Per beneficiare del congedo di maternità, fino a quattro mesi dopo il parto o esclusivamente dopo, la documentazione medica necessaria andrà presentata soltanto ai datori di lavoro e non più all’INPS. Secondo i chiarimenti forniti le certificazioni sanitarie rilasciate da un medico specialista del SSN o da un medico con esso convenzionato devono essere presentare al proprio datore di lavoro prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza, mentre non è più necessario inviarle all’INPS. A prevederlo è l’INPS, che con la circolare n. 106 del 29 settembre 2022 ha chiarito quali sono le modalità per accedere all’astensione al lavoro, che permette alle donne lavorare anche dopo il settimo mese di gravidanza, astenendosi dal lavoro per 5 mesi dopo il parto.

A beneficiare del congedo di maternità in forma flessibile, posticipando di un mese l’astensione prima del parto al periodo successivo alla nascita del figlio, sono le lavoratrici dipendenti da datori di lavoro del settore privato e le lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS.

Quindi, cambiano le regole per le lavoratrici madri che vogliono beneficiare del congedo di maternità flessibile, la possibilità cioè di usufruire della maternità soltanto un mese prima del parto e i quattro successivi, o i cinque mesi dopo il parto.

Congedo di maternità flessibile: quali sono le novità

In teoria il periodo di congedo di maternità inizia nei due mesi precedenti e nei tre successivi al parto, per una durata complessiva di cinque mesi. Tuttavia, mediante il congedo di maternità flessibile, è possibile posticipare l’astensione dal lavoro fino al mese che precede la data presunta del parto o di utilizzare i cinque mesi esclusivamente dopo il parto.

L’INPS con la circolare n. 106 del 29 settembre 2022, chiarisce che la documentazione non dovrà più essere presentata all’INPS ma soltanto ai datori di lavoro.

  “Le menzionate certificazioni sanitarie non devono più essere prodotte all’Inps, essendo sufficiente dichiarare nella domanda telematica di congedo di maternità di volersi avvalere della flessibilità, indicando il numero dei giorni di flessibilità.”

Le stesse norme si applicano anche a chi decide di astenersi dal lavoro integralmente per i cinque mesi successivi al parto. La documentazione andrà presentata soltanto al datore di lavoro.

In entrambi i casi per la lavoratrice deve acquisire la documentazione sanitaria che legittima il rinvio del periodo di fruizione del congedo di maternità.

In caso di utilizzo del congedo di maternità dal mese che precede la data presunta del parto, la documentazione sanitaria dovrà essere acquisita durante il settimo mese di gravidanza e dovrà essere presentata al proprio datore di lavoro. Non sussisterà l’obbligo di invio tramite raccomandata all’INPS ma occorre indicare nella domanda telematica di congedo di maternità di volersi avvalere della flessibilità, inserendo i numeri di giorni. L’invio viene meno anche nel caso di utilizzo dei cinque mesi di congedo di maternità dopo il parto. Resta comunque l’obbligo di acquisire la documentazione sanitaria nel corso del settimo mese di gravidanza, che dovrà essere consegnata al datore di lavoro prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza. La documentazione sanitaria attestante la possibilità di proseguire con l’attività lavorativa dovrà essere rilasciata dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale, o con esso convenzionato. Le certificazioni sanitarie devono individuare il termine fino a quando è consentito alla lavoratrice proseguire la propria attività.

Per quanto riguarda i controlli, la Circolare chiarisce che, l’INPS verificherà:

  • che la data di inizio del congedo di maternità, comunicata dalla lavoratrice nella domanda telematica di congedo di maternità, sia all’interno dell’arco temporale dell’ottavo mese di gravidanza;
  • l’assenza di un periodo di malattia durante il periodo di flessibilità del congedo di maternità;
  • l’assenza di un provvedimento di interdizione anticipata per gravidanza a rischio (articolo 17, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 151/2001) o, in caso di sussistenza del provvedimento, la cessazione dell’interdizione in data antecedente l’inizio dell’ottavo mese di gravidanza;
  • l’assenza di un provvedimento di interdizione anticipata per mansioni o per condizioni di lavoro e ambientali pregiudizievoli (articolo 17, comma 2, lettere b) e c), del decreto legislativo n. 151/2001);
  • l’effettiva astensione dal lavoro durante i cinque mesi di maternità con flessibilità al fine del riconoscimento dell’indennità. Infatti, posto che l’opzione della flessibilità non deve comportare conseguenze sulla misura dell’indennità, che deve, comunque, essere di cinque mesi (un mese prima della data presunta del parto e quattro mesi dopo lo stesso, anziché due mesi prima e tre mesi dopo), ciò non altera il principio generale che durante i cinque mesi, comunque articolati, la lavoratrice dipendente non possa essere adibita al lavoro.

Inoltre, chiarisce l’INPS, che l’indennità di maternità ha la funzione di sostituire il reddito non percepito dalla lavoratrice durante il congedo di maternità. Quindi, lo svolgimento di periodi di lavoro, nell’ultimo mese di gravidanza o nei quattro mesi successivi al parto, comporta un’indebita permanenza al lavoro durante il periodo di maternità e l’Istituto non può corrispondere la relativa indennità per le giornate di permanenza al lavoro vietato.

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