Home IVA nei rapporti con l'estero Rappresentante Fiscale: figura, nomina e adempimenti

Rappresentante Fiscale: figura, nomina e adempimenti

La disciplina Iva legata alla nomina agli adempimenti ed alle responsabilità del rappresentante fiscale in Italia di operatore economico non residente.

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Il rappresentante fiscale è una persona fisica o giuridica che adempie ad obblighi o diritti ai fini IVA in Italia per conto di un ente o soggetto non residente che effettua in Italia operazioni rilevanti IVA. Tale nomina si pone come alternativa alla sua identificazione diretta nel nostro Paese. La disciplina è contenuta dall’articolo 17 del DPR n. 633/72.

Il rappresentante fiscale italiano di soggetto estero è una figura necessaria quando un’impresa non residente si trova a dover compiere operazioni imponibili Iva in Italia. In questo caso l’impresa estera può trovarsi nella situazione in cui diventa necessario identificarsi direttamente in Italia. L’identificazione diretta ai fini Iva in Italia di un soggetto non residente è una procedura alternativa alla possibilità di nominare in Italia il proprio rappresentante ai fini Iva.

Il rappresentante fiscale italiano di soggetto estero è un operatore (persona fisica o società), incaricato di adempiere a tutti gli adempimenti Iva in Italia del soggetto estero. Sostanzialmente, si opera attraverso un contratto di mandato. Da evidenziare che, la nomina di questa figura per gli operatori non residenti, che intrattengono rapporti con l’Italia, e che non sono dotati di una stabile organizzazione, è obbligatoria. La norma di riferimento è l’articolo 17, secondo comma, del DPR n. 633/72.

Attraverso la nomina di questa figura, quindi, gli operatori economici non residenti hanno la possibilità di adempiere agli obblighi in materia di Iva per le operazioni rielevanti in Italia. Pensa, ad esempio, alle situazioni che si possono creare con gli e-commerce, oppure nel caso di aziende multinazionali che operano su più mercati.

In che modo gli operatori esteri possono identificarsi in Italia ai fini Iva?

Il punto di partenza di questa analisi è quello di individuare quali sono le forme con le quali gli operatori esteri possono identificarsi in Italia ai fini Iva. Infatti, quando un operatore estero si trova a compiere operazioni rilevanti ai fini Iva in Italia deve ivi identificarsi al fine di assolvere il pagamento del tributo. Per farlo, l’operatore estero ha a disposizione alcune possibilità, che possono essere così riassumente:

  • La Stabile Organizzazione. Si manifesta quando un soggetto non residente svolge in Italia un’attività economica in maniera stabile, e si qualifica come soggetto passivo d’imposta nazionale. Attraverso la costituzione di una stabile organizzazione in Italia il soggetto estero ha la possibilità di avere un “ramo” della sua organizzazione in Italia, con il quale fatturare ed adempiere agli obblighi Iva. Con questa scelta l’operatore estero diventa soggetto anche alla tassazione dei redditi prodotti in Italia ai fini delle imposte dirette;
  • Il Rappresentante fiscale Iva. Alla sua nomina si ricorre quando il soggetto non residente pone in essere nel territorio dello Stato singoli atti economici rilevanti ai fini Iva. La nomina è obbligatoria quando l’acquirente nazionale è un privato. Questo poiché senza l’identificazione del soggetto passivo, l’operazione rimarrebbe completamente detassata, nonché nelle vendite a distanza. Questa opzione può essere applicata quando l’azienda estera compie operazioni senza avere una organizzazione fissa per la vendita in Italia (altrimenti deve operare con una stabile organizzazione in Italia);
  • L’Identificazione diretta. Consiste nella possibilità di adempiere agli obblighi od esercitare i diritti previsti in materia Iva registrandosi direttamente presso l’Amministrazione Finanziaria. Tale identificazione avviene presentando una dichiarazione di inizio attività, dalla quale si riceverà un numero di partita Iva. Si tratta di ipotesi alternativa alla nomina del rappresentante in Italia. Anche in questo caso, l’opzione può essere applicata quando l’azienda estera compie operazioni senza avere una organizzazione fissa per la vendita in Italia (altrimenti deve operare con una stabile organizzazione in Italia)

Come detto, è utile ribadire che l’apertura di una rappresentanza fiscale Iva (che può essere persona fisica o una società residente) e l’identificazione diretta sono opzioni alternative fra di loro. Tuttavia ciascuna può coesistere singolarmente con l’esistenza di una stabile organizzazione. La scelta della corretta modalità di assolvimento degli obblighi fiscali è molto importante per tutte le attività economiche. Può essere il caso, ad esempio, di una piattaforma di E-commerce non residente che deve adempiere agli obblighi Iva in Italia.

Chi è e quando è obbligatoria la nomina del rappresentante fiscale di soggetto non residente?

Da un punto di vista giuridico questa figura è disciplinata dall’articolo 17, comma 2, del DPR n. 633/72. Disposizione che riporto di seguito:

 2. Gli obblighi ed i diritti derivanti dall’applicazione del presente decreto relativamente ad operazioni effettuate nel territorio dello Stato da o nei confronti di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, da un rappresentante residente nel territorio dello Stato e nominato nelle forme di cui al terzo comma dell’art. 53, il quale risponde in solido con il rappresentato degli obblighi derivanti dall’applicazione del presente decreto. La nomina del rappresentante deve essere comunicata all’altro contraente anteriormente all’effettuazione dell’operazione. La disposizione si applica anche relativamente alle operazioni, imponibili ai sensi dell’articolo 7, quarto comma, lettera f), effettuate da soggetti domiciliati, residenti o con stabili organizzazioni operanti nei territori esclusi a norma del primo comma, lettera a), dello stesso art. 7.

Articolo 17, comma 2, DPR n 633/72

Dalla definizione sopra indicata è evidente che la nomina di questa figura è obbligatoria nel caso in cui il soggetto non residente, privo di stabile organizzazione in Italia, effettui cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, nei confronti delle seguenti categorie di soggetti:

  • Privati consumatori;
  • Soggetti non stabiliti in Italia, anche se soggetti passivi.

Attraverso questa figura il soggetto non residente ha la possibilità di adempiere ai suoi obblighi Iva in Italia. La nomina può essere affidata, da parte del soggetto non residente, sia nei confronti di una persona fisica che di una società, fiscalmente residente in Italia. In entrambi i casi deve trattarsi di un operatore economico residente in Italia dotato di partita Iva italiana. È opportuno precisare che uno stesso soggetto ha la possibilità di rappresentare più operatori non residenti, attraverso l’attribuzione di diversi numeri di partita Iva, per ciascuno dei soggetti rappresentati. Nel caso in cui il rappresentante sia già in possesso di una sua partita Iva, deve tenere quest’ultima distinta da quella per le quale svolge le funzioni di rappresentante. Di fatto, attraverso l’attribuzione dello specifico numero Iva, il rappresentante ha la possibilità di assolvere agli obblighi Iva in Italia dell’operatore estero.

Quali sono gli obblighi Iva un operatore estero deve assolvere in Italia?

Un soggetto estero che opera in Italia effettuando operazioni attive e passive è chiamato ad assolvere alcuni obblighi legati all’applicazione dell’Iva. In particolare, gli adempimenti che è chiamato ad adempiere il rappresentante fiscale italiano possono essere così riassunti. Si tratta dei seguenti:

  • La fatturazione delle operazioni attive, territorialmente rilevanti in Italia secondo la disciplina Iva. Da sottolineare che il rappresentante fiscale in Italia di operatore non residente non ha obblighi di emissione della fattura elettronica;
  • La registrazione delle operazioni nei registri Iva. Non essendoci obbligo di emissione della fattura elettronica il rappresentante è chiamato alla tenuta, redazione e conservazione dei registri Iva;
  • La detrazione dell’Iva attraverso le liquidazioni periodiche ed il rimborso dell’imposta, eventualmente risultante a credito;
  • La dichiarazione annuale Iva. Si tratta di un obbligo a cui sono tenuti tutti gli operatori economici dotati di partita Iva in Italia;
  • Le liquidazioni periodiche Iva. Si tratta, anche in questo caso, di un obbligo a cui sono tenuti tutti gli operatori economico dotati di partita Iva in Italia, per la determinazione dell’imposta da liquidare all’Erario.

Per tutti questi adempimenti, come vedremo, il rappresentante Iva in Italia di un operatore estero si assume degli obblighi e delle responsabilità nei confronti dell’azienda estera.

Quali sono gli effetti della nomina?

La nomina del rappresentante fiscale determina degli effetti importanti per l’operatore economico non residente. Infatti, a seguito della nomina si viene a creare una divergenza tra:

  • Il soggetto passivo che effettua l’operazione economica, ovvero l’operatore non residente;
  • Il soggetto che risulta titolare del debito tributario (Iva), ovvero il rappresentante fiscale.

Possiamo dire, quindi, che l’effetto principale dato dalla nomina di questa figura in Italia è dato dal fatto che le operazioni effettuate in Italia da parte dell’operatore non residente si producono in capo al rappresentante. L’effetto figurato dell’operazione è assimilabile a quello ottenibile ai fini delle imposte dirette con la costituzione di una stabile organizzazione.

È importante sottolineare che la nomina di questa figura si rende necessaria soprattutto per le operazioni c.d. “B2C“, verso clienti privati consumatori. Altrimenti, in caso di operazioni “B2B“, ovvero tra operatori economici, gli obblighi Iva rimangono a carico dei soggetti cessionari o committenti italiani, tramite il meccanismo dell’autofattura. Questo qualora il soggetto estero non si identifichi in Italia ai fini IVA. Vedasi sul punto il terzo comma dell’articolo 17 DPR n. 633/72.

Chi può essere nominato?

Possiamo dire che può essere nominato rappresentante fiscale sia una persona fisica, che una persona giuridica, residente o avente sede nel territorio dello Stato italiano. Uno stesso soggetto può, inoltre, essere nominato rappresentante di diversi operatori non residenti. In questo caso il soggetto italiano si renderà titolare di molteplici numeri di partita Iva. Questo, in ragione del numero delle società rappresentate. Al contrario, invece, l’operatore economico non residente può dotarsi soltanto di un solo rappresentante Iva per ogni Paese. La nomina del rappresentante in Italia ai fini Iva di soggetto estero consente il recupero dell’Iva assolta su operazioni passive italiane. Inoltre, consente di operare con operatori privati in Italia (quando si superano le soglie di legge).

Quale procedura per la nomina?

Il rappresentante fiscale in Italia di un operatore estero deve essere nominato attraverso una delle seguenti modalità:

  • Atto pubblico;
  • Scrittura privata autenticata;
  • Lettera annotata, in data anteriore alla prima operazione, in apposito registro presso l’Ufficio Iva competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante stesso;
  • Comunicazione effettuata all’Ufficio Iva, con le modalità previste dall’articolo 35 del DPR n. 633/1972, di data anteriore al passaggio dei beni.

La nomina deve essere effettuata seguendo le disposizioni previste dall’articolo 1, comma 4, del DPR n. 441/1997. In alternativa, la nomina può essere effettuata anche con atto pubblico estero autenticato dal notaio di Stato estero aderente alla convenzione AIA (Legge n. 1253/66). Il notaio deve essere munito del timbro “Apostille“, oppure legalizzato dal console generale d’Italia presso lo Stato estero.

L’apostille:
L’Apostille serve per certificare che Notaio o Autorità Governativa è autorizzata a rilasciare quel documento. In sostanza, l’Apostille sostituisce la legalizzazione di un documento di fonte estera.

Deve essere evidenziato che per garantire l’efficacia della nomina l’atto deve recare sempre una data anteriore all’esecuzione della prima operazione (per cui ne è richiesta la nomina) in Italia. Inoltre, la nomina deve essere necessariamente messa a conoscenza dei fornitori in momento antecedente rispetto l’effettuazione della prima operazione fiscalmente rilevante. Infatti, le fatture emesse nei confronti del rappresentante fiscale devono essere cointestate sia a quest’ultimo che anche al soggetto non residente.

Quando è obbligatoria la nomina?

Possiamo dire che le fattispecie in cui la nomina del rappresentante per i soggetti comunitari è obbligatoria, in caso di assenza di una stabile organizzazione, sono le seguenti:

  • Il soggetto non residente introduce nel territorio dello Stato beni per esigenze della propria impresa. E’ il caso, ad esempio, di impresa non residente che introduce beni in Italia, ad esempio in un magazzino, per una successiva vendita;
  • Il soggetto non residente cede a privati consumatori beni precedentemente introdotti in Italia ed ivi installati, montati o assiemati;
  • Il soggetto non residente effettua nei confronti di privati consumatori prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e relative intermediazioni, prestazioni accessorie ai detti trasporti e relative intermediazioni. Ovvero intermediazioni diverse da quelle indicate all’articolo 7, quarto comma, lettera d), del DPR n. 633/1972, nei casi in cui dette operazioni siano territorialmente rilevanti in Italia.

Si tratta, in buona sostanza, delle precisazioni fornite nella C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464.

Quando non sussiste obbligo di nomina?

L’obbligo di avvalersi del rappresentante Iva non sussiste, per l’operatore economico non residente, quando le operazioni da lui effettuate sono direttamente qualificabili come acquisti o cessioni intracomunitari tra le parti contraenti. Ivi comprese le operazioni triangolari. In questo caso, le operazioni seguono le ordinarie regole di territorialità ai fini Iva e di fatturazione, con relativo obbligo di registrazione dell’operazione da parte dell’operatore economico italiano con reverse charge, tramite:

  • Integrazione della fattura, in caso di operazioni intracomunitarie;
  • Emissione di autofattura, in caso di operazioni extraterritoriali.

I servizi di trasporto internazionale

In relazione all’applicazione dell’Iva per quanto riguarda la specifica casistica dei servizi di trasporto internazionali è necessario prendere a riferimento quanto previsto dalla Risoluzione n 162/E/2000. Questa disposizione di prassi prevede che le società che effettuano prestazioni territorialmente rilevanti in Italia nei confronti di privati consumatori, benché non imponibili, in assenza di una sede o stabile organizzazione nel territorio dello Stato, sono obbligate alla nomina di un rappresentante Iva in Italia. La nomina del rappresentante, che in tale casistica è obbligatoria, deve essere effettuata anteriormente al compimento della prima operazione nel territorio dello Stato.

La comunicazione della nomina

Il rappresentante fiscale Iva, deve essere un soggetto residente nel territorio dello Stato e deve risultare nominato, ai sensi dell’articolo 53, co. 3, del DPR n. 633/72. La nomina deve essere comunicata da parte del soggetto non residente al fornitore residente in un momento precedente rispetto a quello di esecuzione dell’operazione economica. Sul punto, la R.M. 29 gennaio 1998, n. 3/E/1045, ha disciplinato che la tardività dell’annotazione nel registro apposito della lettera di incarico deve essere equiparata, sul piano degli effetti, al difetto vero e proprio dell’annotazione stessa.

L’annotazione tempestiva rappresenta, quindi, un onere a tutti gli effetti, il cui mancato assolvimento non permette, segnatamente alle operazioni poste in essere antecedentemente all’annotazione stessa, la produzione dei benefici riconducibili all’atto di nomina. In assenza di una valida nomina del rappresentante, ci troviamo di fronte alla casistica del cosiddetto falsus procurator. Questi è chiamato, necessariamente, ad astenersi dal compiere qualsiasi atto che possa avere rilevanza sul piano fiscale. Il compimento di un qualsiasi atto di natura tributaria, in caso contrario, non produce effetto alcuno, al punto che tale atto per la validità deve essere necessariamente rinnovato dal vero procuratore. In assenza di annotazione, infatti, l’Ufficio non è in grado di stabilire una data certa, da cui far decorrere gli effetti collegati alla rappresentanza. Come già anticipato, quindi, possiamo dire che la nomina del si può configurare alla stregua di un contratto di mandato.

Esempio di atto di nomina

Estratto di atto di nomina:
Il sottoscritto………., nato a……….. il …….. e residente a ………. in via ………, in qualità di legale rappresentante dell’impresa ……… avente sede legale a…….. in via……….. con codice fiscale / partita IVA n…………. con la presente scrittura privata NOMINA quale proprio rappresentante fiscale nel territorio italiano il signor/la società…….. residente/con sede a………. in via………. e con codice fiscale / partita IVA n………… Lo scrivente conferisce al rappresentante Iva tutti i poteri necessari per eseguire gli adempimenti previsti dal DPR n. 633/72 e dal D.L. n. 331/93. (Nel caso di nomina di un rappresentante fiscale “leggero”, deve essere fatto riferimento alla limitazione alla fatturazione e alla compilazione degli elenchi Intrastat, così come previsto dall’art. 44, comma 3, del D.L. n. 331/93). Lì…..Data…/…../………. ………………. (Firma)

Apertura della partita Iva

Il soggetto nominato rappresentante è chiamato, necessariamente, ad effettuare l’apertura della propria posizione Iva dedicata all’assolvimento di questi compiti. Si tratta della presentazione della dichiarazione di inizio attività Iva, che si sostanzia nella presentazione di uno dei seguenti moduli:

  • Il modello AA7/10 per le società;
  • Il modello AA9/12 per le persone fisiche.

Attraverso l’apertura della posizione Iva del rappresentante il soggetto estero viene sottoposto a tutti gli obblighi previsti dalla normativa in materia di Iva nazionale. L’operatore economico italiano nominato rappresentante che già possiede una autonoma partita Iva, deve dotarsi necessariamente di una seconda partita Iva. Ciascuna posizione deve essere gestita in modo autonomo e con contabilità separata.

Quando uno stesso soggetto diventa rappresentante nominato con riferimento a più soggetti esteri. In questo caso deve essere intestatario di più posizioni Iva differenti. Tuttavia, come anticipato, un operatore estero non può avere più di un rappresentante fiscale per ogni Paese. Aspetto particolare è che è possibile nominare un rappresentante per il compimento di una singola operazione Iva (e non per tutte le operazioni). Sul punto vedasi la Risoluzione n. 66/E/2002 dell’Agenzia delle Entrate. L’imposta da versare da versare, non per singola operazione, ma con le scadenze ordinarie (mensili o trimestrali), deve essere determinata secondo le regole generali al netto dell’Iva detraibile sugli acquisti.

Quali le responsabilità del rappresentante fiscale?

Il rappresentante Iva in Italia di operatore non residente è chiamato ad alcune responsabilità. Sotto il profilo civilistico si tratta di una responsabilità collegata a quella del mandatario, il quale è responsabile in solido con l’operatore estero per gli adempimenti Iva da eseguire. La responsabilità solidale, tuttavia, è relativa alle sole operazioni rilevanti in Italia (con esclusione di quelle non effettuate in Italia). Inoltre, questa figura esercita i diritti, in nome e per conto del soggetto non residente che rappresenta, connessi all’applicazione dell’Iva. Sul punto, la R.M. 15 settembre 1993, n. VII-15-7, ha chiarito che sia le fatture emesse, che le fatture di acquisto ricevute dal rappresentante devono essere cointestate. Cioè devono contenere gli estremi tanto del rappresentante (e la sua qualità), quanto del soggetto rappresentato.

La responsabilità solidale Iva

Il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia di Iva. Questo è quanto prevede l’articolo 17, comma 3, del DPR n. 633/72. La responsabilità solidale, tuttavia, è limitata alle operazioni territorialmente rilevanti in Italia, compiute dal rappresentato estero per il suo tramite. Vedi la Risoluzione n 66/E/2002. Per questa ragione, al rappresentante Iva è attribuita una soggettività passiva parziale.

Dal punto di vista civilistico, il rappresentante agisce come mandatario. Tuttavia, la responsabilità del rappresentante italiano di un soggetto non residente è determinata non tanto in funzione dell’accordo privatistico (contratto di mandato) che lo lega al rappresentato non residente, quanto dall’applicazione delle norme giuridiche sulla territorialità dell’operazione e sulla conseguente individuazione del debitore dell’imposta (vedasi sempre la Risoluzione n. 66/E/2002). Sul piano comunitario, la responsabilità solidale del rappresentante è limitata all’assolvimento dell’Iva. Vedasi, in questo caso, l’articolo 205 della Direttiva n. 2006/112/CE.

Che cos’è il rappresentante fiscale “leggero”?

Nel caso in cui, in ambito intracomunitario, vengano effettuate esclusivamente operazioni attive e passive:

  • Non imponibili;
  • Esenti;
  • Non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’imposta;

il rappresentante fiscale è detto “leggero”. Tale rappresentante è tenuto esclusivamente all’esecuzione dei seguenti obblighi fiscali in materia di Iva, ovvero:

  1. La fatturazione delle operazioni;
  2. Compilazione e presentazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari (c.d. Intrastat).

Tale semplificazione viene meno con l’effettuazione della prima operazione attiva o passiva, che comporti:

  • Il pagamento dell’imposta o
  • Il relativo recupero,

a partire dall’effettuazione di tale operazione, sorgono in capo al rappresentante tutti i normali obblighi Iva (fatturazione, registrazione, dichiarazione, etc).

La fatturazione delle operazioni del rappresentante fiscale

Per quanto riguarda la fatturazione delle operazioni territorialmente rilevanti in Italia devono essere seguite delle precise disposizioni. Il rappresentante fiscale deve emettere fattura con Iva italiana per le cessioni nei confronti di privati consumatori italiani. Al contrario, deve essere emessa fattura senza applicazione di Iva quando effettua prestazioni o cessioni nei confronti di soggetti Iva residenti. I cessionari o committenti soggetti Iva residenti che acquistano beni o servizi da rappresentanti fiscali, hanno l’obbligo di:

  • Emettere autofattura (in caso di operazioni extra-UE) o
  • Integrare la fattura ricevuta con Iva (in caso di operazioni UE).

Naturalmente le due possibilità di utilizzo del reverse charge sopra indicate si rendono necessari solo nel caso in cui l’operazione effettuata risulti essere territorialmente rilevante in Italia. La norma di riferimento è l’articolo 17, comma 2, DPR n. 633/72. Questa è la regola generale da ricordare per la fatturazione Iva delle operazioni interne.

Le fatture emesse dal rappresentante fiscale devono contenere sia i dati del rappresentante sia i dati del soggetto estero rappresentato.

Emissione della fattura per la cessione di beni presenti in Italia

Una delle fattispecie che maggiormente si presentano all’atto pratico riguarda il caso dell’operatore estero che nomina il rappresentante Iva in Italia per portare in Italia beni per l’esigenze proprie dell’azienda. In questo caso, poniamo il caso di un operatore UE, siamo di fronte all’effettuazione di un’operazione intracomunitaria che per essere operata richiede la nomina di una posizione Iva in Italia. A questo punto l’operatore UE cede i beni presenti in Italia ad un operatore economico italiano. Di fronte a questa operazione occorre chiedersi quali sino i corretti adempimenti Iva da effettuare.

La fatturazione di una cessione di beni già presenti sul territorio nazionale, fatta ad un soggetto passivo Iva nazionale deve essere effettuata dal soggetto estero. Infatti, la fattura emessa esclusivamente con l’indicazione della partita Iva italiana non è da considerarsi rilevante ai fini Iva. A chiarire questo aspetto ci ha pensato la Risoluzione n. 21/E del 20 febbraio 2015. Ebbene, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in questo caso la fattura deve essere richiesta direttamente dal fornitore estero riportando le sue indicazioni. Sul punto, infatti, l’articolo 17, comma 2, del DPR n. 633/1972 prevede che:

gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427

Quali adempimenti per il cliente italiano che ha acquistato i beni dall’operatore estero?

Nell’operazione sopra indicata, il soggetto passivo stabilito in Italia, per tutti gli acquisti di beni o servizi territorialmente rilevanti in Italia, effettuati da soggetti non residenti, ha l’obbligo di:

  • Numerare la fattura ricevuta dal fornitore UE, integrarla con gli elementi che formano base imponibile e Iva ed annotarla distintamente nel registro Iva vendite ed Iva acquisti, oppure,
  • In caso di mancata ricezione della fattura del fornitore comunitario entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione ed annotarla entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente.

La Risoluzione n 89/E/2010, ha precisato che l’articolo 17, comma 2,

esclude che il cedente o prestatore non residente sia tenuto all’emissione della fattura (e ai conseguenti adempimenti di annotazione e dichiarazione), tramite il numero identificativo Iva italiano

L’Iva relativa a beni e servizi territorialmente rilevanti in Italia deve essere sempre assolta dal cessionario o committente stabilito in Italia. Tale assolvimento avviene mediante l’applicazione del revese charge, con integrazione o emissione di autofattura. Questa procedura deve essere eseguita anche nel caso in cui il cedente o prestatore sia identificato ai fini Iva in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante Iva. A tal proposito, si vedano anche C.M. n. 14/E/2010 e C.M. n. 36/E/2010.

Da un punto di vista prettamente pratico è possibile che il rappresentante di un operatore estero, in queste operazioni, emetta per esigenze interne, un documento non rilevante ai fini Iva. Tale documento può essere consegnato al cessionario o committente italiano. Tuttavia, su tale documento deve essere indicato che l’imposta (Iva) afferente a tale operazione deve essere assolta dal cessionario o committente. La conseguenza di questo comportamento è la necessita di chiedere all’operatore non residente l’emissione di una fattura. In caso di mancato ricevimento della stessa nei termini prescritti, il soggetto Iva italiano è tenuto ad emettere autofattura. Questo, se non riceve la fattura nei due mesi seguenti all’effettuazione dell’operazione.

Rapporti tra rappresentante fiscale e depositi Iva

L’articolo 50-bis del D.L. n. 331/1993 regolamenta i “depositi IVA” per la custodia di beni nazionali e comunitari, che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi. L’estrazione dei beni da un deposito Iva può essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta, mediante pagamento dell’Iva. In caso di operatori esteri è, quindi, il rappresentante fiscale, se nominato, che adempie agli obblighi per l’estrazione dei beni dai depositi fiscali.

Nel caso di operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’imposta, i gestori dei depositi Iva assumono, qualora non sia stato già nominato un rappresentante Iva, la veste di rappresentanti “leggeri” dei soggetti passivi d’imposta non residenti, per l’adempimento dei relativi obblighi tributari.

Le disposizioni previste dall’articolo 50-bis permettono agli operatori, anche non residenti, che abbiano nominato un rappresentate fiscale, di procedere al ritiro dei beni di provenienza extra-CEE senza pagamento dell’Iva normalmente dovuta all’importazione. In tal caso, è necessario compilare un’apposita dichiarazione dell’importatore in merito alla destinazione del bene, comprovata dalla restituzione di copia del documento doganale di importazione, munita dell’attestazione, sottoscritta dal depositario, di avvenuta presa in carico delle merci nell’apposito registro per i depositi Iva. Vi possono essere diverse casistiche:

  • I beni vengono immessi in territorio interno: la cessione è imponibile in linea di principio, salvo l’applicazione di specifiche cause di non imponibilità;
  • I beni sono inviati in territorio extra-CEE: il cedente deve fatturare i beni in regime di non imponibilità (articolo 8, primo comma, del DPR n. 633/1972);
  • I beni sono inviati in altro Stato membro della Comunità: il cedente, nel caso in cui il cessionario sia identificato ai fini Iva, deve fatturare i beni in regime di non imponibilità (articolo 46, comma 2, del D.L. n. 331/1993).

Caso di beni immessi in libera pratica in Italia

L’immissione in libera pratica si risolve in una procedura di pagamento delle imposte, quali dazi, prelievi agricoli ed ogni altra tassa ad effetto equivalente al momento dell’ingresso della merce nel territorio nazionale. In linea generale, le merci presentate alla dogana al momento dell’immissione in libera pratica in Italia dovrebbero scontare, oltre ai dazi doganali, anche l’Iva. A norma dell’articolo 67 del DPR n. 633/1972, infatti, costituiscono importazioni, tra le altre, le operazioni di immissione in libera pratica, con sospensione del pagamento dell’imposta, qualora si tratti di beni destinati a proseguire verso altro Stato membro della Comunità economica europea. Quindi, nell’ipotesi in cui i beni provenienti da uno Stato extra-UE introdotti in “libera pratica” in Italia siano destinati ad un soggetto in altro Stato membro, il pagamento dell’Iva non deve essere effettuato in Italia. In tal caso, infatti, trova applicazione il principio di pagamento dell’imposta “a destinazione”, secondo il quale l’Iva deve essere assolta in altro Stato membro dal cessionario residente in detto Stato.

Il Ministero ha, tuttavia, chiarito che tale agevolazione può essere applicata solo nel caso in cui il soggetto destinatario della merce sia titolare di partita Iva in Italia (Telex 13-05-1993, n. 616/VII) e, quindi, qualora il soggetto non disponga di una stabile organizzazione, nel caso in cui abbia nominato un rappresentante fiscale.

Esempio: caso di immissione in libera pratica di beni

  • Soggetto cedente: ubicato in Stato extra-UE;
  • Soggetto cessionario: ubicato in Stato UE;
  • Dogana di immissione dei beni all’interno della UE: nomina del rappresentante Iva in Italia del cedente extra-UE

In questo semplice esempio, il cessionario effettua il pagamento dei dazi doganali al momento dell’arrivo della merce in Italia. L’Ufficio doganale che accetta la dichiarazione di importazione e successivamente liquida l’Iva, sospendendone però la riscossione, secondo quanto previsto dall’art. 67, co. 1, lett. a), del DPR n. 633/72. Deve, inoltre, essere fornita la prova del fatto che la merce importata deve essere fatta proseguire verso altro Stato membro. Per questo motivo, l’operazione deve trovare separata indicazione nel listing delle cessioni intracomunitarie presentato dal rappresentante. Il cedente, in base al disposto dell’art. 46, comma 2, del D.L. n. 331/93, provvede, poi, mediante rappresentante in Italia, ad emettere fattura non imponibile ex art. 41, comma 2, lett. c, del D.L. n. 331/93. Il cessionario deve inoltre provvedere, quindi, secondo la normativa in vigore nel proprio Stato di residenza, ad assoggettare ad Iva l’operazione, mediante procedura di integrazione.

Le modalità legate al rimborso Iva

Rimborso Iva in dichiarazione annuale

L’eccedenza di credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale presentata dal rappresentate fiscale di soggetto non residente può essere chiesta a rimborso, in tutto o in parte, se di importo superiore a 2.582,28 euro (art. 30 co. 1 del DPR n. 633/72). Infatti, la richiesta di rimborso può essere effettuata anche da parte di soggetti non residenti che si siano identificati direttamente in Italia ex art. 35-ter del DPR n. 633/72 o che abbiano nominato un rappresentante fiscale ai sensi dell’art. 17, co. 3. Le eccedenze di credito Iva emergenti dalla dichiarazione annuale possono essere richieste a rimborso:

  • Se di importo inferiore a 30.000 euro, senza che siano necessarie formalità ulteriori rispetto all’indicazione in dichiarazione;
  • Se di importo superiore a 30.000 euro, in termini generali, mediante l’apposizione sulla dichiarazione del visto di conformità (o della sottoscrizione alternativa da parte dell’organo di revisione legale dei conti) oltre che il rilascio di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio del rispetto di determinati requisiti economico-patrimoniali;
  • Se di importo superiore a 30.000 euro, negli specifici casi disciplinati dall’art. 38-bis co. 4 del DPR n. 633/72, mediante prestazione di garanzia patrimoniale in favore dell’Amministrazione finanziaria.

Per approfondire si rimanda agli articoli connessi al rimborso Iva.

Condizioni per l’ottenimento del rimborso Iva diretto

La nomina di un rappresentante Iva in Italia non preclude la possibilità di richiedere istanza di rimborso Ivadiretto” (ovvero quello che non passa da dichiarazione annuale), da parte di un soggetto non residente nel territorio dello Stato. Questa possibilità è disciplinata:

  • Dall’art. 38-bis2 del DPR n. 633/72 in relazione al rimborso dell’Iva assolta in Italia da parte di soggetti stabiliti in altri Stati UE;
  • Dall’art. 38-ter del DPR n. 633/72 in relazione al rimborso dell’Iva assolta in Italia da parte di soggetti stabiliti in Stati extra-UE nei quali è prevista reciprocità di trattamento per i soggetti passivi italiani (si tratta di Israele, Norvegia e Svizzera). Vedasi sul punto anche la risposta ad interpello n. 339/E/2021 ma anche la n. 248/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate, in relazione alla richiesta di rimborso (negata) da parte di soggetto stabilito nel Regno Unito (per il quale, allo stato attuale non sussistono accordi specifici).

In entrambe queste casistiche la procedura di rimborso Iva è legata al rispetto di alcune condizioni. In particolare, le seguenti:

  • Le fatture di acquisto devono essere intestate alla partita Iva del soggetto non residente privo di una stabile organizzazione in Italia. In particolare, deve essere precisato che non può ottenere rimborso Iva diretto l’imposta riferita a fatture intestate al rappresentante Iva nominato nel territorio dello Stato o, per i soggetti UE (oltre a Regno Unito e Norvegia), al numero di partita Iva ottenuto con identificazione diretta. Questo, in quanto, il rimborso in questi casi deve passare attraverso dichiarazione annuale Iva;
  • Assenza di operazioni attive territorialmente rilevanti in Italia nel periodo oggetto di rimborso, con unica eccezione delle operazioni effettuate con il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge);
  • Presenza del requisito dell’inerenza dell’acquisto effettuato (per il quale è chiesto il rimborso) in relazione all’attività concretamente svolta dal soggetto passivo non residente;
  • Rispetto dei requisiti legati alla detraibilità dell’Iva oggetto di rimborso (art. 19, 19-bis1 e 19-bis2 del DPR n. 633/72).


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