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Indebita compensazione fiscale: fattispecie e sanzioni

L'indebita compensazione fiscale tra debito inesistente e non spettante. L'applicazione delle sanzioni amministrative (e penali) e gli aspetti legati all'indebita percezione di contributi.

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Indebita compensazione fiscale: la compensazione fiscale consente di estinguere un credito che l’amministrazione finanziaria vanta nei nostri confronti. Quando si dice indebita e quali sono le conseguenze?

La compensazione è una modalità di estinzione delle obbligazioni diversa dall’adempimento. Si tratta, in pratica, di una modalità a carattere satisfattivo con la quale il debitore nei confronti del creditore si libera del debito, in cambio estinguendo un credito che lo stesso vanta nei confronti dell’altro. Si tratta di un istituto regolato dagli articoli 1241 c.c. e seguenti del codice civile: “Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono“.

Tale sistema di soddisfazione del credito opera anche nell’ambito fiscale. In questa sede la compensazione consiste nella possibilità di fruire di una posizione fiscale creditoria per compensare una situazione debitoria. In particolare, la compensazione dei crediti fiscali può essere di due tipi:

  • La c.d. compensazione orizzontale: quando si compensa un credito con un debito della stessa natura (es. IRPEF su IRPEF di differenti periodi di imposta);
  • La c.d. compensazione verticale: quando si compensa un credito con un debito di natura diversa (es. IRPEF su Iva).

La compensazione si definisce indebita ove vengano posti in compensazione crediti inesistenti o non spettanti. I primi, i c.d. crediti inesistenti sono quelli privi del presupposto necessario per la sua insorgenza, quindi viene indicato dal contribuente in maniera fraudolenta, o comunque in base a una rappresentazione falsa della realtà. Mentre i crediti non spettanti quando il credito compare nella dichiarazione ma l’importo non è corretto. Alla indebita compensazione fiscale consegue una duplice responsabilità, sia amministrativa che, talvolta penale. Vediamo insieme quando si configura tale fattispecie.

Cos’è la compensazione fiscale?

Prima di procedere ad analizzare l’indebita compensazione fiscale, è opportuno andare ad individuare cosa si intende per compensazione. In particolare, possiamo procedere all’analisi della figura codicistica, di compensazione. Questa, invero, si sostanzia in una modalità di soddisfazione del credito. Essa infatti ha come principale effetto quello di estinguere l’obbligazione. Dunque è una modalità di satisfattiva diversa dall’adempimento. Si tratta di un istituto regolato dagli articoli 1241 c.c. e seguenti del codice civile:

Art. 1241 c.c.Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono

Tale sistema di soddisfazione del credito opera anche nell’ambito fiscale. In questa sede la compensazione consiste nella possibilità di fruire di una posizione fiscale creditoria per compensare una situazione debitoria. In particolare, la compensazione dei crediti fiscali può essere di due tipi: orizzontale e verticale.

La c.d. compensazione orizzontale opera quando il credito considerato viene utilizzato per compensare un debito relativo a imposte di natura diversa. In via esemplificativa, possiamo considerare l’ipotesi in cui si utilizza il credito Iva per compensare il debito IRPEF o Inps).

La c.d. compensazione verticale, invece, si realizza quando il credito fiscale viene utilizzato per compensare un debito della stessa natura. Richiamando il precedente esempio, questa è l’ipotesi in cui, in tema di Iva, quando il contribuente decide di utilizzare il codice tributo 6099 per compensare il debito del Iva dell’anno successivo.

Come si compensano i crediti?

Per procedere alla compensazione dei crediti dei crediti è necessario procedere adottare il modello F24. Il DL n. 124 del 26 ottobre 2019 (Decreto fiscale 2020) ha previsto la disciplina della compensazione dei crediti. In particolare, per quanto riguarda la compensazione verticale sono previste alcune particolarità. Faccio riferimento alle seguenti:

  • L’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito, per importo superiore a 5.000 euro, per poter utilizzare in compensazione il credito, apponendo sulla stessa il visto di conformità.
  • Ampliamento del novero delle compensazioni di crediti d’imposta che devono essere effettuate presentando il modello F24.

Per quanto riguarda il primo punto si è arrivati ad equiparare le regole per la compensazione dei crediti IVA, con quelli previsti per le imposte dirette. La presentazione della compensazione deve essere preceduta dall’adempimento all’obbligo di preventiva presentazione della relativa dichiarazione annuale (con apposizione del visto di conformità) per poter effettuare compensazioni verticali tramite modello F24 di importi superiori a 5.000 euro. Il modello F24 deve essere necessariamente presentato mediante modalità telematica, per le compensazioni dei crediti di imposta. L’obbligo riguarda la generalità dei soggetti, sia per i titolari di partita Iva che per i privati.

Indebita compensazione fiscale: di cosa si tratta?

La compensazione fiscale può dare vita anche ad una condotta illegittima quando viene operata tra somme spettanti all’Erario e crediti vantati dal contribuente che in realtà non spettano o sono inesistenti. Tuttavia è opportuno individuar chiaramente la differenza intercorrente tra crediti inesistenti e crediti non spettanti. I due concetti, infatti, sono molto distinti e hanno conseguenze parzialmente distinte. A tal proposito, è intervenuta anche la Corte di Cassazione che ha delineato le due definizioni di crediti inesistenti e non espettanti.

Il credito inesistente è quello privo del presupposto necessario per la sua insorgenza, quindi viene indicato dal contribuente in maniera fraudolenta, o comunque in base a una rappresentazione falsa della realtà. Inoltre, se l’inesistenza del credito emerge attraverso i consueti controlli fiscali, anche automatizzati, svolti sulle dichiarazioni presentate esso dovrà essere qualificato come credito non spettante.

Dunque si tratta di crediti non spettanti quando il credito compare nella dichiarazione ma l’importo non è corretto, come nel caso di una compensazione oltre la soglia massima prevista dall’articolo 9, comma 2, del D.L. n. 35/13. I crediti non spettanti, perciò, ritenuti esistenti ma vengono utilizzati per una somma superiore a quella che realmente spetta al contribuente. 

Si definisce inesistenteil credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante la liquidazione automatica della dichiarazione (art. 13 co. 5 del D.Lgs. n. 471/97).

Indebita compensazione: sanzioni amministrative

L’indebita compensazione di crediti comporta come principale conseguenze l’applicazione di sanzioni amministrative. Invero, la condotta in questione potrebbe comportare anche una responsabilità penale.

In primo luogo, possiamo procedere ad analizzare quelle che sono le conseguenze amministrative. Poc’anzi abbiamo, infatti, provveduto a delineare la distinzioni tra crediti inesistenti e crediti non spettanti. In particolare, la distinzione non assume carattere meramente formale. Essa, infatti, riflette sul regime sanzionatorio della compensazione indebita.

Nel primo caso (credito inesistente), il regime sanzionatorio è assai più rigido. La distinzione si giustifica in ragione della loro maggiore gravità e della difficoltà di farli emergere nelle ordinarie attività di liquidazioni e controllo sui modelli F24 in cui vengono esposti e sulle dichiarazioni presentate. Venendo, quindi, alla disciplina, possiamo affermare che se vengono utilizzati crediti fiscali inesistenti, la sanzione prevista è compresa tra il 100 e il 200% della misura dei crediti stessi. Per tali sanzioni non viene ritenuta ammissibile la definizione agevolata che prevede il pagamento di un quarto della sanzione indicata nell’atto di contestazione (ex art. 16 o 17 del D.Lgs. n. 472/97). Al fine di evitare una duplicazione della sanzione, tali crediti sono tuttavia sottratti a quelle previste per l’indebita detrazione del credito riportato in dichiarazione. In questo caso l’avviso di recupero può essere notificato entro il 31/12 dell’ottavo anno successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Mentre nel caso di crediti non spettanti, la sanzione è pari al 30% del maggior credito utilizzato, salvo l’applicazione di disposizioni speciali. Questo ai sensi del comma 4, dell’articolo 13, del D.Lgs. n. 471/97. Questa sanzione si rende applicabile in caso di ravvedimento operoso effettuato dal contribuente. Mentre se la violazione viene ad essere riscontrata attraverso i controlli automatizzati (ex articolo 36-bis DPR n. 600/73 e 54-bis DPR n. 633/72) la sanzione amministrativa applicabile resta quella ordinaria dal 100% al 200% della misura del maggior credito utilizzato. Sanzione prevista precedentemente per l’utilizzo del credito inesistente.

Reato di indebita compensazione dei crediti

L’indebita compensazione dei crediti può, talvolta, comportare anche una responsabilità di tipo penale per il contribuente.

L’indebita compensazione è un reato previsto a seguito della riforma del diritto penale tributario. La norma è stata disciplinata all’articolo 10-quater del decreto legislativo numero 74 del 2000. La condotta in questione assume la veste di reato ogniqualvolta il contribuente non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione dei crediti d’imposta inesistenti o non spettanti.

Come per il regime degli altri reati tributari, è prevista un tasso soglia oltre al quale il legislatore prevede la responsabilità penale del contribuente. È necessario che la compensazione debba realizzarsi per un importo superiore ai 50.000,00 euro annui. In particolare, con l’espressione “somme dovute” ci si riferisce a qualsiasi versamento da eseguire mediante modello F24.

Come specificato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, il reato di indebita compensazione si consuma nel momento in cui avviene la presentazione dell’ultimo modello F24 con il quale viene utilizzato il credito. Non quindi alla data in cui viene presentata la dichiarazione dei redditi, come invece avviene per il reato di dichiarazione infedele.

Per approfondire: “Reati penali tributari: le principali fattispecie“.

L’indebita percezione di contributi

L’indebita percezione di contributi è trattata alla stregua di un credito inesistente indebitamente compensato con modello F24. Questo significa che vi è l’applicazione della sanzione amministrativa dal 100% al 200% della misura del contributo indebitamente percepito.

Tuttavia, in caso di percezione di un contributo in tutto o in parte non spettante il contribuente ha la possibilità di regolarizzare la propria posizione (l’indebita percezione) restituendo spontaneamente il contributo ed i relativi interessi e versando le sanzioni con riduzione, mediante applicazione del ravvedimento operoso ex art. 13 del D.Lgs. n. 472/97. La sanzione base per il calcolo del ravvedimento è del 100% del contributo indebitamente percepito.

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