Quando un illecito tributario comporta l’applicazione di sanzioni penali? Quali sono i soggetti che rispondono del reato, e quali sono le fattispecie di illecito tributario sanzionate penalmente? I principali reati tributari e l’applicazione delle sanzioni penali al contribuente. Guida ai reati penali tributari.

Le sanzioni penali in ambito tributario possono scaturire sia da comportamenti illeciti, ma anche, nella maggior parte dei casi, dal superamento di determinate soglie di imposta evasa. Si tratta di soglie che si determinano a seguito di errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi, o a seguito di mancati pagamenti delle imposte.

Molti contribuenti ignorano il fatto che l’errata o l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, al superamento di determinate soglie di imposta evasa possa portare a sanzioni penali. Applicazione di sanzioni penali che l’Agenzia delle Entrate riscontra e che vengono notificate attraverso la comunicazione di una notizia di reato e l’avvio di un procedimento penale. Allo stesso modo anche per gli imprenditori l’omesso versamento di IVA e/o ritenute oltre determinate soglie di punibilità, può far scattare sanzioni penali tributarie. Infatti, l’omesso versamento di IVA e l’omesso versamento di ritenute rappresentano dei reati tributari al superamento delle soglie di punibilità.

Per fare maggiore chiarezza su questi aspetti e fornirti un quadro chiaro della situazione ho riepilogato di seguito i principali reati tributari.


Quando l’illecito tributario comporta sanzioni penali per il contribuente?

In ambito tributario le sanzioni penali scattano esclusivamente al verificarsi di alcuni eventi commessi dal contribuente, i c.d. “illeciti“. Essi possono consistere nell’emissione di fatture false, per costi inesistenti al fine di fruire di agevolazioni di imposta o per abbattere il reddito imponibile Irpef, Ires, o Iva. Oppure, ancora l’omesso versamento di imposte sui redditi, Iva o ritenute fiscali, oppure ancora, nel caso in cui ci sia aperto un procedimento penale.

La legge stabilisce quando un illecito è punibile con una sanzione amministrativa (la cui sanzione è la c.d. “ammenda“) o penale (ove la sanzione irrogata può essere la multa o la reclusione). Le sanzioni si aggravano tanto più diventa importante la soglia quantitativa dell’importo evaso.


Quali soggetti rispondono dei reati tributari?

Per le società rispondono dei reati tributari i rappresentanti legali (amministratori delegati, presidenti del CDA, etc) e coloro che sono muniti di specifiche deleghe per l’espletamento delle loro mansioni (institori). Inutile dire che in sede di accertamento si va ad indagare su chi sia il titolare effettivo della società e se vi siano eventuali presta nomi o teste di legno.

Per le ditte individuali e le persone fisiche risponde direttamente il soggetto che ha commesso l’illecito. Appare opportuno, comunque, sottolineare che la sanzione è sempre di natura personale. Non è possibile che un soggetto diverso da quello che ha commesso l’illecito possa rispondere della sanzione.


Le principali fattispecie di sanzioni penali in ambito tributario

L’impianto sanzionatorio di riferimento per i reati tributari, è adesso contenuto nella Legge di conversione 19 dicembre 2019, n. 157, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124. In particolare, il citato DL 26 ottobre 2019 n. 124 c.d. “decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2020“, ha riscritto il D.Lgs. n. 74/2000, in termini di sanzioni applicabili ai reati tributari. Sostanzialmente, l’obiettivo è stato quello di un inasprimento del sistema sanzionatorio in ambito tributario per le condotte fraudolente, calmierando i reati connotati dall’assenza di frode.

Vediamo in forma tabellare le principali fattispecie di sanzioni penali in ambito tributario.

FATTISPECIENORMASANZIONE DETENTIVASOGLIA DI RILEVANZA
Dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistentiart. 2 DLgs n 74/00Da 1 anno e mezzo a 6 anni
Da 4 ad 8 anni
Imposta evasa < 100 mila euro
Imposta evasa > 100 mila euro
Dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di artifizi in contabilitàart. 3 DLgs n 74/00Da 3 ad 8 anniSuperamento congiunto di 2 soglie di punibilità: 
Evasione di imposta di 30 mila euro per ogni singola imposta (Ires/Irpef o Iva);
– L’ammontare complessivo degli elementi sottratti all’imposizione, è superiore al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione. O comunque, è superiore a 1,5 milioni di euro.
Infedele dichiarazione dei redditi, Irap o Ivaart. 4 DLgs n 74/00Da 2 a 4 anni e mezzoSuperamento congiunto di 2 soglie di punibilità: 
Evasione d’imposta di 100 mila euro per ogni singola imposta, quindi ad esempio Ires/Irpef o Iva;
Elementi attivi sottratti all’imposizione (ricavi o costi) di almeno 3 milioni di euro. Tuttavia, se gli elementi fittizi indicati in dichiarazione (ricavi omessi o costi falsi) supera il 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione il reato è consumato anche se gli elementi sottratti ad imposizione sono inferiori a 3,000,000 euro.
Omessa dichiarazione dei redditi e omessa dichiarazione Ivaart. 5 DLgs n 74/00Da 2 a 5 anniSoglia minima di 50 mila euro per ogni singola dichiarazione omessa.
Omessa dichiarazione del sostituto di impostaart. 5 DLgs n 74/00Da 1 anno e sei mesi a 4 anniSoglia minima di 50 mila euro di ritenute non versate.
Emissione di fatture di vendita falseart. 8 DLgs n 74/00Da 1 anno e sei mesi a 6 anniNon si sono soglie minime di punibilità.
Occultamento o distruzione di documenti contabiliart. 10 DLgs n 74/00Da 1 anno e sei mesi a 6 anniNon si sono soglie minime di punibilità.
Omesso versamento di ritenute di accontoart. 10-bis DLgs n 74/00Da sei mesi a 2 anni.Soglia minima di 150 mila euro di ritenute non versate.
Omesso versamento di Ivaart. 10-ter DLgs n 74/00Da sei mesi a 2 anni.Soglia minima di 250 mila euro di Iva non versata.
Compensazione di crediti non spettantiart. 10-quater DLgs n 74/00Da sei mesi a 2 anni.Soglia minima di 50 mila euro di compensazioni.
Compensazione di crediti non esistentiart. 10-quater DLgs n 74/00Da 1 anno e sei mesi a 6 anni.Soglia minima di 50 mila euro di compensazioni.
Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposteart 11 DLgs n. 74/00Da sei mesi a 4 anni.
Da 1 anno a 6 anni.
Soglia minima di 50 mila euro.

Se superiore a 200 mila euro si applica la maggiore pena detentiva.
Fattispecie e sanzioni dei reati penali tributari D.Lgs. n. 74/2000.

Le principali fattispecie di sanzioni penali collegate ai reati tributari sono le seguenti.

Reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti

Si tratta del reato descritto dall’articolo 2 del DLgs n 74/2000. La fattispecie di reato si commette quando un soggetto, al fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA, si avvale di fatture per operazioni inesistenti. Classico esempio si ha nelle frodi carosello. In pratica quando si utilizzano fatture inesistenti per abbattere l’imposta (IVA) dovuta nella dichiarazione annuale (o infrannuale) siamo all’interno di questo reato tributario.

Il D.Lgs. n. 158/15 ha abrogato la parola “annuali“, quindi il delitto scatta con l’inclusione di elementi passivi fittizi derivanti da fatture false non soltanto nelle dichiarazioni annuali. Ma in qualunque dichiarazione (come ad esempio gli elenchi INTRASTAT, ma anche le dichiarazioni di intento).

La sanzione per il reato di dichiarazione fraudolenta per l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti prevede la reclusione da un minimo di 4 ad un massimo di 8 anni, se l’imposta evasa supera i 100 mila euro. Se l’imposta evasa è inferiore a tale soglia, la pena va da un minimo di 1 anno e mezzo a 6 anni. Non sono previste soglie minime di punibilità, potendo integrare reato anche l’evasione di un solo euro.

Reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di artifizi in contabilità

Si tratta del reato descritto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 74/2000. Questa fattispecie si commette al fine di evadere le imposte sui redditi o sull’Iva andando ad alterare le scritture contabili obbligatorie (libro giornale, inventari, registri Iva, etc). Allo stesso modo il reato si consuma quando il contribuente riduce deliberatamente ricavi o aumenta artificiosamente i costi. Il tutto avvalendosi di mezzi fraudolenti ed idonei ad ostacolare l’accertamento tributario da parte degli organi di verifica.

Il classico esempio di questo tipo di illecito è la registrazione in contabilità di un costo mai sostenuto, senza peraltro avere alcuna fattura di acquisto. Oppure, il caso di una omissione dalla registrazione in contabilità una fattura di vendita regolarmente emessa.

Per la fattispecie di dichiarazione fraudolente mediante utilizzo di artifizi in contabilità è prevista la pena detentiva da un minimo di 3 ad un massimo di 8 anni. Per l’applicazione del reato c’è bisogno del superamento congiunto di 2 soglie di punibilità: 
Evasione di imposta di 30 mila euro per ogni singola imposta (Ires/Irpef o Iva);
– L’ammontare complessivo degli elementi sottratti all’imposizione, è superiore al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione. O comunque, è superiore a 1,5 milioni di euro.

Reato di infedele dichiarazione dei redditi, Irap o Iva

Si tratta del reato tributario disciplinato dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 74/2000. La fattispecie di reato si commette indicando nella dichiarazione dei redditi o in dichiarazione Iva: 

  • Ricavi o fatturato inferiori al reale;
  • Costi “inesistenti“.

Ad esempio configura il reato l’indicazione in dichiarazione dei redditi di un risultato di bilancio inferiore a quello che risulta dal bilancio e dalla contabilità. Il reato si alimenta in questo caso con costi “artificiali” inseriti in bilancio. A corollario della norma deve essere evidenziato che se il costo è realmente sostenuto ancorché indeducibile, questi non potrà così “alimentare” l’imposta evasa ai fini penali. Inoltre, nella quantificazione dell’imposta evasa non si deve tener conto della non inerenza dei costi e, più in generale, della non deducibilità di elementi passivi reali.

In pratica, tanto per fare un esempio pratico, i costi relativi al transfer pricing (T.P.) non possono essere sanzionati penalmente. 

Il DLgs n. 158/2015 precisa poi che, per il calcolo dell’imposta evasa ai fini della configurabilità dei reati tributari subordinati al superamento della soglia, occorrerà scomputare le perdite eventualmente conseguite nell’esercizio o quelle pregresse spettanti e utilizzabili. Ne consegue che l’imposta evasa non è quella teorica derivante dalla violazione contestata ma quella effettiva dopo il computo delle perdite stesse. In sostanza se, a seguito di un accertamento a una società, viene ripresa a tassazione una base imponibile la cui imposta evasa supera la soglia di punibilità, non è detto che il reato sia commesso. Potrebbe infatti verificarsi che la società in quell’esercizio sia in perdita e, pertanto, computando il valore negativo, la base imponibile da tassare diminuisca con l’effetto che l’imposta evasa potrebbe scendere sotto la soglia penale. 

Il reato di infedele dichiarazione dei redditi prevede una pena che va da 2 a 4 anni e mezzo di reclusione. Il reato tributario di dichiarazione infedele si verifica al superamento congiunto di due soglie di punibilità:
Evasione d’imposta di 100 mila euro per ogni singola imposta (anziché 150.000 euro), quindi ad esempio IRES/IRPEF o IVA;
Elementi attivi sottratti all’imposizione (ricavi o costi) di almeno 3 milioni di euro. Tuttavia, se gli elementi fittizi indicati in dichiarazione (ricavi omessi o costi falsi) supera il 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione il reato è consumato anche se gli elementi sottratti ad imposizione sono inferiori a 3 milioni di euro.

Reato di omessa dichiarazione dei redditi e omessa dichiarazione Iva

Si tratta del reato descritto dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000. La fattispecie di reato si commette quando la società o il contribuente persona fisica, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali. Deve essere ricordato che non si considera omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto (c.d. “dichiarazione tardiva“).

Il reato di omessa dichiarazione dei redditi o di omessa dichiarazione Iva punito con la reclusione da 2 a 5 anni. La soglia minima per l’emersione del reato è di 50 mila euro per ogni singola dichiarazione omessa.

È utile precisare che la soglia di emersione del reato riguarda la singola imposta (Irpef, Ires, Irap, Iva) non dichiarata per ciascun periodo di imposta. Inoltre, secondo costante giurisprudenza, il reato di omessa presentazione della dichiarazione, non si consuma al momento della scadenza di presentazione della dichiarazione, ma allo spirare dei 90 giorni successivi.

Reato di omessa dichiarazione del sostituto di imposta

Il D.Lgs. n. 158/2015 ha introdotto la fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta. Si tratta del reato descritto dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000. La disposizione in commento prevede quanto segue:

chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto di imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila

In pratica la fattispecie riguarda il sostituto di imposta che omette la presentazione del modello 770 (essendone obbligato). Il sostituto d’imposta è tenuto a presentare una dichiarazione che può comporsi di due modelli cc.dd. 770 ordinario e 770 semplificato, in cui, tra l’altro, deve indicare le ritenute effettuate, i soggetti sostituiti e i riferimenti dei versamenti compiuti all’erario. Il precetto penale presidia, con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni, l’obbligo di presentare tale dichiarazione, nell’ipotesi in cui le ritenute non versate dal sostituto superino i 50 mila euro (soglia di punibilità).

Il reato di omessa dichiarazione del sostituto di imposta comporta la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. La fattispecie si verifica se l’ammontare delle ritenute non versate risulti superiore ad 50 mila euro.

Reato di emissione di fatture di vendita false

Si tratta del reato tributario descritto dall’articolo 8 del D.Lgs. n. 74/2000. La fattispecie di reato si commette, quando al fine di evadere le imposte sui redditi o sull’Iva, si emettono o rilasciano a terzi fatture di vendita o altri documenti falsi. L’obiettivo legato all’emissione di una fattura falsa per operazioni inesistenti è quello di commettere una frode volta all’indebita detrazione dell’Iva e del costo, ai fini delle imposte sui redditi, da parte del soggetto destinatario della fattura. L’emissione di fatture false è una fattispecie che viene contestata, ad esempio, nelle c.d. “frodi carosello” ai fini Iva.

L’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

Il reato di emissione di fatture di vendite false è punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni. Per questa fattispecie non ci sono soglie minime di punibilità.

Reato di occultamento o distruzione di documenti contabili

Si tratta del reato tributario descritto dall’articolo 10 del D.Lgs. n. 74/2000. La fattispecie di reato si commette occultando o distruggendo in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti contabili. Questo al fine di evadere o consentire l’evasione di terzi di imposte sul reddito o Iva. Sono consentite le intercettazioni telefoniche per chiunque sia indagato o imputato per il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili. In base all’articolo 266 del Codice di procedura penale, infatti, le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione sono consentite. Tra l’altro, nei procedimenti relativi ai delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni.

Il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili è punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni. Per questo reato non ci sono soglie minime di punibilità.

Reato di omesso versamento di ritenute certificate o Iva

Si tratta del reato descritto dall’articolo 10-bis e 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000. La fattispecie di reato, così come modificata dal D.Lgs. n. 158/2015, prevede due distinte fattispecie per l’omesso versamento di ritenute e per l’omesso versamento di IVA. Andiamo ad analizzarle con maggiore dettaglio.

Omesso versamento di ritenute di acconto

La soglia per l’omesso versamento di ritenute (articolo 10-bis) è di 150 mila euro. Il delitto è aggravato dal fatto che le omissioni non devono necessariamente risultare, come prevedeva il vecchio testo dell’articolo 10-bis, dalla certificazione rilasciata ai sostituiti. Per la consumazione del reato è sufficiente che le ritenute di acconto sia sul lavoro dipendente che su quello autonomo siano dovute in base alla dichiarazione (modello 770).

Il reato di omesso versamento di ritenute di acconto è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Omesso versamento di Iva

Per l’omesso versamento Iva (articolo 10-ter), la soglia di rilevanza penale è di 250 mila euro. La soglia è riferita all’Iva dovuta e non versata per ogni periodo di imposta. L’Iva è quella risultante dalla dichiarazione annuale. In particolare, l’importo rilevante per il reato di omesso versamento dell’Iva è quello risultante dal rigo VL38 della dichiarazione Iva. Qualora il debito risulti inferiore alla soglia di punibilità in conseguenza dell’artificiosa indicazione di maggiori versamenti periodici questo fatto non influisce sul delitto di omesso versamento, ma può integrare una seconda problematica, ovvero la fattispecie di dichiarazione infedele.

Il reato di omesso versamento di Iva è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Reato di compensazione indebita di crediti inesistenti o non spettanti

Si tratta del reato descritto dall’articolo 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000. Il D.Lgs. n. 158/2015 ha differenziato la condotta penalmente rilevante:

  • Per i crediti non spettanti, la pena è la reclusione da 6 mesi a 2 anni; mentre
  • Per i crediti inesistenti, la pena è la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.

La differenziazione è giustificata dal fatto che, l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, rispetto a quelli non spettanti, sia considerata una fattispecie estremamente offensiva. L’inesistenza presuppone, infatti, che il soggetto abbia agito con un intento fraudolento sicuramente maggiore, creando artificiosamente ed ad hoc crediti mai esistiti al solo fine di non versare le imposte dovute. Per entrambe le fattispecie di reato tributario, la soglia penalmente rilevante è di 50 mila euro.

Reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

Si tratta del reato descritto dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 74/2000. L’introduzione di questo reato tributario nell’ordinamento deve essere ricercata nel fatto che possa essere riscontrato un pericolo in merito alla riscossione. Ovvero che la stessa non trovi capienza nel patrimonio del contribuente. Il reato va, quindi, a tutelare il principio costituzionale per cui tutti sono tenuti a concorrere alla spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Questo è quanto prevede l’articolo 53 della nostra Costituzione.

Il comma 1, dell’articolo 11, riguarda il contribuente che si sottrae al pagamento delle imposte sui redditi o dell’Iva, ovvero di interessi o sanzioni amministrative ad essi relative di importo complessivo superiore a 50 mila euro. La sottrazione al pagamento deve avvenire con alienazione o il compimento di atti fraudolenti sui propri beni o su beni altrui. Il tutto al fine di rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.

Il reato è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

Transizione fiscale

Il comma 2, dell’articolo 11, riguarda il contribuente che al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale:

  • Elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od
  • Elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad 50 mila euro.

Il reato è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.


I reati tributari e la confisca dei beni

La confisca dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto dei reati tributari è disciplinata dall’articolo 12-bis del Dlgs n. 74/00. Nel caso di condanna per uno dei reati tributari sopra indicati è prevista la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo. Salvo che appartengano a persona estranea al reato. Ovvero, si procede alla confisca di altri beni, quando la confisca dei beni del reato non è possibile. Deve trattarsi comunque di beni di cui ha disponibilità il reo. Questo per un valore corrispondente al prezzo o profitto. In particolare, il comma 2 dell’articolo 12-bis dispone che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro. Inoltre, qualora l’impegno rimanga puramente astratto e dunque il versamento in concreto non avvenga, allora la confisca è sempre disposta.

I reati tributari e confisca per “sproporzione” o “allargata

Non deve essere dimenticata l’applicazione della c.d. confisca per sproporzione o allargata, prevista dall’art. 12-ter del D.Lgs. n. 74/2000, ad alcuni dei principali reati tributari, il quale richiama a sua volta l’art. 240 bis c.p.

La misura di prevenzione patrimoniale troverà applicazione una volta pronunciata la sentenza definitiva di condanna o di patteggiamento, riguardo ai beni e alle utilità che risultino sproporzionati rispetto al reddito dichiarato (o alla propria attività economica), di cui il condannato non riesca a giustificare la provenienza. Essa realizza una sorta di inversione dell’onere della prova basata su una presunzione di illegittimità della provenienza dei beni. Non è infatti richiesta la provenienza illecita. Questa misura troverà applicazione:

  • Per il reato di dichiarazione fraudolenta per operazioni inesistenti, qualora l’ammontare degli elementi passivi fittizi sia superiore a 200 mila euro;
  • Per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di cui all’art. 3, qualora l’imposta evasa superi 100 mila euro;
  • Per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, se l’importo non rispondente al vero, indicato nelle fatture o nei documenti risulti superiore a 200 mila euro;
  • Per la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, qualora l’ammontare di imposte, sanzioni e interessi sia superiore a 100 mila euro;
  • Per il delitto di falso in transazione fiscale quando l’ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a 200 mila euro.

Le cause di non punibilità dei reati penali tributari

L’articolo 13 del DLgs n. 74/00 contiene le cause di non punibilità per i reati tributari. In particolare, non sono punibili i reati di:

  • Omesso versamento di ritenute certificate,
  • Omesso versamento dell’Iva,
  • Indebita compensazione,

qualora l’autore di tali condotte, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provveda all’estinzione integrale dei debiti tributari. Compresi le sanzioni amministrative e gli interessi, mediante pagamento degli importi dovuti.

Per quanto riguarda invece i reati di omessa o infedele dichiarazione, essi non sono punibili qualora il pagamento così come descritto più sopra sia effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione della dichiarazione relativa al periodo di
imposta successivo. Questo a patto che ciò avvenga prima che l’autore della condotta abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Da ultimo, se il contribuente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sta provvedendo all’estinzione del debito tributario mediante rateizzazione, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. Tale termine è dato
anche ai fini di individuare circostanze attenuanti al reato, a norma dell’art. 13-bis del decreto.

La causa di non punibilità: il pagamento del debito tributario

Le pene previste per i delitti di cui al D.Lgs. n. 74/2000 sono diminuite fino a 1/3 – senza applicazione delle pene accessorie indicate nell’articolo 12, D.Lgs. n. 74/2000 qualora prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di 1° grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante il pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, è assegnato un termine di 3 mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre 3 mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione. La circostanza attenuante è comunque legata al pagamento integrale dei debiti, comprese sanzioni e interessi.

L’estinzione del debito non deve necessariamente essere effettuata dall’indagato (o imputato). Infatti quest’ultimo può beneficiare della circostanza attenuante anche nell’ipotesi in cui il pagamento sia effettuato da un terzo: essenziale è raggiungere il risultato che il Legislatore si propone.


I reati tributari e le richieste di attenuanti

L’articolo 13-bis del D.Lgs. n. 74/00 disciplina le circostanze attenuanti per il soggetto imputato di reati tributari. In particolare si tratta delle seguenti:

  • Sospensione condizionale della pena –  non può essere ottenuta se, congiuntamente, l’ammontare dell’imposta evasa è superiore al 30% del volume d’affari e a 3 milioni di euro;
  • Richiesta di attenuanti –  Se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti (nonché le relative sanzioni amministrative) sono stati estinti mediante pagamento. Si ha una riduzione della pena principale (fino ad 1/3) e la non applicazione delle pene accessorie;
  • Richiesta di patteggiamento – Viene ora stabilito che il patteggiamento art. 444 C.P.P. può essere chiesto dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui sopra.

Reati tributari e custodia giudiziale

Il decreto infine inserisce l’articolo 18-bis, che disciplina la custodia giudiziale. Questa norma prevede che i beni, diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, che siano sequestrati nell’ambito di procedimenti penali tributari, possano essere affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi dell’amministrazione finanziaria che ne facciano richiesta per le proprie esigenze operative.


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