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Si può lavorare durante la cassa integrazione?

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La Cassazione ha stabilito che i lavoratori in cassa integrazione (CIGS) devono comunicare preventivamente all’INPS una nuova occupazione, anche se il reddito è compatibile, per mantenere il diritto all’integrazione salariale. Tuttavia, il lavoratore non ha diritto all’integrazione per le giornate lavorate con una nuova occupazione. La compatibilità si basa sulla durata e la natura dell’impiego, con un limite di reddito per lavori occasionali. Il lavoratore è tenuto all’obbligo di disponibilità se la sospensione venga meno prima del termine indicato.


La cassa integrazione è una situazione per la quale, un lavoratore si trova ad essere sospeso nell’esercizio della sua prestazione lavorativa oppure subisce una riduzione di orario all’interno della stessa azienda. 

Per poter garantire una retribuzione minima al lavoratore, il datore di lavoro può richiedere la cassa integrazione, un sostegno economico per l’azienda nel pagamento delle retribuzioni spettanti. 

Tuttavia che cosa accade qualora il lavoratore decidesse di svolgere un altro lavoro presso un nuovo datore di lavoro? C’è compatibilità e cumulabilità tra gli stessi? 

Sul punto, l’ordinanza n. 31146 del 21 ottobre 2022, la Cassazione civile ha stabilito che, in caso di fruizione del trattamento di CIGS, il lavoratore è tenuto a comunicare preventivamente la sua nuova occupazione, anche se il reddito derivante da quest’ultima è compatibile con l’integrazione salariale. Tale obbligo riguarda sia le attività di lavoro autonomo che quelle di lavoro subordinato.

Vediamo, di seguito, le principali informazioni utili su questo argomento.

Cassa integrazione: le diverse tipologie

Ad erogare la cassa integrazione di fatto è l’ente di previdenza sociale, l’INPS. Durante il periodo di cassa integrazione il dipendente può continuare a percepire gran parte del proprio salario, nonostante sia di fatto sospesa l’attività lavorativa. L’azienda invece, che si avvale di questa misura, viene sollevata dai costi del lavoratore, la cui prestazione è momentaneamente sospesa. Esistono diverse tipologie di cassa integrazione, ovvero i seguenti:

  • Cassa integrazione ordinaria (CIGO): questa tipologia è applicabile per tre mesi, con un massimo di 12 in situazioni di grave entità. Prevede che il lavoratore, la cui prestazione è momentaneamente sospesa, riceva l’80% del salario che avrebbe ricevuto in una situazione lavorativa normale. Questa misura è presa nel momento in cui l’azienda si trova in una situazione di crisi imprevedibile;
  • Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS): generalmente si applica quando l’azienda deve intervenire con riorganizzazioni straordinarie, o affrontare particolari momenti di crisi. Il lavoratore deve aver maturato una anzianità aziendale precedente di almeno 90 giorni per poter accedere a questo tipo di cassa integrazione. Questa misura spetta a tutti i lavoratori, ad esclusione dei dirigenti o i lavoratori domestici. La misura è applicabile solo per specifici settori, con aziende che hanno molti dipendenti, almeno 15;
  • Cassa integrazione in deroga (CIGD): si applica quando le aziende non possono accedere alla CIGO o alla CIGS, oppure ne hanno già usufruito in precedenza. E’ una misura che ha carattere di eccezionalità, e si applica solo le i lavoratori sono stati assunti da almeno 12 mesi.

Deve essere evidenziato che nel periodo di cassa integrazione non vengono conteggiate tredicesima e quattordicesima, mentre rimane comunque applicabile l’applicazione TFR. Per quanto riguarda l’accumulo delle ferie, avviene solo se la cassa integrazione è applicata per un periodo ridotto. Nel caso di cassa integrazione a zero ore non vengono accumulate ferie o permessi.

Si può lavorare in cassa integrazione?

La cassa integrazione è una forma di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti che subiscono una temporanea riduzione o sospensione dell’orario di lavoro, solitamente dovuta a crisi aziendali o economiche. Il lavoratore percepisce l’80% dello stipendio relativo alle ore di lavoro perse grazie all’ammortizzatore sociale erogato dallo Stato tramite l’INPS.

Durante il periodo in cui un lavoratore beneficia della cassa integrazione, ci sono delle regolamentazioni specifiche riguardo l’occupazione in un’altra azienda.

Generalmente, mentre si riceve la cassa integrazione, non è consentito intraprendere un altro lavoro dipendente a tempo pieno. Tuttavia, potrebbero esserci delle eccezioni o condizioni particolari che permettono di svolgere attività lavorative in forma ridotta o part-time, sempre nel rispetto delle normative vigenti. Infatti, può accadere che, mentre il lavoratore si trova in cassa integrazione, con sospensione del lavoro per l’azienda principale, trovi un altro lavoro. Come deve procedere in questo caso? Per mantenere comunque il posto di lavoro per cui è in cassa integrazione, devono essere rispettate alcune norme generali:

  • Deve essere effettuata una comunicazione all’INPS legata all’inizio di una nuova attività lavorativa, per il lavoro autonomo. Altrimenti, per il lavoro dipendente è sufficiente la comunicazione del nuovo datore di lavoro;
  • Deve svolgere il secondo lavoro in una fascia oraria diversa da quella per cui il dipendente sta recependo cassa integrazione. Se per esempio, nel lavoro principale avrebbe svolto attività fino alle 16, può lavorare dalle 16 in poi ad un secondo lavoro, pur recependo cassa integrazione dal primo;
  • La tipologia di lavoro secondario deve essere conciliabile con il primo, le attività aggiuntive non devono entrare in contrasto con gli obblighi di fedeltà alla prima azienda, e non dev’esserci competizione. Il lavoratore non ha diritto all’integrazione per le giornate lavorate con la nuova occupazione.

Se il lavoratore che si trova in cassa integrazione dal lavoro principale, ne trova quindi uno secondario (che può avere lo scopo di arrotondare la mensilità) è possibile recepire cassa integrazione e svolgere attività lavorativa. In particolare, si fa riferimento alla cassa integrazione a zero ore, quella per cui il lavoratore si trova in stato di sospensione completa dall’attività lavorativa principale.

Attività di lavoro ed integrazione salariale

Secondo quanto riportato dalla Circolare INPS del 01 febbraio 2022 è il lavoratore che svolge:

  • Attività di lavoro subordinato di durata superiore a 6 mesi,
  • Attività di lavoro autonomo,

durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Qualora il lavoratore svolga attività di lavoro subordinato a tempo determinato pari o inferiore a sei mesi, il trattamento è sospeso per la durata del rapporto di lavoro.

Nel caso in cui il beneficiario della cassa integrazione stipuli un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato inferiore o uguale a 6 mesi, tale contratto risulta compatibile con il diritto all’integrazione salariale. Se il reddito derivante dalla nuova attività lavorativa è inferiore all’integrazione, sarà possibile il cumulo parziale della stessa con il reddito, a concorrenza dell’importo totale dell’integrazione spettante.

Lavoro occasionale cumulabilità con la cassa integrazione

Il reddito percepito nel caso di lavoro occasionale, non può eccedere i 3.000,00 euro per ritenersi compatibile con il totale del reddito percepito in cassa integrazione. 

Attività lavorative conciliabili

Abbiamo visto che per poter svolgere un secondo lavoro durante il periodo di cassa integrazione, è necessario seguire alcune disposizioni specifiche. Deve essere ricordato che l’incompatibilità della cassa integrazione avviene nel momento in cui il secondo lavoro diventa a tempo pieno o indeterminato.

In questo caso non siamo di fronte ad un lavoro aggiuntivo a quello principale, ma ad un nuovo lavoro vero e proprio, che va a sostituire il primo. Non è consentito quindi ricevere un regolare stipendio dalla seconda azienda, a tempo pieno, mentre si è in cassa integrazione a zero ore con la prima.

Attività lavorativa a tempo determinato o indeterminato part time o full time

La compatibilità è possibile in termini di orario con i due rapporti lavorativi in essere. La cosa importante è il rispetto dell’orario massimo settimanale di lavoro. Ad esempio un’attività lavorativa part-time di 4 ore al mattino è cumulabile con altra attività lavorativa part-time di 4 ore al pomeriggio. Ipotesi applicabile sia per i part-time orizzontali che verticali.

Qualora, invece, vi sia una sovrapponibilità dell’orario di lavoro si ha cumulabilità parziale se il lavoro part-time è inferiore all’importo della cassa integrazione. In questo caso si rende necessario per il beneficiario comunicare all’INPS l’importo della retribuzione in modo che la stessa possa effettuare il conguaglio per integrare solo la quota utile al raggiungimento dell’integrazione piena.

Nel caso in cui, invece, si sia un nuovo contratto full time si deve comunque individuare se vi è il diritto all’integrazione dell’indennità. Tuttavia, solo fino a concorrenza dell’importo dell’indennità piena.

Attività svolta con partita Iva

In caso di inizio di attività di lavoro autonomo con partita Iva il beneficiario ha diritto all’integrazione dell’indennità ma solo fino a concorrenza dell’importo pieno a cui avrebbe avuto diritto. Anche in questo caso il beneficiario è tenuto a dare comunicazione preventiva all’INPS. In questo caso deve essere data comunicazione dei redditi percepiti nei periodo di lavoro e la collocazione temporale dell’attività lavorativa.

Comunicazione preventiva all’INPS ed al datore di lavoro

La condizione generale da rispettare è quella che l’INPS sia preventivamente informato dell’avvio dell’attività remunerata presso un altro datore di lavoro, così come previsto dalla norma. Tuttavia, il soggetto beneficiario dell’indennità di disoccupazione che intende accettare un contratto di lavoro a termine o a tempo parziale presso un altro datore di lavoro, non è obbligato a presentare personalmente la comunicazione all’INPS. Questo, in quanto, tale adempimento risulta superato dall’obbligo, in capo al datore di lavoro, di comunicare all’INPS il nuovo contratto di lavoro. Questo ai sensi dell’art. 9, co, 5 del D.L.n.76/13.

L’INPS, sul punto, ha fornito chiarimenti con la Circolare n. 57/2014 indicando che “le comunicazioni preventive del datore di lavoro sono valide anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione posti a carico del lavoratore dall’art. 8, co. 5 Legge n. 160/88 per le integrazioni salariali ordinarie, straordinarie ed in deroga per cui i lavoratori non sono più obbligati alla comunicazione preventiva di rioccupazione all’Ente previdenziale. Rimane comunque l’obbligo per il lavoratore di informare il datore di lavoro della nuova occupazione“.

In conclusione, l’esonero dalla comunicazione preventiva all’INPS da parte del lavoratore riguarda i rapporti di lavoro subordinato, a progetto, di associazione in partecipazione, etc, mentre vale e deve essere effettuata in caso di prestazione di lavoro autonomo (non accessorio). Per questa modulistica è necessario fare riferimento al sito istituzionale dell’INPS. Di seguito, invece, una bozza di comunicazione della nuova attività al datore di lavoro.

Fac simile comunicazione attività lavorativa alla ditta

L’azienda che ha messo il lavoratore in cassa integrazione può farlo lavorare?

In questo paragrafo parliamo di un caso limite, la cui eventualità può essere molto attuale. Poniamo che un lavoratore si trovi in cassa integrazione, ma decida comunque di prestare attività lavorativa per la stessa azienda in cui si trova in cassa. Questo può succedere se il lavoratore decide di voler aiutare l’azienda, che nello specifico può trovarsi in estrema difficoltà.

Nel caso in cui il lavoratore presti attività per l’azienda, per il periodo di cassa integrazione, non ha diritto ad accedere alla stessa. Deve procedere ad avvertire l’ente stesso di previdenza, l’INPS, e le sanzioni sono previste nel caso in cui ciò non avvenga.

A questo proposito non sono mancati episodi in cui un lavoratore si è approfittato della cassa integrazione e sono moltissime le segnalazioni per quella che di fatto, è una truffa (art. 640 e 640-bis c.p.). Per non cadere in questo tipo di situazione, è sempre consigliato che il lavoratore si rivolga direttamente all’ente di previdenza INPS, anche se è lo stesso datore di lavoro a chiedergli di continuare a lavorare pur essendo in cassa integrazione.

Siamo di fronte ad una vera e propria truffa all’INPS nei casi in cui l’azienda continui a chiedere la manodopera di lavoratori dipendenti che di fatto si trovano in cassa integrazione e non sono mancate le denunce a questo proposito. È accaduto che alcune aziende abbiano dichiarato, facendone richiesta, di aver posto i propri dipendenti in cassa integrazione, ricevendo dall’INPS i fondi dovuti per la stessa, ma si è poi scoperto che i lavoratori non avevano mai visto una sospensione del lavoro. In questo caso si tratta di un raggiro ai danni dell’INPS.

Sanzioni in caso di lavoro irregolare

Svolgere un’attività lavorativa senza contratto di assunzione e senza effettuare comunicazioni previste dalla legge all’INPS ed al datore di lavoro nei periodi di cassa integrazione comporta sanzioni sia per il lavoratore che per il datore di lavoro.

Il lavorare che si trova a svolgere attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di cassa integrazione non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro svolte. Inoltre, decade dal diritto alla cassa integrazione se non ha provveduto alla comunicazione all’INPS dello svolgimento della propria attività.

Il datore di lavoro che impiega lavoratori subordinati senza aver preventivamente effettuato la comunicazione di avvio del apporto di lavoro è soggetto all’applicazione di sanzioni amministrative per ciascun lavoratore irregolare. In particolare, l’art. 3 D.L. 12/02 indica che: “in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa pecuniaria:

  • Da 1.800 a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
  • Da 3.600 a 21.600 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
  • Da 7.200 a 43.200 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro”.

Le sanzioni sopra indicate devono ritenersi aumentate del 20% in caso di impiego di:

  • Lavoratori stranieri;
  • Minori in età non lavorativa;
  • Percettori del reddito di cittadinanza.

Domande frequenti

È possibile svolgere un lavoro occasionale mentre si è in cassa integrazione?

Sì, è possibile svolgere un lavoro occasionale durante il periodo di cassa integrazione, ma ci sono restrizioni. Bisogna assicurarsi che l’attività lavorativa rientri nelle categorie ammesse dalla normativa e che il reddito guadagnato non superi le soglie stabilite. È fondamentale informare l’INPS e il proprio datore di lavoro principale su tale attività.

Se svolgo un lavoro occasionale mentre sono in cassa integrazione, ciò influisce sull’importo della cassa integrazione che ricevo?

Sì, può influire. Se il reddito guadagnato dal lavoro occasionale supera una certa soglia, questo potrebbe ridurre l’importo della cassa integrazione o, in alcuni casi, portare alla sua sospensione. È importante controllare le soglie di reddito applicabili e comunicare ogni variazione di reddito all’INPS.

Devo comunicare al mio datore di lavoro e all’INPS se inizio un’attività lavorativa occasionale mentre sono in cassa integrazione?

Sì, è obbligatorio comunicare sia al datore di lavoro che all’INPS l’avvio di un’attività lavorativa occasionale mentre si percepisce la cassa integrazione. La mancata comunicazione può essere considerata una violazione delle normative e può portare a sanzioni o alla revoca della cassa integrazione.

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