MES: cos’è e come funziona il fondo salva-stati

Che cos'è il MES, Fondo Salva Stati, come funzione e le critiche mosse ai suoi interventi storici nel dibattito per il suo utilizzo anche in Italia

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Negli ultimi giorni in molti sono tornati a parlare della richiesta di aiuto al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), conosciuto anche come Fondo Salva Stati. Si tratta di un’istituzione europea che ha lo scopo di aiutare i paesi in difficoltà.

In queste ore molti governi europei, tra cui anche quello italiano, stanno chiedendo l’intervento di questa organizzazione per fronteggiare le conseguenze economiche dell’epidemia da Covid-19. Tuttavia, stiamo sentendo da più parti che questo tipo di istituzione potrebbe essere uno strumento concepito per danneggiare il nostro Paese e toglierci la nostra sovranità.

MES fondo salva stati

Lo scopo del Fondo Salva Stati è di concedere linee di credito agli Stati membri che si trovano in difficoltà sui mercati e diventare prestatore di ultima istanza per le crisi bancarie. Naturalmente, tutto questo non arriverebbe gratuitamente, ma attraverso una partecipazione alla formazione delle scelte di politica economica del Paese che ne richiede l’aiuto (quello che è accaduto alla Grecia qualche anno fa).

L’aiuto del MES è infatti condizionato all’accettazione di un piano di riforme la cui applicazione sarebbe sorvegliata dalla famosa “Troika”, il comitato costituito da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale.

Per questo motivo c’è un forte dibattito sulla reale utilità di questo meccanismo europeo. Proviamo a fare qualche riflessione in questo articolo per aiutarci a capire cosa fa e come funziona il MES.

Che cos’è il MES – Fondo Salva-Stati?

Il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) detto anche Fondo Salva-Stati (European Stability Mechanism; ESM) è un’organizzazione intergovernativa europea.

È attivo dal luglio del 2012, come evoluzione dei precedenti meccanismi FESF (Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria) e MESF (Meccanismo Europeo di Stabilità Finanziaria) e ha sede in Lussemburgo. Esso ha assunto però la veste di organizzazione intergovernativa (sul modello del FMI), a motivo della struttura fondata su un consiglio di governatori (formato da rappresentanti degli stati membri) e su un consiglio di amministrazione e del potere, attribuito dal trattato istitutivo, di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione

Il sistema di governance del MES è così composto:

  • Un Board of Governors (i ministri finanziari dell’area euro) presieduto dal portoghese Mario Centeno, Presidente dell’Eurogruppo;
  • Un Board of Directors (i cui membri vengono scelti dai ministri finanziari);
  • Infine, un direttore generale (il tedesco Klaus Regling) che gestisce gli affari correnti del MES seguendo le indicazioni del Board of Directors. Inoltre presiede le riunioni del Board of Directors e partecipa a quelle del Board of Governors.

Il Presidente della BCE e il Commissario europeo agli Affari Economici partecipano in qualità di osservatori.

Quote di partecipazione per stato membro

Secondo l’art. 11 del trattato istitutivo del MES, il criterio di ripartizione delle quote partecipative tra ciascun stato membro è basato sul modello di sottoscrizione del capitale della BCE da parte delle banche centrali nazionali, a sua volta previsto dall’art. 29 del protocollo n. 4 sullo statuto del Sistema europeo delle banche centrali, allegato al TUE e al TFUE.

In particolare, la quota di partecipazione al MES è determinata tenuto conto, in pari misura, della popolazione dello stato membro in rapporto alla popolazione complessiva degli stati aderenti al fondo e del prodotto interno lordo del medesimo stato membro in rapporto a quello complessivo degli stati partecipanti al fondo.

Il MES ha un capitale autorizzato di 700 miliardi di € di cui solo 80 saranno versati dagli stati membri: i rimanenti 620 miliardi (se necessari) saranno raccolti attraverso apposite emissioni di obbligazioni sul mercato.

Tabella: quote di partecipazione al MES

Nella tabella seguente le quote di partecipazione al MES dei vari stati UE.

Stato membro del MES
Quota di
contributo
Numero di
azioni
Sottoscrizione di capitale
(miliardi di €)
 Germania27,1464%1.900.248190,0248
 Francia20,3859%1.427.013142,7013
 Italia17,9137%1.253.959125,3959
 Spagna11,9037%833.25983,3259
 Paesi Bassi5,717%400.19040,019
 Belgio3,4771%243.39724,3397
 Grecia2,8167%197.16919,7169
 Austria2,7834%194.83819,4838
 Portogallo2,5092%175.64417,5644
 Finlandia1,7974%125.81812,5818
 Irlanda1,5922%111.45411,1454
 Slovacchia0,824%57.6805,768
 Slovenia0,4276%29.9322,9932
 Lussemburgo0,2504%17.5281,7528
 Cipro0,1962%13.7341,3734
 Estonia0,186%13.0201,302
 Malta0,0731%5.1170.5117
Totale100.07.000.000700

Come funziona il MES?

Il MES sostituisce il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF), nati per salvare dall’insolvenza gli stati di Portogallo e Irlanda, investiti dalla crisi economico-finanziaria. Il MES è attivo da luglio 2012 con una capacità di oltre 650 miliardi di euro, compresi i fondi residui dal fondo temporaneo europeo, pari a 250-300 miliardi.

Il compito del MES è fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell’area euro che attraversano (o rischiano in modo concreto) gravi problemi di finanziamento. L’assistenza viene concessa solo nel caso in cui sia necessaria per salvaguardare la stabilità finanziaria dell’intera area euro e dei membri del MES stesso.

Gli strumenti a disposizione vanno dalla possibilità di concedere prestiti ai Paesi in difficoltà per consentire un aggiustamento macroeconomico (soluzione utilizzata finora da Irlanda, Portogallo, Grecia e Cipro) fino al prestito per la ricapitalizzazione indiretta delle banche (aiuto finora fornito alla sola Spagna). Gli altri strumenti previsti dallo statuto del MES (acquisti di titoli sul mercato, linee di credito precauzionali e ricapitalizzazione diretta) non sono finora mai stati usati.

Le condizioni del MES per la concessione di aiuti

Il fondo emette prestiti (concessi a tassi fissi o variabili) per assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà e acquista titoli sul mercato primario (contemporaneamente all’attivazione del programma Outright Monetary Transaction, lanciato da Mario Draghi nel 2012), ma a condizioni molto severe.

Quello che bisogna sapere è che il Fondo Salva Stati non eroga prestiti senza condizioni. Il prestito avviene soltanto dopo che il Paese richiedente ha sottoscritto:

  • Una lettera di intento o
  • Un protocollo d’intesa (o Memorandum of Understanding).

Si tratta di un protocollo che viene negoziato dal Paese interessato e dalla Commissione Europea a nome del MES.

Queste condizioni rigorose “possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite” (art. 12). Potranno essere attuati, inoltre, interventi sanzionatori per gli stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione i cui proventi andranno ad aggiungersi allo stesso MES. È previsto, tra le altre cose, che “in caso di mancato pagamento, da parte di un membro dell’Esm, di una qualsiasi parte dell’importo da esso dovuto a titolo degli obblighi contratti in relazione a quote da versare […] detto membro dell’Esm non potrà esercitare i propri diritti di voto per l’intera durata di tale inadempienza” (art. 4, c. 8).

In genere vengono richieste riforme specifiche, mirate ad eliminare o quantomeno mitigare l’effetto dei punti deboli dell’economia del Paese richiedente. Il MES prevede in particolare interventi in tre aree:

  • Consolidamento fiscale, con tagli alla spesa pubblica per ridurre i costi della Pubblica amministrazione e migliorarne l’efficienza, e parallelamente aumentare le entrate attraverso privatizzazioni o riforme fiscali;
  • Riforme strutturali, con l’adozione di misure di stimolo alla crescita, alla creazione di posti di lavoro e alla competitività;
  • Riforme del settore finanziario, con misure destinate a rafforzare la vigilanza bancaria o, se necessario, a ricapitalizzare le banche.

Le procedure per la concessione del credito

Il MES effettua la sua attività di prestatore di ultima istanza attraverso la concessione di due diverse linee di credito. Vediamole.

La prima linea di credito è chiamata PCCL (Precautionary Conditioned Credit Line): è accessibile a tutti i Paesi dell’area euro la cui situazione economica e finanziaria è fondamentalmente solida. I Paesi devono soddisfare alcuni criteri (il più noto dei quali è quello del rapporto debito/Pil che deve essere entro il 60%) oltre a impegnarsi nel rispetto del patto di stabilità e crescita e della procedura per i disavanzi eccessivi. Devono avere una storia di accesso ai mercati dei capitali a condizioni ragionevoli, un debito pubblico sostenibile e l’assenza di problemi di solvibilità bancaria.

La seconda linea di credito è l’ECCL (Enhanced Conditions Credit Line): è accessibile a tutti i Paesi dell’area euro con una situazione economica e finanziaria in generale solida, senza però rispettare alcuni dei criteri di ammissibilità per l’accesso al PCCL, primo fra questi come abbiamo visto il rapporto debito/Pil sotto al 60% (all’ECCL accedono i Paesi con un rapporto debito/Pil superiore al 60%). Il Paese sarà obbligato ad adottare misure correttive per rientrare nei parametri non rispettati ed evitare eventuali difficoltà future per quanto riguarda l’accesso al finanziamento del mercato.

Attualmente i Paesi che hanno un rapporto debito/Pil superiore al 60% sono: Grecia, Italia, Portogallo, Belgio, Cipro, Francia, Spagna, Austria, Slovenia e Irlanda.

IL MES e la ristrutturazione del debito pubblico7

Una volta capito cos’è e come funziona il MES proviamo a fare qualche riflessione.

In primo luogo occorre osservare che la ristrutturazione del debito per i Paesi richiedenti sostegno è prevista per evitare che gli stessi possano fruire di aiuti senza modificare la propria situazione di deficit strutturale. L’intento perseguito è quello di evitare che un Paese possa limitarsi ad incassare il prestito senza tenere sotto controllo i propri conti pubblici. Non avrebbe senso, infatti, finanziarie un Paese che non vuole modificare la propria situazione deficitaria.

In ogni caso per l’Italia, come per tutti gli altri Paesi che avendo un rapporto debito/Pil oltre il 60% potrebbero far ricorso all’ECCL, la concessione del credito non è subordinata alla ristrutturazione del debito. Che resta come ultima istanza nel caso in cui un Paese richiedente rifiutasse di intervenire per correggere in modo serio la propria situazione macroeconomica.

I piani di riforme richiesti andrebbero concordati caso per caso ma avrebbero lo scopo di riportare al pareggio i conti pubblici degli stati in crisi. Quando sono stati approvati in passato hanno sempre incluso misure molto poco popolari, come riforma delle pensioni, privatizzazioni, liberalizzazioni e flessibilizzazione delle leggi sul lavoro, allo scopo di rendere nuovamente sostenibili i conti pubblici.

Fino a oggi Grecia, Cipro, Portogallo e Irlanda hanno usufruito di programmi di aiuto del MES. Alcuni di questi, come Portogallo e Irlanda, sono poi usciti rapidamente dai momenti di difficoltà. Da questa condizionalità degli aiuti derivano però le leggende e informazioni errate secondo cui, per esempio, una volta attivato il MES preleverà soldi direttamente dai conti correnti degli italiani (vedi “Prelievo forzoso sui conti correnti: riflessioni e probabilità“.

Perché l’Italia ha richiesto l’aiuto del MES? Facciamo chiarezza

Quello che ci si chiede è perché il governo italiano ha chiesto l’attivazione del MES, considerando che le condizioni richieste sono così impopolari.

La risposta è che il governo ha chiesto di attivare il MES in una modalità di “emergenza”, cioè senza condizioni, oppure con condizioni così generiche da non essere davvero vincolanti.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte lo ha chiesto esplicitamente in un’intervista al Financial Times, e il piano è stato appoggiato dal commissario europeo per l’Economia Paolo Gentiloni.

Questa proposta è stata equiparata all’introduzione dei famosi “eurobond”, ribattezzati in questi giorni “coronabond”. Gli eurobond sono un progetto che chiedono da anni i paesi del Mediterraneo, insieme ai partiti socialdemocratici di numerosi paesi del Nord, ed è ritenuto da molti un passo fondamentale nell’ulteriore integrazione europea.

Si tratta di titoli da cedere ai mercati finanziari in cambio di denaro in prestito, ma sarebbero garantiti non da un singolo stato ma dall’insieme dei paesi dell’eurozona. Quindi potrebbero essere messi sul mercato in quantità maggiori e con un tasso di interesse più basso rispetto ai titoli di stato dei singoli paesi.

Il MES è considerato da molti il veicolo ideale per l’emissione di questi titoli: i governi di nove paesi europei, oltre all’Italia anche Spagna, Francia, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Belgio, hanno chiesto al prossimo Consiglio europeo di valutare la loro introduzione.

Difficilmente la proposta sarà accolta dai paesi noti per posizioni più rigorose sui conti pubblici, come Germania, Finlandia e Paesi Bassi. Sono molti però quelli che sostengono che in questa situazione di crisi, piuttosto che dare agli stati aiuti condizionati, con i problemi politici che questo comporta, è meglio non attivare il MES, almeno per il momento.

Gli effetti del MES sul sistema economico italiano

Per un Paese come l’Italia, aderire al MES con le regole attuali equivarrebbe a un suicidio economico. In un colpo solo si avrebbero diversi tipi di conseguenze: 

  • Annullamento degli effetti del blocco al patto di Stabilità su debito e deficit per il 2020;
  • Ridimensionamento dell’effetto del piano di acquisto di titoli pubblici della BCE, dato che il debito pubblico finirebbe sotto il controllo estero e rientrerebbe nella condizionalità del MES;
  • Vincolamento in nome di un sollievo finanziario momentaneo il futuro sviluppo economico italiano.

Per dirla in modo molto diretto, come confermano le situazioni di Grecia ed Irlanda, il MES si trasforma in uno strumento dell’ideologia del rigore. Si tratta di un’ideologia di austerità di cui oggi Paesi come la Germania, l’Olanda, ma anche Austria, Danimarca e Lettonia ne sono portavoci.

Il MES, sostanzialmente, rappresenta l’ultima trincea dell’Europa del rigore, che fornisce assistenza sotto condizione di una definitiva cessione di sovranità, e attivandolo nei momenti di massima urgenza un governo potrebbe non accorgersi delle necessità richieste nell’avvenire. Ora più che mai, pertanto, il governo italiano non può che rispedire al mittente richieste di intervento nell’economia del Paese: richieste che la storia ci insegna essere inutili per la risoluzione di qualsiasi crisi e dannose per l’interesse nazionale.

BCE come unica altenrativa al MES

La BCE, con il suo straordinario annuncio di un programma di acquisto di titoli di stato potenzialmente senza limiti, avrebbe già fornito ai paesi più in difficoltà sufficiente margine di manovra economico per aiutare i lavoratori e le imprese.

Anche per questo, nonostante sia divenuto chiaro che l’Europa si prepara alla peggiore recessione della sua storia, da diversi giorni gli spread, compreso quello italiano, sono in calo.

L’intervento diretto della BCE, anche a parere dello scrivente sarebbe sicuramente auspicabile rispetto al MES. Infatti, soltanto la BCE può davvero essere considerato come prestatore di ultima istanza. Questo, in quanto il MES non può praticare il quantitative easing, ovvero regolamentare le garanzie dei suoi prestiti senza le conseguenze del giudizio dei mercati.

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