Quando si parla di commercio elettronico indiretto (e-commerce indiretto), ovvero la vendita online di beni fisici occorre prestare attenzione a molteplici aspetti fiscali. Oggi l’attività di e-commerce sta diventando sempre più importante anche per attività che fino a pochi anni fa avevano come core business solo la vendita fisica di beni. La procedura di vendita online permette di superare molti ostacoli, e far pervenire direttamente al luogo di consegna il bene che il cliente ha acquistato su un sito web.

Da un punto di vista fiscale questa metodologia di vendita prevede regole applicative proprie, che riguardano la normativa IVA nazionale, ed anche le disposizioni presenti nella UE. In particolare, le procedure di vendita si differenziano a seconda:

  • Della tipologia del soggetto acquirente (consumatore finale B2C o operatore economico B2B);
  • Del Paese di invio dei beni (Italia, Paese UE o Paese extra-UE);
  • Della natura dei prodotti oggetto dell’operazione (prodotti diversi da quelli sottoposti ad accisa o prodotti sottoposti ad accisa, come ad esempio bevande alcoliche e tabacchi).

In questo articolo voglio andare ad approfondire questi aspetti tenendo conto delle peculiarità per ciascuna di queste casistiche, tenendo presente che non saranno trattati i beni sottoposti ad accisa. Vediamo, quindi, quali sono i principali elementi fiscali e doganali da tenere in considerazioni per le vendite di beni fisici nel commercio elettronico.

Quali modalità per l’impresa che vuole vendere online?

L’impresa che intende iniziare ad effettuare operazioni di vendita dei propri prodotti mediante internet, le principali soluzioni a disposizione possono essere così schematizzate:

  • Utilizzo di un negozio virtuale messo a disposizione da un’impresa specializzata (“Market-place“). Classici esempi di questa casistica sono i grandi portali online di vendita, come ad esempio: E-Bay, Amazon, Etsy, Alibaba, etc;
  • Utilizzo di un proprio sito Internet proprietario e di un proprio portale di e-commerce.

Normalmente, le imprese, specialmente quelle di medio/piccole dimensioni iniziano affidandosi a negozi virtuali, sperando una maggiore visibilità online, rispetto a quella che potrebbero avere con un portale proprietario, senza fondi da destinare all’advertising online. Solo in un secondo momento, si assiste ad un passaggio dal portale al sito proprietario, quando ci si è resi conto della profittabilità del business. Infatti, se pur vero che, da una parte il portale di terzi può garantire all’impresa maggiore visibilità è anche vero, di converso, che la presenza di concorrenti su quello stesso portale è altissima (vedi i casi di Etsy, E-bay e Amazon, solo per citarne alcuni). Per questo motivo, la disintermediazione dai marketplace online oggi è fondamentale per un e-commerce che vuole avere successo sul mercato del commercio a livello globale.

Aspetti fiscali e di fatturazione del commercio online di beni fisici

Fatta questa breve premessa è possibile adesso andare ad analizzare quali sono le procedure fiscali e doganali di vendita che si differenziano, come indicato, in base alla tipologia di acquirente e in funzione del Paese di invio dei beni. Prenderemo dunque in esame il commercio elettronico di beni fisici a consumatori finali e a operatori economici, entrambi analizzati rispetto alle possibili destinazioni.

La vendita di beni in e-commerce a consumatori finali

Le procedure fiscali di vendita di beni verso consumatori finali si differenziano in funzione della destinazione dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE. Vediamo, di seguito, le casistiche a disposizione per ciascuna destinazione del bene oggetto di vendita.

Vendita a consumatori finali italiani

La prima condizione da conoscere è che, in linea generale, le vendite relative al commercio elettronico indiretto (quindi, di beni) effettuate in Italia sono esonerate

  • Dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, salvo che la stessa venga richiesta dal cliente, ma non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (art. 22, c. 1 del DPR n. 633/72);
  • Dall’obbligo di emissione dello documento commerciale o della ricevuta fiscale (art. 2, c. 1, lettera oo, DPR n. 696/96).

Volendo essere quanto più possibile schematici, sostanzialmente, queste operazioni sono escluse dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi di vendita (quindi anche dalla certificazione telematica degli stessi). In pratica, ai fini IVA la vendita online di beni materiali con spedizione della merce tramite spedizioniere è assimilabile alla vendita per corrispondenza. Questo comporta, quindi, l’esonero dall’obbligo di certificazione fiscale. Tuttavia, rimane l’obbligo di registrazione dei corrispettivi di vendita, ex art. 24 del DPR n. 633/72 (sul punto la Risoluzione n. 274/E/2009 dell’Agenzia delle Entrate e risposta ad interpello n. 198/E/2019).

ATTENZIONE:
Siccome il cliente finale può chiedere che venga emessa la fattura, il sito internet deve essere predisposto in modo tale da poter garantire questa possibilità per l’acquirente. Nel caso deve esserci un form di contatto in grado di raccogliere le informazioni utili per la fatturazione elettronica, tra cui ricordo, il codice fiscale.

L’operatore economico che effettua la cessione è chiamato ad annotare giornalmente i corrispettivi riscossi nel registro dei corrispettivi di vendita (ex art. 24 DPR n. 633/72). Tale annotazione deve essere effettuata entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con riferimento al giorno di effettuazione, indicando il corrispettivo (al lordo dell’IVA). L’operazione, ai fini IVA, si considera effettuata al momento della consegna o spedizione della merce (ex art. 6 DPR n. 633/72), salvo che anteriormente non sia avvenuto il pagamento del corrispettivo o venga emessa la fattura.

Come gestire i pagamenti dal sito?

In caso di utilizzo della carta di credito, il pagamento del corrispettivo si considera effettuato quando il cliente inserisce i dati della sua carta di credito nel formulario informatico messo a disposizione dall’impresa venditrice per procedere con la disposizione di pagamento.

Se, a richiesta dei clienti, sono state emesse fatture immediate, i relativi importi (al lordo dell’imposta) devono essere compresi nell’ammontare complessivo giornaliero. Tuttavia, occorre tenere in considerazione quanto indicato nella Circolare n. 3/E/1973 dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui è necessario indicare nel registro: “comprese le fatture dal n. al n. “. In sede di liquidazione periodica l’importo dell’IVA sulle vendite deve essere determinato scorporando l’IVA dal totale dei corrispettivi annotati.

Vendita di beni con diverse aliquote IVA

In presenza di vendita di beni soggetti ad aliquote IVA diverse, è possibile adottare una delle seguenti procedure:

  • Eseguire l’annotazione dei corrispettivi distinguendo gli stessi secondo l’aliquota applicata;
  • Riguardo ad alcune tipologie di prodotti, nel rispetto delle condizioni previste, eseguire l’annotazione dei corrispettivi senza distinzione per aliquote, con successiva ripartizione degli stessi in sede di liquidazione in proporzione degli acquisti (cd. metodo della “ventilazione”, di cui al D.M. 24 febbraio 1973).
E’ possibile comunque emettere fattura elettronica per tutte le operazioni di cessione?

Uno degli aspetti che maggiormente sono oggetto di domanda, riguarda la possibilità di certificare con fattura elettronica tutte le operazioni di e-commerce indiretto. In questo caso, sicuramente, c’è bisogno di maggiore attenzione nelle procedure di raccolta dei dati da parte del cliente finale. In questo modo, operativamente, non c’è bisogno di adottare procedure diverse tra vendite verso consumatori finali e vendite verso imprese o operatori economici. Nel caso, l’impresa è chiamata ad annotare le fatture emesse nel registro delle fatture emesse di cui all’art. 23 del DPR n. 633/72.

ATTENZIONE:
Può essere utile tenere in considerazione che in futuro, quando, anche le imprese che svolgono attività di commercio elettronico saranno tenute a memorizzare e a trasmettere i dati dei corrispettivi giornalieri, è da ritenere che le imprese che hanno volontariamente scelto di emettere fattura elettronica potranno continuare ad adottare tale procedura.

Come gestire il reso della merce?

Nel caso di reso di merce (ove non sia stata emessa la fattura di vendita) il venditore è abilitato a rettificare in meno l’IVA dovuta solo se è possibile individuare il collegamento tra la vendita originaria e la successiva restituzione della merce. Nella Risoluzione n. 274/E/2009 dell’Agenzia delle Entrate viene affermato che, a tale scopo, il venditore deve tenere i documenti dai quali risultino:

  • Le generalità del soggetto acquirente;
  • L’ammontare del prezzo rimborsato;
  • Il codice di bene ceduto;
  • Il codice di reso.

Nel caso in cui, invece, sia stata emessa fattura di vendita, l’impresa venditrice è abilitata a recuperare l’IVA addebitata mediante emissione di nota di variazione in diminuzione, secondo quanto previsto dall’art. 26 del DPR n. 633/1972. La gestione dei resi non presenta invece particolari problemi nel caso di emissione a richiesta o volontaria di fattura elettronica. In tale evenienza, l’impresa cedente si limita ad emettere nota di variazione elettronica (Tipo documento: TD04).

Vendita a consumatori finali di altri paesi UE

La Direttiva 2006/112/CE (artt. da 32 a 34) fissa la regola generale in base alla quale, nel caso di cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo, dall’Italia ad altro Paese UE, l’operazione si considera effettuata nel Paese di partenza. La Direttiva prevede poi una deroga riguardo alle cessioni in ambito UE di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto nei confronti di consumatori finali o di soggetti ad essi assimilati (enti non commerciali non soggetti passivi d’imposta, soggetti passivi d’imposta per i quali l’IVA è totalmente indetraibile e agricoltori in regime speciale IVA).

Nella vendita a consumatori finali, o a soggetti ai medesimi assimilati, di altro Paese UE, occorre distinguere tra due situazioni:

  • Se si tratta di beni non sottoposti ad accisa, occorre ulteriormente distinguere a seconda dell’ammontare dei corrispettivi dei beni venduti, nel corso di un anno solare, nel singolo Paese membro considerato:
    • Sino a una determinata soglia (variabile a seconda del Paese UE di destinazione), l’operazione si considera effettuata nel Paese di partenza e si applica l‘IVA del Paese di partenza (salvo opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di arrivo)
    • Oltre tale soglia l’operazione si considera effettuata nel Paese di arrivo e occorre applicare l‘IVA del Paese di arrivo;
  • Se, invece, si tratta di beni sottoposti ad accisa, l’operazione si considera sempre effettuata nel Paese di arrivo con il conseguente obbligo di applicare l’IVA del Paese di arrivo.

Trovandosi a operare con consumatori finali (o assimilati), in caso di dubbio, è opportuno farsi rilasciare una dichiarazione (ad esempio, barratura di una specifica casella del formulario elettronico) dalla quale risulti la loro esatta qualificazione fiscale.

Sotto il profilo degli adempimenti da espletare, nel caso di vendita a consumatori finali e a soggetti ai medesimi assimilati, occorre distinguere tra due situazioni:

  • Cessioni di importo superiore alla soglia;
  • Cessioni di importo non superiore alla soglia.

Le modifiche da luglio 2021 sulla soglia per le vendite a privati UE

Per quanto riguarda invece le norme che entreranno in vigore dal prossimo 1° luglio 2021 si rende noto che la Commissione UE ha pubblicato le note esplicative sulle nuove regole IVA in materia di commercio elettronico. Con esclusivo riferimento ai rapporti B2C all’interno dei paesi UE, tali novità daranno luogo, in sintesi, alle seguenti rettifiche e integrazioni alla disciplina attuale:

  • Non si applicherà più la disciplina delle “vendite a distanza” ma si applicherà il criterio generale che le operazioni di commercio elettronico indirette saranno territorialmente rilevanti nel Paese UE di destinazione dei beni (e quindi nel paese in cui risiede l’acquirente privato);
  • Saranno eliminate le attuali “soglie di protezione” e sarà introdotta un’unica soglia di € 10.000,00comune a tutti gli stati membri, al di sotto della quale le operazioni saranno rilevanti ai fini IVA nel Paese del cedente;
  • Se la predetta soglia comune sarà superata nel corso dell’anno, si applicherà, a partire da quel momento, il principio generale (ovvero tali operazioni si considereranno territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Paese UE di destinazione dei beni);
  • I cedenti potranno optare per la procedura semplificata MOSS (procedura ad oggi in uso per il commercio elettronico “diretto” che evita al cedente di identificarsi nel paese dell’acquirente e che gli consente, mediante la trasmissione di specifiche dichiarazioni IVA trimestrali, di effettuare i versamenti dell’imposta del proprio Paese) che verrà rinominata “OSS“.

Verifica del superamento soglia quando l’impresa italiana vende sia a operatori economici che a consumatori UE

Nel caso di imprese che vendono i propri prodotti sia a operatori economici (B2B) sia a consumatori finali (B2C), il superamento della soglia viene calcolato solo con riferimento a tali ultime tipologie di vendite. Nel caso di supero della soglia B2C è comunque necessario gestire le due tipologie di vendite in modo separato per singolo Paese Ue (mediante una serie distinta di numerazione delle fatture emesse):

  • B2B: Cessioni intracomunitarie non imponibili articolo 41/1/a del D.L. n. 331/1993; 
  • B2C:  Vendite a distanza:
    • Ai fini dell’IVA italiana: operazioni non imponibili articolo 41, co. 1 lett. b) del D.L. n. 331/93;
    • Ai fini dell’IVA del Paese del cliente: obbligo di applicazione e di versamento dell’IVA locale.

A partire da luglio 2021 la soglia per questo tipo di operazioni viene impostata a 10.000 euro in tutti i Paesi UE.

ESEMPIO:
Impresa italiana pone in essere nei confronti di clienti spagnoli:
Cessioni intracomunitarie non imponibili articolo 41, co. 1 lett. a) del D.L. n. 331/93, per l’importo di 60.000 euro;
Cessioni nei confronti di consumatori finali spagnoli dell’importo di 50.000 euro, con opzione per l’applicazione dell’IVA spagnola. Tali vendite vengono considerate operazioni interne alla Spagna. Operativamente, in fattura:
Ai fini dell’IVA italiana: operazioni non imponibili articolo 41, co. 1, lett. b) del D.L. n. 331/93;
Ai fini dell’IVA spagnola: obbligo di applicazione e di versamento dell’IVA spagnola.

Cessioni di importo superiore alla soglia

Nel caso in cui l’ammontare complessivo delle vendite a distanza effettuate in ciascun Stato membro abbia superato nell’anno precedente, o superi nell’anno in corso, il limite di 10.000 euro (a partire da luglio 2021), la società italiana deve aprire una posizione IVA in tale ultimo Stato membro (con identificazione diretta, oppure, laddove consentito, a mezzo di rappresentante fiscale) e, tramite tale posizione, sulle cessioni deve addebitare l’IVA locale. Ai fini della posizione IVA italiana, l’impresa cedente potrebbe operare come segue:

  • Applicare distinta numerazione delle fatture attive per singolo Paese di destinazione dei beni;
  • Emettere un unico documento (fattura attiva) valido sia ai fini italiani che ai fini del Paese di destinazione dei beni, rispettando le normative di entrambi i paesi;
  • Strutturare l’addebito del corrispettivo distinguendo le singole componenti dell’addebito (corrispettivo – non imponibile art. 41, co. 1, lett. b), del D.L. n. 331/93; ammontare dell’IVA del Paese estero – fuori campo IVA italiana);
  • La fattura deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello della consegna o della spedizione dei prodotti e deve essere registrata entro tale data, ma con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione;
  • Presentare il modello Intra-1bis, sia agli effetti fiscali che a quelli statistici, in relazione al periodo nel corso del quale le operazioni risultano registrate o soggette a registrazione ai sensi dell’art. 23 del DPR n. 633/1972, senza compilare la colonna 3 (codice Iva acquirente).

Ai fini della posizione IVA del singolo Paese estero di destinazione dei beni, in base a quanto sopra indicato, l’impresa italiana deve trasmettere (anche con mezzi informatici) al gestore della posizione Iva locale, copia delle fatture emesse nei confronti degli acquirenti finali, incaricandolo di espletare gli adempimenti IVA nel Paese di sua residenza, ovvero:

  • Annotare tali fatture sul registro delle fatture emesse;
  • Liquidare e versare l’IVA;
  • Presentare le dichiarazioni Iva (periodiche, ove previste, e annuali – adempimenti Intrastat);
  • Espletare eventuali ulteriori adempimenti previsti ai fini dell’IVA nel Paese considerato.
Esempio di svolgimento dell’operazione
  • Cliente estero ordina la merce, accedendo al sito Internet dell’impresa italiana venditrice, carica i propri dati identificativi, ed esegue il pagamento a mezzo carta di credito
  • L’impresa italiana venditrice emette la fattura nei confronti del cliente, così strutturata:
    • Ai fini dell’IVA italiana: “operazione non imponibile art. 41, co. 1, lett. b), del D.L. n. 331/93“;
    • Ai fini dell’IVA del Paese di destino: ammontare dell’IVA locale dovuta e la annota sul registro fatture emesse. Tale fattura viene emessa in due esemplari:
      • 1 per il consumatore finale;
      • 1 per il soggetto incaricato di gestire la posizione Iva dell’impresa italiana nel Paese UE di destino;
  • L’impresa italiana venditrice, a mezzo corriere o altro vettore, predispone il collo e lo invia al consumatore finale dell’altro Paese UE;
  • Il gestore della posizione IVA del Paese UE di destino provvede periodicamente a liquidare l’IVA e a invitare l’impresa italiana a eseguire il versamento della stessa a favore dell’Amministrazione finanziaria del Paese estero interessato, direttamente o a mezzo conto corrente bancario eventualmente aperto nel Paese UE di destino o con altri mezzi.

Nel caso di reso di merce, ossia nel caso in cui il consumatore finale, una volta visionati i beni, receda dal contratto e restituisca gli stessi all’impresa italiana, a spese di quest’ultima, salvo diversa previsione contrattuale, questa dovrà provvedere a curare il rientro dei beni in Italia. In tale evenienza, l’impresa italiana, ai sensi dell’art. 26, c. 2 del DPR n. 633/1972, ha la facoltà di:

  • Emettere nota credito non imponibile art. 41, co. 1, lett. b), del D.L. n. 331/93, a storno della fattura previamente emessa (soluzione consigliata);
  • Oppure limitarsi a gestire il reso in contabilità generale.

Riguardo all’IVA addebitata al cliente estero, dovrebbe essere possibile operare il recupero mediante la posizione IVA estera. Occorre verificare la questione con un consulente fiscale del Paese estero interessato.

Cessioni di importo non superiore alla soglia

Nel caso in cui l’ammontare delle cessioni effettuate risulti inferiore al limite stabilito nel Paese UE di destinazione, il cedente è tenuto ad applicare l’IVA italiana, salvo specifica opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di destinazione.

In tale evenienza l’impresa italiana, in linea teorica, potrebbe limitarsi ad annotare il corrispettivo nel registro dei corrispettivi (art. 24 del DPR n. 633/72). Tenuto tuttavia conto dell’esigenza di tenere sotto controllo le vendite nei singoli Paesi UE, al fine di dimostrare il superamento o meno della soglia all’amministrazione finanziaria italiana (ed eventualmente a quella estera, in caso di eventuale richiesta a seguito dell’applicazione delle procedure di mutua assistenza tra Paesi UE in tema IVA), è consigliabile procedere all’emissione della fattura anche per le operazioni in oggetto.

Nel caso di superamento della soglia in corso d’anno, l’operazione che ha comportato il superamento e quelle successive devono essere gestite con la posizione IVA da aprire nel Paese del consumatore finale (si veda in merito l’art. 14 del Regolamento UE 282/2011 e l’art. 33 della Direttiva 2006/112/CE).

Vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE

L’art. 8, primo comma, del DPR n. 633/72 afferma che costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili:

“a) Le cessioni […] eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti”.

ATTENZIONE:
La procedura di esportazione non si differenzia a seconda della natura del cliente (consumatore finale o operatore economico).

Esempio di svolgimento dell’operazione di esportazione di beni

  • Cliente estero ordina la merce, accedendo al sito Internet dell’impresa italiana venditrice, carica i propri dati identificativi, ed esegue il pagamento;
  • L’impresa italiana venditrice emette la fattura (immediata) nei confronti del cliente estero, recante la menzione “operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a, del DPR n. 633/72” e la annota sul registro fatture emesse;
  • L’impresa italiana venditrice, a mezzo corriere o altro vettore, predispone il collo per l’invio della merce al consumatore finale. La merce viene dichiarata per l’esportazione definitiva, normalmente, a mezzo di spedizioniere doganale. Ove si tratti di consumatore finale localizzato in Paesi con i quali la UE ha stipulato accordi doganali di carattere preferenziale e la merce, alla luce di tali accordi, possa essere qualificata di origine preferenziale comunitaria, al fine di non gravare il prezzo finale del bene di dazio, è opportuno apporre in fattura la dichiarazione prevista dell’accordo (in genere, se spedizione di importo non superiore a 6.000 euro) o scortare l’invio della merce con il modello EUR 1 il quale attesta la posizione di merce in libera pratica. Per esportare in Canada o in Giappone per importi superiori a 6000 euro, l’esportatore deve presentare domanda all’Agenzia delle Dogane per l’iscrizione al REX;
  • L’impresa italiana deve entrare in possesso della prova di avvenuta esportazione. A tal fine occorre chiedere allo spedizioniere doganale copia del Documento Accompagnamento Esportazione (DAE), recante il Movement Reference Number (MRN) e occorre controllare, mediante il sito Internet dell’Agenzia delle dogane, il risultato di uscita, stampandolo e tenendolo agli atti: http://www.agenziadogane.it   [Selezionare Servizi on line, Tracciamento di movimento di operazioni di transito – MRN]. Al fine di verificare la corretta compilazione della dichiarazione dell’esportazione, è opportuno chiedere allo spedizioniere doganale anche il tracciato del Documento Amministrativo Unico (DAU).
  • Riguardo alla merce spedita a mezzo corriere, la Circolare n. 16/D/2011, dispone che:  “Nel caso di spedizioni di merce in paesi extra-UE le dichiarazioni di esportazione sono  intestate normalmente  al Corriere Espresso con codice 8 o 9 nella casella 2 (esportatore/speditore) della dichiarazione doganale e ad essa è allegata. Dall’istruttoria condotta risulta che, una volta effettuata l’operazione di esportazione, i Corrieri espressi inviano ai soggetti intestatari delle fatture presentate a corredo delle dichiarazioni di esportazione, una comunicazione, di regola in formato elettronico, recante, tra gli altri elementi, gli estremi della relativa fattura ed il numero di riferimento della esportazione (M.R.N.), al fine di consentire la verifica sul portale dell’Agenzia delle Dogane dello stato dell’operazione di esportazione. Nel caso in cui da tale verifica il M.R.N. relativo risulti chiuso (uscita conclusa), le fatture ad esso associate sono da considerarsi vistate ai fini della non imponibilità IVA.
  • La merce giunge nel Paese di destinazione. Ove la condizione di resa sia DDP (Delivered Duty Paid) l’impresa italiana, a mezzo di spedizioniere doganale di tale Paese (o altra figura professionale prevista in tale Paese) deve provvedere a sdoganare la merce, pagando l’eventuale dazio e l’eventuale imposta sugli scambi prevista nel Paese estero (Iva o altra imposta sui consumi) e a recapitare la merce al consumatore finale.
La procedura di reso della merce

Nel caso di reso di merce da parte del cliente estero all’impresa italiana, l’impresa deve:

• Curare l’esportazione dal Paese estero;
• Curare il rientro in Italia, dichiarando i beni per l’importazione definitiva, oppure adottando la soluzione del rientro in franchigia doganale di cui all’art. 68, co. 1, lett. d), del DPR n. 633/72.

In tale evenienza, l’impresa italiana, ai sensi dell’art. 26, co. 2, DPR n. 633/72, ha la facoltà di:

  • Emettere nota credito ai sensi dell’art. 8, co. 1, lett. a, DPR n. 633/72, a storno (totale o parziale) della fattura previamente emessa (soluzione consigliata)
  • Oppure di limitarsi a gestire il reso in contabilità generale (e in contabilità di magazzino). In tale evenienza l’impresa italiana deve comunque provvedere a rettificare in diminuzione l’ammontare del plafond per il periodo d’imposta successivo.

Vendita di beni a operatori economici

Come per i consumatori finali, le procedure fiscali di vendita verso operatori economici si differenziano in funzione del Paese di invio dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE. 

Nel caso della vendita a distanza, in ambito UE, la merce viene normalmente resa alla condizione DDP – Delivered Duty Paid (Incoterms 2010 della CCI – Camera di commercio internazionale di Parigi). Così operando l’impresa venditrice assume a suo carico tutti gli oneri (trasporto, assicurazione, Iva italiana o del Paese di destinazione) fino al luogo di residenza del cliente.

Nel caso, invece, di vendite a clienti di Paesi extra UE, vengono, in genere, previste clausole meno impegnative per l’impresa italiana venditrice (ad esempio, la clausola DAP – Delivered At Place), addossando al cliente estero gli adempimenti relativi all’importazione dei beni nel suo Paese.

Vendita a operatori economici italiani

Il venditore è obbligato a emettere la fattura elettronica di vendita e ad annotare la stessa nel registro delle fatture emesse (art. 23 del DPR n. 633/72). Sono esonerate dall’emissione della fattura elettronica le impresa in regime forfetario. Esse, nei rapporti B2B,  possono continuare ad emettere fattura cartacea. Al riguardo, occorre distinguere tra fatture immediate e fatture differite (vedasi la Circolare n. 13/e/2019).

Fatture immediate:

  • Devono essere trasmesse allo SDI entro 12 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione;
  • Come data della fattura occorre indicare la data di effettuazione dell’operazione (in genere, nel caso del commercio elettronico, data di incasso del corrispettivo o di spedizione della merce);
  • Concorrono a formare il debito IVA del mese di effettuazione dell’operazione.

Fatture differite:

  • Presuppongono l’emissione del DDT anteriormente o contestualmente all’incasso del corrispettivo o all’emissione della fattura. Tale evenienza si verifica, ad esempio, nel caso di pagamento in contrassegno;
  • Come data della fattura occorre indicare la data di effettuazione dell’operazione. In presenza di più consegne (più DDT) nel corso dello stesso mese nei confronti del medesimo cliente, la Circolare n. 14/E suggerisce di indicare la data dell’ultimo DDT. E’ possibile indicare quale data fattura l’ultimo giorno del mese;
  • Devono essere trasmesse allo SDI entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;
  • Concorrono a formare il debito IVA del mese di effettuazione dell’operazione.

Nel caso di reso di merce è possibile recuperare l’IVA addebitata mediante emissione di nota credito secondo le regole previste dall’art. 26 del DPR n. 633/72.

Per approfondire: “Fatturazione delle operazioni e registrazione: sanzioni e ravvedimento“.


Vendita a operatori economici di altri Paesi UE

Poiché il trattamento Iva delle operazioni dipende dallo status del soggetto acquirente (consumatore finale o operatore economico), l’impresa italiana dovrebbe prevedere nelle condizioni generali di vendita l’obbligo di correttezza da parte dell’acquirente riguardo alla comunicazione del suo status e all’indicazione del suo numero identificativo IVA, nel caso il medesimo sia un operatore economico, riservandosi la possibilità di assumere tutte le necessarie misure in caso di comportamenti dolosi o colposi (ivi compresa la possibilità di addebitare l’IVA e le eventuali sanzioni).

L’ambito del rischio dovrebbe soprattutto riguardare il caso di acquirenti che comunicano, falsamente, di essere operatori economici, indicando il numero identificativo IVA di un altro soggetto realmente esistente. Al fine di evitare tali situazioni, l’impresa italiana dovrebbe periodicamente (ad esempio, in sede di compilazione della dichiarazione Intrastat) attuare un controllo dei numeri identificativi IVA comunicati dai clienti mediante l’archivio VIES stampando l’esito dell’avvenuto controllo e tenendolo agli atti.
Ci si rende conto che le peculiarità del commercio elettronico rendono maggiormente difficile tale modalità di controllo, tuttavia si tratta di un aspetto che non può essere trascurato. In base alle regole in tema di cessioni intracomunitarie di beni, l’operazione comporta i seguenti adempimenti:

  • Richiedere il numero di partita IVA al cessionario di altro Paese UE, comunicandogli il proprio IT;
  • Verificare la validità del numero comunicato dal soggetto estero mediante interrogazione a mezzo Internet, accedendo all’archivio VIES: stampando l’esito del controllo e tenendolo agli atti (ad esempio in allegato alla fattura emessa). Poiché il controllo a mezzo Internet, riguardo ad alcuni Paesi, consente di verificare solamente l’esistenza del numero identificativo Iva comunicato dal cliente estero e non la titolarità dello stesso, in tali casi, occorre rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Entrate che provvederà a confermare la corrispondenza tra il numero identificativo e il titolare dello stesso (articolo 50, commi 1 e 2, del D.L. n. 331/1993);  
  • Emettere la fattura di vendita nei confronti del cliente estero, senza applicazione dell’IVA italiana, indicando in fattura il proprio numero identificativo Iva e quello del cliente estero. In fattura deve essere indicata la dicitura “Operazione non imponibile articolo 41, comma 1, lettera a), del DL 331/1993”. Tale fattura deve essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione dei prodotti;
  • Annotare la fattura di vendita in contabilità generale e sul registro delle fatture emesse entro la data di emissione e con riferimento al mese di consegna o spedizione dei beni all’estero;
  • Reperire e tenere agli atti la documentazione atta a provare che i beni sono usciti dal territorio italiano e sono giunti al destinatario finale;
  • Trasmettere all’Agenzia delle Dogane, in via telematica, secondo la periodicità prevista dalla legge, l’elenco delle cessioni intracomunitarie di beni (Modelli Intra-1 e Intra-1 bis)
  • Trasmettere in via telematica all’Agenzia delle Entrate la Comunicazione mensile delle operazioni transfrontaliere (“Esterometro”), oppure trasmettere la singola fattura allo SDI con il codice destinazione “XXXXXXX“.

Nel caso di reso di merce da parte del cliente estero all’impresa italiana, essa, ai sensi dell’art. 26, co. 2, DPR n. 633/72, ha la facoltà di:

  • Emettere nota credito non imponibile art. 41, co. 1, lett. a), del D.L. n. 331/93, a storno della fattura previamente emessa;
  • Oppure limitarsi a gestire il reso in contabilità generale (e in contabilità di magazzino).

Nel caso di emissione di nota di credito, la stessa deve essere inserita nella’Esterometro, oppure deve essere trasmessa allo SDI.

Vendita a operatori economici di Paesi extra-UE

La procedura di esportazione non si differenzia a seconda della natura del cliente (consumatore finale o operatore economico) per cui valgono le considerazioni riportate precedentemente per la vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE.

Al fine di individuare il trattamento daziario e fiscale dei prodotti nei Paesi extra-UE di destino, nonché la documentazione necessaria per la spedizione e lo sdoganamento all’arrivo a destinazione e le relative procedure, è possibile accedere al sito Market Access Databas.

Commercio elettronico di beni fisici: conclusioni e consulenza fiscale

La disciplina fiscale connessa alla fatturazione ed agli adempimenti IVA in caso di commercio elettronico di beni fisici non è semplice e soprattutto risente di caratteristiche proprie dell’attività di vendita concretamente effettuata. Per questo motivo, spesso diventa complicato riuscire a gestire questo tipo di attività, specialmente nel caso in cui si realizzino vendite B2C nei confronti di privati consumatori UE. La soglia di 10.000 di vendite annue che porta all’obbligo di identificazione diretta, o di utilizzo del regime OSS, comporta sicuramente particolare attenzione, sia alle modalità di verifica in corso d’anno del superamento della soglia, sia per adeguarsi alla vendita con IVA del Paese del privato acquirente del bene.

Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi sull’argomento. Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.

Commenti:
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2 COMMENTI

  1. Buonasera,
    Le chiedevo un’informazione, vendo su ebay e amazon a clienti italiani, mi capita diverse volte di vendere sia a privati sia ad aziende e quest’ultime non sempre mi richiedono la fattura, di conseguenza spedisco la merce (senza document.fiscale) ed annoto le operazioni entro il giorno successivo, sul registro dei corrispettivi
    Le chiedevo cortesemente se è tutto in regola per non incorrere in sanzioni, grazie.

    Cordiali saluti

  2. Ovviamente è impossibile con queste informazioni poterle rispondere, dovremmo fare un’analisi più accurata della sua situazione. Per questi aspetti se vuole ci contatti in privato per una consulenza.

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