lo svolgimento dell’attività nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo. Nonché una durata della prestazione non superiore a otto ore settimanali, oppure cinque giorni ogni mese, ovvero trenta giorni ogni anno.

Riepilogando, se l’attività è svolta in forma professionistica, la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto, in alternativa, di:

  • Contratto di lavoro subordinato;
  • Contratto di lavoro autonomo

Regime fiscale degli sportivi professionisti: imposte dirette

Nel caso in cui il contratto stipulato tra gli sportivi professionisti e la società sportiva sia riconducibile all’ambito del lavoro subordinato, ne consegue che la tassazione dei relativi redditi deve avvenire in base alle disposizioni degli articoli da 49 a 52 del DPR n. 917/86 in materia di redditi di lavoro dipendente. In detta circostanza, dunque, il reddito percepito dallo sportivo professionista, in denaro o sotto forma di c.d. “fringe benefit“, deve essere assoggettato ad imposizione reddituale tramite ritenute alla fonte prelevate dalla società sportiva, che opera quale sostituto d’imposta ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 600/73. Tali ritenute, peraltro, devono essere regolarmente effettuate anche nelle ipotesi in cui gli sportivi professionisti non siano fiscalmente residenti in Italia.

Ed infatti, a meno dell’esistenza di una convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni che consenta di disapplicare le ritenute alla fonte, la società sportiva è in ogni caso obbligata alla loro effettuazione all’atto della corresponsione dei redditi. In questo caso, tuttavia, resta ferma la possibilità che le ritenute siano riconosciute nello Stato estero di residenza fiscale dell’atleta come importi che possono contribuire alla determinazione del credito per imposte estere a suo favore.

Quindi ad esempio, immaginiamo un calciatore fiscalmente residente in Italia, con contratto di lavoro dipendente, questi vedrà applicarsi le ritenute fiscali direttamente nella busta paga rilasciata dal suo datore di lavoro (società per cui opera).

Reddito imponibile IRPEF

Il reddito imponibile ai fini IRPEF degli sportivi professionisti, tenuto conto degli accordi assunti in sede di stipulazione del contratto di lavoro professionistico, è costituito dalle retribuzioni in denaro e dai compensi in natura (“fringe benefit“) percepiti dall’atleta per ciascun periodo d’imposta, da determinarsi secondo quanto previsto dall’articolo 51 del DPR n. 917/86. In pratica, analogamente a quanto previsto per i lavoratori dipendenti, devono essere assoggettati ad IRPEF le somme ed i valori percepiti in relazione allo svolgimento del rapporto di lavoro sportivo, come gli stipendi, i compensi in natura ed i premi aggiuntivi corrisposti direttamente dalla società sportiva di appartenenza.

Reddito dei procuratori sportivi

Sotto questo aspetto è importante evidenziare che sono assoggettabili a tassazione IRPEF anche le somme corrisposte dalle società sportive, a favore del procuratore che abbia assistito gli sportivi professionisti in occasione della stipulazione del contratto di lavoro. Su questo aspetto la Legge n. 147/2014 ha stabilito che il 15% dei compensi versati dai club ai procuratori sportivi dei atleti professionisti rappresenta una parte dello stipendio dell’atleta. Nello specifico, mediante l’inserimento del comma 4-bis nell’articolo 51 del DPR n. 917/86, è stato previsto quanto segue.

Art. 51, co. 4-bis TUIR – Compensi ai procuratori reddito dello sportivo
ai fini della determinazione dei valori di cui al comma 1, per gli atleti professionisti si considera altresì il costo dell’attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell’ambito delle trattative aventi ad oggetto le prestazioni sportive degli atleti professionisti medesimi, nella misura del 15 per cento, al netto delle somme versate dall’atleta professionista ai propri agenti per l’attività di assistenza nelle medesime trattative”

Sul tema è intervenuta poi la Legge n. 208/2015, la quale ha stabilito l’abrogazione, a partire dal primo gennaio 2016, del comma 4-bis dell’articolo 51 del DPR n. 917/86, relativa alla presunzione di un fringe benefit per gli atleti professionisti divenuti oggetto modifiche al contratto di prestazione sportiva.

I premi legati al risultato sportivo

Oltre al reddito derivante dalla propria società sportiva di appartenenza vi è un altro sistema reddituale degli sportivi. Mi riferisco, inevitabilmente, ai premi ed alle erogazioni in natura. Solitamente gli sportivi professionisti percepiscono premi e compensi per la partecipazione o la vincita di manifestazioni o tornei. Pensa al caso dei calciatori, ma anche dei tennisti, dei golfisti, etc. Ebbene, da un punto di vista fiscale, questi compensi sono inquadrabili tra quelli di lavoro autonomo. In tali circostanze, i compensi, in denaro o in natura, percepiti dagli sportivi professionisti, sono da considerarsi alla stregua dei redditi di lavoro autonomo. Questo con conseguente applicabilità delle ritenute alla fonte previste dal DPR n. 600/73 per detta tipologia di redditi. Il tutto come disposto dall’articolo 3, comma 2, lettera a) della Legge n. 91/81.

Applicazione della ritenuta per sportivi residenti

La circostanza, inoltre, che detti importi siano normalmente corrisposti in connessione al raggiungimento di un certo risultato sportivo, compensando la bravura dello sportivo professionista nel perseguimento del risultato agonistico, ha portato ad escludere che sui premi in commento possa essere applicata la ritenuta a titolo d’imposta (del 20%) prevista dall’articolo 30, comma 2, del DPR n. 600/73. Ritenuta prevista per le vincite conseguite nel corso di competizioni sportive. Infatti, qualora i premi corrisposti non abbiano puro spirito di liberalità, ma ricorrano in caso di vittoria in determinate competizioni sportive vanno assoggettati a tassazione IRPEF in modo ordinario. Questo considerata la loro riconducibilità all’ambito delle attività sportive normalmente esercitate dagli stessi atleti. Su tali redditi, come per tutti i redditi di lavoro autonomo, deve essere applicata una ritenuta a titolo di acconto da parte dell’ente erogante, da determinarsi, ai sensi dell’articolo 24 DPR n. 600/1973. L’aliquota della ritenuta varia in base all’aliquota d’imposta applicabile sul reddito complessivo dell’atleta professionista.

Applicazione della ritenuta a sportivi non residenti

In ipotesi, invece, di corresponsione delle somme a favore di atleti non residenti, la misura della ritenuta, da considerarsi a titolo d’imposta, è pari al 30% (articolo 24, comma 1-ter, DPR n. 600/1973). Ad avviso dell’Amministrazione Finanziaria, detta ritenuta del 30% va, peraltro, applicata sull’intero importo dei compensi corrisposti agli atleti professionisti. Il tutto a condizione che la prestazione sportiva sia svolta interamente nel territorio dello Stato italiano. Qualora, invece, essa venga resa anche in Stati esteri con i quali siano in vigore convenzioni bilaterali che dispongano la tassazione nel territorio di prestazione delle attività, è legittima l’applicazione della ritenuta del 30%. Questo sulla parte dei compensi proporzionalmente corrispondenti alla svolgimento di attività sportive in Italia.

I compensi legati allo sfruttamento dell’immagine per gli sportivi professionisti

Un’ultima fattispecie di reddito imponibile in capo agli sportivi professionisti è quello che riguarda lo sfruttamento dei loro diritti di immagine. Infatti, preso atto dell’esistenza di un “diritto all’immagine” degli atleti professionisti, i cui proventi vengono normalmente convogliati in società specializzate nella relativa gestione in esclusiva (società sponsor).

Per quanto riguarda i beni assegnati agli atleti in virtù di contratti con gli sponsor, quali le divise ufficiali del club firmate da case di moda, gli autoveicoli forniti da case automobilistiche da utilizzare per raggiungere il centro sportivo o il luogo della manifestazione sportiva, gli accessori da indossare o da esibire durante le occasioni ufficiali, ecc. la Circolare n. 37/E/2013 dell’Agenzia delle Entrate prevede che il valore di tali beni rientra tra i redditi da lavoro dipendente, a meno che non sia contrattualmente previsto l’obbligo di utilizzo e di restituzione degli stessi. In caso di mancata restituzione del bene, il valore normale dello stesso sarà assoggettato a tassazione.

Ad ogni modo, non rientrano, nel computo del reddito di lavoro dipendente, ma devono essere ritenuti comunque imponibili alcuni proventi quali, ad esempio, i premi e le erogazioni in natura corrisposti da altri enti. Per quanto riguarda, invece, i corrispettivi connessi allo sfruttamento dell’immagine degli atleti professionisti, benché percepiti da dette società sponsor, rappresentano vere e proprie integrazioni stipendiali, imponibili nella determinazione dell’Irpef dovuta dagli atleti e assoggettabili a ritenuta alla fonte da parte della società sportiva. Infatti, le società sportive professionistiche (vedi le società di calcio) hanno l’obbligo di trasmettere all’Agenzia Entrate i contratti di lavoro stipulati con gli atleti professionisti, nonché dei contratti di sponsorizzazione in relazione ai quali la società sportiva percepisce somme per lo sfruttamento dei diritti di immagine degli stessi atleti.

La tassazione Irap

Nonostante la riconducibilità al lavoro autonomo, i compensi connessi alla resa di prestazioni da parte di atleti professionisti che non siano vincolati da rapporti di lavoro subordinato non sono imponibili ai fini Irap. Ciò deriva dalla circostanza per cui, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 446/1997, tra le attività di lavoro autonomo rilevanti ai fini del tributo sono comprese solo quelle connesse all’esercizio di arti e professioni ai sensi dell’articolo 53, comma 1, DPR n. 917/86. D’altra parte, si ritiene che il fatto che l’attività degli atleti professionisti sia svolta esclusivamente a titolo personale comporterebbe, di per sé, l’esclusione dall’ambito di applicazione del tributo in commento, per evidente difetto del requisito dell’autonoma organizzazione stabilito dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 446/1997.

Normativa convenzionale per i redditi degli sportivi

La tassazione dei guadagni ottenuti all’estero dagli sportivi professionisti è regolato dall’articolo 17 del Modello OCSE contro le doppie imposizioni. Questa norma si applica in tutti i casi in cui il reddito dello sportivo viene erogato fuori dal Paese di residenza. Pensa al caso di un tennista che riceve un premio per la vincita di un torneo all’estero. Ebbene, in questo caso, per la definizione della potestà impositiva si deve fare riferimento al citato articolo 17. Tuttavia, lo stesso, non prevede una clausola di esclusività. In pratica, i due Stati, quello di Residenza Fiscale e quello della fonte del reddito hanno potestà impositiva concorrente. I redditi percepiti all’estero vengono tassati alla fonte, ove sono prodotti, con la ritenuta prevista dall’ordinamento interno di quel Paese. Tuttavia, gli stessi redditi, vanno a cumularsi con quelli interni da dichiarare al Fisco Italiano (in caso di Sportivo Professionista residente). Al fine di evitare una problematica di doppia imposizione è possibile applicare un credito per imposte pagate all’estero. Credito calcolato in base a quanto versato all’estero per le imposte.

Che cosa accade in caso di ritenuta non conforme alle Convenzioni Internazionali?

Nella pratica può capitare che la ritenuta in uscita sui compensi percepiti dagli sportivi professionisti esteri non sia conforme alla Convenzione siglata tra di due Paesi. Il Paese di Residenza dello Sportivo e quello di erogazione del reddito. Ebbene, in questo caso uno sportivo residente in Italia ha la possibilità di applicare la procedura amichevole denominata MAP. Si tratta di una procedura descritta all’articolo 25 del Modello OCSE. In questo caso è possibile cercare una soluzione conciliativa tra i due Stati. Situazione diversa, invece, quando ci si trova in assenza di una Convenzione Bilaterale contro le doppie imposizioni. In questo caso, lo sportivo professionista rischia una doppia imposizione. Entrambi gli Stati coinvolti potrebbero esercitare potestà impositiva unilaterale.


Regime fiscale degli sportivi professionisti: disciplina IVA

Le attività di lavoro sportivo in forma autonoma, non sono rilevanti ai fini IVA. Questo per espressa previsione dell’articolo 5, comma 2, del DPR n 633/1972. Questo a meno che, ovviamente, l’atleta professionista non svolga altre attività di lavoro autonomo soggette ad IVA, che possano attrarre nell’ambito di rilevanza ai fini del tributo anche quelle di tipo sportivo. Sulla questione, si è ritenuto che siano imponibili ai fini IVA i compensi percepiti da uno sportivo professionista mediante assunzione di contratti di sponsorizzazione a grande valenza economica e commerciale. Questo indipendentemente dal fatto che detti contratti siano stati conclusi con il supporto di una società incaricata dello sfruttamento del diritto di immagine dell’atleta.


Il ruolo chiave della residenza fiscale per gli sportivi professionisti

Oltre alla tassazione dei compensi, vi è un’altra variabile che incide sul tax planning degli sportivi professionisti. Mi riferisco alla scelta del Paese di residenza fiscale. Tra i paesi maggiormente scelti tra gli sportivi troviamo sicuramente il Principato di Monaco, dove hanno preso residenza piloti, ciclisti, tennisti che hanno scelto Montecarlo come propria residenza abituale. Altro Paese gettonato è sicuramente la Svizzera, Paese che, in linea generale, non presenta un basso carico fiscale, tranne alcuni specifici cantoni. Tuttavia, per gli sportivi molto spesso è sufficiente trovare un accordo a forfait con le autorità fiscali per definire la propria tassazione. Per gli sportivi d’oltreoceano il Paese preferito è sicuramente la Florida. Uno degli Stati USA con il regime fiscale più flessibile. Se ci hai fatto attenzione nessuno di questi Paesi è tra quelli che per definizione si definiscono “paradisi fiscali“. Tutto questo, sicuramente, non a caso. Deve essere tenuto in considerazione che le residenze in paesi più o meno “paradisiaci” sono sempre più oggetto di attenzione da parte delle tax authorities dei diversi paesi. In Italia non mancano casi di sportivi e artisti raggiunti dalle contestazioni del fisco per la fittizietà della propria residenza all’estero. Ma questo è un altro problema.

Domande frequenti

Gli sportivi professionisti in Italia pagano le tasse sui loro redditi?

Sì, gli sportivi professionisti che risiedono in Italia sono soggetti alla tassazione sui loro redditi, come qualsiasi altro lavoratore. La tassazione in Italia dipende dal reddito annuale del contribuente e dal tipo di contratto che ha stipulato con il club sportivo.

Qual è la tassazione media per gli sportivi professionisti in Italia?

La tassazione per gli sportivi professionisti in Italia dipende dal loro reddito annuale e dalla tipologia di contratto stipulato. In generale, i redditi degli sportivi rientrano tra quelli per lavoro dipendente o autonomo. Tuttavia, ci sono alcune agevolazioni fiscali per gli sportivi professionisti che impatriano dall’estero che possono ridurre l’imposta sui loro redditi.

Gli sportivi professionisti che giocano in Italia sono soggetti alla tassazione anche nel loro paese di origine?

In generale, gli sportivi professionisti che giocano in Italia sono tassati solo in Italia, a meno che non abbiano la residenza fiscale in un altro paese e abbiano stipulato un accordo di doppia imposizione con l’Italia. In questo caso, potrebbero essere soggetti a tassazione sia in Italia che nel loro paese di residenza.

Come posso fare per ottimizzare la mia tassazione come sportivo professionista in Italia?

Per ottimizzare la tassazione come sportivo professionista in Italia, è importante cercare il supporto di un consulente fiscale specializzato nel settore sportivo. Un professionista esperto può aiutare a scegliere la forma contrattuale più vantaggiosa e a sfruttare al meglio le agevolazioni fiscali disponibili per gli sportivi professionisti in Italia.

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