L’abitualità nell’attività di lavoro autonomo è un concetto fondamentale nel diritto tributario italiano, in quanto determina la natura continuativa dell’attività svolta e, di conseguenza, le relative obbligazioni tributarie.


L’abitualità si riferisce alla regolarità e continuità con cui un’attività viene svolta. Nel contesto del lavoro autonomo, l’abitualità è uno dei criteri utilizzati per distinguere tra chi svolge un’attività occasionale e chi, invece, svolge un’attività professionale o d’impresa. Questa distinzione ha importanti ripercussioni fiscali.

Se un’attività viene svolta in modo abituale, ciò implica che il soggetto che la svolge è tenuto al rispetto di una serie di obbligazioni tributarie, come la tenuta delle scritture contabili, la presentazione delle dichiarazioni fiscali, il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali. Al contrario, chi svolge un’attività in modo non abituale potrebbe beneficiare di un regime fiscale più favorevole o essere esentato da alcune di queste obbligazioni.

La distinzione tra attività svolte in modo abituale e quelle svolte in modo occasionale è da sempre al centro del dibattito tributario italiano. Questa distinzione, apparentemente semplice, nasconde in realtà una serie di sfumature e complessità che possono avere significative ripercussioni fiscali per chi svolge un’attività di lavoro autonomo. Ma, cosa si intende esattamente per abitualità? E quali sono le implicazioni fiscali legate a questo concetto? In questo articolo, esploreremo la natura dell’abitualità nell’ambito del lavoro autonomo, analizzando le sue caratteristiche, le sue implicazioni fiscali (aprire partita IVA) e le recenti evoluzioni normative e giurisprudenziali in Italia.

Le prestazioni di lavoro autonomo

La prestazione di lavoro autonomo è quell’attività lavorativa svolta da un individuo (professionista o lavoratore autonomo) che opera in totale indipendenza, senza essere legato da un rapporto di subordinazione con un datore di lavoro. A differenza del lavoro dipendente, il lavoratore autonomo organizza la propria attività in maniera autonoma, decidendo autonomamente come, quando e dove svolgere il proprio lavoro. La remunerazione percepita non è un salario, ma un corrispettivo per un servizio o una prestazione fornita. Questa tipologia di lavoro può riguardare sia le professioni regolamentate (come avvocati, commercialisti, notai, medici, geometri, etc) sia attività artigianali, commerciali o agricole svolte in maniera autonoma. Dal punto di vista fiscale, il reddito derivante da prestazione di lavoro autonomo è soggetto a specifiche regole di tassazione, diverse da quelle previste per i lavoratori dipendenti.

La prestazione di lavoro autonomo si distingue dal lavoro subordinato principalmente per l’assenza di vincoli gerarchici e di subordinazione, per l’autonomia decisionale e organizzativa e per la natura del compenso percepito. Inoltre, il lavoratore autonomo si assume generalmente i rischi legati all’attività svolta e non gode delle tutele tipiche del lavoro dipendente, come la tutela in caso di licenziamento, malattia o infortunio sul lavoro.

Tanto per fare un semplice esempio un consulente informatico che esegue un corso legato ad un software, sta svolgendo un’attività professionale. Il suo intelletto prevale su tutti gli altri aspetti della prestazione. Al contrario, se lo stesso consulente, realizza un sito web e lo pubblicizza sui portali per la sua messa in vendita, sta svolgendo un’attività imprenditoriale. In questo caso l’organizzazione ed i mezzi impiegati prevalgono sull’aspetto intellettuale.

Capire la differenza tra un’attività di lavoro autonomo ed una imprenditoriale è molto importante da un punto di vista fiscale. Le attività professionali, possono essere svolte dai soggetti anche in forma non professionale. Mentre le attività imprenditoriali devono essere sempre svolte professionalmente. Quindi con partita IVA e tutti gli adempimenti fiscali, amministrativi e previdenziali conseguenti ed obbligatori. Di seguito andiamo ad analizzare le attività di lavoro autonomo, per capire quando possono essere svolte in modo non professionale.

Abitualità delle prestazioni di lavoro autonomo

Fatta questa premessa è necessario andare ad analizzare quando un’attività di lavoro autonomo può essere svolta in modo non professionale, quindi, senza partita IVA. A questo proposito è utile effettuare una distinzione tra soggetti che effettuano prestazioni in quanto iscritti ad albi, elenchi, ruoli o registri professionali e imprenditoriali in genere, rispetto ai non iscritti.

Nel primo caso, per i soggetti iscritti ad Albi è logico ritenere, che si è sempre in presenza di attività professionale di tipo abituale. Un’attività professionale è sempre abituale quando, congiuntamente, e indipendentemente dalla frequenza delle prestazioni:

  • Il lavoratore autonomo è iscritto ad albi, elenchi, ruoli o registri;
  • Il lavoratore autonomo svolge operazioni, non importa il numero e la frequenza, rientranti tra quelle del proprio ambito di attività.

Con questi requisiti un professionista opera in modo professionale per definizione. Quindi, deve operare obbligatoriamente con partita IVA. Quando, invece, il professionista anche se iscritto in albi ruoli od elenchi svolge un’attività professionale fuori dalla sua attività abituale in ambiti del tutto diversi, può usufruire della disciplina riguardante le prestazioni di lavoro autonomo occasionale.

Iscrizione ad albi, elenchi, ruoli o registri per i professionisti

L’iscrizione del professionista in albi, elenchi, ruoli o registri rappresenta un requisito indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale. Come detto, un professionista iscritto ad un albo professionale può esercitare la sua attività solo in modo professionale, quindi, solo con partita IVA. L’apertura della partita IV rappresenta un elemento indispensabile per tutti quei professionisti come:

  • Avvocati;
  • Medici;
  • Ingegneri;
  • Architetti;
  • Biologi;
  • Psicologi;
  • Notai;
  • Commercialisti;
  • Giornalisti, etc.

Per questi soggetti l’Albo professionale è indispensabile per esercitare la propria attività. Oltre all’iscrizione in un albo diventa diventa importante verificare il programma di attività del professionista quale è dato percepire da una pluralità di elementi, come per esempio, avvio di contatti lavorativi, acquisizione della disponibilità di locali. In sostanza, la semplice iscrizione in albi ruoli od elenchi obbliga il professionista ad aprirsi una partita IVA. Essa, tuttavia, integra pur sempre un elemento sintomatico che, lungi dal costituire il fatto noto su cui poter unicamente fondare una presunzione di abitualità, potrebbe rappresentare un indizio grave e preciso ai sensi dell’articolo 2729 del codice civile. Deve essere evidenziato che, per alcuni albi professionali è possibile esercitare l’attività anche sotto forma di prestazione occasionale, quando ne ricorrono i presupposti.

Attività abituale non dettata dal numero di prestazioni o dal numero di committenti

Per stabilire l’abitualità della prestazione professionale, non si vuole certo assegnare un valore eccessivo a elementi di carattere formale. Quello che voglio dire è che l’effettuazione anche di una sola operazione, in presenza delle accennate iscrizioni, potrebbe integrare l’esercizio di una abituale attività economica. Questo avviene in tutti quei casi in cui il soggetto dimostri in modo programmatico di voler esercitare un’attività professionale. Magari perché ha posto in essere un minimum di atti preparatori allo svolgimento di un’attività auto-organizzata e abituale.

Per essere quanto più concreti possibile pensa al caso di un giovane avvocato che ha aperto un suo studio e che nel primo anno ha avuto un solo cliente. Ebbene, in questo caso, anche con una sola prestazione l’attività è comunque abituale per gli atti preparatori, ovvero l’ufficio in cui lavora e si appresta ad accogliere la futura clientela.

Il contribuente, tuttavia, potrebbe anche essere in grado di provare il contrario. Tali, prove devono essere concrete. Esse non devono semplicemente basarsi sul numero limitato di operazioni poste in essere. Il contribuente deve dimostrare, nel caso, di non avere posto in essere atti che portino ad avere una preparazione di attività abituale di lavoro autonomo. Solo in questo caso la prestazione qualificata dall’interessato come lavoro autonomo occasionale. Bisogna però prestare molta attenzione. Tale previsione potrebbe in realtà essere l’unica non occultabile in mezzo a un gran numero di operazioni “in nero“. Per questo motivo l’Agenzia delle Entrate effettua questo tipo di controlli con molta cura, e spesso anche con l’ausilio di indagini finanziarie, per scovare eventuali professionisti che operano fuori dalla più totale legalità.

Eccezioni all’abitualità per alcuni albi professionali

Prima di passare all’analisi dell’abitualità della prestazione professionale, voglio indicarti alcune eccezioni. Alcuni albi professionali prevedono che il professionista possa esercitare l’attività senza l’obbligo di partita IVA. Classico caso è quello dei giornalisti. Questi professionisti, se non collaborano stabilmente come professionisti con una testata giornalistica possono operare con prestazione occasionale. Questa facoltà è espressamente prevista dall’Ordine dei giornalisti.


Svolgimento di altre attività per cui non c’è iscrizione ad Albi

Quando siamo, invece, in presenza di attività per le quali non sia prescritto l’obbligo di iscrizione ad Albi professionali le cose cambiano. In queste fattispecie stabilire in quali casi l’attività di lavoro autonomo sia o meno abituale è problematico. Voglio dire che, ad oggi, non vi sono regole qualitative o parametri quantitativi da un punto di vista fiscale per individuare in modo netto una attività abituale da una occasionale.

Nel nostro sistema tributario l’unico parametro attualmente esistente è quello contributivo. Questo parametro, tuttavia, non riguarda l’aspetto fiscale, quindi, l’obbligo o meno di dotarsi di partita IVA. Tale parametro è valido esclusivamente per stabilire se il lavoratore autonomo occasionale debba iscriversi o meno alla Gestione separata Inps.

Quello che voglio dire è che potrebbe accadere che un soggetto svolga una unica prestazione del valore superiore di 5.000 euro senza che vi sia obbligo di partita IVA. Tuttavia, potrebbe anche accadere il contrario, ovvero che un soggetto svolga varie prestazioni abituali, per un importo annuo inferiore a 5.000 euro. In questo caso vi sarebbe obbligo di operare professionalmente, anche se non vi sono obblighi previdenziali.

Rimangono pertanto valide le puntualizzazioni fino a ora effettuate dall’Amministrazione finanziaria. A partire da quella, ribadita in più occasioni, che, essendo incerta la distinzione tra abitualità e occasionalità, la valutazione circa l’esistenza dell’uno o dell’altro elemento deve essere fatta caso per caso sulla base delle fattispecie concrete che di volta in volta vengono in considerazione. Non esistendo, cioè, soluzioni a priori.

Abitualità e professionalità

Il termine abituale nel contesto delle regole fiscali è esclusivamente abbinato al termine della professionalità a prescindere dall’organizzazione. Quest’ultima, infatti, ha rilevanza per stabilire se le abituali prestazioni di servizi, non rientranti nell’articolo 2195 del c.c. e, quindi, intrinsecamente autonome sul piano civile, siano di impresa o di lavoro autonomo sul piano fiscale.

L’elemento dell’abitualità, abbinato a quello della professionalità, starebbe a delimitare perciò una attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Naturalmente, l’abitualità dell’attività di lavoro autonomo che non significa esclusività, è perfettamente compatibile con il parallelo esercizio di un’attività di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa o di socio di società in genere. Questo in quanto anche un’attività autonoma effettuata per poche ore al giorno o saltuariamente e, al limite, anche nei confronti di un solo committente, ma con costanza nel tempo, dando quindi l’idea di rappresentare per il prestatore il suo modo ordinario di esercitare la propria attività di lavoro indipendente, e anche senza una particolare organizzazione e anche se poco remunerata, realizzano il presupposto soggettivo per l’apertura della partita Iva, dovuto a presenza appunto dell’abitualità.


Conclusioni e consulenza fiscale

L’abitualità nel lavoro autonomo rappresenta un concetto fondamentale nel panorama fiscale italiano, fungendo da discriminante tra chi svolge un’attività professionale o d’impresa e chi, invece, opera in maniera occasionale. La sua corretta interpretazione è cruciale per determinare le obbligazioni tributarie e previdenziali del lavoratore, influenzando direttamente il regime fiscale applicabile e le relative agevolazioni.

La distinzione tra attività abituale e occasionale non è sempre di immediata comprensione, data la sua natura sfumata e le molteplici variabili in gioco. Tuttavia, è essenziale affrontare questa tematica con attenzione e consapevolezza, poiché una errata qualificazione può portare a sanzioni e contenziosi con l’amministrazione fiscale.

In un contesto in cui la flessibilità lavorativa e le nuove forme di impiego diventano sempre più diffuse, è fondamentale che professionisti e lavoratori autonomi siano ben informati sulle implicazioni fiscali e legali dell’abitualità. Solo attraverso una chiara comprensione di questo concetto si potrà operare in piena conformità con la normativa vigente, garantendo una corretta gestione del proprio status professionale e delle relative obbligazioni tributarie.

In questo articolo abbiamo cercato di fornirti alcune indicazioni utili per capire se e quando stai svolgendo un’attività professionale di tipo abituale. Se ti trovi in questa fattispecie non puoi fare altro che operare con partita IVA, in modo professionale. Altrimenti puoi proseguire utilizzando le prestazioni di lavoro autonomo occasionale.

Qualsiasi sia la situazione in cui ti trovi è di fondamentale importanza che tu ti consulti con un dottore Commercialista esperto. Ricorda che ogni situazione è diversa dalle altre e che non è mai possibile generalizzare. Per questo è opportuno che sia un esperto a consigliarti su cosa è opportuno effettuare. Se hai dei dubbi e desideri ricevere una consulenza personalizzata sulla tua situazione, contattami!

Domande frequenti

Cos’è l’abitualità nel lavoro autonomo?

L’abitualità si riferisce alla regolarità e continuità con cui un’attività viene svolta. Nel contesto del lavoro autonomo, l’abitualità è uno dei criteri utilizzati per distinguere tra chi svolge un’attività occasionale e chi, invece, svolge un’attività professionale o d’impresa.

Come si determina l’abitualità di un’attività?

L’abitualità si determina valutando la frequenza, la continuità e la sistematicità con cui l’attività viene svolta, nonché l’intenzione del soggetto di perseguire un fine di lucro.

Quali sono le implicazioni fiscali dell’abitualità?

Se un’attività viene svolta in modo abituale, ciò implica che il soggetto che la svolge è tenuto al rispetto di una serie di obbligazioni tributarie, come la tenuta delle scritture contabili, la presentazione delle dichiarazioni fiscali e il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali.

Posso svolgere un’attività in modo non abituale e beneficiare di un regime fiscale agevolato?

Sì, se l’attività è svolta in modo non abituale, potrebbe rientrare in specifici regimi fiscali agevolati, come il lavoro autonomo occasionale. In caso di mancato rispetto delle obbligazioni tributarie, si possono incorrere in sanzioni amministrative e fiscali. È quindi fondamentale essere sempre in regola e aggiornati sulle normative vigenti.

L’abitualità è l’unico criterio per determinare la natura fiscale di un’attività?

No, l’abitualità è uno dei criteri principali, ma vanno considerati anche altri fattori, come la finalità di lucro, la sistematicità e l’organizzazione dell’attività.

30 COMMENTI

  1. Salve,
    l’obbligo di apertura della partita IVA non è condizionato ad alcuna soglia reddituale. Per il Fisco vi è obbligo di esercitare un’attività con la partita IVA quando questa è svolta abitualmente, a prescindere dai redditi che vi si ricavino. Le prestazioni occasionali nascono per evitare di fare aprire partita IVA a soggetti che svolgono del tutto occasionalmente un’attività in maniera totalmente sporadica e con compensi modesti. Quanto invece si svolge un’attività in maniera continuativa nel corso dell’anno, è necessaria la partita IVA. Spero di aver chiarito i suoi dubbi. Saluti

  2. Buongiorno, se mi sottopongo ad un lavoro di tipo occasionale pagato con la ritenuta d’accorto e alla fine dell’anno la mia rotenuta è di 5000 euro lorda versata 1000 quindi netta 4000. Rientro comunque nel limite di non dover aprire la partita iva? Grazie mi è successo un solo anno tutti gli altri annni sono rimasta molto sotto al limite

  3. Il problema sta nel fatto che per il fisco il superamento dei 5.000 € è sinonimo di attività abituale, e come tale soggetta ad apertura di partita IVA. Non è una regola, ma una prassi degli uffici. Da un punto di vista previdenziale, invece, al superamento dei 5.000 € vi è l’obbligo di iscriversi alla gestione separata e al versamento dei relativi contributi.

  4. Lei è stato chiarissimo infatti io questa attività la svolgo saltuariamente non tutti i giorni e molte volte neanche tutti i mesi. Non capisco perché il centro dell’impiego continui a dirmi che se supero i 5 mila di reddito vado ad avere dei problemi con il fisco e con l’inps. Ma io non percepisco alcuna indennità di disoccupazione e tutti gli anni faccio l’unico per dichiarare queste ritenute d’acconto. Il problema dove sta? Anche perché onestamente con questo lavoro occasionale ci devo campare. Grazie per le risposte esaurienti

  5. Buongiorno, avrei bisogno di un chiarimento, spero possiate aiutarmi.
    Ho letto in internet che nel caso di prestazione autonoma occasionale “l’esercizio dell’attività deve essere del tutto occasionale e sprovvista dei requisiti della professionalità e della prevalenza.”

    Ho dei dubbi riguardo la questione della professionalità e della prevalenza: per prevalenza si intende abitualità? Il mio dubbio è legato al fatto che dovrei emettere una ricevuta per prestazione occasionale riguardande la realizzazione di un sito web. Il “problema” è che sono dipendente a tempo indeterminato di un’agenzia di comunicazione abbastanza grossa e mi occupo di siti web come dipendente da alcuni anni. Il mio datore di lavoro mi ha detto che non c’è problema, visto che è per un conoscente che vuole un sito semplice. Questa attività autonoma è del tutto occasionale perchè normalmente non eseguo lavori all’infuori del mio lavoro da dipendente (quindi è molto probabile che questa sarà l’unica ricevuta del 2015), anche perchè non è mia intenzione fare concorrenza al mio datore di lavoro… Questa è stata un eccezione per fare un piacere ad un conoscente.
    Quindi per arrivare al dunque, mi chiedo: è rilevante il fatto che io esegua abitualmente lavori di webdesign per professione in qualità di dipendente? O l’abitualità e la professionalità è riferita solo al lavoro autonomo occasionale? Perchè ribadisco che normalmente non eseguo lavori autonomi “extra” rispetto al mio lavoro da dipendente, quindi questa mia sporadica attività autonoma non è per niente abituale, nè “professionale” nel senso che non mi propongo come freelance e non cerco clienti.

    Tutti gli altri requisiti della prestazione occasionale direi che sono rispettati: il compenso sarà nettamente inferiore ai 5000 euro, il lavoro sarà nettamente inferiore ai 30 giorni, svolto in autonomia senza coordinazione nè subordinazione.
    Preciso che non sono iscritta a nessun albo professionale.

    Concludendo, secondo voi posso emettere la ricevuta per prestazione occasionale oppure sarebbe più prudente un’altra strada? Tipo co.co.pro o altro, non so…

    Grazie mille in anticipo per la risposta.

  6. Salve,
    il lavoro autonomo occasionale si caratterizzata dall’assenza di abitualità, professionalità, continuità e coordinazione. Nel suo caso non tutti questi requisiti vengono rispettati (professionalità). Per questo motivo sarebbe necessario aprire una partita Iva per poterla svolgere (cosa che sarebbe sicuramente non conveniente). Tuttavia, trattandosi di una singola operazione e di compenso inferiore ai 5.000 €, sfrutti le prestazioni di lavoro autonomo occasionale, rilasciando apposita ricevuta e indicando in dichiarazione dei redditi il compenso percepito, anche se fiscalmente non sarebbe l’opzione migliore è quella che da un punto di vista pratico è sicuramente la più conveniente.

  7. Salve, sono una creativa per hobby ed ho letto tutti gli articoli da lei pubblicati riguardanti il lavoro autonomo occasionale. Li ho trovati molto chiari e semplici anche per chi, come me, poco ne capisce…. però al riguardo avrei due domande da porle:
    1) come cambia (se cambia) il lavoro autonomo occasionale con il Jobs act?
    2) si viene a perdere il requisito dell’occasionalità se si espongono le proprie creazioni su siti tipo “Miss Hobby” o “Etsy” indicando così la disponibilità a realizzarle su commissione?
    Spero di essere riuscita ad essere chiara…. intanto la ringrazio anticipatamente per l’attenzione.

  8. Salve,
    il jobs act non è andato a modificare il lavoro autonomo occasionale che resta nella forma e con le caratteristiche consuete. L’aspetto che caratterizza questa tipologia lavorativa è la sua totale occasionalità della prestazione, che non vuol dire lavorare un giorno al mese, perché ricevo un incarico al mese, ma significa effettuare un attività spot, che non si proseguirà in futuro. Questa differenza è fondamentale perché nel primo caso è necessaria una partita Iva, mentre nel secondo caso è possibile usufruire del lavoro autonomo occasionale. Nel suo caso, esponendo le sue creazioni su un sito lei effettuerebbe una sorta di pubblicità verso i suoi prodotti, e questo rappresenta uno degli elementi secondo i quali per l’Agenzia delle Entrate l’attività non è più occasionale ma abituale, e come tale deve essere svolta con partita Iva.

  9. Salve,
    grazie per la risposta di oggi.

    Volevo chiedere:
    1 – Se mia moglie lavora come dipendente in una ditta di decoro piastrelle o creazione cataloghi usando Photoshop, e una collega le chiede di ricevere (dietro compenso) qualche lezione privata per imparare a usare Photoshop (sicuramente sotto i 30 gg canonici e l’importo di 5000 €) sto rispettando i 3 requisiti per rientrare nella definizione di “prestazione occasionale” ? Devo rilasciare ricevuta a ogni lezione o va bene una unica indicando il totale dei giorni?
    2 – Se occasionalmente vado a dipingere le pareti a casa dei miei genitori e mi vogliono dare qualcosa come compenso, devo emettere ricevuta ai miei genitori?
    3 – I 30 gg si intendono “a committente” o come totale dei giorni di lavoro per TUTTI i committenti durante l’anno?
    3 – Nel vostro sito ho visto un modulo “RICEVUTA PER PRESTAZIONE OCCASIONALE” : posso usarlo sia con aziende che con privati (nel caso di privati mettendo “0” sulla ritenuta d’acconto) ?
    4 – Tutti le ricevute e gli importi derivati da questa attività vanno dichiarati nel modello 730 dell’anno successivo o ci sono altri modelli in cui inserirli?

    Grazie mille

  10. 1 – Si, rientra nel lavoro autonomo occasionale. La ricevuta si rilascia al momento in cui si riceve il pagamento e si indicano nella descrizione i giorni in cui si è lavorato;
    2 – Anche questo rientra nel lavoro occasionale se poi i suoi genitori vogliono pagarla, ma ritengo che questo possa rientrare nelle dinamiche familiari, anche se può benissimo rilasciare ricevuta anche a loro;
    3 – Il modello di ricevuta può essere utilizzato in tutti i casi, basta non compilare i righi che non interessano, come in questo caso, la ritenuta di acconto;
    4 – L’importo delle ricevute va dichiarato nel modello 730, nel quadro relativo ai redditi diversi.

  11. Grazie mille lei è velocissimo!

    La disturbo per gli ultimi dubbi:
    1- I 30 gg annuali si intendono come 30 gg per ogni committente o il totale dei giorni di tutti i committenti per un massimo totale di 30?
    2- Le “dinamiche familiari” quindi mi concedono di non emettere obbligatoriamente un documento nei confronti di mio padre (che sinceramente mi imbarazza anche un pò) ?

    La ringrazio ancora e buona giornata!

  12. 1 – La disciplina dei 30 giorni non è più in vigore, cancellata dal “jobs act”, rimane in vigore il limite dei €. 5.000 lordi annui;
    2 – Le è concesso, specialmente se si tratta di cifre di modesto valore.

  13. Mi perdoni le chiedo ancora una cosa, voglio essere sicuro al 100% di averle spiegato bene la mia situazione.

    1- Nel caso di mia moglie che vorrebbe dare lezioni private a una collega: mia moglie è diplomata in grafica pubblicitaria , e insegnerebbe a usare il programma Photoshop a questa collega per alcune lezioni.
    Posso stare tranquillo che questo non interferisca con i requisiti della professionalità richiesti dalla prestazione occasionale?

    In caso contrario, meglio usare dei Voucher (come funzionano?) o non cambia niente e le toccherebbe aprire partita IVA per forza?

    2- Se faccio una prestazione occasionale e nel mentre subisco un infortunio , ci sono complicazioni per me o il committente?

    La ringrazio e mi perdoni l’insistenza.

  14. 1 – Se si tratta di una singola prestazione della durata di qualche giorno, che non si ripeterà anche verso altre persone nell’arco dell’anno non vi è preclusione con il lavoro autonomo occasionale, in quanto l’attività è appunto episodica. Mentre se l’attività si ripropone, anche verso altre persone, è obbligatoria la partita Iva, perché l’attività diventa abituale e professionale.
    2 – In caso di infortuni non ci sono tutele alcune. In questo caso se si fanno lavori pericolosi meglio utilizzare i voucher inps per il lavoro accessorio, ove è compresa la copertura Inail.

  15. Salve.

    L’articolo mi è stato di grande aiuto. Grazie!
    Alcune domande:

    1) Il lavoratore autonomo “abituale” (non occasionale), soggetto all’apertura di una partita IVA, deve in ogni caso iscriversi alla gestione separata, anche ammettendo che i suoi guadagni annui siano inferiori a 5000€?
    Leggevo sul sito dell’INPS[1] che “i liberi professionisti, per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale,” sono obbligati all’iscrizione alla gestione separata. Mi chiedevo dunque se “lavoratore autonomo” e “libero professionista” fossero sinonimi -vedi domanda 3.

    2) Leggendo i commenti mi pare di aver compreso che a seguito del Jobs Act le collaborazioni occasionali (<30 giorni, 5000€/anno) siano state abrogate e che ora le tipologie di lavoro occasionale siano soltanto due, invero il lavoro autonomo occasionale (<5000€/anno, occasionalità -i 30 giorni non hanno più rilevanza-) e il lavoro accessorio. È giusto?

    3) Qual è la differenza fra "lavoratore autonomo" e "libero professionista"?

    [1] http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=5768

  16. Salve,
    1) il lavoratore autonomo dotato di partita Iva deve comunque avere una gestione previdenziale, se l’attività ha una cassa di previdenza autonoma deve automaticamente iscriversi al momento di apertura della partita Iva. Se, invece, non esiste una cassa di previdenza specifica è obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata Inps, a prescindere dal volume dei compensi. Si, lavoratore autonomo è sinonimo di libero professionista.
    2) Quando afferma è corretto.

  17. Buongiorno, mi chiamo Sabrina Capulli e quest’anno ho fatto l’esame di abilitazione alla professione di perito industriale.
    La mia intenzione è quella di iscrivermi all’albo e di essere un libero professionista.
    Sono già titolare di partita Iva come consulente aziendale presso le imprese (nell’ambito della sicurezza); attualmente lavoro per una società che fa sicurezza e formazione sul lavoro, la mia funzione all’interno è sia di redigere la documentazione relativa alla sicurezza, ma mi occupo soprattutto di formazione e di pratiche ambientali di acustica (essendo iscritta al relativo albo dei tecnici competenti in acustica firmo tali documenti).
    Il contratto che mi lega alla società è un contratto di prestazione professionale, è però specificato che la prestazione è di tipo continuativo.
    Io emetto fattura ogni mese e vengo retribuita regolarmente.
    Volevo sapere se questo tipo di rapporto lavorativo poteva andare in conflitto con l’esercizio effettivo della libera professione.
    Ringrazio anticipatamente e, in attesa di Vs gentile riscontro, porgo cordiali saluti.

  18. Deve verificare la possibilità di esercitare questa seconda attività secondo il regolamento dell’albo a cui si iscriverà.

  19. Gentile
    chiedo un chiarimento per una situazione particolare:
    una persona con regolare contratto di lavoro dipendente (a tempo pieno ed indeterminato), che svolge attività occasionali come accompagnatore turistico e musicista, superando nel cumulo la soglia di 5.000,00 € a quali obblighi (fiscali e contribuitivi) è soggetto? Oltre a dichiarare i redditi nel modello 730 deve comunque aprire partita IVA?

  20. Il primo problema che vedo è che l’accompagnatore turistico per poter operare ha bisogno di autorizzazioni che passano necessariamente dal dover operare con partita Iva. In ogni caso, comunque, è opportuno verificare se operare con partita Iva, nel suo caso non sia più conveniente, una volta verificata la possibilità di accedere la regime forfettario. Se vuole ne parliamo con maggiore dettaglio in privato.

  21. Da verifiche effettuate con la Provincia e la Regione competente per territorio l’attività di Accompagnatore turistico può essere svolta come collaboratore occasionale (purché rimanga al di sotto dei 5000 euro).
    Il mio dubbio era se l’apertura della partita IVA è da riferirsi alle singole attività (e nessuna delle due accompagnatore o musicista supera i 5.000,00) o al cumulo delle stesse.
    Ringrazio per il riscontro.

  22. Da un punto di vista fiscale la partita Iva non si apre se si superano limiti di reddito, ma se si svolgono attività (una o più di una) in modo continuativo nel tempo.

  23. Buongiorno, sono un pensionato a cui una Srls ha chiesto una prestazione professionale da svolgersi nel mese di aprile prossimo. Si tratta di una consulenza organizzativa della durata di circa 20gg. per un compenso di circa 15k euro. Posso evitare di aprire Piva trattandosi dell’unica attività del 2019? (ovviamente con inscrizione alla gestione separata INPS…)

  24. Salve Fulvio, in assenza di ulteriori attività e trattandosi di attività professionale può sfruttare la prestazione occasionale.

  25. Salve, la ringrazio per la spiegazione precisa, tuttavia mi è sorto un dubbio che spero potrà sciogliermi. Due persone senza lavoro e una con un lavoro totalmente diverso da quello che dovrà fare creano un sito internet per vendere dei biglietti per degli eventi. Visto che guadagneranno una piccola percentuale ma ovviamente non sapranno quanto se non a fine anno, secondo lei in che maniera dovrebbero comportarsi? Un sito internet che comunque vende biglietti per eventi può considerarsi un attività abituale e quindi necessita di apertura di partita IVA qualora non si superi comunque i 5000€ annui?

  26. Salve Federico, la gestione di un sito web che vende beni o servizi comporta l’esercizio di un’attività imprenditoriale che deve sottostare ad adempimenti amministrativi, fiscali e previdenziali. Operare senza questa regolamentazione non la rende in regola da nessun punto di vista. Questo indipendentemente dal volume degli incassi.

  27. Buonasera sono un biologo nutrizionista con partita iva. L’università mi ha proposto un assegno di ricerca, ma al punto 7 del bando leggo:7. “L’assegno non è compatibile con rapporti di lavoro subordinato con soggetti privati, con la titolarità
    di contratti di collaborazione e con altre attività libero-professionali, svolte in modo continuativo”
    Devo rinunciare alla mia libera professione già avviata? grazie

Lascia una Risposta