HomeFisco NazionaleFiscalità del lavoroRimborsi spese dipendenti e amministratori

Rimborsi spese dipendenti e amministratori

Corretta gestione dei rimborsi spese per dipendenti e amministratori in busta paga. Rimborso spese analitico, forfettario e misto. Applicazione del rimborso spese in busta paga.

Che cosa accade quando un lavoratore dipendente si trova a dover svolgere le proprie mansioni al di fuori della sede ordinaria di lavoro? Quando l’amministratore può percepire un rimborso spese?

Ogni volta che il dipendente si trova fuori dalla sede indicata nel contratto di lavoro si trova in trasferta. Allo stesso modo quando l’amministratore opera per conto della società, fuori sede ha diritto ad ottenere un rimborso.

In questi casi, qualora il dipendente o l’amministratore anticipi denaro personalmente per motivi di lavoro ha diritto ad un rimborso spese. I rimborsi sono erogati direttamente in busta paga dall’impresa al dipendente. Questi hanno la funzione di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti per lo spostamento dal luogo di lavoro abituale per svolgere le mansioni assegnate.

Classici esempi di rimborsi spese al dipendente all’amministratore sono quelli per:

  • Costi di carburante;
  • Pedaggi autostradali;
  • Altre spese legate al veicolo utilizzato;
  • Vitto e alloggio;
  • Spese per la telefonia.

Detto questo, andiamo a vedere con maggiore dettaglio le varie tipologie di rimborsi spese dipendenti collegati ai diversi tipi di contratto e trasferta.


Rimborsi spese dipendenti: regole Comuni

Quando un lavoratore dipendente è in trasferta?

Il punto di partenza per analizzare la disciplina fiscale dei rimborsi spese dipendenti è individuare quando siamo di fronte ad una trasferta di lavoro. La corretta definizione di trasferta di lavoro è riscontrabile nella C.M. n 207/E/2000. In particolare occorre tenere in considerazione quanto segue.

La trasferta del lavoratore dipendente si concretizza quando l’attività di lavoro viene svolta fuori dal Comune sede di lavoro, che corrisponde ad una delle sedi del datore di lavoro. Per individuare la tipologia di trasferta è necessario individuare in modo esatto la sede di lavoro di ciascun lavoratore. In caso di rapporto di lavoro dipendente individuare la sede di lavoro è relativamente semplice. È necessario andare a leggere il proprio contratto di lavoro, in quanto deve essere riportata la sede di lavoro.

Cosa fare se non si riesce ad individuare la sede di lavoro?

Deve essere sottolineato che per alcune attività non è possibile determinare contrattualmente la sede di lavoro, e nemmeno identificare la sede di lavoro con quella della società. Ad esempio, può essere il caso dell’amministratore di società. In questi casi, potrebbe non essere stato specificato nel mandato (verbale di nomina) il luogo ove espletare l’incarico. Pertanto, occorre fare riferimento convenzionale al luogo di residenza (domicilio fiscale) dell’amministratore stesso.

Deve essere evidenziato che il TUIR prevede le indennità o i rimborsi spese per trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito del percettore.

Differenze tra trasferta e trasferimento del lavoratore

Spesso si tende a fare confusione su due concetti molto simili, ma altrettanto diversi, ovvero la trasferta ed il trasferimento del lavoratore.

La norma non prende in considerazione un numero di giorni massimo per le trasferte di lavoro. Questo significa che il numero dei giorni deve essere sempre valutato caso per caso in relazione al tipo di attività esercitata. Ad esempio, nel settore edile le trasferte possono essere molto lunghe e durare anche dei mesi. Pensa al caso dell’apertura di un cantiere edile all’estero.

Tipologie di rimborsi spese

Il trattamento fiscale in capo ai lavoratori dipendenti ed assimilati dei rimborsi spese dipendenti per trasferte fuori dal territorio comunale, prevede tre tipologie di rimborso (alternative). In particolare, possiamo avere:

  • Il rimborso spese forfettario;
  • Il rimborso spese a piè di lista o analitico;
  • Il sistema misto.

Vediamo, di seguito ciascuna tipologia di rimborso spese, per quanto riguarda la tassazione in capo al lavoratore dipendente. Tieni presente che è possibile scegliere liberamente la tipologia di rimborso da applicare. La scelta deve essere effettuata con riferimento a ciascuna trasferta e nel caso di trasferte di più giorni deve essere utilizzato necessariamente un unico metodo. In pratica, nell’ambito della stessa trasferta non si può utilizzare diverse tipologie di rimborso per giornate diverse.


Rimborso forfettario delle spese

La decisione sulla tipologia di rimborso da assegnare al dipendente spetta all’azienda. Qualora questa decida di erogare al dipendente in trasferta temporanea il rimborso spese forfettario deve fare riferimento al comma 5 dell’articolo 51 del TUIR. Questa norma prevede che il rimborso spese non concorra alla formazione del reddito del lavoratore dipendente fino all’importo di:

  • 46,48 euro al giorno per le trasferte fuori dal territorio comunale effettuate in Italia;
  • 77,46 euro al giorno per le trasferte all’estero.

Questi importi sono giornalieri. Non conta la durata in giorni della trasferta, la quale può essere anche inferiore alle 24 ore. Ad esempio, in caso di trasferta fuori dal territorio comunale può essere riconosciuta una indennità sino al massimo di 46,48 euro non tassata in campo al lavoratore dipendente.

Il rimborso forfettario può riguarda le spese per vitto, alloggio e piccole spese non documentate.

La documentazione della spesa

Nel caso in cui si scelga i rimborsi spese dipendenti forfettari non deve essere conservato alcun documento giustificativo di spesa. Il rimborso forfettario è determinato dall’azienda a forfait. Questo significa che non è determinato analiticamente sulla base dei giustificativi di spesa conservati dal dipendente. L’unica documentazione da conservare, ai fini dell’esenzione da tassazione, è quella relativa si rimborsi spese viaggio e trasporto (anche come rimborso chilometrico) corrisposti in aggiunta all’indennità forfettaria. Eventuali ulteriori rimborsi aggiuntivi, di qualsiasi natura, anche se analiticamente documentati saranno imponibili rispetto all’indennità forfettaria prescelta.

Tabella: rimborso forfettario

Esempio di rimborso forfettario fuori dal Comune

Poniamo che il dipendente dell’azienda Omega SRL si rechi in trasferta fuori dal territorio comunale, e che gli venga erogata una somma pari ad 100,00, così suddivisa:

  • 60,00 euro indennità forfettaria;
  • 40,00 euro spese di viaggio documentate dal biglietto del treno.

Nella tabella seguente vediamo gli importi assoggettati a tassazione.

Il datore di lavoro, come visto, ha facoltà di accordare importi superiori o inferiori rispetto a quelli fiscali. La conseguenza, in caso di importi superiori è l’imponibilità del maggiore rimborso. Nell’esempio, infatti, la differenza tra l’indennità forfetaria erogata ed il limite di esenzione pari ad:

€ 60 – € 46,48 = € 13,52

dovrà essere assoggettata a tassazione sia fiscale che previdenziale.

Rimborso forfettario nel Comune

Infine, nel caso di trasferte nell’ambito del territorio comunale per le quali il datore di lavoro riconosce un’indennità forfettaria, la norma prevede che tale rimborso forfettario deve concorrere integralmente a formare il reddito del dipendente. Mentre, i rimborsi delle spese di trasporto, se comprovate da documenti che provengono dal vettore sono comunque esenti da tassazione.


Rimborso analitico delle spese

L’azienda, in alternativa al rimborso forfettario dei rimborsi si può effettuare il rimborso a piè di lista (analitico). In questo caso non concorrono a formare reddito i rimborsi spese documentate relative:

  • Al vitto;
  • All’alloggio;
  • Al viaggio e al trasporto;
  • Al rimborso di altre spese sostenute fino ad un massimo di 15,49 euro, elevate a 25,82 per le trasferte all’estero

Il trattamento fiscale di questa tipologia di rimborso è disciplinato dal comma 5 dell’articolo 51 del TUIR.

Con questa soluzione l’azienda ha la possibilità di gestire i rimborsi spese dipendenti in modo analitico per spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto. Questi importi, nei limiti sopra indicati, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore. Questo purché sia fornita dettagliata documentazione a giustificazione delle spese sostenute. Il tutto, è opportuno precisarlo, senza limiti di importo.

Solo nel caso di in cui dovessero essere rimborsate ulteriori spese, anche non documentate, oltre a quelle indicate (quali, ad esempio parcheggio, telefono, lavanderia) allora sarebbero esenti da tassazione. Questo però solo nei  limiti sopra indicati (15,49 euro se la trasferta è in Italia ed 25,82 euro se la trasferta è all’estero).

Documentazione per il rimborso spese analitico

Per ottenere il rimborso spese il lavoratore deve presentare una nota spese.

Si tratta di una apposita richiesta indicando i dati relativi alla trasferta ed allegando la documentazione giustificativa delle spese sostenute di vitto, alloggio, viaggio e trasporto oltre che di eventuali altre spese. Per le imprese che adottano il sistema di rimborso analitico è necessario identificare la documentazione necessaria a comprovare le trasferte effettuate. Tutto questo tenendo presente che l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che non è necessaria l’autorizzazione preventiva alla trasferta. Nella CM n 188/E/1998 è stato precisato che la trasferta e le spese ad essa collegate “devono risultare dalla normale documentazione conservata dal datore di lavoro”.

Tipologia di documentazione da conservare

Le spese di vitto e alloggio, per le quali il legislatore non ha previsto limitazioni né di importo né sul tipo di struttura recettiva, sono documentabili attraverso:

  • Fattura Elettronica. Può essere intestata al lavoratore o all’azienda. In questo secondo caso l’azienda può detrarsi l’IVA;
  • Documento commerciale o ricevuta fiscale.

Le spese di viaggio e trasporto, per le quali non sono previste limitazioni al tipo di mezzo utilizzato dal dipendente, sono documentabili attraverso l’esibizione dei documenti di viaggio, quindi biglietti nominativi o ricevute rilasciate dal vettore.

La C.M. n. 188/E/1998 ha precisato che è sufficiente anche la documentazione costituita da biglietti anonimi.

Tabella: rimborso analitico o a piè di lista

Esempio di rimborso a piè di lista

Immagina che il dipendente della ditta Gamma SRL si rechi in trasferta in Italia, fuori dal territorio comunale, per due giornate a fronte delle quali viene rimborsata una somma pari ad € 400 di cui:

  • € 140 di rimborso del vitto documentato da vari scontrini fiscali;
  • Importo di € 100 relative alle spese di viaggio documentate dal biglietto;
  • € 120 di rimborso dell’alloggio documentato da ricevuta fiscale;
  • Infine, € 40 di rimborso di ulteriori spese non documentate.

Nella tabella seguente sono riportati gli importi che dovranno essere assoggettati a tassazione e gli importi esenti.

I rimborsi di spese documentati di vitto, viaggio ed alloggio, non concorrono alla determinazione del reddito del dipendente, indipendentemente dall’importo sostenuto. Questo purché risultino dalla nota spese, mentre concorrerà a determinare il reddito del dipendente l’importo  delle ulteriori spese, anche documentate, diverse da quelle di viaggio, vitto, alloggio e trasporto solo per l’importo che eccede il limite di € 15,49 giornaliero (nell’esempio € 15,49 * 2 = 30,98 euro).

Rimborso spese analitico per trasferte nel territorio comunale

Infine, nel caso di rimborso spese analitico per trasferte effettuate all’interno del territorio comunale dove si trova la sede di lavoro gli importi percepiti dal dipendente concorreranno alla determinazione del reddito. Questo con la sola esclusione delle spese di viaggio e trasporto, se documentate dai giustificativi di spesa rilasciati dal vettore.

Tabella: effetti per il datore di lavoro per i rimborsi analitici


Rimborsi spese misti

Accanto al rimborso spese forfettario e a quello analitico l’azienda ha la possibilità di effettuare dei rimborsi spese misti. Si tratta di una soluzione intermedia tra il sistema del rimborso analitico e quello forfettario. Questa soluzione prevede che venga corrisposto oltre al rimborso analitico delle spese di vitto e alloggio anche una indennità di trasferta. In particolare, il rimborso misto prevede che:

  • Nel caso di rimborso analitico delle spese di vitto e alloggio è possibile che il datore di lavoro riconosca in aggiunta un’indennità di trasferta forfettaria esente da tassazione nel limite di
    • € 30,99 al giorno per le trasferte in Italia ed
    • € 51,65 in caso di trasferte all’estero (si tratta di un’indennità forfetaria pari a 2/3 di quella prevista dal metodo di rimborso forfettario);
  • Nel caso di rimborso analitico delle spese di vitto e alloggio è possibile che il datore di lavoro riconosca in aggiunta un’indennità di trasferta forfetaria  esente da tassazione nel limite di:
  • € 15,49 al giorno per le trasferte in Italia ed
  • € 25,82 in caso di trasferte all’estero (in questo caso si tratta di un’indennità forfetaria pari ad 1/3 di quella prevista dal metodo forfetario).

In aggiunta a tali rimborsi la norma prevede che possano essere riconosciute dal datore di lavoro anche le spese di viaggio e le spese di trasporto (compresa l’indennità da rimborso chilometrico) senza concorrere alla determinazione del reddito di lavoro dipendente nel caso in cui tali spese siano analiticamente documentate. Eventuali ulteriori spese anche se analiticamente documentate dovranno essere invece assoggettate interamente a tassazione.

Tabella: rimborso misto

Esempio di rimborso misto

Ipotizziamo che il dipendente della ditta Omega SRL si rechi in trasferta fuori dal territorio comunale per due giornate a fronte delle quali viene rimborsata una somma pari ad € 420 come di seguito dettagliata:

  • € 200 di rimborso del vitto documentato da ricevute fiscali;
  • importo di € 100 di indennità forfetaria;
  • € 100 relative alle spese di viaggio documentate dal biglietto;
  • € 20 di rimborso di ulteriori spese non documentate.

Nella tabella seguente viene evidenziato l’importo che dovrà essere assoggettato a tassazione e l’importo esente.

Nell’esempio deve essere assoggettato a tassazione per il lavoratore dipendente l’importo dell’indennità di trasferta che eccede la soglia di esenzione giornaliera (€ 30,99 a giornata per complessivi € 61,98) ed il rimborso delle spese non documentate, in quanto non previsto per il metodo misto.

Rimborso misto per le trasferte comunali

Infine, nel caso di adozione del rimborso misto per le trasferte effettuate all’interno del territorio comunale dove si trova la sede di lavoro verranno assoggettati a tassazione sia l’indennità forfetaria sia i rimborsi delle spese documentate. Questo, ad esclusione delle spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore.


Rimborso spese: calcolo del rimborso chilometrico auto

Quando si tratta di rimborsare il lavoratore dipendente per una trasferta, spesso le imprese si avvalgono del rimborso chilometrico. Il lavoratore dipendente che deve spostarsi per effettuare una trasferta anziché utilizzare l’autoveicolo messo a disposizione dall’azienda può utilizzare un mezzo proprio. Questo al fine di poter chiedere all’azienda un rimborso per il costo sostenuto. Per l’applicazione concreta del rimborso chilometrico e del relativo calcolo dell’importo spettante al dipendente l’azienda deve attentamente valutare l’impatto di natura fiscale che presentano questi rimborsi. Ovvero:

  • Tassazione dei rimborsi in capo al lavoratore dipendente;
  • Deduzione dei rimborsi in capo all’azienda.

Rimborso chilometrico: trattamento in capo al lavoratore

Per quanto riguarda il trattamento in capo al lavoratore bisogna mettere in evidenza che:

  • In generale, come anche precisato nella C.M. n. 329/E/1997 i rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica e di trasporto non concorrono comunque a formare il reddito se le spese sono rimborsate sulla base di idonea documentazione;
  • Tale regola generale di non imponibilità non trova certamente applicazione nel caso di rimborsi chilometrici erogati per trasferte effettuate all’interno del territorio comunale. Per tali tipologie di rimborsi non è applicale l’esenzione prevista per i rimborsi delle spese di trasporto comprovati da documenti provenienti dal vettore. Questo in quanto manca proprio la documentazione giustificativa richiesta;
  • Non è necessario il rilascio da parte del datore di lavoro di un’autorizzazione preventiva alla trasferta. La quale, in caso di controllo, dovrà risultare dalla normale documentazione conservata dal datore di lavoro dove sia desumibile il calcolo del rimborso spettante.

Il rimborso chilometrico non è quindi soggetto a tassazione in capo al dipendente, in quanto non è classificabile come remunerazione, ma come indennizzo per costi sostenuti dal dipendente per conto dell’impresa. Fatte queste necessarie premesse è necessario verificare se la normativa impone comunque dei vincoli ovvero se esiste un limite all’importo erogabile al dipendente (non tassato) come rimborso chilometrico: la stessa CM n 326/E1997 chiarisce che è necessario che, in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia determinato avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura.

Il rimborso chilometrico: trattamento in capo all’azienda

Per quanto riguarda invece il trattamento fiscale in capo all’azienda la disciplina di riferimento è contenuta nel comma 3 dell’articolo 95 DPR n 917/86. In particolare, la norma dispone quanto segue.

I limiti di deducibilità sono pertanto i seguenti:

  • Se il dipendente utilizza una vettura nella sua disponibilità, il rimborso chilometrico è fiscalmente deducibile entro il limite delle vetture di 17 cavalli fiscali ovvero 20 cavali fiscali se alimentate a gasolio;
  • Se  il dipendente prende a noleggio direttamente una vettura per effettuare la trasferta, il rimborso può avvenire nel limite delle tariffe di noleggio previste per le vetture di 17 cavalli fiscali ovvero 20 cavali fiscali se alimentate a gasolio.

Nel caso in cui venga utilizzata un’auto con una potenza superiore in termine di cavalli fiscali, la deduzione dovrà essere quindi “ridimensionata” conseguentemente. Secondo il legislatore, quindi, il rimborso chilometrico non deve essere assoggettato a tassa­zione in capo al dipendente in quanto non classificabile come remunerazio­ne, ma come indennizzo per costi sostenuti per conto dell’impresa.

Aspetto importante da evidenziare riguarda l’identificazione del luogo di partenza della trasferta del lavoratore. Per individuarlo è necessario individuare la sede di lavoro del dipendente (collaboratore). Si tratta della sede di lavoro indicata nel contratto di lavoro. Qualora, nel contratto non trovi evidenza la sede di lavoro si prendere a riferimento l’unità produttiva dell’impresa presso la quale si svolge abitualmente la prestazione di lavoro. Infine, in mancanza di altri riferimenti deve essere preso in considerazione il domicilio fiscale del collabora­tore. Inoltre, con la Risoluzione n. 92/E/2005 l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che se il dipendente parte per la trasferta dal proprio domicilio (residenza) anziché dalla sede di lavoro, l’eccedenza di rimborso per il tragitto casa/trasferta, più lungo rispetto a quello sede di lavoro / trasferta, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente imponibile, determinato in base all’art. 51, co. 1, TUIR.

Calcolo rimborso chilometrico e tabelle ACI

Il riferimento da utilizzare per l’individuazione degli importi da prendere in considerazione in relazione ai diversi veicoli è rappresentata dalle tabelle ACI, che vengono aggiornate due volte all’anno. La gestione del rimborso chilometrico deve quindi essere condotta avendo a riguardo due distinti limiti:

  • Un limite di deducibilità fiscale per l’azienda;
  • Un limite generalmente superiore al primo di non imponibilità in capo al lavoratore.

Esempio di calcolo rimborso chilometrico

Il sig. Rossi, dipendente di Rossi Srl, si reca con la propria vettura da Milano a Torino e ritorno, percorrendo 300 km, utilizzando la sua vettura con percorrenza media annua di 20.000 km. Sulla base di quanto riportato dalle tariffe ACI, il dipendente per la tipologia di auto utilizzata potrebbe richiedere la liquidazione di un rimborso chilometrico pari a 0,650223 €/km  x  300 km = 195,07 euro, senza vedersi tassato l’importo. Il limite di 20 CVF Cavalli Fiscali (17 CVF in caso di benzina) di cui all’articolo 95 TUIR comporta un rimborso chilometrico massimo deducibile dalle tabelle ACI, pari a 0,4767  €/km x 300 km = € 143,01.

Di conseguenza a seconda dell’importo che viene rimborsato le conseguenza fiscali saranno le seguenti: fino a 143,01 euro. L’importo è deducibile per l’azienda e non imponibile per il dipendente.

Rimborsi spese dei lavoratori in smart working

Negli ultimi mesi l’intensificarsi dell’attività lavorativa in smart working ha portato l’Amministrazione finanziaria ha chiarire alcuni aspetti importanti. In particolare, per quanto riguarda le spese sostenute dai dipendenti in smart working, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che (Risposte interpello nn. 314/E/2021, 328/E/2021, 371/E/2021):

  • Concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le somme rimborsate dal datore di lavoro sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi accertabili sotto il profilo documentale, considerata l’assenza di una specifica disposizione normativa che individua la quota esclusa da imposizione fiscale;
  • Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i rimborsi spese riconosciuti con criteri analitici, che consentono di determinare per ciascuna tipologia di spesa (es. connessione internet, energia elettrica, etc.) la quota di costi risparmiati dal datore di lavoro che sono stati sostenuti dal dipendente.

Lato impresa, il rimborso delle spese, sostenuto per soddisfare un’esigenza del dipendente legata alle modalità di prestazione dell’attività in smart working, è deducibile ai sensi dell’art. 95 co. 1 del TUIR (risposta interpello Agenzia delle Entrate n. 371/E/2021).


Conclusioni

In questo articolo ho voluto spiegarti in modo semplice e schematico come avviene la tassazione dei rimborsi spese dipendenti.

Quando un lavoratore dipendente viene inviato in trasferta, deve porsi il problema di quale tipo di rimborso ha scelto per lui l’azienda. Questo in modo tale da farsi trovare preparato con la documentazione giustificativa. Infatti, solo qualora l’azienda decida per il rimborso forfettario il dipendente dovrà conservare tutta la documentazione giustificativa della spesa sostenuta.

Domande frequenti

Quali tipi di spese possono essere rimborsate ai lavoratori dipendenti?

In Italia, i lavoratori dipendenti possono ricevere rimborsi per spese legate a viaggi di lavoro, come trasporti, alloggio e pasti. Possono essere inclusi anche rimborsi per l’uso del telefono personale per motivi di lavoro, spese di formazione e acquisto di attrezzature necessarie per il lavoro.

Come devono essere documentate le spese per ottenere un rimborso?

Le spese devono essere documentate attraverso ricevute, fatture o altri documenti che comprovano l’effettiva sostenibilità della spesa. È importante che queste documentazioni siano dettagliate e corrispondano alle politiche aziendali.

Ci sono limiti di spesa per i rimborsi?

Sì, molte aziende stabiliscono limiti di spesa per i rimborsi. Questi limiti possono variare in base alla natura della spesa e alla politica aziendale. È importante verificare con il datore di lavoro per conoscere queste limitazioni.

Qual è la procedura per richiedere un rimborso spese?

Di solito, il lavoratore deve compilare un modulo di richiesta di rimborso, allegando tutte le ricevute e i documenti necessari. La procedura specifica può variare a seconda delle politiche aziendali, quindi è importante informarsi presso il proprio datore di lavoro.

Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.

2 COMMENTI

  1. Salve, vorrei sapere ma il rimborso spese chilometrico vale solo per l’andata? Ipotesi: io dipendente devo andare con la mia auto a 300 km dalla sede quindi ipoteticamente mi verrebbero corrisposti 0,50€/km quindi 150€. Il ritorno è a mie spese o devo calcolare 300+300*0,50€ ?

  2. Il rimborso chilometrico riguarda sempre il tragitto, sede di lavoro, sede della trasferta e ritorno. Se l’andata e o il ritorno vanno dall’abitazione e non dalla sede di lavoro la differenza deve essere imputata come reddito assoggettabile a tassazione (risoluzione n. 92/E/2015).

Lascia una Risposta