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Patent box: deduzione costi di ricerca e sviluppo

Patent box per la detassazione dei costi di ricerca e sviluppo su beni immateriali da parte delle imprese, dopo la Circolare n. 5/E/2023.

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La disciplina fiscale del nuovo patent box come forma di extra deduzione del 110% dei costi di ricerca e sviluppo relativi a beni immateriali come software, brevetti industriali o disegni e modelli. Tutte le info dopo la Circolare n. 5/E/2023.

La disciplina del patent box che abbiamo conosciuto negli ultimi anni è stata completamente riscritta dall’art. 6 del D.L. n. 146/2021. Questa disposizione, di fatto, ha sostituito il precedente regime agevolativo sostituendolo con un regime di deduzione dei costi di ricerca e sviluppo relativi a beni immateriali. L’intervengo normativo è stato sicuramente importante ed ha portato ad una immediata modifica del regime fiscale in commento, con risvolti da verificare con attenzione da parte delle imprese che stavano già applicando questa disciplina opzionale.

Di seguito, quindi, andiamo ad analizzare i principali elementi rilevanti connessi alla disciplina del nuovo patent box in relazione alla pubblicazione dei chiarimenti forniti dalla Circolare n. 5 del 23 febbraio 2023 da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Che cos’è il regime del patent box?

Il regime del patent box rientra tra i regimi, presenti anche in altri Stati, finalizzati ad incentivare la crescita e lo sfruttamento economico di beni immateriali nell’esercizio di attività di impresa. Si tratta di un regime che mira alla valorizzazione del ruolo dei beni immateriali nella creazione di valore aggiunto da parte delle imprese.

Al fine di evitare artificiose delocalizzazioni del reddito imponibile dai Paesi dove è generato il valore a favore di Stati caratterizzati da una fiscalità agevolata, sono state fornite dall’OCSE raccomandazioni volte a garantire un allineamento degli elementi sostanziali (es. sostenimento dei costi e dei rischi connessi alla ricerca e sviluppo per l’ottenimento, il sostegno e il mantenimento dei beni immateriali) con quelli formali (es. titolarità dei beni immateriali e dei relativi redditi).

In linea con le raccomandazioni OCSE (“Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance”, Action 5, 2015 Final Report”), il regime Patent box non integra elementi di concorrenza fiscale dannosa, in quanto l’attribuzione dell’agevolazione fiscale è direttamente collegata al sostenimento delle spese per il potenziamento e la creazione dei beni immateriali che generano valore.

La superdeduzione dei costi di ricerca e sviluppo su immateriali

La normativa del patent box (art. 6 D.L. n. 146/21) prevede una deduzione del 110% dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti su beni immateriali, ad esclusione dei marchi di impresa e del know how.

L’art. 6 del D.L. n. 146/21 ha previsto l’abrogazione della previgente disciplina del patent box, e la sostituzione di questa normativa con un regime opzionale legato ad una deduzione maggiorata della deducibilità dei costi di ricerca e sviluppo su alcune tipologie di beni immateriali. Questa disposizione è entrata in vigore a decorrere dal 22 ottobre 2021.

Per i soggetti che esercitano l’opzione per questo regime, i costi di ricerca e sviluppo sono maggiorati del 110% (co. 3 e 5, art. 6 D.L. n. 146/21), sia ai fini delle imposte sui redditi (IRES) che dell’IRAP. In buona sostanza, l’agevolazione consiste una una variazione in diminuzione da effettuarsi in dichiarazione dei redditi ed IRAP. In pratica, il risparmio di imposta è pari al 30,69% dei costi sostenuti (considerando un aliquota complessiva del 27,9%).

Proviamo a chiarire meglio con un esempio. Ipotizziamo che l’impresa Alfa abbia sostenuto spese di ricerca e sviluppo agevolabili per l’importo di 10.000 euro. Pertanto, l’ammontare deducibile complessivamente esercitando l’opzione del patent box è pari a 21.000. Sostanzialmente, la quota di 10.000 euro è direttamente deducibile secondo le regole ordinarie del TUIR, mentre l’ulteriore quota (il 110%) devono essere dedotti extra-contabilmente come variazione in diminuzione in dichiarazione.

Rispetto alla previgente disciplina, quindi, l’attuale calcolo per l’ottenimento dell’agevolazione appare sicuramente più concreto e con un ambito non più legato ai proventi derivanti dallo sfruttamento dei beni immateriali, ma sui costi di ricerca e sviluppo sostenuti per la loro realizzazione. Applicazione che, quindi, sicuramente avvantaggia le imprese che si trovano in una fase di sviluppo della propria attività.

Le imprese che entrano nel sistema della super deduzione sono chiamate a reperire una idonea documentazione in grado di permettere una esimente sanzionatoria. In particolare, in caso di rettifica della maggiorazione da cui derivi una maggiore imposta o un minor credito, la sanzione di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applica qualora nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria detta documentazione. Il possesso della documentazione può essere comunicato in dichiarazione anche tardivamente, avvalendosi dell’istituto della remissione in bonis, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, e sempreché ricorrano le ulteriori condizioni previste dall’art. 2, co. 1 del D.L. n. 16/12.

Previgente disciplina del patent box:
Per i soggetti titolari di reddito di impresa era in vigore un regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall’utilizzazione o la concessione in uso di alcune tipologie di beni immateriali (art. 1, co. 37-45 della Legge n. 190/14 e D.M. 28.11.2017).

Chi può usufruire della normativa sul nuovo patent box?

Possono usufruire della nuova agevolazione i titolari di reddito di impresa residenti in Italia (vedasi l’art. 2 del D.M. 28.11.2017). In particolare, si tratta dei seguenti soggetti:

  • Le persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell’art. 55 del TUIR. Persone fisiche, imprese familiari, società di fatto, SNC, SAS;
  • I soggetti di cui all’art. 73, co. 1, lett. a), b) e c) del TUIR, come le SRL, le SPA, SAPA, le cooperative;
  • I soggetti di cui all’art. 5, co. 1 del TUIR, ad eccezione delle società semplici;
  • I soggetti di cui all’art. 73, co. 1, lett. d) del TUIR, residenti in paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato alla quale sono attribuibili i beni immateriali.

Questa normativa non si applica ad artisti e professionisti. È inoltre necessario che i suddetti soggetti assumano la veste di investitori e quindi procedano all’assunzione del rischio. Per investitori devono intendersi coloro che esercitano le attività di ricerca e sviluppo e cioè coloro che hanno diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile – sempre che tale bene vanga utilizzato direttamente o indirettamente nello svolgimento dell’attività di impresa e a prescindere dalla titolarità giuridica dello stesso – e che sostengono, rimanendone incisi, i costi relativi agli investimenti effettuati, assumendone i rischi e avvalendosi degli eventuali risultati.

Restano esclusi dalla definizione di investitori – pur essendo titolari del diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale agevolabile – non restano incisi dai costi sostenuti nell’effettuazione dei suddetti investimenti in attività rilevanti o, comunque, non sopportano il rischio degli investimenti, né acquisiscono i benefici delle attività rilevanti.

Consorzi e reti di imprese

Possono essere inclusi nel novero delle imprese beneficiarie anche i consorzi e le reti di imprese che riscontrino i requisiti previsti dalla normativa.

Consorzi

Per quanto riguarda i consorzi, occorre distinguere il caso in cui essi effettuino direttamente gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo dal caso in cui essi siano lo strumento attraverso il quale vengono effettuate, in comune, dette attività. Nel primo caso in cui il consorzio effettui la ricerca in qualità di soggetto “investitore”, sostenendone i costi, sopportando il rischio dell’attività svolta e ritraendone i benefici, l’agevolazione spetta all’ente stesso che ne beneficerà in modo autonomo, avendo riguardo ai costi sostenuti per le attività rilevanti e connessi ai beni immateriali oggetto di agevolazione, previa verifica della sussistenza di tutte le condizioni poste dalla disciplina agevolativa. Qualora, invece, il consorzio, pur svolgendo l’attività di ricerca e sviluppo, non assumesse la veste di soggetto “investitore”, in quanto opera secondo il meccanismo del riaddebito alle imprese consorziate dei costi sopportati, indipendentemente dal fatto che l’ente abbia o meno rilevanza esterna, il rischio dell’investimento grava sulle imprese partecipanti, in relazione alla quota di costi da ciascuna sostenuta attraverso il “ribaltamento” operato dal consorzio. In tale fattispecie, l’agevolazione spetterà a ciascuna impresa consorziata. Conseguentemente, ferma restando la sussistenza di tutte le condizioni poste dalla disciplina agevolativa, ogni impresa consorziata applicherà la maggiorazione del 110% avendo riguardo alla quota di costi di propria competenza.

Reti di imprese

Nella diversa ipotesi in cui le attività di ricerca e sviluppo siano effettuate da imprese che aderiscono a un “contratto di rete”, occorre distinguere se si tratta di “rete-contratto” o di “rete-soggetto”.

Nel caso in cui la rete di imprese si configuri come “rete-contratto”, ovvero sia priva di autonoma soggettività giuridica (e conseguentemente di autonoma capacità tributaria), gli atti posti in essere in esecuzione del programma comune di rete producono i loro effetti direttamente in capo alle imprese partecipanti, sicché in relazione ai costi relativi ad attività di ricerca e sviluppo eleggibili, fatturati o “ribaltati” alle singole imprese, queste ultime hanno diritto all’agevolazione. In altri termini, nel caso di adozione di un modello contrattuale “puro” di rete di imprese, alla luce della configurazione che assumono i rapporti tra le imprese partecipanti e la “rete”, soggetti “investitori” – e, in quanto tali, beneficiari dell’agevolazione – sono le singole imprese aderenti alla rete. Di conseguenza, l’applicazione della maggiorazione del 110% e la verifica della sussistenza delle condizioni richieste per poter accedere al beneficio riguarderà in modo autonomo ciascuna delle imprese aderenti alla rete.

Nel caso in cui, invece, la rete di imprese si configuri come “rete-soggetto”, cioè, mediante l’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese, acquisisca autonoma soggettività giuridica (e conseguentemente una capacità giuridica tributaria autonoma rispetto alla capacità giuridica delle singole imprese partecipanti), gli atti posti in essere in esecuzione del programma comune di rete producono i loro effetti direttamente in capo alla “rete-soggetto”. Tale soggetto “distinto”, che diventa un autonomo soggetto passivo di imposta (con tutti i conseguenti obblighi tributari previsti ex lege in materia di imposte dirette e indirette), ai fini fiscali, rientra tra gli enti commerciali o non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettere b) e c) del Tuir (a seconda che svolga o meno attività commerciale in via principale o esclusiva). Alla luce di quanto precede e coerentemente con la diversa configurazione che nella “rete-soggetto” assumono i rapporti tra le imprese partecipanti e la “rete”, si può affermare che, nel caso in cui il programma di rete preveda lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo, tali attività e il rischio a esse connesso sono imputabili alla “rete-soggetto”, la quale, risultando essere un’“impresa”, può essere, al ricorrere di tutte le condizioni, il soggetto destinatario dell’agevolazione.

Cause di esclusione

Restano esclusi dalla possibilità di esercizio dell’opzione le imprese che:

  • Determinano il reddito imponibile su base catastale o in modo forfettario;
  • Sono in stato di liquidazione, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o altra procedura concorsuale non finalizzata alla continuazione dell’attività economica prevista dal regio decreto n. 267/42, dal D.Lgs. n. 14//19, come modificato dal D.Lgs. n. 83/22 o da altre leggi speciali, ovvero che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.

Per le imprese assoggettate ad amministrazione straordinaria e a concordato preventivo, si ritiene che l’opzione possa essere comunque esercitata qualora la procedura sia finalizzata alla continuazione dell’attività economica. La medesima soluzione si ritiene applicabile anche in ipotesi di concordato fallimentare, nel caso in cui lo stesso non sia finalizzato alla liquidazione dell’attività aziendale ma alla sua continuazione.

Lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo

I soggetti che esercitano l’opzione devono svolgere le attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla creazione e allo sviluppo dei beni immateriali agevolabili anche mediante contratti di ricerca stipulati con:

  • Società diverse da quelle appartenenti al medesimo gruppo;
  • Università ed enti di ricerca e organismi equiparati.

L’art. 6, co. 4 del D.L. n. 146/21 prevede che l’agevolazione si applica a condizione che i soggetti che esercitano l’opzione di cui al comma 1 svolgano le attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati, finalizzate alla creazione ed allo sviluppo di beni. In questo modo risulta rispettato il principio OCSE c.d. “nexus approach“, secondo il quale, per fruire dell’agevolazione, è necessario che colui che esercita l’opzione abbia diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali e svolga attività di ricerca e sviluppo. L’obiettivo è di collegare il godimento dell’agevolazione all’effettivo svolgimento di un’attività economica nell’ambito della quale venga svolta attività di ricerca che si sostanzia nello sviluppo, manutenzione, protezione e accrescimento del bene.

Di fatto, quindi, possono accedere al regime del patent box anche i contribuenti che utilizzano il bene immateriale in forza di un contratto di licenza o sub-licenza che conferisca loro il diritto allo sfruttamento economico del bene, fermo restando che devono sussistere tutti i requisiti soggettivi e oggettivi e devono ricorrere tutte le condizioni normativamente previste.

Quali sono i beni immateriali agevolabili?

Sono oggetto di agevolazione i costi di ricerca e sviluppo (co. 3, art. 6), sostenuti dai soggetti sopra indicati, relativi a (art. 6, co. 3 del D.L. n. 146/21) tre tipologie di beni immateriali:

  • Software protetto da copyright. Si intendono i programmi per l’elaborazione in qualunque forma espressi, purché originali, quale risultato di creazione intellettuale dell’autore;
  • Brevetti industriali. Si intendono i brevetti per invenzione, per modello di utilità, per nuove varietà vegetali, topografie di prodotti, il certificato complementare per prodotti medicinali e fitosanitari;
  • Disegni e modelli. Si intendono i disegni e modelli registrati, il disegno industriale che presenti di per sé carattere creativo e valore artistico in materia di diritto di autore.

Sono agevolati anche due o più beni immateriali tra quelli indicati sopra, collegati tra loro da un vincolo di complementarietà, tale per cui la realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti, o di un processo, o un gruppo di processi, sia subordinata all’uso congiunto degli stessi. Per l’indicazione dei beni immateriali agevolabili sono coerenti con quelli indicati nella Circolare n. 11/E/2016.

Non sono agevolabili i marchi di impresa ed il know how (art. 1, co. 10, della Legge n. 234/21).

Software protetto da copyright

Per “software protetto da copyright”, la cui tutela è garantita dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633 (c.d. legge sul diritto di autore), si intendono i programmi per elaboratore, in qualunque forma espressi, purché originali e quale risultato di creazione intellettuale dell’autore.

Restano esclusi dalla tutela accordata dalla legge sul diritto di autore le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.

La prova della esistenza del software può risultare da una dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da detenere e consegnare all’Amministrazione Finanziaria nel corso di accessi, ispezioni o verifiche o di altra attività istruttoria; tale dichiarazione, resa nella consapevolezza delle sanzioni penali applicabili nel caso di dichiarazioni non veritiere, di formazione o uso di atti falsi, richiamate dall’articolo 76 del d.P.R. citato, attesta la titolarità dei diritti esclusivi su di esso in capo al richiedente, a titolo originario o derivativo (in questo secondo caso specificando il negozio da cui deriva l’acquisto), e la sussistenza dei requisiti di tutela sopra individuati di originalità e creatività tali da poter essere identificati come opere dell’ingegno.

La dichiarazione deve altresì contenere la descrizione del programma per elaboratore a cui può essere allegata copia del programma su supporto ottico non modificabile, conformemente alle previsioni dell’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 gennaio 1994, n. 244 in materia di registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore.

Brevetti industriali

Per “brevetti industriali” si intendono:

  • a) i brevetti per invenzione;
  • b) i brevetti per modello di utilità;
  • c) i brevetti per nuove varietà vegetali;
  • d) le topografie di prodotti a semiconduttori;
  • e) il certificato complementare per prodotti medicinali;
  • f) il certificato complementare per prodotti fitosanitari.

I predetti titoli di proprietà industriale sono concessi dai competenti Uffici nazionali per la proprietà industriale dei diversi Stati, da uffici comunitari o Organismi internazionali, variamente denominati. Nel caso di avvenuta concessione del titolo di proprietà industriale (in qualunque modo denominato), rilasciato dall’Ufficio competente, la prova è costituita dal relativo attestato; devono inoltre essere forniti i riferimenti delle eventuali banche dati da cui è possibile desumere le predette informazioni o estrarre i relativi documenti.

Disegni e modelli giuridicamente tutelati

Per disegni e modelli “giuridicamente tutelati, si intendono:

  • a) i disegni e modelli registrati;
  • b) i disegni e modelli comunitari non registrati che possiedano i requisiti di registrabilità, la cui tutela dura per un periodo di tre anni decorrente dalla data in cui il disegno o modello è stato divulgato al pubblico per la prima volta nella Comunità (di cui all’articolo 11 del Regolamento CE n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari);
  • c) il disegno industriale che presenti di per sé carattere creativo e valore artistico (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, n. 10, della legge 22 aprile 1941, n. 633 in materia di diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).

Nel caso di cui alla lettera a), la prova di avvenuta registrazione è costituita dal relativo attestato (in qualunque modo denominato), rilasciato dall’Ufficio competente. In sede di controllo, devono essere forniti i riferimenti delle eventuali banche dati da cui è possibile desumere le predette informazioni o estrarre i relativi documenti. Negli altri casi – lett. b) e c) – la prova dell’esistenza del bene può risultare da una dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da detenere e consegnare all’Amministrazione Finanziaria nel corso di accessi, ispezioni o verifiche o di altra attività istruttoria.

Spese agevolabili

Il punto 4.1 del Provvedimento, riprendendo testualmente la previsione di cui all’articolo 6, comma 4, del DL n. 146 del 2021, indica le spese che rilevano ai fini della determinazione della base di calcolo cui applicare la maggiorazione del 110%. Dette spese sono rilevanti a condizione che non siano state generate nell’ambito di relazioni commerciali intrattenute con società che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

Analogamente a quanto previsto per le correlate “attività rilevanti”, fermo restando il rispetto dei principi generali di effettività, inerenza e congruità delle spese, anche per l’individuazione dei criteri per l’identificazione e quantificazione di tali spese si applicano le regole previste dal Decreto MISE; in particolare, trova applicazione, come espressamente indicato al punto 4.5 del Provvedimento, anche la previsione di cui al comma 6 dell’articolo 6 del citato decreto, in relazione alle prestazioni lavorative direttamente riferibili alle attività ammissibili al credito d’imposta rese da amministratori o soci di società o enti.

L’esercizio dell’opzione

L’opzione per questo regime fiscale ha durata di cinque periodi di imposta. Si tratta di opzione irrevocabile e rinnovabile nel tempo, da effettuare nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al quale la stessa si riferisce. I modello di dichiarazione dei redditi prevedono che l’opzione è esercitata nel quadro OP, mentre nel quadro RS devono essere fornite informazioni sulla tipologia e sul numero dei beni agevolabili.

Nel caso in cui, in periodi di imposta successivi all’esercizio di una prima opzione, l’impresa intenda richiedere l’agevolazione per un nuovo bene immateriale, ricompreso tra quelli individuati dal comma 3 dall’articolo 6, la stessa dovrà esercitare una nuova opzione al patent box, che avrà una durata pari a cinque periodi d’imposta a decorrere dal suo esercizio. Si precisa che per “nuovo bene” si intende sia un bene venuto ad esistenza successivamente all’esercizio di una prima opzione per il nuovo PB, sia un bene già esistente che il contribuente aveva deciso, inizialmente, di escludere dal perimetro dell’agevolazione.

L’opzione per il nuovo regime patent box può essere esercitata anche tardivamente, nella dichiarazione presentata entro novanta giorni dal termine ordinario, sia essa configurabile come “dichiarazione tardiva” oppure come “dichiarazione integrativa/sostitutiva” di quella già trasmessa nei termini (cfr. circolare 12 ottobre 2016, n. 42/E).

Regime transitorio

Chi ha esercitato l’opzione per il previgente patent box in data antecedente al 22 ottobre 2021 può optare per il nuovo patent box, con comunicazione da inviarsi secondo le modalità che devono essere stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Calcolo dell’agevolazione

Il regime del patent box consiste in una variazione in diminuzione ai fini IRPEF o IRES, nonché ai fini IRAP, per la cui determinazione, in termini generali, occorre maggiorare del 110% le spese agevolabili e riconducibili alle attività rilevanti. Fermo restando i principi generali di effettività, inerenza e congruità, le spese agevolabili, oggetto di maggiorazione, devono essere individuate fermo restando i principi generali di effettività, inerenza e congruità, le spese agevolabili, oggetto di maggiorazione, devono essere individuate.

Esempio n.1:

Si ipotizzi il caso di un contribuente che, sulla base della stima della vita utile di un bene strumentale, utilizzato nell’ambito dell’attività di ricerca, stia ammortizzando il relativo costo di acquisizione pari a euro 1.000, applicando un coefficiente di ammortamento civilistico del 25%. Si ipotizzi inoltre che, in relazione a tale bene, i coefficienti previsti dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988, cui fa riferimento l’art. 102 del TUIR, prevedano un coefficiente del 20%.

Il contribuente, nel caso di specie, prescindendo dal comportamento civilistico assunto sulla base delle disposizioni dei principi contabili adottati, potrà maggiorare la quota d’ammortamento nei limiti massimi consentiti fiscalmente, ossia euro 200 (20% di 1000), anziché euro 250 (25% di 1.000), imputati a conto economico. Di conseguenza in dichiarazione dei redditi potrà operare una variazione in diminuzione di euro 220 (110% della quota di ammortamento fiscalmente deducibile pari a 200). Resta inteso che nel periodo di imposta in cui l’ammortamento civilistico risulta concluso, ma prosegue l’ammortamento fiscale, il contribuente potrà continuare a maggiorare la quota di ammortamento fiscalmente dedotta fino a esaurimento del costo fiscalmente riconosciuto.

Nell’ipotesi in cui invece la quota di ammortamento civilistico dovesse risultare inferiore a quella massima consentita ai fini fiscali in applicazione dei coefficienti previsti dal richiamato decreto ministeriale, si ritiene che la maggiorazione si applichi sulla quota di ammortamento civilistico, fiscalmente rilevante in base al principio di derivazione di cui all’articolo 83 del TUIR.

Esempio n.2:

Si ipotizzi un secondo caso in cui il contribuente, in ossequio ai principi contabili adottati, abbia capitalizzato, sussistendone tutte le condizioni normativamente previste, i costi sostenuti di € 1.000 in ciascuno anno compreso nel periodo dal 2012 al 2021 per la creazione di un bene immateriale, decidendo di ammortizzarli nel momento in cui detto bene sia disponibile per l’utilizzo. Il contribuente, nel caso di specie, sarà tenuto, ai fini di una corretta tracciatura e successiva maggiorazione delle spese agevolabili, ad imputare temporalmente detti costi, ai fini dell’applicazione del meccanismo premiale, applicando i principi sanciti dall’articolo 109, commi 1 e 2 del TUIR, non rilevando, a tali fini, come precisato dal punto 4.3 del Provvedimento, la loro capitalizzazione A titolo esemplificativo, se i costi si riferiscono a prestazioni di servizi, gli stessi si considerano sostenuti alla data in cui tali prestazioni, secondo quanto disposto dall’art. 109, c. 2, lett. b) del TUIR, sono ultimate, a nulla rilevando la circostanza che il contribuente abbia capitalizzato e sottoposto successivamente ad ammortamento dette spese.

Si ipotizzi un secondo caso in cui il contribuente, in ossequio ai principi contabili adottati, abbia capitalizzato, sussistendone tutte le condizioni normativamente previste, i costi sostenuti di € 1.000 in ciascuno anno compreso nel periodo dal 2012 al 2021 per la creazione di un bene immateriale, decidendo di ammortizzarli nel momento in cui detto bene sia disponibile per l’utilizzo. Il contribuente, nel caso di specie, sarà tenuto, ai fini di una corretta tracciatura e successiva maggiorazione delle spese agevolabili, ad imputare temporalmente detti costi, ai fini dell’applicazione del meccanismo premiale, applicando i principi sanciti dall’articolo 109, commi 1 e 2 del TUIR, non rilevando, a tali fini, come precisato dal punto 4.3 del Provvedimento, la loro capitalizzazione A titolo esemplificativo, se i costi si riferiscono a prestazioni di servizi, gli stessi si considerano sostenuti alla data in cui tali prestazioni, secondo quanto disposto dall’art. 109, c. 2, lett. b) del TUIR, sono ultimate, a nulla rilevando la circostanza che il contribuente abbia capitalizzato e sottoposto successivamente ad ammortamento dette spese.

Resta inteso che le quote di ammortamento relative alle spese capitalizzate, nei limiti in cui queste ultime abbiano beneficiato della maggiorazione derivante dall’applicazione del meccanismo premiale, non potranno più rilevare ai fini dell’applicazione delle agevolazioni previste dal regime e, ciò al fine di evitare fenomeni di duplicazione.

La documentazione idonea

Per il regime del patent box è in vigore un meccanismo di copertura da sanzioni in caso di accertamento simile a quello già previsto per il regime del patent box previgente. Infatti, le imprese interessate hanno la possibilità di indicare le informazioni necessarie alla quantificazione della super deduzione (ai fini IRES ed IRAP) all’interno di un set documentale idoneo.

Il possesso della documentazione, se comunicato nella dichiarazione dei redditi, consente la esimente dalle sanzioni di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 471/1997 in presenza di rettifiche alla super deduzione da cui derivi un maggior reddito imponibile. La mancata comunicazione del possesso della documentazione impedisce di ottenere la penalty protection e dunque l’accertamento da correzione delle super deduzioni sarà accompagnato dalla irrogazione delle ordinarie sanzioni sulla dichiarazione dei redditi.

La predisposizione della documentazione idonea si configura come mera facoltà del contribuente, alla quale si riconduce la possibilità per lo stesso di fruire dell’esimente sanzionatoria, nei casi e alle condizioni normativamente previste. La mancata predisposizione della documentazione idonea, di contro, non comporta la preclusione all’accesso al nuovo regime Patent box, ma in caso di recupero a tassazione, in tutto o in parte, della maggiorazione dedotta dal contribuente non trova applicazione l’esimente sanzionatoria.

La documentazione deve essere articolata in due sezioni, la Sezione A e la Sezione B, che esprimono le fasi in cui, idealmente, è articolato il processo di valutazione della sussistenza di requisiti e condizioni richiesti per la fruizione del nuovo regime Patent box e per la relativa quantificazione.

Le due sezioni hanno contenuti correlati, sia pure di diversa natura:

  • a) un primo insieme di informazioni, presenti nella Sezione A, è volto a delineare e descrivere il contesto operativo e funzionale dell’azienda, con particolare riguardo alla tipologia e alle modalità di svolgimento delle attività rilevanti;
  • b) un secondo gruppo di informazioni, inserito nella Sezione B, mira a validare, supportare e giustificare, sotto il profilo contabile e fiscale, quanto rilevato nella precedente sezione e, di conseguenza, permette di effettuare il riscontro del processo di quantificazione del beneficio.

Sezione A

Il set informativo presente in tale sezione è finalizzato a ricostruire, in primo luogo, il contesto organizzativo, funzionale e di rischio del contribuente attraverso note, organigrammi e schede tecniche. Tale ricostruzione avviene mediante l’esame delle informazioni riportate nei romanini i), iv) e vi) del predetto punto 7.3. Un secondo gruppo di informazioni, invece, e segnatamente quelle riportate nei romanini ii), iii) e v), è maggiormente focalizzato sui presupposti e sugli elementi di base del meccanismo agevolativo. Si precisa che il contribuente, al fine di identificare e provare la sussistenza dei requisiti oggettivi, può inserire in tale sezione le dichiarazioni sostitutive ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, illustrate ai paragrafi 4.1.1 e 4.1.3 della presente circolare.

Nel complesso, comunque, le informazioni riportate nella Sezione A sono volte a dimostrare, con il supporto di documentazione oggettivamente riscontrabile, la qualifica di investitore del contribuente, lo svolgimento di attività rilevanti in relazione alle quali ricorre l’assunzione del rischio e la specifica riferibilità e riconducibilità delle predette attività rilevanti ai beni immateriali oggetto di agevolazione.

Sezione B

Nel complesso, comunque, le informazioni riportate nella Sezione A sono volte a dimostrare, con il supporto di documentazione oggettivamente riscontrabile, la qualifica di investitore del contribuente, lo svolgimento di attività rilevanti in relazione alle quali ricorre l’assunzione del rischio e la specifica riferibilità e riconducibilità delle predette attività rilevanti ai beni immateriali oggetto di agevolazione.

Nel complesso, comunque, le informazioni riportate nella Sezione A sono volte a dimostrare, con il supporto di documentazione oggettivamente riscontrabile, la qualifica di investitore del contribuente, lo svolgimento di attività rilevanti in relazione alle quali ricorre l’assunzione del rischio e la specifica riferibilità e riconducibilità delle predette attività rilevanti ai beni immateriali oggetto di agevolazione.

Nel complesso, comunque, le informazioni riportate nella Sezione A sono volte a dimostrare, con il supporto di documentazione oggettivamente riscontrabile, la qualifica di investitore del contribuente, lo svolgimento di attività rilevanti in relazione alle quali ricorre l’assunzione del rischio e la specifica riferibilità e riconducibilità delle predette attività rilevanti ai beni immateriali oggetto di agevolazione.

Documentazione idonea per le PMI

Il punto 8 del Provvedimento, in linea di continuità con quanto previsto dal precedente regime Patent box e dal regime OD, conferma l’ammissibilità di un approccio semplificato, nella predisposizione del corredo informativo, per le micro, piccole e medie imprese (PMI).

In particolare, il citato punto del Provvedimento prescrive che “Le micro imprese e le piccole e medie imprese possono predisporre le Sezioni A e B di cui al punto 7 in forma semplificata, fornendo informazioni equipollenti a quelle ivi indicate, coerentemente con le dimensioni della propria struttura organizzativa e operativa“. In termini generali, le PMI, pur dovendo comunque fornire, nella documentazione eventualmente predisposta, le informazioni necessarie a ricostruire in maniera analitica il percorso logico e di calcolo seguito nella determinazione della maggiorazione del 110%, possono predisporre un set informativo più “leggero, in considerazione delle ridotte dimensioni della struttura aziendale, sotto il profilo contabile, organizzativo e funzionale.

Ad ulteriore chiarimento delle disposizioni attuative del Provvedimento, si precisa che l’approccio semplificato potrà essere più evidente qualora la PMI sia autonoma, ovvero qualora, secondo la definizione fornita nella raccomandazione della Commissione Europea 200/361/CE, non sia classificabile quale impresa collegata o associata ad altre imprese in termini di partecipazioni e, quindi, svincolata da logiche di gruppo nello svolgimento della propria attività di impresa. Resta inteso, pertanto, che le PMI possono modulare e adattare il set informativo, costituente la documentazione idonea, alle specifiche caratteristiche contabili e dimensionali dell’azienda, purché vengano fornite informazioni equipollenti a quelle previste dal punto 7 del Provvedimento.

Cumulabilità tra patent box e credito di imposta ricerca e sviluppo

Deve essere evidenziata l’attuale possibilità di cumulo tra il patent box ed il credito di imposta ricerca e sviluppo. Infatti, l’art. 1, co. 10 della Legge n. 234/21 ha abrogato il co. 9 dell’art. 6 del D.L. n. 146/2021 (il quale prevedeva il divieto di cumulo con il credito di imposta ricerca e sviluppo). Pertanto, a seguito di questa abrogazione il nuovo patent box diviene cumulabile con il credito di imposta ricerca e sviluppo.

Possibilità di interpello

Il punto 13 del Provvedimento conferma la possibilità per il contribuente di ricorrere all’istituto dell’interpello ordinario ai sensi dell’articolo 11, comma 1, letta. a), della legge 27 luglio 2000, n. 212, qualora sussistano obiettive condizioni di incertezza riguardanti l’interpretazione e/o l’applicazione della disposizione normativa in argomento.

Come è stato chiarito dall’Agenzia con le circolari n. 9 del 2016 e n. 31 del 2020 e, come precisato anche nel precedente par. 4.1, nel caso in cui la risposta all’istanza di interpello presupponga l’ammissibilità del bene immateriale all’agevolazione o anche la qualificazione delle attività svolte come di ricerca e sviluppo, resta ferma la necessità di allegare all’istanza il parere tecnico rilasciato dall’autorità competente. Tali considerazioni, come evidenziato dalla Circolare 31/E sopra richiamata, restano valide anche per le istanze di interpello sui Nuovi investimenti presentate ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 147 del 2015, nonché dalle istanze prodotte dai soggetti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo di cui agli artt. 3 e seguenti del decreto legislativo 128 del 2015.

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