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Marchio di impresa in ottica di tax planning

Utilizzare la registrazione personale del marchio per la pianificazione fiscale. L'imprenditore che ha sviluppato personalmente un marchio ha la possibilità di registrarlo per farlo sfruttare da soggetti interessati sfruttando il regime fiscale agevolato previsto per la tassazione delle royalties da parte di persone fisiche. Attenzione, tuttavia, al rispetto dei requisiti richiesti per non sfociare in ipotesi fiscalmente sanzionabili di elusione o abuso del diritto.

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Quando si parla di pianificazione fiscale non è possibile sottovalutare l’importanza legata allo sfruttamento dei beni immateriali (come marchi, brevetti, invenzioni industriali, etc). Inutile nascondersi, tutte le grandi imprese utilizzano questi elementi per il proprio tax planning.

Ad esempio, alcuni aspetti sono stati approfonditi in questo articolo: “IKEA: strategie di Tax Planning“. Senza entrare nei dettagli, il marchio del gruppo è di proprietà di una società lussemburghese. Tutti i negozi a marchio IKEA sul territorio italiano ogni anno devono pagare canoni a questa holding lussemburghese per lo sfruttamento del marchio. Gli importi che le società italiane pagano a titolo di royalty su marchi sono dei costi deducibili. Volendo semplificare, si tratta di importi per i quali la società italiana risparmia il 24% di IRES. In pratica ogni 100K euro di utili trasferiti a titolo di royalties sul marchio hai risparmiato 24.000 euro di imposte. Il tutto all’interno dello stesso gruppo multinazionale.

Naturalmente, questa procedura porta la multinazionale a sfruttare delle norme interne del Lussemburgo che le permettono di pagare un importo infinitesimale di imposte. Se sfruttata nel modo corretto la corresponsione di royalty su marchi può portare ad una ottimizzazione del carico fiscale di qualsiasi impresa. Questa ottimizzazione passa attraverso anche il trattamento di vantaggio che in Italia hanno le royalty legate allo sfruttamento economico degli “intangibles” d’impresa, come marchi e brevetti industriali.

Quali sono i vantaggi legati alla registrazione di un marchio d’impresa?

Le imprese che operano attraverso la creazione un brand passano attraverso la fase connessa alla pianificazione dello sfruttamento della proprietà intellettuale. Questo tipo di attività se effettuata preventivamente rispetto alla nascita del brand, può portare importanti vantaggi per l’impresa. In particolare, registrare un marchio d’impresa può portare:

  • Il diritto esclusivo di utilizzare il marchio registrato, evitando che altri possano farlo prima;
  • Possibilità di tutelarsi, anche per vie legali, nei confronti di terzi che utilizzino impropriamente tale marchio;
  • Possibilità di sfruttare economicamente il marchio attraverso la concessione in uso a terzi.

La motivazione principale che spinge un’impresa verso la registrazione di un marchio è la sua tutela nei confronti della concorrenza e per poter disporre di quel marchio sul mercato, anche attraverso la concessione in uso del marchio a soggetti terzi. Per ottenere questi vantaggi è necessario procedere alla registrazione del marchio, che può essere effettuata sia a livello nazionale che internazionale (europeo o mondiale). Si tratta di procedure che consentono di ottenere una forma di tutela graduale, in relazione alle necessità di sfruttamento territoriale del marchio. In ogni caso la registrazione del marchio ha una validità di 10 anni e può essere rinnovata alla scadenza.

Cedibilità del marchio

Non deve essere sottovalutato il fatto che un marchio una volta registrato può diventare molto più facilmente cedibile sul mercato, in quanto è molto più semplice individuare la titolarità del marchio, e la sua unicità (e quindi il suo valore economico). Per questo motivo la registrazione di un marchio non deve essere vista solo come un vantaggio legale, ma anche come la possibilità di attribuire un valore commerciale al brand. Si tratta, in buona sostanza, di valorizzare un brand nel tempo, sfruttandone i vantaggi nel lungo periodo (pensa al caso di cessione o di sfruttamento in licenza a terzi del marchio stesso). Inoltre, la registrazione di un marchio è sempre vista dai consumatori come elemento di fiducia nei confronti della bontà del prodotto o del servizio offerto.

Franchising

Pensa poi che ci sono imprese il cui marchio è il core business dell’attività, come nel caso delle imprese che lavorano con i contratti di franchising. In questi casi, la bontà del brand deriva dalla sua tutela legale, indispensabile per la valorizzazione economica dei contratti di utilizzo del marchio stesso. Come hai potuto vedere fino a questo momento non ti ho parlato di vantaggi fiscali, perché prima di tutto la registrazione di un marchio non la si fa per sfruttare possibili attività di tax planning, ma piuttosto per tutelare giuridicamente ed economicamente, un’idea un processo o un brand da possibili minacce esterne. Solo in un secondo momento si pensa a possibili eventuali vantaggi fiscali. Questo elemento è fondamentale in tutti i passaggi che andremo a vedere di seguito.

Chi deve registrare il marchio?

Detto questo occorre individuare, preventivamente, chi è il soggetto che è tenuto alla registrazione del marchio. Ebbene, la registrazione del marchio spetta al soggetto che ne ha la paternità, ovvero al creatore. Ad esempio, se un impresa ha realizzato un marchio, ha sostenuto i costi di realizzazione tale marchio è di sua paternità, quindi deve essere l’impresa stessa (e non l’imprenditore singolarmente) a registrare il marchio. Questo aspetto che a prima vista può sembrare di secondaria importanza è, invece, fondamentale soprattutto in ambito fiscale. Come vedremo di seguito, infatti, l’opportunità di sfruttare vantaggi fiscali è legata alla registrazione del marchio da parte del soggetto che ne ha l’effettiva paternità, e non ad altri soggetti.

Una volta individuato chi deve registrare il marchio è necessario verificare l’unicità del marchio presso la banca dati nazionale dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Nel caso in cui la ricerca restituisca esito negativo è possibile procedere con la procedura di registrazione del marchio.

Quali opportunità di pianificazione fiscale con il marchio?

Esistono, sostanzialmente, due possibilità per sfruttare il marchio e la sua successiva concessione in licenza per sfruttare opportunità di pianificazione. Prime di individuare quali sono è indispensabile chiarire che l’attuazione di queste discipline è possibile solo se pianificata in anticipo, ovvero anteriormente rispetto al sostenimento dei costi di realizzazione del marchio (operare successivamente non è consentito, quindi consiglio di prestare la massima attenzione). La prassi porta a ritenere che vi siano queste due diverse possibilità:

  • Sviluppo e concessione dei marchi nei gruppi multinazionali – Nei gruppi multinazionali lo sviluppo dei marchi aziendali viene demandato a specifiche società che si occupano esclusivamente si sostenere costi di ricerca, sviluppo realizzazione e commercializzazione dei marchi aziendali. Queste società sostengono i costi e beneficiano dei ricavi derivanti dalla concessione in uso alle società operative del gruppo (attraverso le royalties). I gruppi multinazionali riescono ad ottenere vantaggi fiscali da questo tipo di operazione, attraverso le asimmetrie tra i diversi regimi fiscali in gioco, ovvero quello della società concedente il marchio e quello delle società utilizzatrici;
  • Sviluppo e concessione dei marchi registrati personalmente – Un soggetto può decidere di sviluppare e registrare personalmente un marchio, per poi pubblicizzarlo sul mercato ed eventualmente concedere il suo sfruttamento a terzi, in cambio di una remunerazione sotto forma di royalties. In questo contesto la persona fisica che riceve questi proventi può sfruttare il regime fiscale di favore esistente in Italia sulle royalties.

Sviluppo e concessione dei marchi nei gruppi multinazionali

La possibilità di sfruttare le asimmetrie fiscali da parte dei gruppi multinazionali è sempre stato un elemento importante nella loro pianificazione fiscale. Tuttavia, occorre prestare attenzione a non sconfinare in ipotesi di abuso o elusione della norma, assai probabili in operazioni molto delicate come quelle in oggetto. La prima cosa da evidenziare è che questo tipo di operazioni devono essere attuate solo nel caso di creazione di un nuovo prodotto, o di un nuovo brand o ancora di un nuovo business. Nel caso, la struttura che viene attuata dalle multinazionali è la seguente:

  • Individuare una società del gruppo (che può essere la holding) che si occuperà di sviluppare il marchio e di procedere alla sua registrazione. La holding, quindi, sostiene i costi di realizzazione e di sviluppo del marchio e nel tempo ne promuove la promozione e la sponsorizzazione per diffonderne il valore verso terzi;
  • L’azienda che ha registrato il marchio (la holding) concede lo sfruttamento del marchio ad un altra società del gruppo, operativa, che si occuperà di produrre e distribuire il prodotto con il marchio ricevuto in licenza d’uso.

Questa è, molto schematicamente, la procedura seguita da tantissime multinazionali per lo sfruttamento degli intangibles aziendali. Sfruttando la diversa localizzazione territoriale della holding e delle società operative, arrivano a raggiungere obiettivi di tax planning importanti. Tuttavia, se non attuata correttamente questa procedura può portare a situazioni di “pianificazione fiscale aggressiva“. Di seguito proponiamo un esempio.

Esempio di pianificazione fiscale aggressiva

Questo tipo di operazioni sono contestate dai vari Paesi ed i rischi che si corrono sono davvero importanti. Questo schema che abbiamo visto può essere ampliato e portato su scala internazionale. Come hai visto dal caso IKEA che ho citato all’inizio le imprese multinazionali sfruttano i beni immateriali in modo importante nella loro attività di tax planning. Questa procedura è legata alla diversa collocazione territoriale tra le imprese che fanno nascere nuovi marchi e le imprese che li sfruttano economicamente.

In questo modo, grazie all’asimmetria dei livelli di tassazione dei vari Paesi del mondo è possibile ottimizzare il carico fiscale. Anche in questo caso, tuttavia, la situazione è complicata perché le autorità fiscali dei vari Paesi prestano molta attenzione al fatto che queste procedure vengano attuate con il rispetto delle normative fiscali nazionali e Convenzionali (ove presenti).

Sviluppo e concessione dei marchi registrati personalmente

La seconda possibilità di sfruttare la concessione in uso di marchi riguarda la registrazione degli stessi a titolo personale. Naturalmente, la registrazione personale riguarda solo i nuovi marchi (ovvero quelli non già in uso, anche se non registrati). In questo caso la persona fisica che ha sviluppato e registrato il marchio ha la possibilità di sfruttare il regime fiscale di vantaggio previsto per i proventi da diritto di autore in Italia. Ne ho parlato approfonditamente in questo articolo: “Redditi da diritto di autore: tassazione“.

Questa disciplina consente al titolare di un brand o di un marchio di concedere il suo sfruttamento economico ad un altro soggetto terzo, in cambio di un compenso sotto forma di royalties, spesso commisurate al fatturato raggiunto dal marchio stesso annualmente. Fiscalmente, il percepimento di queste royalties è trattato in modo agevolato dalla nostra normativa fiscale. Molto schematicamente quello che occorre sapere in questa analisi è che vi è la possibilità di ottenere una detassazione del 25% dei canoni derivanti dallo sfruttamento economico del diritto di autore su marchi e brevetti.

Registrazione del marchio da parte di chi ne ha paternità

Quanto detto sino a questo momento può essere sfruttato, ma soltanto nel rispetto di alcune condizioni. La cosa importante è quella di attuare questo schema solo al momento della creazione del marchio. Se questo schema viene realizzato successivamente rispetto alla commercializzazione del marchio sul mercato è palese che l’obiettivo perseguito è quello del raggiungimento di un vantaggio fiscale indebito. Stessa cosa se la registrazione del marchio avviene da parte di un’impresa diversa rispetto a quella che ne ha sostenuto i costi di realizzazione. Classico caso è quello di un marchio creato da una società operativa ma registrato dalla holding o ancora peggio dall’imprenditore personalmente.

Quale il risparmio di tassazione per una persona fisica

Utilizzando lo sfruttamento economico del marchio per una persona fisica è possibile ottenere un notevole risparmio fiscale. Ad esempio, la tassazione ai fini IRPEF può variare da:

  • Un minimo del 17,25%, ovvero il 75% dell’aliquota IRPEF più bassa, il 23%;
  • Un massimo del 32,25%, ovvero il 75% del 43% di IRPEF.

Se si pensa che la maggior parte degli imprenditori preleva i propri compensi dalla SRL utilizzando il “compenso amministratore” puoi capire benissimo i vantaggi. Il compenso amministratore, oltre a subire tassazione IRPEF piena, prevede il versamento dei contributi INPS alla gestione separata.


Quali accorgimenti da prendere nella gestione delle royalty su marchi d’impresa?

Come hai appena visto la possibilità di sfruttare nel modo corretto le royalty su marchi e brevetti può permettere un’ottima pianificazione fiscale. Non bisogna, tuttavia, correre subito a registrare il proprio marchio. Come tutte le opportunità in ambito fiscale è necessario tenere in considerazione molti aspetti. Andare a registrare il proprio marchio incassando i canoni derivanti potrebbe metterti, infatti, in una posizione non in regola da un punto di vista fiscale.

È opportuno, infatti, a mio avviso, effettuare una piccola riflessione sulla validità di una posizione fiscale legata alle royalty su marchi e brevetti aziendali. Quello che posso dirti è che quanto scritto sinora rappresenta una possibilità teoricamente valida, ma che deve essere correttamente inquadrata nella tua situazione fiscale personale e societaria. Senza tutto questo diventa difficile applicare correttamente questo vantaggio fiscale. Vediamo, di seguito gli errori da non commettere nella registrazione di un marchio aziendale. In ogni caso, ti consiglio di pianificare ogni scelta con il tuo dottore Commercialista di fiducia.

Errori da evitare nella registrazione dei marchi d’impresa

L’applicazione di una normativa fiscale, anche se perfettamente lecita, deve passare attraverso un’analisi della propria situazione fiscale. Per questo motivo un consulente fiscale è indispensabile. Tuttavia, in modo molto generico passiamo in rassegna i principali errori da non commettere se vuoi mettere a reddito un brevetto o un marchio aziendale. In particolare si tratta dei seguenti:

  1. Non registrare un marchio già utilizzato sul mercato da tempo;
  2. Il rispetto del principio di inerenza per la deduzione dei canoni pagati al concedente.

Vediamo questi errori con maggiore dettaglio.

Errore 1) – Non registrare un marchio giù utilizzato da tempo

L’errore più comune che vedo realizzare da chi vuole sfruttare economicamente il proprio marchio è quello della registrazione senza controllo. Se hai già un marchio esistente ed è già utilizzato dalla tua azienda per la vendita dei prodotti, non puoi pensare di registrare il marchio per sfruttare fiscalmente la disciplina sul diritto di autore.

Mi è capitato, infatti, di fare consulenza ad imprenditori che, allettati dalla possibilità del risparmio fiscale, hanno registrato a proprio nome un marchio storico aziendale. Oppure, può accadere che l’imprenditore non si era reso conto di non aver registrato il marchio. Questo, anche se l’azienda lo stava utilizzando da diversi anni e per questo lo ha poi registrato a nome proprio.

Ebbene, tutte queste posizioni non sono corrette fiscalmente, e non sono difendibili.

Quello che si deve dire è che la registrazione del marchio aziendale in se è per sé non è illegale e nemmeno una pratica scorretta. Tuttavia, pretendere che l’azienda inizi a pagare dei canoni all’imprenditore per un marchio che in precedenza era utilizzato liberamente è un comportamento sanzionabile (al limite tra elusione fiscale ed abuso del diritto). Tutto questo diventa ancora più grave se la registrazione personale del marchio è avvenuta dopo che lo stesso è stato sviluppato utilizzando risorse aziendali.

Il concetto da ricordare è semplice: se i costi per la creazione del marchio o del brevetto sono sostenuti dall’azienda, perché lo stai registrando personalmente?!

Se ti trovi in una fattispecie come questa devi sapere che sei passibile di accertamento, con il disconoscimento di tutti i vantaggi ottenuti dall’operazione. Il tutto con sanzioni che come minimo vanno dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta (sanzioni per infedele dichiarazione).

Errore 2) – Mancato rispetto del principio di inerenza con la deduzione delle royalties pagate

Una seconda tipologia di errore spesso commessa nello sfruttamento delle royalty su marchi è quella di andare a dedurre sull’azienda le royalty pagate al soggetto che ne detiene il diritto di autore. Anche se non hai commesso l’errore precedente sulla registrazione, c’è un secondo aspetto a cui devi prestare assoluta attenzione. Mi riferisco al cd “principio di inerenza“.

Si tratta della regola fiscale che ti impone, prima di scaricare un costo aziendale di essere in grado di dimostrare che quel costo è inerente all’attività svolta. Sostanzialmente, si tratta di dimostrare che il costo sostenuto è relativo ad una operazione che si tradurrà in una vendita, quindi un valore positivo per l’impresa.

Per farti capire, torniamo all’esempio di IKEA. Il valore del marchio IKEA è talmente forte che qualsiasi oggetto veda aggiungersi quel marchio acquista automaticamente un valore maggiore. Quello che voglio dire è che il “brand” IKEA, con la sua rete di negozi nel mondo è un fattore determinare del processo di vendita di quel gruppo. Il marchio è in grado di aumentare il valore del singolo pezzo venduto. In questo caso, non vi sono problemi per le società operative che pagano i canoni alla società che detiene il marchio. Per loro si tratta sicuramente di un costo inerente l’attività. Tutto questo, inevitabilmente cambia e viene meno nelle aziende di minori dimensioni. In questi casi la possibilità di provare il valore del proprio marchio è più difficile. Per questo motivo la società che detiene il marchio deve provvedere periodicamente al sostenimento di costi di sponsorizzazione del marchio sul mercato, per sostenerne l’economicità e la diffusione sul mercato.

Sentenza Cassazione n. 2599 del 27 gennaio 2023 – Inerenza e congruità delle royalties su marchi

La Corte di Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 2599 del 27 gennaio 2023 ad affrontare il tema della inerenza e congruità dei canoni relativi a royalties su marchi corrisposte a terzi. In particolare, gli aspetti rilevanti emersi dalla sentenza sono i seguenti:

  • L’inerenza del costo e la sua congruità devono collocarsi su piani distinti. L’inerenza è antecedente rispetto alla congruità, anche se, l’antieconomicità dell’operazione può essere indice di un difetto di inerenza;
  • Nei rapporti infragruppo, la società beneficiaria dei pagamenti deve trarre dal servizio remunerato un’effettiva utilità, la quale deve essere oggettivamente determinabile e adeguatamente documentata, anche se a questi costi non corrispondono direttamente ricavi in senso stretto;
  • Per i riaddebiti calcolati con mark-up sui costi sostenuti, il mark-up stesso non può essere ritenuto indeducibile a priori. È necessario inquadrare il contratto in base a quanto dedotto dalle parti per poi verificare se il mark-up possa risultare escluso sulla base della natura della prestazione eseguita e del suo rapporto con l’attività della società erogante (nei rapporti con società estere del gruppo, dei vincoli posti dalla normativa sui prezzi di trasferimento).

Come superare il problema e provare il valore economico di un marchio?

Sostanzialmente per sfruttare le royalty su marchi, occorre provare che, alternativamente:

  1. Grazie al marchio la tua merce aumenta di valore sul mercato;
  2. Grazie al marchio sei stato in grado di aumentare il numero delle vendite.

L’errore che si commette è quello di stipulare l’accordo economico di sfruttamento del marchio, facendo accollare tutti i costi di pubblicità a carico della società che lo sfrutta. Spesso, infatti, chi detiene il marchio non investe in prima persona la sviluppare la reputazione del brand. In questi casi il marchio ha acquisito forza grazie ai costi sostenuti dalla società e non dalla persona fisica (esempio il socio). Soggetto che ad un certo punto ha deciso di effettuare la registrazione e di percepire le royalties.

Per questo motivo è importante che chi detiene la paternità del marchio lo promuova direttamente quanto più possibile, altrimenti diventa difficile sostenere che i costi di promozione siano legati da chi quel marchio non lo detiene. Puoi star certo che se tutte le fatture relative alla pubblicità ed al marchio sono a carico della società allora ti sarà quasi praticamente impossibile scaricare i costi delle royalties.

Le analisi da fare per la stipula di un contratto di licenza d’uso

Quando si intende stipulare un contratto di licenza d’uso è necessario che vi siano una serie di analisi che le parti in causa è opportuno che vadano ad effettuare per dimostrare l’effettiva ragione economica dell’operazione.

Per quanto riguarda il concedente possiamo individuare:

  • La preventiva valutazione economica del marchio. Come detto il marchio per poter essere offerto in licenza deve essere in possesso di un valore economico tangibile e per questo ottenere una sua valutazione da parte di esperti può essere opportuno. Inoltre, la valutazione del marchio può indirizzare anche all’individuazione del valore della percentuale di royalties da imputare all’utilizzatore;
  • La scrittura di un contratto di licenza legato alla concessione in uno del marchio. La scrittura del contratto è importante sia per la tutela giuridica delle parti sia anche per il corretto inquadramento fiscale dell’operazione.

Per quanto riguarda l’utilizzatore, invece, possiamo individuare:

  • La documentazione dell’utilità oggettiva ottenuta attraverso l’utilizzo del marchio. La società utilizzatrice deve trarre dal servizio un’effettività utilità, la quale deve essere oggettivamente determinabile e adeguatamente documentata. È indispensabile che il beneficiario della licenza abbia tratto un vantaggio reale o abbia potuto ragionevolmente prevedere un vantaggio al momento della conclusione del contratto.
  • La periodica revisione ed approvazione dell’utilità apportata dallo sfruttamento in licenza del marchio. In pratica, deve essere dimostrabile nel tempo l’ottenimento di un beneficio per l’utilizzatore. Infatti, il vantaggio conseguibile dall’utilizzatore deve essere considerato temporalmente, e deve restare esistente fino a quando l’utilizzatore abbisogna della tecnologia del concedente per esercitare la sua attività (Circolare Min. Finanze n. 32/80). Con il passare degli anni il rapporto con la licenziante può, però, mutare sostanzialmente; la licenziataria può progredire e potrebbe più non sussistere alcuna ragionevole motivazione per rinnovare il contratto con la concedente. Considerato che un’impresa indipendente in condizioni tecnologiche similari non avrebbe continuato il rapporto, e da disconoscere la deducibilità del canone corrispettivo.

La determinazione del valore normale delle transazioni su beni immateriali

Una delle problematiche principali legate alla concessione in uso di beni immateriali riguarda la determinazione del valore della transazione, ovvero delle royalties corrisposte tra le parti. Per questo motivo può essere utile prendere a riferimento i parametri previsti dalla Circolare Min. Finanze n. 32/80, che vengono riportati di seguito.

In relazione alla difficoltà di enucleare criteri analitici di determinazione del valore normale delle transazioni aventi ad oggetto beni immateriali, considerata l’esigenza di certezza per il contribuente e la necessità di un rapido accertamento per l’Amministrazione, si ritiene opportuna la predeterminazione di “valori normali” da ritenere congrui, in linea di massima e fermo restando quanto detto sopra, alle seguenti condizioni:
 a) canoni fino al 2% del fatturato potranno essere accettati dall’Amministrazione quando;
  I) la transazione risulta da un contratto redatto per iscritto ed anteriore al pagamento del canone;
  II) sia sufficientemente documentata l’utilizzazione e, quindi, l’inerenza del costo sostenuto;
 b) canoni oscillanti tra il 2 e il 5% potranno essere ritenuti congrui, oltre che alle condizioni di cui al punto precedente, qualora;
  I) i dati “tecnici giustifichino il tasso dichiarato (effettuazione di ricerche e sperimentazioni, obsolescenza inferiore all’anno o meno, vita tecnica, originalità, risultati ottenuti, ecc.);
  II) il tasso dichiarato sia giustificata dai dati “giuridici”, emergenti dal contratto (diritto di esclusiva, diritto di concedere sub-licenze, diritto di sfruttamento delle scoperte o sviluppi del bene immateriale, ecc.);
  III) sia comprovata l’effettiva utilità conseguita dal licenziatario;
 c) canoni superiori al 5% del fatturato potranno essere riconosciuti solo in casi eccezionali giustificano dall’alto livello tecnologico del settore economico in questione o da altre circostanze;
 d) canoni di qualunque ammontare corrisposti a società residenti in Paesi a bassa fiscalità potranno essere ammessi in detrazione e riconosciuti congrui solo alle condizioni più onerose previste al punto c).

Conclusioni e consulenza fiscale online

La possibilità di sfruttare la possibilità di ottenere una tassazione vantaggiosa attraverso i marchi e le royalty è più una ipotesi teorica che pratica per le PMI italiane. La possibilità di sfruttare la disciplina sul diritto d’autore esiste, ma concretamente è necessario avere un marchio forte e conosciuto per poterla applicare. Tutte le volte in cui ci si trova di fronte a marchinuovi” o poco conosciuti il rischio di incorrere in una contestazione fiscale è molto forte. I vantaggi potrebbero tramutarsi in poco tempo in sanzioni da pagare.

Questo tipo di strumento è uno dei principali utilizzati da molte multinazionali nel mondo. Questo perché i marchi che utilizzano sono forti, ed in questo caso la variante non è data dalla registrazione a carico di una persona fisica. Piuttosto, invece, il tutto passa dalla locazione della società che detiene la proprietà di questi “intangibles“. In ogni caso, per sapere se puoi utilizzare questo ingegnoso sistema devi sicuramente parlarne con il tuo dottore Commercialista di fiducia. Solo così potrai analizzare nei minimi dettagli la tua situazione societaria e personale. Se hai bisogno di un consulente esperto, non esitare mettiti in contatto con me per ricevere una consulenza personalizzata. Nel caso possiamo analizzare la tua situazione anche con l’ausilio di legali specializzati.

Se vuoi conoscere altri sistemi per prelevare dalla SRL con risparmio fiscale allora leggi subito questo articolo.

3 COMMENTI

  1. Buongiorno, possiedo due posizioni disvali: una Srl e una ditta individuale che utilizzo solo per prestazioni come servizi di docenza.

    Ho registrato dei marchi come persona fisica su codice fiscale che affitto alla Srl al fine dell’utilizzo commerciale.

    Le royalties che mi spettano posso incassare come.peraona fisica oppure, possedendo una partita iva, devo per forza fatturare con la ditta individuale, di fatto azzerando quasi i benefici fiscali?

  2. La risposta alla sua domanda è legata ad alcune variabili della sua posizione con la partita Iva individuale. Se vuole approfondire ci scriva in privato per una consulenza. La aiuteremo.

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