I vantaggi fiscali introdotti dall’art. 26 del D.L. n. 34/2020 per il rafforzamento patrimoniale delle PMI attraverso la ricapitalizzazione societaria. La struttura dell’agevolazione in attesa dell’autorizzazione UE e dei decreti attuativi.

La crisi economica che, inevitabilmente, stiamo attraversando come conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sta mettendo a rischio molte PMI. Per questo motivo il Governo si è posto come obiettivo quello di fornire assistenza per la ripartenza del sistema economico. In particolare, sia il D.L. 34/2020 (Decreto Rilancio) che il precedente D.L. n. 19/2020 (Decreto Cura Italia) e 23/2020 (Decreto Liquidità), hanno posto le basi di alcune agevolazioni volte a favorire il rafforzamento patrimoniale delle PMI.

Tale rafforzamento viene incentivato attraverso la ricapitalizzazione (agevolata) e attraverso la possibilità di applicare particolari strumenti finanziari. In particolare, mi riferisco alle disposizioni introdotte dall’art. 26 del D.L. n. 34/2020. La ratio di questa disposizione appare sicuramente lodevole, tuttavia, come purtroppo spesso accade, la portata di questa agevolazione, per i motivi che andremo a vedere rischia di essere marginale.

Rafforzamento patrimoniale delle PMI

In questo contributo, senza alcuna pretesa di esaustività, voglio andare ad individuare quali sono i vantaggi fiscali che oggi una PMI italiana può sfruttare per effettuare una ricapitalizzazione societaria. Il tutto, cercando di individuare anche le problematiche e gli aspetti ancora non chiari.

Il rafforzamento patrimoniale delle PMI nel post COVID-19: la ricapitalizzazione societaria

Il compito del Governo, in una fase critica come quella che stiamo attraversando è quella di sostenere le PMI, che rappresentano il principale tessuto produttivo del nostro Paese. E’ in questi termini che deve essere letto l’art. 26 del D.L. n. 34/2020. Si tratta di una disposizione che ha introdotto una agevolazione fiscale legata alla ricapitalizzazione societaria delle PMI. Ove possibile, infatti, il ricorso al rafforzamento patrimoniale attraverso l’immissione di capitale sociale può essere un valido elemento anche per presentarsi con maggiore efficacia di fronte ai tradizionali canali di finanziamento bancari.

Per questo motivo può essere utile andare a riepilogare, di seguito, gli elementi principali legati alle agevolazioni fiscali collegate alla ricapitalizzazione delle PMI.

Rafforzamento patrimoniale delle PMI: ambito soggettivo

Possono beneficiare delle agevolazioni in commento le società di capitali (SRL, SRLs, SPA, SAPA e Società Cooperative) che possono verificare i seguenti requisiti. In particolare gli enti con:

  • Ammontare dei ricavi di cui all’art. 85, comma 1, lett. a) e b) del TUIR, relativi all’esercizio 2019, superiori a 5 milioni di euro e inferiori a 50 milioni di euro;
  • Riduzione dei ricavi di almeno il 33% nei mesi di marzo e aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, come diretta conseguenza dell’emergenza epidemiologica causata dal COVID-19;
  • Delibera di un aumento di capitale a pagamento, con contestuale integrale versamento nel periodo compreso tra il 20 maggio e il 31 dicembre 2020.

Nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo si deve fare riferimento al valore dei ricavi su base consolidata, non tenendo conto dei ricavi conseguiti infragruppo.

Ulteriori requisiti richiesti per le PMI

Questo è quanto previsto dall’art. 26, comma 1, del D.L. n. 34/2020, il quale al successivo comma 2 prevede il rispetto di ulteriori requisiti:

  • Alla data del 31 dicembre 2019 non dovevano rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà secondo la normativa comunitaria. Sul punto vedasi il Reg. UE 651/2014, il Reg. UE 702/2014 ed infine il Regolamento UE 1388/2014;
  • Devono trovarsi in una situazione di regolarità contributiva;
  • Devono trovarsi in situazione di regolarità in materia di normativa edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente;
  • Non devono rientrare tra le società che hanno ricevuto, e successivamente non rimborsato, gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
  • Non devono trovarsi nelle condizioni ostative di cui all’art. 67 del D.Lgs. n. 159/2011;
  • Non deve essere intervenuta nei confronti dei soci, del titolare effettivo e degli amministratori condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per i reati commessi in violazione delle norme contro l’evasione in materia di imposte dirette o Iva.

Rafforzamento patrimoniale delle PMI: ambito oggettivo

L’agevolazione fiscale legata al rafforzamento patrimoniale delle imprese è suddivisa in due distinti crediti di imposta. Si tratta del:

  • Credito di imposta per il conferente;
  • Credito di imposta per il beneficiario.

Il credito di imposta per il conferente

I soggetti che effettuano un conferimento, sia persone fisiche che giuridiche, in denaro in una o più società , spetta un credito di imposta pari al 20% del versamento effettuato. Tale versamento non può superare la soglia di € 2.000.000.

Ai fini della fruizione del credito è necessario che la società conferitaria rilasci una certificazione che attesti di non aver superato il limite dell’importo complessivo agevolabile previsto in € 800.000. Questo limite è quello di misure aiuto massime che ciascuna società non può superare con la diretta conseguenza che i crediti d’imposta per il conferente ed il beneficiario cumulati con altre tipologie di aiuti dei quali la società ha beneficiato non possono superare tale limite.

Ai fini del mantenimento dell’agevolazione le partecipazioni derivanti dal conferimento devono essere possedute almeno fino alla data del 31 dicembre 2023. Inoltre, la distribuzione di riserve (e non di utili), di qualsiasi tipo, prima di tale data comporta l’automatica decadenza dal beneficio, nonché la contestuale restituzione dell’ammontare detratto comprensivo di interessi legali.

Questa agevolazione non spetta alle società che controllano direttamente o indirettamente la società conferitaria, sono sottoposte a comune controlli, sono collegate con la stessa o sono da questa controllate. Questo aspetto è fonte di particolari criticità. Infatti, non possono fruire dell’agevolazione quelle persone giuridiche che sono legate alla società conferitaria da rapporti partecipativi.

Utilizzo del credito di imposta: questo può essere utilizzato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di effettuazione dell’investimento e in quelle successive sino al suo completo utilizzo. Alternativamente, il credito può essere utilizzato in compensazione a partire dal decimo giorno successivo a quello di prestazione della dichiarazione del periodo di riferimento dell’investimento. Tale credito non concorre alla determinazione della base imponibile IRES/IRPEF né ai fini IRAP.

Il credito di imposta per il beneficiario

Per le società beneficiare del conferimento in denaro la norma prevede la possibilità di fruire di un credito di imposta. Tale agevolazione è riconosciuta, a seguito dell’approvazione del bilancio d’esercizio 2020, nel limite del 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale deliberato e sottoscritto e comunque nel limite di € 800.000 complessivi agevolabili.

Questo credito può essere utilizzato in compensazione a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo in cui l’aumento di capitale è stato effettuato. Tale importo non concorre alla formazione della base imponibile ai fini IRES e IRAP.

Rafforzamento patrimoniale per le imprese di maggiori dimensioni

Oltre all’agevolazione in commento si deve segnalare la presenza di un’ulteriore incentivo fiscale. Si tratta di un’ulteriore possibilità per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di maggiori dimensioni. Si tratta delle cd “imprese strategiche” per il Paese. Sono, queste, le società per azioni con sede in Italia e con un fatturato superiore a 50 milioni di euro.

Per queste imprese si prevede l’intervento di Cassa depositi e prestiti (CDP) che costituirà un Patrimonio Destinato (denominato “Patrimonio Rilancio“) per sostenere e rilanciare il sistema economico produttivo italiano, ma che resta autonomo e separato del patrimonio di Cassa depositi e prestiti. 

In particolare, con patrimonio destinato, Cassa depositi e prestiti ha la possibilità di effettuare ogni forma di investimento (purché temporaneo) inclusi, in via preferenziale:

  • La sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili;
  • La partecipazione ad aumenti di capitale;
  • L’acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche.

L’obiettivo è quello di assorbire le perdite e fornire liquidità alle imprese, al’interno di un programma di politica industriale che mira a dare indirizzi e non, invece, a interferire nella governance delle aziende che vengono sostenute. Per questo le operazioni di impiego e di investimento effettuate da Cassa depositi e prestiti a valere sul patrimonio destinato non attivano eventuali clausole contrattuali e/o statutarie di cambio di controllo o previsioni equipollenti che dovessero altrimenti operare.

Per finanziare le attività di Patrimonio Destinato il decreto consente l’emissione di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito e, per ciascuna emissione, prevede che possa essere nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale ne cura gli interessi.

Incentivi alla capitalizzazione delle PMI: conclusioni

Le intenzioni del Governo con il rafforzamento patrimoniale delle PMI sono quelle legate ad incentivare il conferimento di denaro nelle società. Questa pratica viene stimolata attraverso la concessione di due crediti di imposta: uno per il soggetto conferente e l’altro per il soggetto conferitario.

Sostanzialmente, l’obiettivo è quello di fornire un incentivo per stimolare la capitalizzazione delle società. Come sappiamo, infatti, storicamente le PMI italiane sono sottocapitalizzate e quindi più soggette a crisi di liquidità in situazioni di crisi.

L’intento di questa disposizione, quindi, è sicuramente da accogliere con favore, anche se, dobbiamo dire, ci sono alcuni aspetti di rilevanza critica. Primo tra tutti il fatto che questo tipo di agevolazione attende il superamento della valutazione della UE in materia di aiuti di Stato. Quindi, al momento, questa agevolazione è in attesa di attuazione concreta. Siamo ancora in attesa dell’emanazione del decreto attuativo.

Un ulteriore aspetto importante è che questa normativa riguarda soltanto i conferimenti di nuova finanza nella società sotto forma di denaro. Altre forme di capitalizzazione, come ad esempio la rinuncia al finanziamenti dei soci, non sono state prese in considerazione. Inoltre, deve essere evidenziato come queste disposizioni non possono trovare applicazione all’interno dei gruppi di impresa, lasciando fiori da queste disposizioni molte PMI.

Detto questo, considerati poi i pochi mesi che mancano alla fine del 2020 sarebbe auspicabile un chiarimento ufficiale per permettere la concreta applicazione di queste disposizioni agevolative.

2 COMMENTI

  1. buongiorno
    domanda…. e per una SAS che passa i 5.000 milioni di ricavi? Nulla?
    E’ fuori dal fondo perduto e fuori dalla ricapitalizzazione. Che comunque deve essere almeno di 240.000 euro…..

  2. Una SAS non può rientrare in questa agevolazione. Tuttavia, la domanda da porsi è perché se si fattura 5 milioni si rimane inquadrati come SAS. Se vuole approfondire ci scriva in privato per una consulenza.

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