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IVA addebitata per errore in modo superiore: detraibilità

Procedura semplificata di gestione dei casi di errata fatturazione con Iva superiore a quella dovuta con applicazione di una sanzione da 250 a 10.000 euro con ravvedimento operoso.

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Ai sensi dell’articolo 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/97, il cessionario committente può detrarre dall’ammontare dell’IVA che gli è stata addebitata dal cedente prestatore, anche quella addebitata in misura maggiore. Quindi, l’IVA addebitata per errore può essere detratta. Tuttavia, è prevista una sanzione amministrativa da 250 a 10.000 euro, applicabile anche in ipotesi di erronea applicazione del reverse charge.

Che cosa accade quando viene ricevuta una fattura con in importo dell’IVA maggiore rispetto ad dovuto? Il soggetto committente che riceve la fattura ha facoltà di detrarsi l’IVA addebitata per errore in misura maggiore?

Pensiamo al caso di un soggetto che riceve una fattura per una ristrutturazione abitativa con aliquota 22%, anziché con la corretta aliquota del 10%. Come ci si deve comportare in una situazione come questa?

Ebbene, sul punto è necessario fare riferimento all’articolo 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/97. Questa disposizione prevede l’applicazione di una sanzione in relazione alla ricezione di fatture con un addebito di imposta maggiore di quella dovuta, che sia stata effettivamente assolta dal cedente/prestatore. In pratica, è concessa la facoltà al cessionario committente di portarsi in detrazione l’IVA che gli è stata irregolarmente inserita in fattura cedente prestatore. Il riconoscimento del diritto alla detrazione è cautelato, con l’applicazione di una sanzione amministrativa.

La sanzione amministrativa per IVA addebitata per errore in modo superiore e detratta da committente è stabilita nella misura compresa fra 250 euro e 10.000 euro. Questa sanzione è in linea con l’analoga sanzione amministrativa prevista dai successivi commi 9-bis.1 e 9-bis.2, dello stesso articolo 6 del D.Lgs. n. 471/97 per le irregolarità connesse con riferimento all’erronea applicazione del meccanismo del reverse charge. Andiamo ad analizzare, di seguito, cosa fare nel caso in cui abbiamo IVA addebitata per errore in modo superiore al consentito nella fattura ricevuta dal prestatore.

IVA addebitata per errore: regole di detraibilità

La possibilità di potersi detrarre l’IVA addebitata in fattura, in assenza di volontà di frode delle parti contraenti, è aspetto ormai accolto in modo pacifico. Questa possibilità è ammessa anche in caso di IVA addebitata per errore in modo superiore al consentito. A tal riguardo vedasi quanto disposto dalla Risoluzione Ministeriale n. 334298 del 5 gennaio 1982. Questo documento di prassi, dopo aver individuato le ipotesi (disciplinate dall’articolo 19 del DPR n. 633/72) che fanno sorgere il diritto a detrazione, sottolinea come possa risultare legittima la detrazione dell’IVA, nel caso di fattura emessa e regolarmente registrata dal cessionario con applicazione di un’aliquota superiore a quella dovuta. Sul punto, tuttavia, è necessario segnalare la posizione della giurisprudenza sia nazionale che comunitaria. In particolare, segnaliamo l’ordinanza n. 15178 del 2 luglio 2014. In questo documento viene espresso il seguente concetto:

Ordinanza Cassazione n. 15178 2 luglio 2014 – Detrazione IVA addebitata per errore
in caso di operazione erroneamente assoggettata ad Iva (nella specie ad un’aliquota eccedente quella applicabile) non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata e fatturata. Atteso che (…) l’esercizio del relativo diritto presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggettabile a tale imposta nella misura dovuta

Maggiore Iva addebitata per errore in fattura

Detto questo andiamo ad analizzare, con maggiore dettaglio, la norma di riferimento, ovvero l’art. 6, co. 6, del D.Lgs. n. 471/97 relativa all’applicazione di una sanzione in relazione alla ricezione di fatture con un addebito di imposta maggiore di quella dovuta, che sia stata effettivamente assolta dal cedente/prestatore.

Art. 6, co. 6, D.Lgs. n. 471/97
6. Chi computa illegittimamente in detrazione l’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministrativa pari al novanta per cento dell’ammontare della detrazione compiuta. In caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’anzidetto cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale“.

Prima parte del comma 6 – Detrazione IVA in quanto priva di qualche requisito per la detrazione

La prima parte del co. 6 fa riferimento alla sanzione amministrativa del 90% dell’imposta assolta, da applicare in tutti i casi in cui il cessionari computi illegittimamente in detrazione l’IVA assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa dal cedente. Può essere, ad esempio, il caso di una operazione di acquisto priva dei requisiti di inerenza o afferenza (es. operazioni non effettuate nell’esercizio di impresa, arte o professione). Allo stesso modo può trattarsi di operazioni esenti o non soggette ad imposta (ma per le quali viene applicata l’IVA). A queste vanno aggiunte, poi, le operazioni disciplinate dall’articolo 19-bis1 per le quali esistono limiti o esclusioni alla detrazione (es. veicoli).

Quindi il cessionario che porta in detrazione l’IVA addebitata dal cedente e relativa ad operazioni illegittime (in quanto prive di requisiti che consentono l’imponibilità IVA), spetta la sanzione del 90% dell’IVA portata in detrazione. Fuori da questa casistica deve essere analizzato quanto previsto dalla seconda parte del co. 6.

Secondo comma 6 – Detrazione IVA addebitata in accesso (con requisiti per la detrazione) con sanzione fissa

Nel caso in cui, invece, il cedente applichi l’IVA in misura maggiore al dovuto, in una operazione valida (che presenta tutti i requisiti per la detrazione), il cessionario che porta in detrazione tutta l’IVA è soggetto all’applicazione di una sanzione amministrativa fissa di importo che varia tra i 250 euro e i 10.000 euro. Di fatto, questa disposizione sanziona il comportamento (irregolare) del cessionario che abbia detratto IVA in misura maggiore al dovuto. Il presupposto, ovviamente, è che l’IVA sia stata versata dal cedente e di conseguenza percepita dall’Erario. In caso contrario, qualora il cessionario non abbia detratto l’IVA addebitata in eccesso (dal cedente), non dovrebbe tornare applicabile alcuna sanzione. Salvo l’obbligo di regolarizzare l’operazione secondo quanto indicato nel successivo co. 8 della norma.

La procedura di regolarizzazione

Secondo quanto previsto dal co.8, lett. b) dell’art. 6 il cessionario che ha ricevuto una fattura irregolare, ha la possibilità di regolarizzare presentando all’ufficio competente, entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, un documento integrativo in duplice esemplare recante le indicazioni medesime, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta.

Per meglio comprendere la situazione si pensi al seguente esempio.

Esempio IVA addebitata in modo superiore al dovuto per operazione legittima

Il cedente addebita al cessionario un corrispettivo di 100 euro + IVA erroneamente calcolata al 22%, invece che al 10%, emettendo una fattura per un ammontare complessivo di 122 euro. L’operazione deve considerarsi legittima, con tutti i requisiti richiesti per la detrazione dell’IVA. Il cedente, quindi, versa all’Erario 22 euro di IVA pagata dal cessionario. In questo scenario, non viene applicata sanzione al cedente. Il cessionario dopo aver pagato al fornitore la somma di 122 euro, all’atto della detrazione (nell’ipotesi il cessionario ha diritto a detrazione nella misura del 100%) potrebbe avere uno dei seguenti comportamenti:

  1. Detrae l’intero importo di 22 euro. In questo caso ci troviamo nell’ipotesi prospettata dal secondo periodo dell’articolo 6, comma 6, in esame. Per cui deve essere considerata spettante la detrazione totale operata, ma il cessionario sarà assoggettato ad una sanzione da 250 euro a 10.000 euro. Peraltro ravvedibile secondo le disposizioni dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/97;
  2. Detrae solo 10 euro, in quanto riconosce che l’imposta applicata non è corretta. A questo punto, si pone il problema se non debba essere applicata la sanzione di cui al ripetuto secondo periodo del co. 6.

Quindi, riassumendo, nel momento in cui il cessionario riceva una fattura con IVA addebitata in modo superiore, la detrazione totale dell’Iva assolta in fattura e la contestuale applicazione del ravvedimento operoso sulla sanzione minima di 250 euro, porta alla chiusura totale di ogni contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

IVA addebitata in modo superiore in caso di reverse charge

In conclusione, appare utile ricordare che questo sistema sanzionatorio è diretto a creare una maggiore simmetria con le analoghe sanzioni previste in caso di erronea applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge). Si tratta di situazioni legate tra loro dalla circostanza che l’imposta risulta effettivamente versata. Per cui il sistema vuole essere esclusivamente semplificativo, considerato che la sanzione (in misura non elevata) assurge a stimolo all’adempimento corretto, nell’ottica della mancanza di danno per l’Erario. Infine, non deve essere trascurata la circostanza che l’applicazione del ricordato secondo periodo del comma 6 dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 471/97 fissa il principio per cui la detrazione dell’imposta non dovuta non potrà essere effettuata qualora l’operazione sia stata effettuata con un chiaro intento di frode fiscale.

Conclusioni e consulenza fiscale online

Proviamo, quindi a riepilogare la giusta procedura da tenere quando si riceve una fattura con applicata IVA in modo superiore al dovuto. Se in qualità di cessionari avete ricevuto una fattura dal cedente o prestatore con l’applicazione dell’IVA in modo superiore al consentito è opportuno procedere in questo modo:

  1. Verificare che non vi sia intento di frode fiscale;
  2. Verificare la possibilità del cessionario di potersi portare in detrazione l’IVA indicata in fattura, ai sensi del DPR n. 633/72. In pratica verificare l’inesistenza di posizioni di pro-rata 100% o di indetraibilità oggettiva ex articolo 19-bis.1;
  3. Portarsi in detrazione l’IVA esposta in fattura, comprensiva della quota addebitata in modo superiore;
  4. Effettuare il ravvedimento operoso della sanzione minima di 250 euro e versarla con utilizzo del modello F24 utilizzando il codice tributo 8911.

In questo modo, non potranno esserci conseguenze per il cedente o prestatore in caso di controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria. Con buona sostanza, in tutti i casi in cui non è più possibile chiedere di poter riemettere la fattura in modo corretto al prestatore, è necessario andare a predisporre il ravvedimento operoso della sanzioni minima di 250 euro. In questo modo al cessionario committente non potrà essere applica più alcuna sanzione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Questo anche nel caso in cui il prestatore abbia redatto la fattura con chiaro intento di frode.

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Domande frequenti

Quale sanzione per l’errata applicazione dell’aliquota IVA?

Ai sensi dell’articolo 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/97, il cessionario committente può detrarre dall’ammontare dell’IVA che gli è stata addebitata dal cedente prestatore, anche quella addebitata in misura maggiore. Quindi, l’IVA addebitata per errore può essere detratta. Tuttavia, è prevista una sanzione amministrativa da 250 a 10.000 euro. Sanzione applicabile anche in ipotesi di erronea applicazione del reverse charge.

Come correggere una fattura con IVA errata?

Nella maggior parte dei casi, dovrai emettere una nota di variazione (di credito o di debito), un documento che rettifica una fattura già emessa o registrata. Di solito la soluzione più semplice e veloce è emettere una nota di credito riferita al totale della fattura errata, per poi emettere una nuova fattura corretta.

Come correggere l’importo di una fattura?

Modificare una fattura emessa. Nel caso in cui si tratti di una fattura elettronica, una volta inviata al SdI questa non è più modificabile, quindi, in caso di errore, l’unico modo per correggere il documento è tramite l’emissione di una nota di credito.

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