Le attività finanziarie detenute in paradisi fiscali e non dichiarate comportano, in caso di accertamento, la presunzione in base alla quale tali attività si considerano prodotte con redditi sottratti a tassazione in Italia, ed inoltre, vi è il raddoppio dei termini di accertamento ordinariamente previsti.

Il possesso di attività finanziarie in paradisi fiscali e la questione delle attività finanziarie non dichiarate sono temi di grande rilevanza nell’ambito della normativa fiscale italiana. I paradisi fiscali, anche noti come giurisdizioni a bassa tassazione o offshore, sono paesi o territori che offrono condizioni fiscali vantaggiose o opache, al fine di attrarre capitali e attività finanziarie provenienti da tutto il mondo. Tuttavia, l’opacità e il segreto bancario che caratterizzano spesso questi territori sollevano una serie di problematiche in termini di evasione fiscale, elusione delle norme fiscali e mancata dichiarazione delle attività finanziarie. In risposta a queste problematiche, la normativa fiscale italiana ha introdotto misure e disposizioni per combattere l’evasione fiscale e garantire la corretta dichiarazione delle attività finanziarie possedute all’estero.

In Italia, la legge prevede che i residenti fiscali italiani siano tenuti a dichiarare tutte le attività finanziarie detenute all’estero, comprese le attività finanziarie in paradisi fiscali, al fine di garantire la piena trasparenza e il pagamento delle imposte dovute. Le attività finanziarie soggette a dichiarazione includono conti correnti, depositi bancari, strumenti finanziari, partecipazioni societarie e immobili all’estero. La dichiarazione di queste attività avviene attraverso la presentazione di specifici adempimenti fiscali, tra cui il Modello RW (Relazione annuale delle attività detenute all’estero).

L’obbligo di dichiarazione delle attività finanziarie detenute all’estero è disciplinato dalla normativa tributaria nazionale e dalla normativa antielusiva internazionale, che prevede l’obbligo per i residenti fiscali italiani di fornire informazioni complete e veritiere sulle proprie attività finanziarie all’estero. L’Agenzia delle Entrate è l’ente responsabile della supervisione e del controllo di tali dichiarazioni, al fine di contrastare l’evasione fiscale e verificare la corretta applicazione delle norme fiscali.

Le conseguenze per coloro che non rispettano l’obbligo di dichiarazione delle attività finanziarie all’estero possono essere rilevanti. L’Agenzia delle Entrate dispone di strumenti per individuare e sanzionare i casi di mancata dichiarazione o dichiarazione non veritiera, tra cui l’accesso ai dati finanziari tramite gli accordi di interscambio di informazioni internazionali, l’analisi delle operazioni bancarie e finanziarie, nonché la collaborazione con altre autorità fiscali estere. Le sanzioni per la mancata dichiarazione possono includere l’applicazione di multe, il recupero delle imposte evase e, in alcuni casi, possono essere configurate come reato.

La compilazione del quadro RW legato ad investimenti patrimoniali e finanziari esteri

Il quadro RW deve essere compilato, ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche (delle società semplici ed enti equiparati e degli enti non commerciali) residenti in Italia che detengono investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale. Il quadro deve essere compilato indipendentemente dalle modalità di acquisizione dell’attività finanziaria, e per tutte quelle attività che sono suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. In ogni caso la compilazione dello stesso è dovuta anche:

  • Ai fini dell’assolvimento dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE) e
  • Ai fini dell’assolvimento dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (IVAFE).

In particolare, il contribuente deve indicare la consistenza degli investimenti e delle attività detenute all’estero per ogni periodo d’imposta di detenzione. Tale obbligo sussiste anche se il contribuente nel corso del medesimo periodo ha totalmente disinvestito le attività estere. Mentre in passato quest’obbligo passava per lo più inosservato, oggi, anche grazie agli accordi sullo scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali, c.d. “Common reporting standard” (CRS), la mancata compilazione del quadro è oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, basti pensare alle tantissime “lettere di compliance” che l’Agenzia delle Entrate invia ogni anno ai contribuenti che si sono resi rei di aver violato queste disposizioni.

La compilazione del quadro RW deve essere effettuata per indicare la consistenza delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero nel periodo d’imposta di riferimento. Gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi non sussistono per i depositi e i conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 15.000 euro. Il limite di 15.000 euro per i conti correnti ed i depositi è stato inserito, in sede di conversione, dall’art. 2, co. 4-bis del D.L. n. 4/2014. In precedenza, la norma non conteneva alcun limite e pertanto qualunque investimento o attività estera dovevano essere dichiarati.

Per tutte le altre forme di attività finanziarie estere non esistono soglie minime legate all’esonero dalla compilazione del quadro RW, a meno che tali investimenti non siano detenuti da intermediari finanziari residenti.

Il ruolo degli intermediari finanziari residenti

Sul punto occorre effettuare anche una precisazione per quanto riguarda gli intermediari finanziari nazionali. Ai fini dell’assolvimento degli obblighi sul monitoraggio fiscale gli intermediari italiani devono vigilare e segnalare all’Amministrazione finanziaria alcune operazioni. Si tratta dei trasferimenti transfrontalieri di importo superiore alle 15.000 euro. Questo, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni che appaiono collegate per realizzare un’operazione frazionata. Deve trattarsi comunque di operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del TUIR. Per ogni operazione di questo tipo sono tenuti a compilare un’apposita dichiarazione. Oltre a questo aspetto occorre tenere in considerazione che se l’attività finanziaria estere è detenuta attraverso l’intervento di un intermediario finanziario residente, non vi sono obblighi legati alla compilazione del quadro RW. In questo caso gli obblighi devono essere adempiuti dall’intermediario che interviene nell’operazione.

Quali sono gli stati o territori collaborativi ai fini del quadro RW?

Come indicato dallo stesso comma 2 dell’art. 5 del D.L. n. 167/90 l’individuazione dei paesi black list utili ai fini dell’applicazione delle sanzioni collegate al monitoraggio fiscale è individuata dalla lettura congiunta di due provvedimenti. Si tratta del:

Guardando all’evoluzione di questa disposizione occorre sottolineare che il Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, non risulta ulteriormente applicabile a far data dal 2016. Si tratta dell’anno in cui la normativa sulle controlled foreing companies (c.d. “CFC rule“) di cui all’articolo 167, comma 4 del TUIR, è stata modificata, non prevedendo più l’individuazione dei paesi non collaborativi attraverso una lista, ma piuttosto attraverso analisi comparative (nel caso vedasi l’articolo di approfondimento su questo argomento). Per questo motivo, sostanzialmente, il decreto in commento rimane valido esclusivamente per alcune specifiche previsioni normative che richiamano direttamente questa disposizione. Tale limitata applicazione concreta, con scarse possibilità di aggiornamento della lista dei paesi in esso contenuta, ha portato l’Agenzia delle Entrate ad un comportamento pragmatico. Per questo motivo l’Agenzia fa riferimento esclusivamente al Decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, ovvero il documento che contiene la lista dei paesi non collaborativi ai fini del trasferimento di residenza all’estero delle persone fisiche in paesi non collaborativi (ex art. 2, comma 2-bis del TUIR). Per capire quali sono tali Paesi è possibile fare riferimento alla tabella seguente.

Tabella: Lista Paesi Black List Ai Fini Del Monitoraggio Fiscale E Del Quadro RW

AlderneyAndorraAntigua e BarbudaAntille Olandesi
ArubaBahamaBahreinBarbados
BelizeBermudaBruneiCosta Rica
DominicaEmirati Arabi UnitiEcuadorFilippine
GibilterraGibutiGrenadaGuernsey
Hong KongIsola di ManIsole CaymanIsola Cook
Isole MarshallIsole Vergini BritannicheJerseyLibano
LiberiaLiechtensteinMacaoMalaysia
MaldiveMauritiusMonserratNauru
NiueOmanPanamaPolinesia Francese
Principato di MonacoSarkSeicelleSingapore
Saint Kitts e NevisSaint LuciaSaint Vincent e GrenadineSvizzera
TaiwanTongaTurks e CaicosTuvalu
UruguayVanuatuSamoa

Le presunzioni di evasione fiscale in caso di attività finanziarie occulte in paradisi fiscali

Se detieni attività finanziarie in paesi che possono essere definiti “paradisi fiscali“, in relazione a quanto previsto dall’art. 12, co. 2, del D.L. 78/2009, devi prestare la dovuta attenzione ad adempiere nel modo corretto gli obblighi legati al monitoraggio fiscale (in dichiarazione dei redditi, attraverso la compilazione del quadro RW). Tale attenzione è giustificata dal fatto che, le attività estere occultate e detenute in Stati o territori a fiscalità privilegiata, determina l’applicazione di una duplice presunzione:

  • Da una parte si assiste ad un raddoppio dei termini di accertamento, al fine di consentire all’Amministrazione Finanziaria di avere un prolungamento temporale per l’attività accertativa, connessa alla difficoltà di reperimento delle informazioni;
  • Dall’altra vi è una ulteriore presunzione importante, ovvero il fatto che tali attività non dichiarate si presumono costituite con redditi sottratti a tassazione italiana. Inoltre, le ordinarie sanzioni legate all’omessa o infedele dichiarazione sono raddoppiate (art. 12, co. 2 D.L. n. 78/09).

E’ comunque opportuno ricordare che, tali presunzioni legali relative, si perfezionano quando le attività patrimoniali o finanziarie estere non dichiarate sono situate in un paese non collaborativo, c.d. “black list“.

Esempio:
Pensa un contribuente che ha aperto un conto corrente in un Paese come gli Emirati Arabi. Secondo questa presunzione, anche se il contribuente non ha effettuato investimenti con redditi non dichiarati, si presume che invece, lo abbia fatto. Per questo motivo i termini di accertamento sono raddoppiati, gli importi non dichiarati vengono qualificati come redditi e le ordinarie sanzioni per omessa o infedele dichiarazione sono raddoppiate, oltre al raddoppio delle sanzioni per il monitoraggio fiscale. Resta comunque salva la possibilità per il contribuente di fornire prova contraria, o ove possibile, sanare autonomamente la propria posizione con l’istituto del ravvedimento operoso.

Il problema dell’inversione dell’onere della prova (sul contribuente)

L’effetto di questa presunzione legale determina per il contribuente un gravoso onere. Si tratta dell’inversione dell’onere della prova. Ordinariamente, infatti, è l’Amministrazione finanziaria che è chiamata a fondare la sua attività accertativa su prove, che devono essere gravi, precise e concordanti. In situazioni in cui, invece, vi è una inversione dell’onere della prova, tutto questa attività viene ribaltata sul contribuente. Per l’Agenzia delle Entrate, quindi, è sufficiente far scattare un controllo verso il contribuente che si trova in questa fattispecie (attività estere in paesi non collaborativi non dichiarate). Sarà poi il contribuente sottoposto a controllo a dover dare prova e smontare la presunzione legale. Per questo motivo, se hai intenzione di effettuare investimenti finanziari in paesi black list, quindi, non collaborativi, devi prestare la dovuta attenzione.

Importante:
Nessun intermediario finanziario ti dirà mai queste cose, e spesso si scoprono troppo tardi. Quindi è opportuno fare attenzione!

Se non si è in grado di smontare la presunzione legale il contribuente è chiamato a dover tassare l’importo dell’investimento. Questo in quanto la presunzione prevede che l’investimento sia prodotto con redditi non dichiarati. Oltre, naturalmente al pagamento di sanzioni ed interessi. In questi casi, si assiste ad un raddoppio delle sanzioni dovute:

  • Sia per le sanzioni che riguardano il monitoraggio fiscale IVIE o IVAFE;
  • Sia per le sanzioni che riguardano l‘infedele o omessa dichiarazione dei redditi non dichiarati (dovuti alla presunzione che l’attività non dichiarata è formata da redditi non assoggettati a tassazione).

Per questo motivo se non si interviene per tempo, in caso di violazione, i rischi di accertamento con sanzioni elevate sono concreti.

Il raddoppio dei termini di accertamento

Il legislatore ha deciso, inoltre, di garantire all’Amministrazione finanziaria maggiore tempo utile per effettuare questo tipo di accertamenti su attività patrimoniali e finanziarie estere detenute in paesi non collaborativi. In questi casi, infatti, come accennato trova riscontro il raddoppio dei termini di accertamento, per le seguenti fattispecie:

  • Per le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato. Questo se le attività sono detenute in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale. Nel caso le stesse si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione (art. 12 del D.L. n. 78/2009);
  • Per l’irrogazione delle sanzioni relative alle violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale (art. 4 del D.L. n. 167/90) per le attività detenute nei paradisi fiscali.

Detto raddoppio non può essere cumulato con il raddoppio dei termini di decadenza per reati fiscali, Corte Cost. 25.7.2011 n. 247, rispetto ai periodi di imposta per i quali può essere applicata la pregressa normativa sul raddoppio.

Quali sono i termini di accertamento per gli investimenti in paesi black list?

Quindi, per la rettifica dei redditi derivanti dagli investimenti in Paradisi fiscali, l’Agenzia delle Entrate può procedere entro il 31.12 del decimo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero entro il 31.12 del quattordicesimo in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Questo è il termine di prescrizione dell’attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria legata ad investimenti effettuati in paesi non collaborativi e non dichiarati nel quadro RW.

Dalla violazione, deriva poi normalmente la sanzione per l’omessa compilazione del modulo RW, per la quale la norma dispone espressamente che i termini, ordinariamente previsti, siano raddoppiati. L’articolo 20 del D.Lgs. n. 472/97 disciplina i termini per la contestazione delle sanzioni. Esso prevede che l’atto deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31.12 del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. Con riferimento alle disponibilità detenute in paradisi fiscali, quindi, la sanzione va notificata entro il 31.12 del decimo anno successivo. In questi termini le sanzioni dovute per la presunzione legata al fatto che le attività non dichiarate si considerano formate con redditi sottratti a tassazione sono raddoppiate. Questo significa che le ordinarie sanzioni amministrative collegate alle fattispecie di omessa o infedele dichiarazione dei redditi, sono raddoppiate.

Importante:
È il caso, ad esempio delle sanzioni legate all’omessa dichiarazione, che ordinariamente vanno dal 120% al 240% della maggiore imposta dovuta che, in caso di presunzione legale di attività finanziarie estere detenute in paesi non collaborativi e non dichiarate, raddoppia andando del 240% al 480%.

Diversa è invece l’ipotesi di una mera contestazione di sanzioni non legata ad un accertamento delle imposte dirette o dell’IVA. È il caso, ad esempio, di una violazione RW (non riferita a paradisi fiscali) o degli omessi versamenti delle ritenute di acconto scoperte in sede di rettifica dell’Ufficio.

FATTISPECIETERMINE ACCERTAMENTO
Omessa indicazione di patrimoni detenuti in paesi non collaborativi31.12 del decimo anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione

In relazione alla presunzione di attività estere non dichiarate deve essere tenuto in considerazione quanto avviene in fase di accertamento. In quest’ottica, la prassi degli uffici testimonia una tendenza a ricondurre gli effetti della presunzione di evasione al periodo di imposta più remoto ancora accertabile alla data in cui la verifica viene posta in essere, con evidenti difficoltà per il contribuente che debba difendersi da una contestazione di evasione riportata, in ipotesi, fino a un decennio addietro. Ad esempio, per un accertamento notificato nell’anno “x” relativo all’anno “x-5” gli uffici tendono a contestare la presunzione di evasione all’anno “x-10”. Il tutto con evidenti problematiche da parte del contribuente chiamato a doversi difendere. Tuttavia, sul punto deve essere evidenziata la posizione della giurisprudenza con la sentenza n. 69/2022 della CTP Varese, secondo la quale in assenza di prova contraria sull’origine delle attività finanziarie detenute nel paradiso fiscale deve presumersi che tali attività siano detenute in quell’anno, e non nel primo periodo di imposta accertabile in applicazione del raddoppio dei termini.

Il raddoppio delle sanzioni sul monitoraggio fiscale

La misura delle sanzioni relative alle violazioni del monitoraggio fiscale è contenuta nell’articolo 5 del D.L. n. 167/90, come rinnovato dall’articolo 9 della Legge n. 97/2013. Per le violazioni relative all’omessa o infedele presentazione del quadro RW è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria nella misura compresa tra il 3% e il 15% dell’ammontare di ogni singolo importo non dichiarato. Le sanzioni sono raddoppiate, nella misura dal 6% al 30% degli importi non monitorati, qualora le violazioni dovessero riguardare beni, attività o investimenti detenuti in Paesi a regime fiscale agevolato. Tuttavia, nel caso di presentazione del quadro RW con un ritardo non superiore a novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, la sanzione è applicata nella misura fissa di 250 euro.

Tali sanzioni devono essere notificate al contribuente entro il 31.12 del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione. Oppure, nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. Mentre, con riferimento alle disponibilità detenute in paradisi fiscali la sanzione dal 6% al 30% deve essere notificata entro il 31.12 del decimo anno successivo. Si assiste, quindi, al raddoppio dei termini di accertamento. Oltre a questa disposizione, si deve tenere presente che la stessa disposizione prevede anche che gli investimenti detenuti in stati non collaborativi si presumono costituiti, salvo prova contraria, attraverso redditi non dichiarati (art. 12, co. 2 D.L. n. 78/09). Questo significa che l’investimento estero viene ritenuto come reddito imponibile in Italia (non dichiarato). Ebbene, in questo caso, le sanzioni ordinariamente previste per le violazioni dichiarative, infedele o omessa dichiarazione, sono raddoppiate (art. 12, co. 2 D.L. n. 78/09).

Pertanto, ai fini dell’applicazione di queste disposizioni, che rappresentano delle presunzioni legali relative, è necessario che:

  1. Venga riscontrata la detenzione in un Paese a fiscalità privilegiata di investimenti (o altre attività di natura finanziaria);
  2. Venga verificato che in relazione ai suddetti investimenti non sono stati adempiuti gli obblighi dichiarativi relativi al monitoraggio fiscale.

Solo a seguito del verificarsi dei presupposti di cui ai punti 1) e 2) l’Ufficio accertatore può presumere che detti investimenti siano costituiti da redditi sottratti a tassazione e l’onere della prova contraria incomberebbe sul contribuente. Una volta verificatisi i presupposti di cui al punto 1) e 2), e dunque in presenza di un accertamento che si basi su tali presupposti, l’Ufficio potrà applicare anche la disposizione normativa di cui all’art. 2-bis dell’art. 12, che consente il raddoppio dei termini per l’accertamento e il raddoppio delle sanzioni previste per omessa o infedele dichiarazione. Per questo motivo è fondamentale conoscere con attenzione questo particolare regime del raddoppio dei termini di accertamento.

Il favor rei

Le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale hanno natura tributaria e, in quanto tali, si rendono applicabili i principi generali e gli istituti previsti dal D.Lgs. n. 472/97. Ossia i seguenti:

  • Il principio del favor rei,
  • Il principio di legalità e
  • L’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/97.

In applicazione del principio del favor rei previsto al comma 3 dell’articolo 3 del Dlgs 472/1997, l’omessa o infedele compilazione del quadro RW, nel caso in cui la violazione sia stata commessa e non sia ancora definitiva alla data del 4 settembre 2013, è sanzionata nella misura compresa tra il 3% e il 15% degli importi non dichiarati (ovvero tra il 6% e il 30%, nel caso di detenzione in Stati o Territori a regime fiscale privilegiato). Inoltre, ai sensi del comma 2, le violazioni attinenti l’infedele o omessa compilazione delle sezioni I e III del quadro RW (soppresse per effetto dell’articolo 9 della Legge n. 97/13 a decorrere dal periodo d’imposta 2013), non sono più punibili e l’eventuale debito residuo per atti di irrogazione sanzioni non ancora definitivi è da considerarsi estinto.

Consulenza fiscale per investimenti esteri non dichiarati ai fini del quadro RW

In questo articolo ho voluto riepilogarti la disciplina che riguarda l’inversione dell’onere della prova e il raddoppio dei termini di accertamento. Se ti hanno proposto di effettuare un investimento finanziario in un Paese estero ti consiglio di prestare la massima attenzione. In caso di Paese Black List, qualora vi fosse una violazione degli obblighi di legge sul monitoraggio fiscale, potresti incorrere in gravi problemi. Non tutti i consulenti finanziari sono in grado di metterti in guardia su questi aspetti, anche perché si tratta di una normativa che neppure sono tenuti a conoscere.

Per questo motivo se hai intenzione di investire o tutelare il tuo patrimonio devi farlo nel modo corretto. Per questo ti serve un professionista che conosca bene il mondo della Pianificazione Fiscale. Ricorda sempre che effettuare una corretta Pianificazione Finanziaria ti farà risparmiare, rispetto a dover intervenire sulle conseguenze di una negligenza.

Contattami attraverso l’apposito servizio di consulenza fiscale online. Sarai ricontattato nel più breve tempo e potrai contare sull’assistenza di un professionista preparato.

Lascia una Risposta