La manovra di Bilancio 2023 formulata dal governo Meloni, approvata dal Consiglio dei ministri la scorsa notte, ha introdotto nel nostro ordinamento uno schema di anticipo pensionistico ribattezzato Quota 103. Parte fondamentale della legge da 35 miliardi di euro, cerchiamo di comprendere cos’è, come funziona e quali sono i principali cambiamenti rispetto alla legge Fornero di cui l’esecutivo ha voluto scongiurare il ritorno.

Cos’è la Quota 103

In sintesi, la Quota 103 è una opportunità previdenziale consistente nella possibilità di andare in pensione con almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica. Di opportunità, appunto, si tratta: chi invece desidera rimanere al lavoro oltre questa soglia, potrà usufruire del rifinanziamento del bonus Maroni, che prevede una decontribuzione del 10%.

Lo stesso comunicato del MEF rammenta che si tratta di soluzione temporanea, una sorta di modalità ponte che dovrebbe traghettare verso una riforma più complessiva. È dunque lecito immaginare che il tema pensioni rimarrà in auge per tutto il 2023, al fine di ordinare una riforma più struttura dell’intero assetto previdenziale: un tema molto complesso, per affrontare il quale – evidentemente – mancavano i necessari tempi (e, probabilmente, anche le risorse).

La finestra mobile

In aggiunta a ciò, stando a quanto è finora emerso, prevale l’intenzione di affiancare una finestra mobile pari a tre mesi per il lavoro privato e di sei mesi per i dipendenti pubblici, così come è stato previsto per la Quota 100.

Per il 2023 le risorse stanziate dal governo ammontano a 700 milioni di euro per circa 47 mila persone interessate dall’iniziativa. Le stime suggeriscono tuttavia che le uscite effettive possano riguardare la metà della platea, meno di 25 mila persone, soprattutto se – come pare – vi è il divieto di cumulo con il lavoro, come previsto dalla Quota 100.

In concreto, la misura ora formulata dal governo sembra riguardare le persone nate tra il 1960 e il 1961 (che oggi hanno, cioè, 62 e 63 anni), considerato che quelle più anziane che avevano intenzione di abbandonare il luogo di lavoro lo hanno già fatto usufruendo di Quota 100, mentre quelle più giovani non potranno avere accesso all’opportunità a causa del mancato rispetto della soglia anagrafica.

Opzione Donna 2023, Ape Sociale e rifinanziamenti

Nella stessa manovra di Bilancio ha trovato spazio anche la proroga dell’Opzione Donna, già nota nel nostro ordinamento, ma con qualche modifica: con l’introduzione di un meccanismo premiale per i nuclei più popolosi, si potrà ora andare in pensione a 58 anni con due o più figli, a 59 con un figlio, a 60 anni negli altri casi. Rimane inteso che l’Opzione Donna risulta essere riservata solamente ad alcune particolari categorie di lavoratrici come quelle disabili, caregiver o destinate a lavori gravosi e usuranti.

Tra le altre conferme della manovra troviamo anche l’Ape sociale per i lavori usuranti, mentre l’indicizzazione delle pensioni è ora prevista al 120% del trattamento minimo.

Il turnover generazionale

Nelle intenzioni del governo, evitare il ritorno alla legge Fornero e fornire l’opportunità di anticipare la pensione per una platea comunque non ampissima di lavoratori più avanti con l’età dovrebbe favorire il turnover generazionale, stimolando così la sostituzione della forza lavoro più anziana con quella più giovane.

Anche in virtù di questo intento il governo ha introdotto in manovra una iniziativa fortemente richiesta da Forza Italia e rappresentata dallo stanziamento di incentivi per quelle aziende che assumono under 36 e hanno già un contratto a tempo determinato. La decontribuzione può arrivare fino a un massimo di 6.000 euro.

Non mancano però i dubbi sull’effettiva validità di questo auspicio: lo stesso sarebbe dovuto avvenire anche in seguito all’introduzione della Quota 100 che, invece, sotto questo profilo di analisi ha conseguito risultati sicuramente sotto le attese.

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